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SEBAI VERBALE ESAME UDIENZA 21 NOVEMBRE 2008

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2009 11:01
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TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI TARANTO
-Ufficio del Giudice per le Udienze preliminari-

PROCEDIMENTO N. 3402/07 RG. GIP
a carico di: SEBAI EZZEDINE

INTERROGATORIO DI: SEBAI EZZEDINE
RESO IN DATA 21 NOVEMBRE 2008

GUP V. INGENITO: Sebai Ezzedine è detenuto per al-tra causa, è presente. Il difensore è l'avvocato Luciano Faraon presente.
Chiamiamo le persone offese: LUDOVICO Vincenza, LU-DOVICO Lucia, COMMESSATTI Rosina, COMMESSATTI Ade-lina, MADDALENA Leonardo, MADDALENA Maria, MADDALE-NA Francesca, MADDALENA Antonio, MADDALENA Michele, MADDALENA Annibale Leonardo. La Parte Civile MONTE-MURRO Giuseppe, avvocato DE LUCA.
AVV. L. FARAON: Giudice, preventivamente il signor Sebai vuole fare spontanee dichiarazioni in quanto ha subito maltrattamenti da ieri mattina fino ad oggi. Io avevo chiesto, con lettere anche al Procu-ratore Generale, che venissero adottati provvedi-menti più particolari a tutela di questa situazio-ne. In considerazione della particolarità del caso e di quanto avvenuto in Puglia, fosse detenuto du-rante questo trasporto in una caserma dei Carabi-nieri, invece che in un istituto di pena. Io sono andato da Sebai due giorni fa, non aveva nessuna ferita in fronte ora ha una fronte completamente lacerata e mi ha riferito di essere stato maltrat-tato fino a questo punto.
GUP V. INGENITO: Allora sì, vuole rendere spontanee dichiarazioni preliminarmente. Prima delle sponta-nee dichiarazioni, il capo scorta ha qualcosa da dichiarare sulle condizioni del Sebai?
Capo scorta: No, nessuna.
GUP V. INGENITO: Sulle modalità...
Capo scorta: Se l'è procurate da solo ieri mattina, nella giornata di ieri.
GUP V. INGENITO: Dove?
Capo scorta: Non lo so, mentre l'hanno trasferito dalla Sicilia a Lecce. Io questo so.
GUP V. INGENITO: Come le risulta questo?
Capo scorta: Il collega me l'ha detto stamattina.
GUP V. INGENITO: Un collega della scorta?
Capo scorta: Sì.
GUP V. INGENITO: Come si chiama?
Capo Scorta: TRAMACERE Salvatore.
GUP V. INGENITO: Innanzitutto verbalizziamo, come capo scorta, queste dichiarazioni. Lei è il mare-sciallo?
Sovr. C. Cariddi: Sovrintendente CARIDDI Cosimo.
GUP V. INGENITO: Allora il maresciallo fa riferi-mento di aver appreso dal collega della polizia pe-nitenziaria in servizio presso la Casa Circondaria-le di Lecce... -che grado ha questo suo collega?-
Sovr. C. Cariddi: Assistente capo.
GUP V. INGENITO: ...assistente capo TRAMACERA...
Sovr. C. Cariddi: TRAMACERE Salvatore. Comunque c'è relazione di servizio che hanno fatto i colleghi stanotte. Se l'è procurate da solo in cella. Non so il motivo, sembra per un panino. Sembra!
GUP V. INGENITO: Le lesioni visibili al capo sembra se le sia procurate mentre si trovava nella sua cella...
Sovr. C. Cariddi: Nella cella sul mezzo, che lo stavano trasportando...
GUP V. INGENITO: ...mentre si trovava nella cella ubicata nel mezzo di trasporto del detenuto e che in tal senso è stata anche redatta una relazione di servizio. E` così?
Sovr. C. Cariddi: Sì.
GUP V. INGENITO: Vuole rendere spontanee dichiara-zioni. Comunque sarà interrogato. Vediamo quali so-no le sue spontanee dichiarazioni.
AVV. L. FARAON: Chiediamo comunque che poi sia di-sposto accertamento medico legale sulla persona, sul fisico del signor Sebai.
