È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!



   
 
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

GESU’: RIVOLUZIONARIO ARMATO? UNA FAVOLA!

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2011 16:45
Email Scheda Utente
Post: 317
Post: 316
Registrato il: 03/09/2010
Città: VENARIA
Età: 90
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
05/11/2011 16:40
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Pag. 186-188: “Se il cucciolo era simile alla madre, era perché aveva partorito un figlio simile a sé. Di qui la conseguenza che se l’uomo era fatto in quella determinata maniera lo era perché era stato fatto a immagine e somiglianza di dio”.
“Ecco la frase di Genesi: <<Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza.>> Dunque il dio e l’uomo erano simili e si rassomigliavano. Di modo che come il maschio si unisce alla femmina, così avveniva tra gli dei. Abbiamo varie tradizioni. Abbiamo il dio Elyon (l’Altissimo)sposato alla dea Berut. Questi ebbero due figli: El (Dio) e Iahweh (Signore). Questi in seguito spodestarono il loro padre, prendendo il suo nome come un epiteto che sottolineasse una loro caratteristica, sicché abbiamo El-Elyon (Dio altissimo) e Iahweh-Elyon (Signore Altissimo)”.
Mi sovviene che da molto tempo gli studiosi della critica testuale della Bibbia non prendono più alla lettera la Genesi e tutti gli altri racconti del testo sacro! A. conosce che la Genesi specialmente è nata ed è stata composta con i generi letterari del tempo, usando il mito, che non è favola, come genere letterario per spiegare il sacro e il mondo soprannaturale della cultura mesopotamica. I termini che il redattore della Genesi usò li usò in senso funzionale, in modo che al di là della figura della rappresentazione mitica del mondo e della ripetizione ciclica dell’evento in cerimonie sacre vi fosse la memoria dell’archetipo cioè del primo modello: il mondo della divinità. E come mostra Mircea Eliade ne “Il mito dell’eterno ritorno” il <<tempio>>, la <<Gerusalemme>> terrestre hanno i loro archetipi celesti, per portare un esempio.
Nell’introduzione all’Antico Testamento così spiega il significato del mito lo studioso S.A.Sogin: “Il mito è un genere letterario narratio che si trova in una forma o nell’altra in tutte le religioni. Negli studi biblici e in quelli del vicino Oriente antico il genere usato per le imprese di dei ed eroi, imprese indipendenti da un qualche contesto storico-geografico e cronologico perché di solito, almeno nelle origini, legate allo schema ciclico della natura e della sua fertilità…orbene, è un’opinione diffusissima, che gli scrittori biblici, a causa dell’impostazione monoteistica e storica del loro pensiero, abbiano tentato di eliminare dai loro testi la visione mitica dell’universo e che in massima parte vi siano riusciti. Dio, in altre parole, si rivelerebbe, come visto, nella storia e non, come in tutte le altre religioni, in narrazioni mitiche”.
“Naturalmente si potrebbe considerare mitica la nozione stessa di una divinità trascendente che interviene nel mondo degli esseri umani, ma il problema non è questo: il linguaggio religioso si esprime per forza di cose in categorie come appunto le divinità, la sua trascendenza ed i suoi interventi, l’origine dell’universo e la sua fine escatologica.” (Paideia Ed. Brescia 1987, pag. 82-86)
Nella Genesi “si afferma così implicitamente anche la dottrina della totale appartenenza del mondo a Dio; esso è creazione della sua volontà ed egli ne è il Signore…Dal punto di vista della storia delle religioni non si può contestare un’affinità di queste concezioni con le credenze magiche (infatti anche il dio Marduk, nel poema babilonese della creazione, dimostra la sua potenza davanti agli dei pronunciando efficaci parole magiche A O T, 117)”.
“Ma è pure pacifico che in Israele, nella secolare tradizione sacerdotale, esse hanno subito una purificazione teologica fin dagli ultimi residui di carattere magico. E’ questo un chiaro esempio di come spesso, pur essendoci un’affinità storico-religiosa di concetti e di idee che sembra evidente, non si creda al di là di una certa somiglianza formale”. (Gerard Von Rad, Antico Testamento, Genesi, Paideia Ed., Brescia 1978, pag.60).
