| | | | Post: 305 Post: 304 | Registrato il: 03/09/2010 | Città: VENARIA | Età: 90 | Sesso: Maschile | Utente Senior | | OFFLINE |
|
05/11/2011 16:24 | |
Similmente in questa desolazione umana senza Dio, perché l’uomo si è sostituito a lui, una grande voce del razionalismo si alza con forza ad affermare il crepuscolo di Dio quasi con accenti di rancore; è la voce del poeta e scrittore Heinrich Heine: “Il nostro cuore è pieno di un fremito di pietà, perché è lo stesso vecchio Jehovah che si prepara alla morte. Noi l’abbiamo così ben conosciuto dalla sua culla in Egitto, dove fu allevato fra i vitelli e i divini coccodrilli, le cipolle, l’ibis e i gatti sacri… l’abbiamo visto dire addio a questi suoi compagni d’infanzia, agli obelischi, poi alle sfingi del Nilo, poi in Palestina diventare un piccolo dio-re presso un povero popolo di pastori… lo vedemmo più tardi entrare in contatto con la civiltà assiro-babilonese; rinunciò alle sue passioni troppo umane, si astenne dal vomitare collera e vendetta, per lo meno non tuonò più su ogni minima inezia…Lo vedemmo emigrare a Roma, la capitale, dove abiurò ogni specie di pregiudizio nazionale, e proclamò l’uguaglianza celeste di tutti i popoli; creò con queste belle frasi, un’opposizione al vecchio Giove, e intrigò tanto che arrivò al potere, e dall’alto del Campidoglio governò la città e il mondo: urbem et orbem…L’abbiamo visto purificarsi, spiritualizzarsi ancora di più, diventare paterno, misericordioso, benefattore del genere umano, filantropo… Niente ha potuto salvarlo! Non sentite la campanella? In ginocchio! Si portano i sacramenti a un Dio che muore.” (L’ateismo contemporaneo, S.E.I. Torino 1967, 1° vol. pag.464). Heine, dopo tante esperienze passate da una vita tormentata di negazioni e di dubbi, alla fine, qualche anno prima della morte, che pose termine alle sue sofferenze anche fisiche (a differenza di A., che si allontana da Dio), opera la “metanoia”, per usare un termine di Paolo, cioè la conversione. “<<Sì io sono ritornato a Dio, come il figliol prodigo, dopo aver custodito per lungo tempo i porci presso gli hegeliani>>, scrive Heine nella post-fazione a <<Romanzero>>. La nostalgia del cielo:<<Fu la miseria a ricondurmi indietro? Forse un motivo meno miserabile. La nostalgia del cielo mi assalì e mi spinse per foreste e burroni, al di là dei vertiginosi sentieri della dialettica>>. Heine conclude:<<Se ora si desidera un Dio in grado di recare aiuto – e questa è certamente la cosa principale – si deve accettare anche la sua personalità, la sua trascendenza e i suoi sacri attributi, la bontà infinita, l’onniscienza, la giustizia infinita, ecc. L’immortalità dell’anima, la nostra sopravvivenza dopo la morte, ci viene allora data, per così dire, in sovrappiù…>>.
<<Come si oppone la nostra anima all’idea della cessazione della nostra personalità, dell’annientamento eterno!>>…Ora però Heine ha bisogno di un Dio (in tutta l’ambivalenza di questa parola) contro il quale, come Giobbe i suoi lamenti, poter scagliare la propria disperazione, la propria ira: <<Fortunatamente ora ho di nuovo un Dio, così che nell’eccesso del dolore posso permettermi alcune bestemmie imprecanti; all’ateo non è concesso un tale ristoro>>”. (Hanz Küng, Vita eterna!, ed. CDE, A. Mondatori, Milano 1983, pagg.257-258).
|