Spontanee dichiarazioni del detenuto Sebai Ezzedi-ne: Dottoressa, già dal giorno 19, l'altro ieri, che era mercoledì, alle 13 e 36 sono arrivate le traduzioni da Foggia per me, e subito il medico mi ha... si sono messi subito a muoversi e mi hanno detto che devo... perché ho appena fatto un inter-vento chirurgico e non posso sedermi molto. Ho an-che adesso le garze, il sangue che mi esce sempre, perché questo intervento non è finito ancora. Mi hanno detto che... non lo so, (l’imputato piange) mi hanno detto che sarò trasferito in aereo in mez-z'ora. "Puoi sederti per mezz’ora" e ho detto: "Va bene". Martedì ho fatto la revoca, perché prima ho rinunciato di venire qua e poi ho fatto la revoca di venire da voi quando mi avete convocato per mar-tedì. Così doveva essere la mia traduzione, invece mi hanno fatto svegliare ieri mattina alle 6. "Su-bito... subito... svegliati... preparati!". Ho det-to: "Sono pronto". "Allora aspetta" mi hanno detto. Verso le 8 mi hanno portato vicino la matricola e mi hanno detto: "Aspetta qua che sta arrivando la scorta per portarti alla traduzione". Così ho a-spettato dalle 8 fino alle 11 e mezza che sono ar-rivati loro. Poi alle 12 siamo usciti di là e con me è uscito un detenuto che sta adesso a Taranto, siamo usciti in due, due detenuti, che si chiama Cristian, è dell'alta sicurezza, dice che è di Si-racusa però sta qua e va sempre là, lo appoggiano ad Augusta. Questo è uno che può essere un testimo-ne di tutto quello che è successo dopo. A tutti e due ci hanno portato. Appena siamo usciti, loro si sono mangiati un panino, qualcosa, a me hanno dato una borsetta con 4 fettine precise di pane morbido e una bottiglietta d'acqua e un piccolo pacco di succo... Insomma non è che era un granchè. Io i soldi ce li ho per comprare... Anche questo detenu-to ha detto che a Catania lo compriamo. Loro stessi quando siamo usciti mi hanno detto: "Poi vi compra-te un panino". Arrivando a Catania hanno preso due detenuti, uno per Palmi ed uno per Lecce. E poi di là mi hanno detto: "Qua non si può, il panino lo facciamo a Messina, lo acquistiamo a Messina" sem-pre a spese mie naturalmente. Alle 6 siamo arrivati e hanno detto: "No, andiamo al traghetto, quando arriviamo a San Giovanni ci pensiamo". Ed è stato così. Siamo rimasti solo una mezz'oretta nel tra-ghetto, poi è partito il traghetto. Dopo mezz'ora-45 minuti, non lo so, siamo arrivati a Villa San Giovanni. Intanto durante tutto il tragitto loro ogni po' di tempo si fermano, mangiano, prendono un caffè, fanno quello che vogliono. Noi no! Il dete-nuto stesso mi diceva: "Loro mangiano, bevono e noi no".
GUP V. INGENITO: Noi dobbiamo andare avanti con l'udienza.
IMPUTATO E. SEBAI: Mi hanno detto: “Dopo”. Siamo arrivati a Villa San Giovanni: "No, dobbiamo porta-re prima il detenuto a Palmi" Siamo usciti a Palmi e hanno detto: "No, non possiamo qua, in un auto-grill". Passavamo gli autogrill ed io chiedevo sem-pre: "Vedi che c'è un altro autogrill". "No no, ci fermiamo quando vogliamo noi". Però quando vogliono loro si fermano, mangiano solo loro, bevono, fuma-no... Intanto io sto così, sempre in piedi...
GUP V. INGENITO: Senta, noi non possiamo permetter-ci... già stiamo ammettendo che lei renda spontanee dichiarazioni su fatti che non attengono al proces-so. Se ha da dire qualcosa in riferimento a qualche fatto...
IMPUTATO E. SEBAI: C'è stato tanto maltrattamento nei miei confronti. Poi uno di questi ha detto: "Al prossimo autogrill ci fermiamo e ti faccio vedere chi sono io". Parlava più in dialetto che in ita-liano. Siamo arrivati al primo autogrill, si è fer-mato, ha aperto la porta a me e ha iniziato subito a darmi schiaffi e mi ha massacrato di pugni in faccia. Mi ha preso da dietro e me le ha date "da-dadon... dadadon... qua”. Sono diventato tutto san-gue e poi mi ha detto: "Io...". Poi sono andati da questi due detenuti che sono rimasti e gli hanno chiesto cosa volevano. Gli hanno portato ad ognuno cosa volevano da mangiare, coca cola, panino, tut-to, e a me hanno detto: "Tu mangerai soltanto a Lecce e se parli ancora io ti ammazzo proprio". Co-sì mi ha detto! Io non ho detto più niente. Poi su-bito i loro colleghi si sono accorti della gravità del sangue e di tutto, (la porta non so se l'hanno pulita adesso o è ancora così la macchina). Quindi i colleghi mi hanno portato un panino che non ho mangiato e hanno portato delle carte, cose... l'ac-qua... cose per pulirmi.
Arrivati a Lecce tutto sangue. All'una e mezza sono arrivato a Lecce, all'una e mezza di notte. Hanno chiamato una dottoressa che era complice di loro, una dottoressa medico, era complice con loro, e mi hanno costretto per forza. Io ho fatto un verbale come loro mi hanno detto, che è stata una crisi. Io nel verbale ho scritto: "Sì, è stata una crisi" e ho detto: "La causa la racconterò alla casa di re-clusione di Augusta". Poi stop. Questo è il verbale che ho fatto là. Invece dopo mi hanno portato da questa dottoressa e sono stato costretto, -schiaffeggiato-, costretto da 4 guardie del carce-re, insieme all'unico ispettore che stava là e due guardie della scorta, l'altra scorta era andata a dormire. E mi hanno costretto per forza. La dotto-ressa mi ha dato più di cento garze per pulirmi tutto, anche i capelli erano sporchi di sangue. Co-munque mi ha pulito. Non voleva darmi le mie cure. Le mie cure erano: trinitrina ecc... e mi ha dato soltanto 5 gocce di Valium, che non servono a nien-te e mi ha detto: "Ormai siamo a giorno, non fa niente. Domani ti darò le medicine che sono pre-scritte".