Pertanto dagli studiosi emerge il fatto che gli autori del testo sacro per stendere i loro scritti si sono serviti dei generi letterari comuni alla loro cultura, a quella mesopotamica, ma adottandola però al loro sistema. Si tratta appunto di “somiglianze formali”.
Se poi, come sostiene A., l’uomo è fatto ad immagine di Dio in senso proprio, se le cose stanno così, imperfetto è pure lo stesso Dio che lo creò a sua immagine!
Naturalmente, A. da’ per scontato che i sacri autori abbiano usato i miti babilonesi in senso proprio, ma questa tesi non va d’accordo con la seria ricerca scientifica, come è dimostrato da una sterminata letteratura.


Email Scheda Utente
Post: 318
Post: 317
Registrato il: 03/09/2010
Città: VENARIA
Età: 90
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
05/11/2011 16:42
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Pag. 207: “Gesù mai pensava di morire, c’è stato, è vero, un momento di perplessità, ma chi non ce l’ha quando si tratta di andare incontro a un momento decisivo…Giovanni 12,27”
Gesù era anche uomo soggetto alle emozioni degli uomini, “imparò l’ubbidienza delle cose che soffriva”. Nonostante tutta la sofferenza che in quel momento cruciale della sua esistenza pativa e che sarebbe continuato fino al patibolo della croce, prevalse infine l’amore per gli uomini. Dio apparentemente lo abbandonò nelle mani dei suoi assassini. E’ lo stesso Padre che soffre sulla croce insieme al figlio. Ma “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio” perché l’uomo sia salvato e consegua la vita eterna, perché il paradosso di Dio è: morte = vita.
“Se io non me ne vado voi non potete venire con me”, dice Gesù. Disse ai farisei: “Voi siete di quaggiù ed io sono di lassù, voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo”, “vado a prepararvi un posto, affinché dove sono io siate pure voi”. Gesù conosceva il suo destino, era consapevole, contrariamente a quello che sostiene A., quale sorta di conclusione sarebbe giunta la sua permanenza sulla terra. “Se io non me ne vado voi non potete venire con me.” Perché dovrebbe essere vera una cosa e un’altra no su quello che gli evangelisti scrissero sulla vita e sulle parole di Gesù? Perché dovrebbe essere falso tutto ciò che non concorda con le tesi di A.? Se i Vangeli e le lettere apostoliche sono inaffidabili perché fare ancora riferimento ad esse? Non sarebbe più onesto sbarazzarsi di tutto?
La fede del cristiano poggia proprio sulla resurrezione di Gesù Cristo e se Cristo non esiste non esiste neppure Dio e così per le umane sofferenze non esiste speranza alcuna, ma solo l’attesa dell’oblio: “Morire, dormire; nulla più e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie, retaggio naturale della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte” (Shakespeare)

Pagg. 214-216 “Ma veramente mediante l’epiclesi il pane e il vino diventano corpo e sangue di Cristo? Certamente che no.” Ecc. ecc.
