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GESU’: RIVOLUZIONARIO ARMATO? UNA FAVOLA!

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2011 16:45
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05/11/2011 16:44
 
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Da convertito credo al Vangelo di Giovanni e in tutti gli altri scritti della Bibbia. Credo che la Parola di Dio, immanente nel Padre, si sia incarnata in Gesù Cristo, cioè l’infinito che si rende finito, che entra nel mondo, nella storia è la Kenosi di Dio (Paolo ai Filippesi). E’ l’unica religione al mondo dove si insegna che Dio è venuto su questa terra nel Figlio suo Gesù Cristo; tutto per amore degli uomini, per mettersi accanto al loro dolore e condividere le sofferenze, il grido di Gesù “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” è lo stesso grido umano, è il mistero della sofferenza nel quale l’uomo si dibatte da sempre per cercare di ottenere una risposta: Perché, se Dio è amore, sulla terra c’è tanto male e dolore? A. crede in un Dio che ha creato l’umanità imperfetta da questo tipo di Dio io mi dissocio. Non accetto un Dio che è autore del male.
Escludendo Gesù quale punto di riferimento per ogni bene, l’uomo rimane solo in balia di un male non voluto.
Ringrazio A. per avermi dato la possibilità di credere ancora più fermamente nel Vangelo e nella Chiesa che gelosamente l’ha custodito.
Esiste nel libro “L’altro Gesù”, se non mi sbaglio, una velata rabbia nei confronti del cristianesimo, soprattutto nella figura di Gesù Cristo, forse la causa delle sventure spirituali e morali dell’autore. E’ la distruzione del Cristo per il quale ha fatto voto di seguire in questa vita e nell’altra. Il libro, credo, sia il risultato di profonde delusioni che capisco perché all’interno dei testimoni di Geova le ho vissute, un ambiente dove la dottrina, propugnata in nome di Cristo, mi indirizzò a vivere una coscienza collettiva in cui dominare in modo assoluto il “noi”. Il giorno in cui mi svegliai dall’oblio e dal profondo travaglio pronunciai l’ “io”, avvenne la rottura col movimento, il quale, per quasi tutta una vita, mi aveva incatenato. Una rottura non con Cristo, verso il quale da qualche anno mi sono avvicinato di più, ma nei confronti dell’organizzazione la quale mi diede l’illusione di appartenere a quella più rappresentativa del Cristo evangelico.
Sono persuaso che A. sia un uomo che da tempo soffre e che, schiacciato dalla posizione che occupa, non sappia quale strada intraprendere per liberarsi; un uomo che nega, che ha rotto, almeno così mi sembra, con la fede e con il ministero sacerdotale, un uomo che possibilmente può avere, nel buio dei suoi tormenti, scambiato il comportamento religioso di chi gli sta accanto con il Gesù del Nuovo Testamento. Un errore che fanno molti. Questa sua visione del comportamento può averlo indotto a reagire contro il Gesù del Vangelo e a seguire strade controverse, quelle più radicali del pensiero del Gesù storico del periodo illuministico e le cui ombre sono giunte fino a noi e che seducono molti cristiani.
C’è un altro problema da sollevare: spesso, per giustificare le nostre azioni, per dare ad esse un valore morale, ci si costruisce un Gesù a nostra immagine e somiglianza, a nostra immagine anche in senso filosofico o in senso religioso a seconda del nostro essere interiore. Così ci si trova di fronte al Gesù di Reimarus, di Strauss, di Bauer, di Feuerbach, di Hegel ecc.: sono persuaso che ogni credente nel suo intimo possiede una verità del Cristo che lo orienta nel suo comportamento interiore e gli costruisce un volto.
Personalmente credo nel Gesù degli scrittori del Nuovo Testamento e che la Chiesa, nel bene e nel male, sia depositaria del Gesù della vera fede. Pertanto credo nel Vangelo, che più che essere un documento storico, nel senso che questa parola assume oggi, sia uno scritto apologetico. Credo anche nel Gesù di Dostoevskij: il Grande Inquisitore, che soffre per essere depositario del Vangelo, accusa Gesù come causa dell’oppressione del popolo cristiano, un Gesù che nega se stesso e il cristianesimo che da Lui è scaturito. Ebbene alla fine del discorso del Grande Inquisitore, alla luce tremolante di una prigione sotterranea di Siviglia, Gesù rompe il silenzio con un “bacio” nella sua guancia sofferente; “bacia” l’uomo che nega, l’uomo che condanna. Gesù “bacia” Ivan, si inginocchia ai piedi dell’immorale Dimitri, si inginocchia di fronte alla sua sofferenza. Ognuno di noi può essere protagonista e vivere dentro di sé un Ivan, un Dimitri, ma si deve tenere presente che può bussare alla porta della nostra coscienza anche un Aliosa, che “abbraccia” la terra e la “inonda” con le sue lacrime. Sono convinto, e questo è presente nei Vangeli, che Gesù “bacia” ogni uomo che, volente o nolente, si muove sotto la sua croce; Gesù “bacia” le nostre negazioni, le nostre debolezze, i nostri dubbi che ci tormentano, le nostre infermità; Egli “bacia” anche colui che gli trafora il petto e colui che trova la soluzione dei suoi problemi esistenziali nell’ “altro Gesù”, un “rivoluzionario”, un “ribelle” “armato” dei più spietati che la storia registri.
Di fronte al Vangelo, al Gesù che lì viene rappresentato, nessuno, eccetto colui che in coscienza sceglie di perdere, è perduto: è questa la luce e la speranza.


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