GUP V. INGENITO: Abbiamo raccolto le sue dichiara-zioni, basta così.
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, io non posso tornare qua... Io di qua non voglio tornare al carcere di Lecce per nessun motivo, anche se c'è il mio zaino là, i miei soldi li ho lasciati là. E sono stato già minacciato. Uno mi ha detto: “Bello bello... dopo”. L'altro insieme al brigadiere responsabile mi ha detto: "Dopo dobbiamo fare i conti, quando torno facciamo i conti. Ormai sei con noi fino a domani che ti portiamo a Foggia". Ho ricevuto delle minacce. Addirittura ieri sera “è pronto anche ad uccidere”. Ha detto al suo collega: "Non me ne deve fregare...". Vorrei dire tante altre cose.
GUP V. INGENITO: Oggi lei è qui per l'interrogato-rio.
IMPUTATO E. SEBAI: Io vorrei solo chiedere una co-sa: di qua per favore fatemi partire a Foggia.
GUP V. INGENITO: Provvederemo per la sua sicurezza in tutte le maniere.
IMPUTATO E. SEBAI: Anche il mio zaino e i miei sol-di che sono rimasti là, e i miei documenti che mi riguardano che sono rimasti a Lecce.
AVV. L. FARAON: Sebai faccia uno sforzo, perché lei ha scritto al giudice in data 27 ottobre che voleva collaborare con la giustizia per far cessare le sofferenze. Quindi io nonostante quello che lei ha patito, e le credo visti i precedenti che sono ca-pitati qui in Puglia...
GUP V. INGENITO: Avvocato che cosa... non possiamo.
AVV. L. FARAON: Io le chiedo di continuare con lo spirito collaborativo che ha scritto e che quindi faccia uno sforzo di rispondere a quello che è ne-cessario per l'udienza.
GUP V. INGENITO: Va bene, adesso procediamo secondo le forme... Ci sono altre richieste che lei intende formulare con riguardo all'odierno procedimento?
AVV. L. FARAON: No, niente.
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, io ho risposto a tutti gli omicidi e sono pronto a rispondere di nuovo a qualsiasi omicidio e a raccontare tutto. Basta che mi date il tempo. E sono pronto con voi fino anche a domani mattina.
GUP V. INGENITO: Un attimo, non vi potete mettere a fare conversazioni. Senta, è arrivata dal carcere una richiesta di procedere nelle forme della pub-blica udienza. E` questa la sua volontà? Lei la conferma oggi?
IMPUTATO E. SEBAI: Io sto qua per raccontare dalla A alla Z tutti questi delitti che ho commesso.
GUP V. INGENITO: Mi deve dire soltanto se conferma, oppure altrimenti noi procediamo, come stiamo pro-cedendo adesso, in camera di consiglio, senza nes-suno che entri in aula.
AVV. L. FARAON: Confermi la pubblica udienza?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: E` sua scelta dire: "Voglio l'u-dienza pubblica" e quindi così come sembra aver ri-chiesto in carcere...
IMPUTATO E. SEBAI: Pubblica.
GUP V. INGENITO: Oppure procediamo in camera di consiglio?
IMPUTATO E. SEBAI: Pubblica.
GUP V. INGENITO: Va bene. Il Pubblico Ministero e le altre parti non hanno osservazioni>.
Il Giudice, visto l'articolo 441 comma terzo Codice di Procedura Penale, dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza, avendone fatto richie-sta l'imputato.
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, lei deve rendere conto che io adesso sto cacciando tutte le paure che io... solo perché non sono stato io.
GUP V. INGENITO: Tra un po' procederemo a sentirla, non può intervenire se non per rendere spontanee dichiarazioni, o adesso l'interrogatorio si accon-sente come è stato richiesto dal suo difensore. Quindi adesso possiamo aprire la porta perché c'è l'ordinanza con la quale...
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Il Giudice, visto l'articolo 147 disposizione di attuazione, interpella sul punto le parti proces-suali.
PM M. CARBONE: Per quanto riguarda i Pubblici Mini-steri non c'è opposizione, ma il consenso è limita-to soltanto a delle brevi riprese prima che venga iniziato l'ascolto del Sebai... perchè la ripresa integrale potrebbe, a nostro giudizio, arrecare pregiudizio al sereno e regolare svolgimento del-l'udienza.
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AVV. L. FARAON: Io ritengo che, contrariamente a quanto dice il Pubblico Ministero, dopo 10 anni la verità debba essere portata alla conoscenza di tut-ti. Ci sono state altre udienze registrate anche in udienze preliminari, pubbliche, da in "Un giorno in Pretura", quindi non vedo perché si debba fare di-scriminazione tra una emittente e l'altra. Il Sebai ha detto oggi che, oltre che essere sottoposto al-l'interrogatorio, vuole far emergere tutte le veri-tà, anche perché ci sono 10 anni di silenzio. Quin-di io chiedo che sia ammessa la totale ripresa, poi al giudice spetta la decisione. E questa è anche la volontà del Sebai.