Anche oggi come allora per il discorso di Gesù in Giov. Cap. 6, molti si scandalizzarono per le sue parole e smisero di seguirlo. A. è uno di questi? Ha perso la fede e vuole coinvolgere altri per spingerli verso una meta senza futuro? A. aveva l’occasione di usare le argomentazioni contro la presenza eucaristica di Gesù con le parole di L. Tolstoj in “Resurrezione”, ma ha preferito usare quelle dei testimoni di Geova che, quando ero con loro, le udii fino alla nausea: che Gesù non è presente e che il pane e il vino sono solo due simboli vuoti. Non è così per il cattolico e l’ortodosso. Ancora in questo punto ripeto: per quanto tempo ancora A. nella sua coscienza riesce a sopportare questo peso ingannatore? Con quale coraggio egli, mentre amministra l’eucarestia rivolge le parole: “Il corpo di Cristo”? E’ capace di guardare negli occhi i suoi innocenti parrocchiani? Non si sarà per caso, nel corso del tempo, dopo tante letture sui testimoni di Geova, convertito alla loro dottrina quando trattano la questione del “sangue” secondo la concezione ebraica? Non ne sarei stupito! Chi ha portato avanti nella storia le parole di Gesù? Lo sa che a convertirmi all’eucarestia ed in ciò che viene in essa durante la sua celebrazione è stato un pagano, Giustino Martire? Sono consapevole che a spiegare questo evento e che cosa sia la transustanziazione sono il meno adatto, A. può farmi da maestro, ma purtroppo ha perso ogni interesse e la fede, preferisce rinnegare tutto. Devo affidarmi ad un altro maestro, a E. Schillebeeckx che, a prescindere dal pensiero reinterpretativo perché sia reso più comprensibile all’uomo moderno, il discorso dell’eucarestia così lo spiega: “L’eucarestia è la forma sacramentale nella quale si manifesta questo evento, cioè l’autodedizione di Cristo al Padre sottoforma di autodedizione agli uomini. Quest’autodedizione assume la forma di un convito commemorativo, nel quale il pane e il vino vengono sottratti al loro significato profano per diventare simbolo di quell’autodedizione: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. In definitiva l’autodedizione di Cristo non è diretta al pane e al vino, ma ai credenti; è a costoro che la presenza reale è destinata, ma attraverso e in questo dono del pane e del vino; in altre parole: è sacramentalmente presente il Signore nell’atto di dare se stesso (in riscatto). In questo convito commemorativo il pane e il vino diventano soggetto di una nuova costituzione di significato (…) non ad opera di uomini, ma nel Signore vivente nella Chiesa, nuova costituzione in virtù della quale essi diventano segni della presenza reale di Cristo che dà se stesso a noi. Questa costituzione di significato da parte di Cristo ha luogo nella Chiesa, per cui presuppone intrinsecamente la reale presenza del Signore nella Chiesa, nella comunità radunata in assemblea ed in colui che dirige l’Eucarestia” (la presenza eucaristica, Ed.Paoline 1968, pagg.149-150).
In quale forma l’Eucarestia venisse celebrata dal protocristianesimo non ci è chiaramente pervenuta, ma una cosa è certa: i cristiani fin dalle origini si radunavano regolarmente per celebrare l’eucarestia nella quale si annunciava la morte di Cristo: un sacrificio di vita per il credente. La testimonianza più significativa di questo evento eucaristico ci viene offerta dall’autentica prima lettera di Paolo ai Corinti, scritta prima dei Vangeli. Che ciò sia falso lo dicono A. e altri come lui. E’ molto strano che ciò che dice sia falso, è invece sacrosanta verità per Paolo e gli altri apostoli, per la Didaché, per Giustino, per Ireneo, per Origene, per Tertulliano e per tanti altri dei primi secoli! Quello che dice Paolo nell’eucarestia è evidente che proviene dalla tradizione dei primi cristiani che si celebrava già prima di lui, dal giudeo-cristianesimo del quale lo stesso apostolo era parte.
Un giudeo-cristianesimo distinto da quello radicale fondato nella legge come quello dei nazareni o degli ebioniti, che vedeva nell’apostolo un reazionario e un apostata. Cioè si tratta delle “ipsissima verba” del cristianesimo nascente come immediato movimento religioso, una pratica eucaristica che non aveva nulla in comune, se non solo nelle apparenze con le pratiche del movimento esseno e di altri gruppi religiosi. Lo stesso si dica del battesimo e di altre forme religiose. A. ha mandato in fumo tutto il Nuovo Testamento e tutte le testimonianze dei suoi successori.


Email Scheda Utente
Post: 319
Post: 318
Registrato il: 03/09/2010
Città: VENARIA
Età: 90
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
05/11/2011 16:43
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Pag.220-227 “Quindi Gesù, prima di venire al mondo, non è mai esistito come parola - spirito…non è il logos che è diventato uomo cioè che si fece carne in quanto non è esistito come tale”.
