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Firme per i diritti delle donne, quattro arresti a Teheran

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2009 07:38
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Quattro attiviste sono state arrestate ieri a Tehran mentre raccoglievano firme su una petizione per i pari diritti giuridici delle donne in Iran. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Ilna. Si tratta della campagna per «Un milione di firme per cambiare le leggi che discriminano le donne», lanciata nell’agosto 2006 da un ampio schieramento di attiviste e gruppi femminili. Le quattro ieri sono state arrestate nel Parco Laleh, nel centro della capitale iraniana. Il mese scorso oltre 30 donne erano state fermate mentre protestavano per l’arresto di 5 attiviste arrestate l’anno scorso durante una manifestazione (poi scarcerate giorni fa).

Fonte: ilManifesto.it


Non fosse per "noi", in Italia saremmo esattamente a questo punto.

Se non ci credete, andate a vedere cosa succede in Sudamerica, in Africa e nelle Filippine, posti in cui la Chiesa ha ancora TROPPO potere.

Ciao
Claudio





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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Re:
Claudio Cava, 19.02.2009 07:21:



Non fosse per "noi", in Italia saremmo esattamente a questo punto.

Se non ci credete, andate a vedere cosa succede in Sudamerica, in Africa e nelle Filippine, posti in cui la Chiesa ha ancora TROPPO potere.



Piccolo esempio preso a casaccio:

La Chiesa: Diritti delle donne? Non valgono per l' Africa

La Chiesa contro il documento aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani. Diritti delle donne? Non valgono per l’Africa. Lo stesso Benedetto XVI. Il Presidente della conferenza dei vescovi del Kenya, riunitasi il 3 luglio a Nairobi, si è scagliato contro il Protocollo aggiuntivo alla carta africana dei diritti umani sui diritti delle donne, adottato dall’Unione Africana nel luglio del 2003 ed entrato in vigore il 25 novembre del 2005.
L’Arcivesovo John Njue si è appellato al governo del Kenya affinché non ratifichi il documento perché, tra gli altri, prevede il diritto delle donne alla libertà di pianificazione familiare e all’interruzione di gravidanza.


L’ostilità della chiesa cattolica al Protocollo di Maputo era già stata esplicitata da Benedetto XVI nel suo intervento alla conferenza del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nel dicembre scorso, ponendo l’accento su come gli “attentati alla vita fin dal suo concepimento” che si perpetrano nei paesi dell’occidente, si stiano estendendo “anche in quelle regioni dove la cultura del rispetto della vita è tradizionale, come in Africa, dove si tenta di banalizzare surrettiziamente l’aborto attraverso il Protocollo di Maputo, così come attraverso il Piano d’azione adottato dai ministri della Sanità dell’Unione Africana”.

Il fatto è che il Protocollo di Maputo è uno dei documenti più avanzati nell’ambito della promozione e tutela dei diritti umani, civili e politici delle donne africane.

Questo trattato infatti è composto di 32 articoli che sanciscono un ampio panorama di diritti finora mai compresi nella loro totalità da nessuna costituzione africana, come il diritto all’eredità da parte delle vedove, il diritto al divorzio tutelato, il diritto alla partecipazione alle competizioni politiche e al mondo del lavoro, il divieto del matrimonio forzato e di quello precoce, il diritto alla integrità fisica e il divieto di tutte le pratiche tradizionali dannose come le mutilazioni genitali femminili.


E non è un caso che l’Unione Africana abbia voluto includere, con grande senso di responsabilità, in uno stesso documento i diritti economici delle donne e quelli di libertà individuale, civile e politica, senza cedere alla adozione di un testo di compromesso che tralasciasse i diritti della “salute riproduttiva”.

Il Piano d’azione dei Ministri della Salute dei paesi membri infatti prevede la legalizzazione, il libero accesso e la ampia diffusione dei sistemi contraccettivi, oltre alla legalizzazione e regolamentazione dell’interruzione di gravidanza.

D’altronde, come ha avuto modo di dire il Vice Presidente del Kenya alla conferenza dei capi di stato africani su “Diritti umani e mortalità materna”, oltre 15.000 bambine keniane abbandonano ogni anno la scuola secondaria a causa di gravidanze indesiderate e delle 68.000 donne che ogni anno nel mondo muoiono di aborto clandestino o in condizioni di non sicurezza, 30.000 sono africane.

Considerare dunque questo documento come qualcosa che “esula dalla cultura africana”, come è stato espresso anche dai vescovi del Ruanda, del Burundi e della Repubblica Democratica del Congo, significa ignorare quella che invece è la volontà di cambiamento e di progresso degli africani, che i governi giustamente interpretano riportando al centro della politica il rispetto della persona e delle sue libertà fondamentali.

Sono infatti già 21 i paesi membri dell’Unione Africana che hanno ratificato il Protocollo di Maputo e che con il sostegno di un tenace e convinto movimento della società civile si preparano a cambiare il volto di questo continente attraversato da guerre, carestie, povertà e ingiustizie, subite soprattutto da donne e bambini, le principali vittime dell’AIDS, delle morti da parto, per causa delle mutilazioni genitali, per fame, per malattia.

Sono queste le voci che la chiesa dovrebbe avere la compassione di ascoltare, sostenendo il progresso dell’Africa verso un assetto di giustizia e democrazia anziché difendendo una presunta “africanità” che esiste oramai solo nelle elucubrazioni più oscurantiste di alcuni obsoleti relativisti.

di Antonella Spolaor in www.opinione.it/

*Antonella Spolaor è membro della Giunta dei Radicali Italiani.
L'articolo è stato precedentemente pubblicato sulla "Agenda Coscioni", mensile dell'Associazione Luca Coscioni










“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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