GUP V. INGENITO: Ci sono delle parti che vogliono indicare a verbale che non intendono essere riprese eventualmente come volto, compreso l'imputato?
IMPUTATO E. SEBAI: No.
GUP V. INGENITO: Nessuna delle parti presenti, ivi compreso l'imputato, ha nulla da obiettare alla e-ventuale ripresa del volto.
Il Giudice, visto l'articolo 147 disposizione di attuazione, ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, autorizza una breve ripresa audiovisiva, escludendo l'integrale ripresa del procedimento, atteso che la stessa potrebbe arrecare pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell'udienza ed in particolare al previsto interrogatorio, quindi con-sente l'accesso in aula per brevi riprese, ad e-sclusione della persona del Giudice.
GUP V. INGENITO: A questo punto dobbiamo procedere all'interrogatorio come previsto.
Il Giudice dispone, quindi, procedersi all'interro-gatorio dell'imputato, sempre che acconsenta, per-ché adesso gli faremo gli avvertimenti.
GUP V. INGENITO: Senta avvocato, come lei sa ci so-no delle opzioni, nel senso che può chiedere che l'interrogatorio lo conduca il giudice, oppure ai sensi dell'articolo 421 che avvenga con domande formulate dalle parti. C'è una richiesta in tal senso: lo deve condurre il giudice o mediante do-mande formulate dalle parti?
AVV. L. FARAON: Ritengo che le domande devono esse-re fatte dalle parti, vista la particolarità del caso, perché ognuno ha bisogno di propri chiarimen-ti. Ovviamente il giudice è sempre titolare dell'u-dienza, quindi è lui che gestisce le domande, non ci sono problemi.
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GUP V. INGENITO: Deve indicare le sue generalità. Come si chiama?
IMPUTATO E. SEBAI: Il cognome è Sebai, il nome è Ezzedine.
GUP V. INGENITO: Nato?
IMPUTATO E. SEBAI: Nato a Kairovan (Tunisia) il 15.10.1964.
GUP V. INGENITO: Prima che abbia inizio l'interro-gatorio le devo dare alcuni avvertimenti. La devo avvertire che le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti; salvo quanto previsto dall'articolo 66 comma 1 ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il proce-dimento seguirà il suo corso; se renderà dichiara-zioni su fatti che concernano la responsabilità di altri, assumerà in ordine a tali fatti l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dal-l'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo 197 bis Codice di Procedura Penale. Lei intende ri-spondere alle domande?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, e racconterò tutta la verità e soltanto la verità, senza nessun dubbio e nessun tipo di bugie, anche perché io non sono più quello di prima, sono un vero mussulmano.
GUP V. INGENITO: Avvocato, ha chiesto lei l'inter-rogatorio, quindi inizia lei con le domande. Prego.
AVV. L. FARAON: Signor Sebai, nella sua lettera del 27.10 alla dottoressa Ingenito, che è la titolare di questa udienza, ha detto che lei fin dal 1997 voleva confessare tutti gli omicidi.
IMPUTATO E. SEBAI: No, 1999.
AVV. L. FARAON: "1999, ma sono stato impedito dal-l'avvocato SERRA per motivi che non volevo e non potevo condividere, ma che ho subìto".
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Vuole spiegarci cosa è successo? Perché siamo arrivati con 10 anni di ritardo a que-sta situazione?
IMPUTATO E. SEBAI: Siamo arrivati a 10 anni di ri-tardo a questa situazione, perché io... L'avvocato SERRA all'inizio, già dopo due giorni del mio arre-sto, sono arrivati all'una di notte il Pubblico Mi-nistero da Trani etc., lei non mi ha detto niente e pensavo che era una di loro. Quando ho risposto a tutte le loro domande, hanno fatto di tutto per farmi confessare e invece siccome c'è un certo tipo che fa parte dei Carabinieri, si chiama Bruno Giu-seppe, mi diceva sempre: "Tu non hai tempo da per-dere, noi abbiamo molto tempo da perdere", e mi da-va dei numeri. E quindi hanno fatto di tutto per farmi crollare e invece io non ho confessato. Non ho confessato nulla e ho risposto sempre a tutte le loro domande senza confessare nessun delitto. Que-sto in quella sera. Poi dopo viene l'avvocato e di-ce: "Vedi che a te nessun avvocato in tutta Taranto ha accettato il tuo caso. Hanno messo a me, io non so niente, non ho esperienza, è la prima causa del-la mia carriera, però non ti preoccupare io ho del-le persone che mi suggeriranno, esperti che mi aiu-teranno a difenderti". E poi mi ha dato due carte e mi ha detto di fargli la nomina il giorno dopo. Poi inizia l'avvocato SERRA a venire spesso in cella. Quanti colloqui abbiamo fatto! L'avvocato SERRA mi ha sempre interrogato e metteva sempre le registra-zioni. Io ero al corrente, però faccio finta di non sapere niente. Registrava tutto e mi interrogava in tutti i diritti, però subito mi dice sempre: "Sì sì, ho capito". Quelli dei Carabinieri hanno fatto tutto questo per far vedere alla gente che final-mente sono stati loro a prendere il serial killer. "So che sei innocente e non ti preoccupare, conti-nua così”. E siamo andati sempre così. Veniva, io gli facevo vedere come ero al corpo per come mi maltrattavano. Io avevo passato mesi, e tutti i de-tenuti lo sapevano, nudo in una cella senza bagno e senza niente. Là a Taranto mi massacravano giorno e notte.