Il discorso di A., guarda caso, è lo stesso dei testimoni di Geova. Infatti per loro Gesù Cristo è Figlio di Dio solo nel senso umano perché Gesù ricevette solo l’energia vitale come quando da portavoce sparì dal cielo per diventare uomo. Intanto si deve precisare che l’apostolo Giovanni non ha detto, come scrive A., che “in principio c’era Gesù e Gesù era presso Dio e Gesù era Dio”, ma che “in principio era il Logos e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio” e il “Logos divenne carne” nella persona di Gesù Cristo, pertanto non è Gesù eterno, ma lo è il Logos. L’apostolo non usò il termine Logos nel senso filosofico platonico o filoniano, ma secondo categorie sapienziali ebraiche. Il Logos si è incarnato in Gesù.
Allo stesso modo fece l’apostolo Paolo il quale affermò che Cristo, quale figlio di Dio, esisteva in “natura di Dio” (un inno prepaolino). A. ammette che dai “Vangeli, sappiamo che Gesù, non una ma parecchie volte, si è dichiarato Dio” e questo è vero, pertanto i Vangeli riportano le “ipsissima verba” contro altre che sostengono il contrario: “Chi ritiene che Gesù sia stato unicamente un uomo come qualsiasi altro e che non sia stato affatto il Figlio di Dio nega con ciò stesso proprio quell’azione di Dio nella quale Gesù si è coinvolto con tutta la sua persona e con la quale è cominciato il cristianesimo. Colui che così nega la figliolanza divina di Gesù non potrebbe neppure pretendere orgogliosamente di rendere giustizia alla “realtà” storica dal momento che sarebbe assolutamente lontano dalla concezione che Gesù aveva di se stesso. La persona di Gesù è ancorata a ciò che allora avvenne sotto forma di intervento di Dio in un mondo reso schiavo dalla potenza del male e inseparabilmente collegata con le altre persone, nonché con i luoghi di quell’evento, nel quale Dio stesso, come giudice e salvatore a un tempo, ha cominciato a stabilire la sua signoria sulla terra” (Stegemann, Gli esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù. Ed. Deoniane, Bologna 1997, pag.353-354). Pure sulla base di quello che dice l’apostolo Giovanni circa la divinità del Figlio di Dio (che è la continuazione della fede cristiana pre-pasquale) Barbaglio afferma che Gesù è l’incarnazione della “Parola eterna di Dio… l’unigenito essere divino… (in) strettissima connessione (con il Padre) nell’essere e nell’agire che li correlano nella loro identità profonda… il culmine è raggiunto in un’affermazione di dinamica identità: <<Io e il Padre siamo una sola cosa>>” (Op. Cit., Pag. 55, 607)
I vangeli apocrifi ai quali A. spesso fa riferimento sono stati scritti, e lui lo sa benissimo, tutti dopo quelli canonici e possono essere benissimo, e questo è stato dimostrato dagli studiosi, elaborazioni di quelli canonici come per esempio il vangelo degli Ebioniti o quello dei Nazareni risalenti dal 100 al 200 d.C.
