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STORIA DI UN DETENUTO DA NULLA

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2009 17:05
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17 settembre 2009, in Pino Corrias

Storia di un detenuto da nulla.


Vanity Fair, 17 settembre 2009

Probabile che il nome Sami Mbarka Ben Gargi, non vi dica nulla. Invece dovrebbe. Era detenuto nel carcere di Pavia. E’ morto in ospedale rifiutando cibo e acqua il 5 settembre scorso. Era tunisino, aveva 41 anni, chiedeva la revisione del suo processo. Ha iniziato lo sciopero della fame e della sete il 16 luglio. Secondo il suo avvocato “non ha mai perso lucidità” e la sua forma di estrema protesta l’ha praticata in piena consapevolezza fino alla fine, diventando il ventottesimo suicidio che dall’inizio dell’anno insanguina le carceri italiane, dove oggi vivono ammassati 64 mila detenuti in uno spazio che dovrebbe contenerne 20 mila di meno.

Sami è morto solo come un cane. Anzi peggio. Perché se fosse stato un cane, forse qualche compassionevole associazione di animalisti avrebbe protestato e si sarebbe battuta per la sua vita, come accade a certe fortunate specie di uccelli, ai delfini e alle balene. Invece era solo un tunisino, di quelli che ogni tanto, d’estate, lasciamo annegare nel Canale di Sicilia oppure riaccompagniamo nei lager dei nostri alleati libici a finir di morire.

Se fosse stato un uomo in carne e ossa, magari un cristiano con il diritto alla vita incorporato, ci sarebbe stato il fior fiore delle associazioni religiose pronte a mobilitarsi per la sua salvezza. A presidiare anche di notte l’ospedale di Pavia dove stava crepando con cartelli pro vita, candele, canti e pianti. Sarebbero scesi in campo tutti, i teo con e i teo senza, compreso quel galantuomo di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire che per difendere la vita di una tale Eluana, aveva insultato perfino il padre, il signor Englaro, chiamandolo assassino.

FONTE






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Ogni anno muoiono in carcere circa 180 detenuti. Un terzo sono suicidi. Chi si toglie la vita è di solito un ragazzo alla prima detenzione. Nel 2009 la proiezione è di 70 suicidi, un record storico. Un tasso superiore di 21 volte a quello della popolazione italiana. Si potrebbe pensare che sia normale che ciò succeda, non solo qui, ma anche negli altri Paesi. Invece il Canada, per fare un esempio, ha un tasso quattro volte più basso di quello italiano e, per fare un altro esempio, il ministro della Giustizia polacco si è dovuto dimettere a causa di un suicidio. In galera chi non si suicida diventa un delinquente abituale, un pericolo per la società quando finirà di scontare la pena. L'affidamento ai servizi sociali è stato quasi eliminato dal governo. L'affidamento è una misura di rieducazione a tutela della sicurezza dei cittadini. I detenuti affidati ai servizi sociali, infatti, difficilmente compiono altri reati e ritornano in carcere: solo tre su dieci. Chi sconta la detenzione solo in carcere spesso continua a delinquere: ben sette su dieci.

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19/09/2009 22:14
 
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Re:
parliamonepino, 19/09/2009 21.49:


17 settembre 2009, in Pino Corrias

Storia di un detenuto da nulla.


Vanity Fair, 17 settembre 2009

Probabile che il nome Sami Mbarka Ben Gargi, non vi dica nulla. Invece dovrebbe. Era detenuto nel carcere di Pavia. E’ morto in ospedale rifiutando cibo e acqua il 5 settembre scorso. Era tunisino, aveva 41 anni, chiedeva la revisione del suo processo. Ha iniziato lo sciopero della fame e della sete il 16 luglio. Secondo il suo avvocato “non ha mai perso lucidità” e la sua forma di estrema protesta l’ha praticata in piena consapevolezza fino alla fine, diventando il ventottesimo suicidio che dall’inizio dell’anno insanguina le carceri italiane, dove oggi vivono ammassati 64 mila detenuti in uno spazio che dovrebbe contenerne 20 mila di meno.

Sami è morto solo come un cane. Anzi peggio. Perché se fosse stato un cane, forse qualche compassionevole associazione di animalisti avrebbe protestato e si sarebbe battuta per la sua vita, come accade a certe fortunate specie di uccelli, ai delfini e alle balene. Invece era solo un tunisino, di quelli che ogni tanto, d’estate, lasciamo annegare nel Canale di Sicilia oppure riaccompagniamo nei lager dei nostri alleati libici a finir di morire.

Se fosse stato un uomo in carne e ossa, magari un cristiano con il diritto alla vita incorporato, ci sarebbe stato il fior fiore delle associazioni religiose pronte a mobilitarsi per la sua salvezza. A presidiare anche di notte l’ospedale di Pavia dove stava crepando con cartelli pro vita, candele, canti e pianti. Sarebbero scesi in campo tutti, i teo con e i teo senza, compreso quel galantuomo di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire che per difendere la vita di una tale Eluana, aveva insultato perfino il padre, il signor Englaro, chiamandolo assassino.

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Di cosa era accusato?

Quale è stata l'accusa che l'ha portato in carcere?


Paxuxu
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Re: Re:
Paxuxu, 19/09/2009 22.14:




Di cosa era accusato?

Quale è stata l'accusa che l'ha portato in carcere?