GUP V. INGENITO: Avvocato, chiedo scusa, siccome vedo che la tendenza del Sebai, a seguito della do-manda, è a divagare un po' e a divagare un po'...
IMPUTATO E. SEBAI: Devo raccontare tutto, dottores-sa.
GUP V. INGENITO: Sì, però deve rispondere... segua il suo difensore, perché è lui che conduce l'esame. Deve rispondere alla domanda.
IMPUTATO E. SEBAI: L'avvocato SERRA, in poche paro-le, il 25 maggio del 1999 (iniziamo dal 1999) io ho mandato una lettera al Giudice GABRIELLI, al Conso-lato e all'avvocato SERRA. Erano due, tre procedi-menti in quel giorno là. Sempre del 1999 sto par-lando. L'avvocato SERRA aveva sempre una lista con 21 omicidi, anche se in questi 21 omicidi c'erano degli omicidi commessi da me e non erano scritti là, come per esempio l'omicidio di Ginosa, come l'omicidio di Massafra, come l'omicidio di Canosa di Puglia. Questi omicidi commessi da me non erano scritti da lei. Io l'ho fatto vedere. Poi quando lei mi ha detto... (sto parlando del 25 maggio), perché quando ho mandato questa lettera al Presi-dente, ho detto: "Io voglio essere presente, con la presenza del..." ho mandato anche una raccomandata al Consolato della Tunisia a Napoli, e sono venuti veramente. Però c'erano due processi: uno la matti-na ed uno il pomeriggio quel giorno. E` vero che non mi hanno portato dal carcere di Foggia la mat-tina, ma di pomeriggio mi hanno portato. Poi ho sa-puto che non mi hanno portato la mattina perché mancava il personale. Vengo al dunque. Io sono ve-nuto quel giorno giusto per raccontare tutta la ve-rità, anche perché oltre al detenuto Donvito, penso che non era ancora condannato nessuno. Quindi ho detto al Presidente: "Io sono venuto qua -come ho scritto a voi- per raccontare tutta la verità, però visto che non c'è il Consolato...". Mi ha detto il Presidente: "Il Consolato stamattina stava qua". Ho detto: "E adesso dove sono?" c'erano 10 persone, qualcosa del genere, c'era uno che aveva una tele-camera... e ho detto: "Allora io non ho niente da dire. Solo davanti al Consolato". Poi il giorno 2 settembre è venuto l'avvocato SERRA al carcere di Foggia a trovarmi. Questa è la seconda ed ultima volta, perché due volte è venuto l'avvocato SERRA al carcere di Foggia a trovarmi. Anche se il 25 (prima di venire io a raccontare questo) mi ha det-to: "Che cosa intendi dire? Cosa vuoi raccontare? Che verità? Me le devi dire a me". Ho detto: "Solo in Tribunale dirò tutto". Gli ho chiesto anche una sigaretta e mi ha detto: "Io ti lascio tutto il pacchetto se mi dici..." e se ne è andata arrabbia-ta. Arriviamo al 2 settembre che è importantissimo.
GUP V. INGENITO: 2 settembre di che anno?
IMPUTATO E. SEBAI: Sempre il 1999 a Foggia. Lei mi ha detto...
GUP V. INGENITO: "Lei" chi, sempre l'avvocato SER-RA?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Mi ha detto: "Vedi Ezzedine tu sei colpevole qua, qua, qua..." ho detto: "No no, io sono colpevole, qua, qua, qua, qua e tutti quei detenuti che si trovano in carcere, sono tutti innocenti". Lei lo sapeva. Già da quel giorno ab-biamo chiarito tutto. Tutti questi detenuti: ...DONVITO, Giuseppe, questo Nardelli qua non l'ho mai sentito prima, anche se leggevo il giornale. Soltanto nella perizia ho sentito che erano tre im-putati nell'omicidio di COMMESSATTI. Io non sapevo questo, pensavo soltanto che si trattava di due persone.
GUP V. INGENITO: Va bene, è chiaro. Andiamo avanti.
IMPUTATO E. SEBAI: L'avvocato SERRA mi ha detto: "Credimi, io sto giurando, anche se tante persone sono messe... sto giurando a tutti, sulla mia bam-bina sto giurando, che tu sei innocente. Tu devi stare zitto e soprattutto non devi mai permetterti di parlare con DONVITO". Questa parola. Lei mi rac-comandava sempre di non parlare con DONVITO, però non mi ha mai detto di non parlare... anche se lei sa tutto. Sempre secondo lei, il giudice GABRIELLI è al corrente di tutto quello che io dicevo a lei. Non so se è vero o no, questo lo sa l'avvocato SER-RA. Quindi l'avvocato SERRA mi diceva questo. Poi mi ha detto: "Stai zitto, non fare niente, c'è il giudice GABRIELLI che deve pensare a tutto. Tu...".