Il vangelo di Pietro fu composto tra il 130-150 d.C. Dall’esame di questo vangelo, come dimostrato dagli studiosi, si arguisce che è fuori dalla zona dove ha operato il Cristo, anche se pretende di essere un testimone oculare. Nello stesso periodo sorgono, sulla base degli apocrifi, lo gnosticismo e il docetismo. Si tratta di letture, in gran parte di sfondo novellistico e leggendario. Nei vangeli è risaputo che gran parte delle parole nella bocca di Gesù sono detti originali (agrafa), altre interpretazioni delle prime comunità. Non è esatto affermare che i Vangeli canonici e le lettere sono i risultati della filosofia greca abbracciata dal cristianesimo per spiegare la natura divina del Logos: “la teologia del Nuovo Testamento contiene un sostanziale apporto ellenistico; d’altra parte la sua struttura fondamentale non è ellenistica, ma biblica. L’infrastruttura biblica è così saldamente legata a tutto l’edificio, che nessuna ellenizzazione, per quanto importante, ne ha mai eliminato il carattere basilare, ne era in grado di farlo. Nella controversia con lo gnosticismo del II e III secolo, la questione principale era di sapere se si poteva separare la fede cristiana dai suoi fondamenti biblici e storici e presentarla come una forma di teosofia ellenistica. La vittoria della disputa arrise decisamente a coloro che respingevano le proposte gnostiche tendenti a ellenizzare completamente il cristianesimo, anche se fra di loro ci sono teologi che facevano largo uso delle categorie greche per formulare il dogma cristiano” (C.H.Dodd, Secondo le scritture, Struttura fondamentale della teologia del N:T:, Paideia Ed., Brescia 1972, pag. 144-145).
Sui Vangeli, sul Figlio di Dio, sul figlio dell’uomo, sul Logos, sul Regno di Dio ecc. si potrebbe parlare all’infinito. Rimando tutto agli specialisti in materia.
Il libro di A. “L’altro Gesù”, così come composto, è privo di ogni fondamento storico e, per chi non conosce i fatti ed è digiuno di letteratura, è deleterio alla fede cristiana nel Gesù Figlio di Dio e liberatore del mondo.Quello di A. è un discorso che mina la fede dei semplici e che non passa inosservato a colui che è il ‘Giudice dei vivi e dei morti’.


Email Scheda Utente
Post: 320
Post: 319
Registrato il: 03/09/2010
Città: VENARIA
Età: 90
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
05/11/2011 16:44
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Da convertito credo al Vangelo di Giovanni e in tutti gli altri scritti della Bibbia. Credo che la Parola di Dio, immanente nel Padre, si sia incarnata in Gesù Cristo, cioè l’infinito che si rende finito, che entra nel mondo, nella storia è la Kenosi di Dio (Paolo ai Filippesi). E’ l’unica religione al mondo dove si insegna che Dio è venuto su questa terra nel Figlio suo Gesù Cristo; tutto per amore degli uomini, per mettersi accanto al loro dolore e condividere le sofferenze, il grido di Gesù “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” è lo stesso grido umano, è il mistero della sofferenza nel quale l’uomo si dibatte da sempre per cercare di ottenere una risposta: Perché, se Dio è amore, sulla terra c’è tanto male e dolore? A. crede in un Dio che ha creato l’umanità imperfetta da questo tipo di Dio io mi dissocio. Non accetto un Dio che è autore del male.
Escludendo Gesù quale punto di riferimento per ogni bene, l’uomo rimane solo in balia di un male non voluto.
Ringrazio A. per avermi dato la possibilità di credere ancora più fermamente nel Vangelo e nella Chiesa che gelosamente l’ha custodito.
Esiste nel libro “L’altro Gesù”, se non mi sbaglio, una velata rabbia nei confronti del cristianesimo, soprattutto nella figura di Gesù Cristo, forse la causa delle sventure spirituali e morali dell’autore. E’ la distruzione del Cristo per il quale ha fatto voto di seguire in questa vita e nell’altra. Il libro, credo, sia il risultato di profonde delusioni che capisco perché all’interno dei testimoni di Geova le ho vissute, un ambiente dove la dottrina, propugnata in nome di Cristo, mi indirizzò a vivere una coscienza collettiva in cui dominare in modo assoluto il “noi”. Il giorno in cui mi svegliai dall’oblio e dal profondo travaglio pronunciai l’ “io”, avvenne la rottura col movimento, il quale, per quasi tutta una vita, mi aveva incatenato. Una rottura non con Cristo, verso il quale da qualche anno mi sono avvicinato di più, ma nei confronti dell’organizzazione la quale mi diede l’illusione di appartenere a quella più rappresentativa del Cristo evangelico.