Paxuxu




A denunciarlo per stupro era stata la sua ex convivente, una donna di origine marocchina con cui aveva vissuto 13 anni, in buona parte passati insieme a Milano. Un’accusa che Ben Gargi riteneva falsa e «infamante», inconcepibile, ma che i giudici avevano ritenuto credibile, fino a che in Appello, il 7 luglio scorso alla Procura di Milano, l’uomo era stato condannato a 8 anni e 5 mesi a piede libero. Nove giorni dopo, valutando il rischio del periodo di fuga in previsione di un’imminente scarcerazione per fine pena, la Corte d’Appello di Milano aveva disposto il carcere accogliendo la richiesta del procuratore generale.

FONTE





In ogni caso, indipendentemente dalle accuse, il compito di chi ha in consegna i detenuti non è solo quello di tenerli in custodia, ma anche di curarli per impedire le conseguenze estreme dei loro gesti.

Purtroppo, molti, in seguito, si scoprono essere stati vittima di clamorosi errori giudiziari.









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20/09/2009 11:37
 
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Mi piacerebbe leggere ed ascoltare anche la 2° campana, anche perchè per il Corano, "lo stupro perpetrato sulla propria moglie o convivente non è punibile", quindi se effettivamente ha stuprato e spacciato droga (come si legge nell'articolo) e credeva di starsene fuori impunito beh poteva starsene a casa sua e non da noi a fare il "comodaccio suo"!

A meno che, non volete "difendere" anche i veri delinquenti!


Paxuxu



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Re:
Paxuxu, 20/09/2009 11.37:

Mi piacerebbe leggere ed ascoltare anche la 2° campana, anche perchè per il Corano, "lo stupro perpetrato sulla propria moglie o convivente non è punibile", quindi se effettivamente ha stuprato e spacciato droga (come si legge nell'articolo) e credeva di starsene fuori impunito beh poteva starsene a casa sua e non da noi a fare il "comodaccio suo"!

A meno che, non volete "difendere" anche i veri delinquenti!


Paxuxu






Infatti, caro Michele, non discuto la condanna e non entro nel merito legale.

E' certo, in ogni caso, che in Italia, come in altri paesi, ci sono "errori giudiziari".

Ci sono innocenti che scontano pene, di reati mai commessi, ci sono colpevoli che, addirittura, per ragioni "burocratiche di ritardi" o di "sviste dei giudici", vengono scarcerati.

Mi sono voluto soffermare solo sul fatto che, forse, si poteva evitare il gesto estremo di questa persona.

Pino

[SM=g1380307]







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20/09/2009 17:05
 
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Re:
parliamonepino, 19/09/2009 21.49:


17 settembre 2009, in Pino Corrias

Storia di un detenuto da nulla.


Vanity Fair, 17 settembre 2009

Probabile che il nome Sami Mbarka Ben Gargi, non vi dica nulla. Invece dovrebbe. Era detenuto nel carcere di Pavia. E’ morto in ospedale rifiutando cibo e acqua il 5 settembre scorso. Era tunisino, aveva 41 anni, chiedeva la revisione del suo processo. Ha iniziato lo sciopero della fame e della sete il 16 luglio. Secondo il suo avvocato “non ha mai perso lucidità” e la sua forma di estrema protesta l’ha praticata in piena consapevolezza fino alla fine, diventando il ventottesimo suicidio che dall’inizio dell’anno insanguina le carceri italiane, dove oggi vivono ammassati 64 mila detenuti in uno spazio che dovrebbe contenerne 20 mila di meno.

Sami è morto solo come un cane. Anzi peggio. Perché se fosse stato un cane, forse qualche compassionevole associazione di animalisti avrebbe protestato e si sarebbe battuta per la sua vita, come accade a certe fortunate specie di uccelli, ai delfini e alle balene. Invece era solo un tunisino, di quelli che ogni tanto, d’estate, lasciamo annegare nel Canale di Sicilia oppure riaccompagniamo nei lager dei nostri alleati libici a finir di morire.

Se fosse stato un uomo in carne e ossa, magari un cristiano con il diritto alla vita incorporato, ci sarebbe stato il fior fiore delle associazioni religiose pronte a mobilitarsi per la sua salvezza. A presidiare anche di notte l’ospedale di Pavia dove stava crepando con cartelli pro vita, candele, canti e pianti. Sarebbero scesi in campo tutti, i teo con e i teo senza, compreso quel galantuomo di Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire che per difendere la vita di una tale Eluana, aveva insultato perfino il padre, il signor Englaro, chiamandolo assassino.

FONTE








Il triste epilogo di questa vicenda credo abbia riscontro nel tema stesso di questo argomento: "Storia di un detenuto da nulla" perchè nulla, per molti, vale la vita di chi, per ragioni più o meno valide, abbandona la propria terra sperando di trovare "fortuna" da noi.

Il dolore di un individuo che attraversa il mediterraneo fa meno rumore di un petalo che cade.

Non approvo nè giustifico tale atteggiamento. Ovviamente anche io sono perplesso dalla inarrestabile invasione sul suolo Italiano di altre etnie, ma sono amareggiato dal modo in cui alcuni, come Sami, escono di scena, quasi fosse un sollievo per la comunità.

Mi chiedo come vorrei essere trattato io, se su quel barcone fossi costretto un giorno ad imbarcarmi per sopravvivere.

Hai perfettamente ragione quando parli del diverso atteggiamento nei confronti di un animale con un essere umano: ho visto persone versare lacrime per un animale investito (e giustamente) e restare indifferenti di fronte a massacri di intere famiglie.

Questa scarsa capacità di attribuire valore alla vita umana determina spesso comportamenti anomali.

Con tutto ciò, non posso e non voglio minimizzare le eventuali colpe e responsabilità morali e penali di questa persona ma ritengo che anche lui meriti di passare oltre con qualcuno accanto che gli tenga la mano e gli dica addio, ma solo quando ciò è inevitabile e non certo per sfuggire alle ingiustizie subìte.
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