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GESU’: RIVOLUZIONARIO ARMATO? UNA FAVOLA!

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2011 16:45
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Pag. 207: “Gesù mai pensava di morire, c’è stato, è vero, un momento di perplessità, ma chi non ce l’ha quando si tratta di andare incontro a un momento decisivo…Giovanni 12,27”
Gesù era anche uomo soggetto alle emozioni degli uomini, “imparò l’ubbidienza delle cose che soffriva”. Nonostante tutta la sofferenza che in quel momento cruciale della sua esistenza pativa e che sarebbe continuato fino al patibolo della croce, prevalse infine l’amore per gli uomini. Dio apparentemente lo abbandonò nelle mani dei suoi assassini. E’ lo stesso Padre che soffre sulla croce insieme al figlio. Ma “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio” perché l’uomo sia salvato e consegua la vita eterna, perché il paradosso di Dio è: morte = vita.
“Se io non me ne vado voi non potete venire con me”, dice Gesù. Disse ai farisei: “Voi siete di quaggiù ed io sono di lassù, voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo”, “vado a prepararvi un posto, affinché dove sono io siate pure voi”. Gesù conosceva il suo destino, era consapevole, contrariamente a quello che sostiene A., quale sorta di conclusione sarebbe giunta la sua permanenza sulla terra. “Se io non me ne vado voi non potete venire con me.” Perché dovrebbe essere vera una cosa e un’altra no su quello che gli evangelisti scrissero sulla vita e sulle parole di Gesù? Perché dovrebbe essere falso tutto ciò che non concorda con le tesi di A.? Se i Vangeli e le lettere apostoliche sono inaffidabili perché fare ancora riferimento ad esse? Non sarebbe più onesto sbarazzarsi di tutto?
La fede del cristiano poggia proprio sulla resurrezione di Gesù Cristo e se Cristo non esiste non esiste neppure Dio e così per le umane sofferenze non esiste speranza alcuna, ma solo l’attesa dell’oblio: “Morire, dormire; nulla più e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie, retaggio naturale della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte” (Shakespeare)

Pagg. 214-216 “Ma veramente mediante l’epiclesi il pane e il vino diventano corpo e sangue di Cristo? Certamente che no.” Ecc. ecc.
Anche oggi come allora per il discorso di Gesù in Giov. Cap. 6, molti si scandalizzarono per le sue parole e smisero di seguirlo. A. è uno di questi? Ha perso la fede e vuole coinvolgere altri per spingerli verso una meta senza futuro? A. aveva l’occasione di usare le argomentazioni contro la presenza eucaristica di Gesù con le parole di L. Tolstoj in “Resurrezione”, ma ha preferito usare quelle dei testimoni di Geova che, quando ero con loro, le udii fino alla nausea: che Gesù non è presente e che il pane e il vino sono solo due simboli vuoti. Non è così per il cattolico e l’ortodosso. Ancora in questo punto ripeto: per quanto tempo ancora A. nella sua coscienza riesce a sopportare questo peso ingannatore? Con quale coraggio egli, mentre amministra l’eucarestia rivolge le parole: “Il corpo di Cristo”? E’ capace di guardare negli occhi i suoi innocenti parrocchiani? Non si sarà per caso, nel corso del tempo, dopo tante letture sui testimoni di Geova, convertito alla loro dottrina quando trattano la questione del “sangue” secondo la concezione ebraica? Non ne sarei stupito! Chi ha portato avanti nella storia le parole di Gesù? Lo sa che a convertirmi all’eucarestia ed in ciò che viene in essa durante la sua celebrazione è stato un pagano, Giustino Martire? Sono consapevole che a spiegare questo evento e che cosa sia la transustanziazione sono il meno adatto, A. può farmi da maestro, ma purtroppo ha perso ogni interesse e la fede, preferisce rinnegare tutto. Devo affidarmi ad un altro maestro, a E. Schillebeeckx che, a prescindere dal pensiero reinterpretativo perché sia reso più comprensibile all’uomo moderno, il discorso dell’eucarestia così lo spiega: “L’eucarestia è la forma sacramentale nella quale si manifesta questo evento, cioè l’autodedizione di Cristo al Padre sottoforma di autodedizione agli uomini. Quest’autodedizione assume la forma di un convito commemorativo, nel quale il pane e il vino vengono sottratti al loro significato profano per diventare simbolo di quell’autodedizione: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. In definitiva l’autodedizione di Cristo non è diretta al pane e al vino, ma ai credenti; è a costoro che la presenza reale è destinata, ma attraverso e in questo dono del pane e del vino; in altre parole: è sacramentalmente presente il Signore nell’atto di dare se stesso (in riscatto). In questo convito commemorativo il pane e il vino diventano soggetto di una nuova costituzione di significato (…) non ad opera di uomini, ma nel Signore vivente nella Chiesa, nuova costituzione in virtù della quale essi diventano segni della presenza reale di Cristo che dà se stesso a noi. Questa costituzione di significato da parte di Cristo ha luogo nella Chiesa, per cui presuppone intrinsecamente la reale presenza del Signore nella Chiesa, nella comunità radunata in assemblea ed in colui che dirige l’Eucarestia” (la presenza eucaristica, Ed.Paoline 1968, pagg.149-150).
In quale forma l’Eucarestia venisse celebrata dal protocristianesimo non ci è chiaramente pervenuta, ma una cosa è certa: i cristiani fin dalle origini si radunavano regolarmente per celebrare l’eucarestia nella quale si annunciava la morte di Cristo: un sacrificio di vita per il credente. La testimonianza più significativa di questo evento eucaristico ci viene offerta dall’autentica prima lettera di Paolo ai Corinti, scritta prima dei Vangeli. Che ciò sia falso lo dicono A. e altri come lui. E’ molto strano che ciò che dice sia falso, è invece sacrosanta verità per Paolo e gli altri apostoli, per la Didaché, per Giustino, per Ireneo, per Origene, per Tertulliano e per tanti altri dei primi secoli! Quello che dice Paolo nell’eucarestia è evidente che proviene dalla tradizione dei primi cristiani che si celebrava già prima di lui, dal giudeo-cristianesimo del quale lo stesso apostolo era parte.
Un giudeo-cristianesimo distinto da quello radicale fondato nella legge come quello dei nazareni o degli ebioniti, che vedeva nell’apostolo un reazionario e un apostata. Cioè si tratta delle “ipsissima verba” del cristianesimo nascente come immediato movimento religioso, una pratica eucaristica che non aveva nulla in comune, se non solo nelle apparenze con le pratiche del movimento esseno e di altri gruppi religiosi. Lo stesso si dica del battesimo e di altre forme religiose. A. ha mandato in fumo tutto il Nuovo Testamento e tutte le testimonianze dei suoi successori.


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