Sono persuaso che A. sia un uomo che da tempo soffre e che, schiacciato dalla posizione che occupa, non sappia quale strada intraprendere per liberarsi; un uomo che nega, che ha rotto, almeno così mi sembra, con la fede e con il ministero sacerdotale, un uomo che possibilmente può avere, nel buio dei suoi tormenti, scambiato il comportamento religioso di chi gli sta accanto con il Gesù del Nuovo Testamento. Un errore che fanno molti. Questa sua visione del comportamento può averlo indotto a reagire contro il Gesù del Vangelo e a seguire strade controverse, quelle più radicali del pensiero del Gesù storico del periodo illuministico e le cui ombre sono giunte fino a noi e che seducono molti cristiani.
C’è un altro problema da sollevare: spesso, per giustificare le nostre azioni, per dare ad esse un valore morale, ci si costruisce un Gesù a nostra immagine e somiglianza, a nostra immagine anche in senso filosofico o in senso religioso a seconda del nostro essere interiore. Così ci si trova di fronte al Gesù di Reimarus, di Strauss, di Bauer, di Feuerbach, di Hegel ecc.: sono persuaso che ogni credente nel suo intimo possiede una verità del Cristo che lo orienta nel suo comportamento interiore e gli costruisce un volto.
Personalmente credo nel Gesù degli scrittori del Nuovo Testamento e che la Chiesa, nel bene e nel male, sia depositaria del Gesù della vera fede. Pertanto credo nel Vangelo, che più che essere un documento storico, nel senso che questa parola assume oggi, sia uno scritto apologetico. Credo anche nel Gesù di Dostoevskij: il Grande Inquisitore, che soffre per essere depositario del Vangelo, accusa Gesù come causa dell’oppressione del popolo cristiano, un Gesù che nega se stesso e il cristianesimo che da Lui è scaturito. Ebbene alla fine del discorso del Grande Inquisitore, alla luce tremolante di una prigione sotterranea di Siviglia, Gesù rompe il silenzio con un “bacio” nella sua guancia sofferente; “bacia” l’uomo che nega, l’uomo che condanna. Gesù “bacia” Ivan, si inginocchia ai piedi dell’immorale Dimitri, si inginocchia di fronte alla sua sofferenza. Ognuno di noi può essere protagonista e vivere dentro di sé un Ivan, un Dimitri, ma si deve tenere presente che può bussare alla porta della nostra coscienza anche un Aliosa, che “abbraccia” la terra e la “inonda” con le sue lacrime. Sono convinto, e questo è presente nei Vangeli, che Gesù “bacia” ogni uomo che, volente o nolente, si muove sotto la sua croce; Gesù “bacia” le nostre negazioni, le nostre debolezze, i nostri dubbi che ci tormentano, le nostre infermità; Egli “bacia” anche colui che gli trafora il petto e colui che trova la soluzione dei suoi problemi esistenziali nell’ “altro Gesù”, un “rivoluzionario”, un “ribelle” “armato” dei più spietati che la storia registri.
Di fronte al Vangelo, al Gesù che lì viene rappresentato, nessuno, eccetto colui che in coscienza sceglie di perdere, è perduto: è questa la luce e la speranza.


Email Scheda Utente
Post: 321
Post: 320
Registrato il: 03/09/2010
Città: VENARIA
Età: 90
Sesso: Maschile
Utente Senior
OFFLINE
05/11/2011 16:45
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Credo profondamente nel Gesù Cristo rappresentato soprattutto nel Vangelo di Giovanni: colui il quale “era Dio” divenne “carne” e piantò la sua “tenda” tra di noi, al Dio che rinuncia all’eternità per entrare nel finito, nella storia degli uomini e vivere accanto alla sofferenza umana. Ed è in virtù di questo Cristo che molti esseri umani affrontarono le arene romane, ma anche i campi di sterminio, i gulag staliniani conseguendo così la loro libertà spirituale.