GUP V. INGENITO: Non ho capito, ma lei com'è che è entrato in contatto con questo avvocato SERRA?
AVV. L. FARAON: Era d'ufficio.
GUP V. INGENITO: Era il suo difensore?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, era il difensore d'ufficio.
GUP V. INGENITO: Per quale vicenda?
AVV. L. FARAON: Per l'arresto che era stato fatto per quell'omicidio che è stato arrestato nell'imme-diatezza del fatto.
GUP V. INGENITO: VALENTE?
AVV. L. FARAON: L'ultimo omicidio che ha commesso.
GUP V. INGENITO: PERDICO Lucia?
AVV. L. FARAON: Sì.
GUP V. INGENITO: Era il suo difensore?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Mi ha detto: "Ci penserà il giudice GABRIELLI. Tra poco ti arriveranno tutte le scadenze termine e ti manderemo al tuo paese, basta che stai zitto. Lascia fare a noi. Lascia fare al giudice GABRIELLI".
GUP V. INGENITO: Questo avveniva nel 1999?
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 1999. Poi il mese seguente si inizia ad avverare quello che mi ha detto lei. Il 15 ottobre mi è arrivata la scadenza termine dell'omicidio di Maria VALENTE insieme al TINELLI e agli altri. Poi, dopo 3 giorni c'è stata l'udienza alla Corte d'Appello di Bari, che il Presidente era Umberto PAGANO. Quindi sono andato là. Hanno parla-to un po', sono entrati loro dentro e l'avvocato SERRA mi ha detto: "E` arrivata la scadenza termi-ni?" ho detto: "Sì". Ha detto: "Tra poco... (e guardava la porta da dove erano entrati i giudici) tra poco ti arriverà anche l'altra scadenza termine dell'omicidio di Palagianello. Stai tranquillo". Mi ha detto: "Questo è un segreto, stai zitto e non parlare". Ho detto: "Vedi che DONVITO sta qua ades-so, è nella mia cella" l'avevano portato in sezione proprio con me. Mi ha detto: "Non parlare mai, fai finta che non lo conosci. Non parlare mai con DON-VITO". Mi dice sempre di non parlare mai con DONVI-TO. Non mi è arrivata più quella... poi all'improv-viso (fino al giorno 1 dicembre sempre del 1999) ci hanno portato qua, ha parlato due minuti l'avvoca-to, la sorella di TINELLI, ha parlato un po', ha detto che l'hanno portata al luogo del delitto gli inquirenti etc., ha parlato lui un po', poi ha par-lato il Pubblico Ministero un po', poi sono entrati e dopo un'ora e mezza ci hanno dato la condanna che io con il TINELLI... Io non ho mai conosciuto né il TINELLI, né suo fratello. Sono stato io da solo a commettere quell'omicidio. E posso raccontare tutti i particolari, tutto quello che riguarda l'omicidio come è stato, tutta la casa e cosa ho fatto e cosa non ho fatto.
AVV. L. FARAON: Signor Sebai Ezzedine, un'altra piccola domanda su queste situazioni. E` vero che lei, come ci ha detto in carcere ad Augusta, a me e al dottor Castellarin, una sera ha chiamato la sta-zione dei Carabinieri ed è stato ad aspettare fino alle 3, dicendo che voleva confessare tutto, e non l’ha chiamato nessuno?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, ero a Chiatona, e se non mi sbaglio era l'omicidio di Maria VALENTE. Io ho be-vuto molto, come sempre ho fatto. Ero un alcolista, bevevo alcoolici. Quando l'effetto se ne va, trovo un bar, però sono sempre quasi... quando non lavo-ro, trovo sempre casolari, posti nascosti in campa-gna, mi porto sempre birra, vino, e passo tutto il tempo così. Passo anche 3-4 giorni senza neanche dormire, ma bevo. Più bevevo, meglio era per me: mi piaceva e mi veniva sempre più voglia. Dovete ca-pirlo: io non ho mai fatto un delitto con la mia coscienza. Se io ho fatto un delitto, chiedo a Dio di punirmi di essere punito nell'aldilà, nell'altra vita. Durante questi omicidi non ero io. Io da pic-colo e fino adesso... queste voci da molto non mi tornano, ieri sera quelle voci sono tornati a me. Erano le voci che mi comandavano. Non ho mai pedi-nato nessuno e non conosco nessun viso e nessuno di quelli mi ha fatto del male. E non li conosco nean-che. Sono stato portato da loro. Le voci mi porta-no. O prendo un treno, o prendo un... da un paese all'altro, e inizio a girare, la prima donna che la vedo da sola con la casa aperta, entro parlando l'arabo. Perché ogni donna che entra, entra parlan-do... il mio corpo è in Italia e la mia testa ini-zia a parlare...
