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LIBIA: CONTINUA MASSACRO A TRIPOLI, MILLE I MORTI.

Ultimo Aggiornamento: 23/02/2011 01:00
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LIBIA: CONTINUA MASSACRO A TRIPOLI, MILLE I MORTI MA GHEDDAFI RESISTE E MINACCIA.

ESODO DI MIGLIAIA DI STRANIERI

ANSA) - ROMA, 23 FEB - Sta assumendo dimensioni spaventose il massacro in corso in Libia, dove testimoni parlano di 1.000 morti nella furia che il regime ha scatenato contro la rivolta bombardando i manifestanti a Tripoli. Ma nell'ottavo giorno della protesta, il leader libico Muammar Gheddafi è comparso in tv minacciando una repressione ben peggiore. Una carneficina anche nell'est del Paese, dove è cominciata la protesta contro il regime del colonnello e dove ad oggi intere zone sarebbero passate sotto il controllo dei rivoltosi. Ma anche qui le vittime - secondo testimoni - si contano a centinaia: oltre 400 in uno solo degli ospedali a Bengasi dove si lavora senza sosta e ai minimi termini perchè mancano medicinali e personale, nella corsa contro il tempo per soccorrere i feriti che arrivano a decine. Il regime, attraverso un tabella diffusa dal figlio del Colonnello, Saif Al Islam, ammette 300 morti (242 civili, di cui oltre cento a Bengasi, e 58 militari). Repressione cieca e senza quartiere confermata dall'atteso intervento del leader libico in persona che oggi ha parlato alla nazione in un lungo, concitato discorso intriso di retorica rivoluzionaria. «Non sono un presidente, sono un leader, un rivoluzionario e resisterò fino alla morte. Morirò da martire», ha detto nella sfida che per un'ora e un quarto ha lanciato promettendo una lotta senza tregua: «Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo». Ordini di azioni di guerra e di devastanti distruzioni ecologiche sarebbero già in circolazione. Secondo fonti citate da Al Jazira il colonnello aveva dato l'ordine di cannoneggiare Bengasi da due navi che però hanno disertato rifugiandosi a Malta. La rivista americana Time ha appreso dell'intenzione di Gheddafi di sabotare pozzi di petrolio e oleodotti diretti verso il Mediterraneo per far capire ai rivoltosi: «o me o il caos». La Libia comunque già in fiamme la raccontano ancora i testimoni: il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia, ha parlato di oltre 1.000 morti a Tripoli. Testimoni oculari hanno riferito alla Bbc di sparatorie nelle strade della capitale, spari sono stati uditi in più parti della città anche durante il discorso di Gheddafi, dopo il quale non sono state registrate particolari reazioni nella strade della città dove però l'opposizione starebbe organizzando una nuova manifestazione per questa sera stessa e dimostranti si starebbero già dirigendo a Tripoli da altre città del Paese. Continuano intanto i rimpatri da delle migliaia di stranieri che vivono e lavorano in Libia: sono circa 400 gli italiani già rientrati in Italia sui 1.500 residenti nel Paese. In serata il presidente del parlamento libico ha sostenuto che la calma è stata «ristabilita nella maggior parte delle grandi città», ma in giornata i soldati passati dalla parte dei rivoltosi avevano riferito che non sono più sotto il controllo di Gheddafi. Tutto l'est della Libia dopo la rivolta scoppiata nel capoluogo della Cirenaica Bengasi e dilagata poi in tutto il Paese. I residenti di Tobruk - la città più a est e l'ultima prima del confine con l'Egitto - hanno inoltre riferito che la città è da tre giorni controllata dalla popolazione. Il fumo che aleggia sopra le case, hanno aggiunto, è quello di un deposito di munizioni bombardato dalle truppe leali al leader libico. «Tutte le zone orientali sono fuori dal controllo di Gheddafi... la popolazione e l'esercito stanno fianco a fianco qui», ha detto l'ex maggiore dell'esercito Hani Saad Marjaa alla Reuters. Il bagno di sangue, però, non si è fermato nemmeno a Bengasi da dove oggi al Jazira ha mostrato ancora immagini di cadaveri carbonizzati e resti di corpi umani che la tv panaraba ha detto essere immagini «riprese stamattina tramite telefoni cellulari». Da New York il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una dichiarazione in cui si «condannano le violenze» degli ultimi giorni in Libia e si «deplora la repressione» avviata dal governo di Gheddafi. E nuove defezioni si registrano anche oggi dopo che ieri uno dopo l'altro diplomatici avevano voltato le spalle al leader libico: l'ambasciatore a Washington ha annunciato le due dimissioni affermando di non voler servire «un regime dittatoriale» e che Gheddafi «se ne deve andare via». (ANSA). 23-FEB-11 00:38








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