Non dimentichiamo neppure le lotte ideologiche, filosofiche e politiche di uomini che, per la libertà di cui godiamo, sacrificarono se stessi travolti dalle dittature più spietate, nella nobile lotta per liberarsi dalla dominazione straniera. Nonostante ciò che divulgavano alcuni studiosi del tempo illuministico e razionalistico, c’erano dei pensatori che in senso filosofico discussero anche che “La ragione pura, che non tollera alcun limite, è la stessa divinità. Secondo la ragione, quindi, è ordinato il piano del mondo in generale; è la ragione che insegna all’uomo a conoscere la sua destinazione, l’incondizionato fine della vita. Spesso, invero, essa fu oscurata, tuttavia non fu mai del tutto spenta; anche nelle tenebre se ne è conservato un debole barlume.
Tra i giudei fu Giovanni che rese di nuovo gli uomini attenti a questa loro dignità, che a loro non doveva essere affatto estranea, ma che essi in se stessi, nel loro vero io, dovevano cercare, non nella discendenza, non nella loro propensione alla felicità, non nell’essere servi di un uomo molto reputato, bensì nel culto della scintilla divina che loro fu concessa e che per essi costituisce la prova che, in senso più elevato, discendono dalla stessa divinità…
Più meriti però si è acquistato Cristo per il miglioramento delle anime corrotte degli uomini e per la conoscenza dell’autentica moralità e dell’illuminata adorazione di Dio” (Hegel, Vita di Gesù, Ed.Laterza, Roma-Bari 1994, pag.63-64)
Per Feuerbach il Cristo, osservato attraverso l’etica filosofica antropologica della libertà dall’affrancamento religioso, il Cristo è il desiderio umano di ogni idealità del bene assoluto incarnato in un uomo reale, giusto e buono che spinge verso le aspirazioni più alte: “I dogmi fondamentali del cristianesimo sono desideri del cuore, l’essenza del cristianesimo è l’essenza dei sentimenti che albergano nel nostro cuore. E’ più grato al nostro cuore patire che agire; più grato venire redenti e liberati da un altro che non compiere da sé la propria liberazione…Solo nel cristianesimo questo Logos si fissò e si fece concreto, da un essere del pensiero divenne un essere reale; solo nel cristianesimo, cioè nella religione, si concentrò esclusivamente nell’essere, nell’oggetto su cui si fonda l’essenza della sua natura. Il Logos è la personificazione dell’essere della religione. Se perciò Dio fu definito l’essenza dei sentimenti che albergano nel cuore dell’uomo ciò risponde pienamente a verità solo nel Logos” (L’essenza del cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1971, pag. 154-157). Pertanto Gesù per Feuerbach è l’essere ideale nel quale l’uomo trasferisce tutti i suoi desideri e bisogni e vede proprio nel cristianesimo la religione quale forza al servizio dell’uomo, perché raggiunge in modo concreto l’autocoscienza di sé. Si potrebbe allungare la lista di tutti coloro che in forme diverse vedono il Cristo, non il terrorista, l’uomo armato “odiatore dell’umanità”, ma l’uomo ideale verso il quale l’uomo deve muoversi per la sua piena realizzazione. In conclusione l’invocazione del crocifisso: “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” non è la sconfitta, ma la sua vittoria : “ Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato”, “Io ho vinto il mondo” (Giov. 13: 31 ; 16: 33). L’esistenza della Chiesa da lui istituita (Matt. 16:15-19) e la cui esistenza dura da duemila anni (a volte tormentata da immani tragedie) è la prova irrefutabile di questa vittoria, poiché, secondo il suo fondatore, le porte degli “inferi” non avrebbero avuto potere su di essa, checchè ne dica A. ed altri come lui!
Tutto il resto sono chiacchiere, il signor A. mi perdoni la schiettezza.

Per coloro che hanno ucciso Gesù, anche in senso ideologico, è arrivata fino a noi, nel buio del nostro tempo, l’eco di quel grido: “Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno.”
Anche ai negatori è offerta la speranza.



BASTON ADRIANO
Via Trucchi, 39/A
Venaria Reale (TO)


Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:23. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com