AVV. L. FARAON: Sebai, prima di entrare nei parti-colari dei delitti, di quei 4 omicidi, lei ha detto che voleva chiedere scusa ai familiari delle vitti-me. Poi entriamo nei dettagli. E` questo che voleva fare oggi?
GUP V. INGENITO: Guardi, non è questa la sede per fare di queste... L'esame deve riguardare i fatti.
AVV. L. FARAON: Giudice, andiamo immediatamente ai fatti.
IMPUTATO E. SEBAI: Io chiedo a tutti i parenti, sia di vittime...
GUP V. INGENITO: Va bene, lei chiede scusa.
IMPUTATO E. SEBAI: Non scusa, gli chiedo perdono.
GUP V. INGENITO: Al di là del perdono, andiamo a-vanti.
IMPUTATO E. SEBAI: Chiedo a loro di non perdonarmi mai e di chiedere al Signore di punirmi nel miglior modo, nel più brutto modo se io ho commesso un omi-cidio con la mia coscienza, oppure con una premedi-tazione, oppure con qualcosa del genere.
AVV. L. FARAON: Ci sono 4 omicidi oggi: LUDOVICO Pasqua, COMMESSATTI, Rosa LAPISCOPIA e MONTEMURRO. Cominciamo da LUDOVICO Pasqua che è l'omicidio che in ordine cronologico è il più vecchio come iscri-zione. Vuole parlarci di come è avvenuto questo o-micidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Questo omicidio è avvenuto che ho passato la notte là e bevevo da due, tre giorni. Mentre stavo salendo in città vecchia da una scala-ta, a destra c'è una stradina piccola, però a sini-stra si esce. Prima che si esce c'è una fontana là, la casa l'ho già fatta vedere agli inquirenti, e ho visto questa donna che stava aprendo la porta, che aveva in mano, non so, una bolletta del gas, della luce, dell'acqua, non so, aveva qualcosa in mano. In una mano aveva una bolletta, quelle rosse che si usano per pagare alla posta, e nella mano destra... stiamo parlando sempre di Castellaneta, è vero?
AVV. L. FARAON: Sì, di Castellaneta.
IMPUTATO E. SEBAI: La sua porta non era come sono andato io al sopralluogo, era grigia, se non mi sbaglio, era un altro colore. Appena lei è entrata io subito sono entrato, perché avevo già le voci. Le voci! Subito sono entrato da lei. Quando sono entrato a sinistra -perché si gira a sinistra verso la sua camera da letto- lei era vicino... non so cosa stava facendo, o leggendo qualcosa, lei subito ha iniziato a gridare. Quando ha iniziato a gridare io l'ho presa e l'ho spinta dentro la camera da letto e subito è caduta a destra. Appena si entra nella camera, il letto si trova a destra, la testa è verso un grande armadio, e c'è pure il suo letto. Anche nella sua camera da letto c'è l'entrata per il bagno, la cucina. Hanno anche una finestra, -che quel giorno era aperta- che si affaccia alla strada della sua casa. Ho chiuso quella finestra. Dopo lei continuava a gridare, allora ho estratto il coltel-lo e ho iniziato ad accoltellarla. Poi subito ho iniziato, come ho fatto tante altre volte: aprire, aprire... aprire e buttare, aprire e buttare... Non ho preso niente: una collanina mi sembra, che era visibile. Poi, prima di uscire c'è una cassetta che si trova appena uno entra -si trova per terra, una cassetta un po' alta così (L’imputato appoggia la mano sul muro per indicare l’altezza della casset-ta)- l'ho aperta quella cassetta e mentre aprivo... mi sembravano tutte delle lenzuola bianche, buttavo e buttavo, fino a quando ho buttato una borsa di plastica che ha fatto un rumore, era pesante. Ho aperto questa busta e ho trovato una pistola, una busta per lettere piena di soldi, tutte da centomi-la, e ho trovato un pacco verde con 24 proietti-li... era pieno. Era una pistola piccola, 6 e 38. Non so neanche... dopo mi ha detto qualcuno che si chiama 6 e 38 questa pistola, che questa persona l'ha aggiustata e mi ha dato anche 100 proiettili, mi ha detto: "Questa pistola con quei proiettili non funziona, funziona con questi proiettili che lui li fa. Funziona ed uccide pure.
GUP V. INGENITO: Non ho capito: l'ha fatta riparare lei questa pistola?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, questo signore l'ha ripara-ta, l'ha messa a posto questa pistola, perché con quel pacco di cartucce, di proiettili che ho trova-to insieme alla pistola, (che ho portato sia la pi-stola che questo pacco dei proiettili)...
GUP V. INGENITO: A chi?
IMPUTATO E. SEBAI: Prima a casa mia, poi l'ho fatta vedere ad uno di Cerignola. Lui ha aperto tutta la pistola, è andato in campagna, ha sparato, mi ha detto che funziona bene, però mi ha dato indietro il pacco originale di quelle... mi ha detto che è passato molto tempo, l'umidità, le cose... non fun-zionano più i suoi proiettili", però questi proiet-tili che lui mi ha dato, come regalo lui me li ha dati. Quindi lo consideravo anch'io un amico, era amico di tutti. Si chiama FORTUNATO, è uno che si trova sulla strada larga a Cerignola. Questo qua è uno che costruisce...
GUP V. INGENITO: Le ha regalato i proiettili? Non sto capendo.
AVV. L. FARAON: Gli ha regalato i proiettili.
IMPUTATO E. SEBAI: E’ uno che costruisce pistole giocattolo, pistole anche che uccidono, va sempre nelle vie, vende pistole, ha contatti con tutte le armerie in Puglia. E` uno che ha sempre da fare co-sì. Quindi lui l'ha aggiustata e me l'ha data. Quando me l'ha data, mi ha dato una borsa con den-tro... mi ha detto: "Qua dentro ci sono 100 proiet-tili". Mi ha detto: "Io vendo ogni proiettile a mille lire". Io gli ho dato per mille lire. Lui non voleva e ho detto: "No, sei sempre un amico, però prendi queste cento mila". Ed è rimasta là. Le ho messe dentro le calze... dove la nascondo... e l'ho nascosta sotto casa. Sono andato sotto casa, c'era un buco, l'ho messa là dove l'hanno trovata. Ho sentito che sono stati trovati da parte degli in-quirenti. Nella busta per lettera che ho trovato insieme alla pistola, era una busta lunga con scritto fuori: "Lire 8 milioni e 600". Invece den-tro c'erano soltanto 6 milioni e 700 mila di preci-so. Non c'erano 8 milioni e 600 come era scritto sopra alla lettera.
AVV. L. FARAON: Quindi questo omicidio l'ha commes-so lei, quindi Francesco ORLANDI e FAIOLO Vincenzo non c'entrano?
IMPUTATO E. SEBAI: No, l'ho commesso io da solo. Anche se ho visto che aveva una tavola -sempre nel-l'ingresso aveva una tavola- grossa così (l’imputato allarga le braccia per indicare la grandezza della tavola), aveva due finestre che si affacciano alla strada che portano su questo caval-cavia, una strada che passano le macchine. Queste due finestre sono verdi e di legno. Nella sua casa, oltre all'armadio grande che ce l'ha nella sua casa dove dorme, ha anche un mobile appena si entra a sinistra, sempre a sinistra ha un frigorifero, non grande, normale. Io l’ho lasciata là all'entrata. Appena si entra, basta che uno entra nella sua ca-mera da letto, subito a destra la trova così per terra. Io l'ho controllata fino a quando ha finito di gridare.
AVV. L. FARAON: C'è una circostanza nuova che du-rante l'interrogatorio con la dottoressa MONTANARO, quando ero io presente, ha detto della pistola, ma non ha detto che l'aveva fatta mettere a posto da questo FORTUNATO. Si ricorda anche il cognome?
IMPUTATO E. SEBAI: No, il cognome no. Non ho mai saputo il suo cognome.
AVV. L. FARAON: Non l'ha mai saputo il cognome?
IMPUTATO E. SEBAI: No.
AVV. L. FARAON: Quanti anni aveva?
IMPUTATO E. SEBAI: Lui aveva una quarantina d'anni, so che ha 3 figli, ma conosco soltanto il suo pic-colo bambino, perché lo porta spesso al bar.
AVV. L. FARAON: Dove abita?
IMPUTATO E. SEBAI: Abita al centro di Cerignola. Lo conoscono tutti. Il suo lavoro è sempre quello: co-struire proiettili, costruire armi da vendere... ha di tutto.
AVV. L. FARAON: Quindi commercia in armi?
IMPUTATO E. SEBAI: Commercia tutto e nelle campagne ha tanti arsenali. Una volta mi ha fatto vedere un arsenale a 5 chilometri, non mi ricordo, a 5 chilo-metri vicino la stazione di Cerignola campagna, piena di fucili a pompa... Lui costruiva di tutto: penne pistole, zappa pistola... di tutto. Strumenti che non sembrano nessun elemento, invece sono delle pistole, sono armi. E faceva anche qualsiasi cosa ai miei paesani. Io vado sempre da lui. Qualsiasi cosa: assicurazioni, documenti, permesso di sog-giorno, libretto, soprattutto le patenti A, B e C, tutte le patenti.
AVV. L. FARAON: Faceva anche documenti falsi?
IMPUTATO E. SEBAI: Tutto. Ha le patenti bianche. Me ne ha fatta vedere una volta una così, bianche. Pa-tenti vuote: basta portargli nome, cognome e una foto, ed uno ha la patente valida internazionale. Lei stesso può farla diventare nazionale la paten-te.
AVV. L. FARAON: Senta una cosa, e il coltello che ha adoperato per uccidere questa donna che fine ha fatto?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho buttato. Ogni coltello che uso, poi lo butto. Però dopo che mi allontano, alla prima ferramenta ne compro un altro. Ho sempre avu-to un coltello in tasca dalla mia Tunisia, da pic-colo. E` una abitudine. Sempre quei coltelli che noi li chiamiamo in arabo "busaita", coltelli che usano i banditi in Tunisia. E` un coltello che si apre e si chiude. Sempre quel tipo là ho usato.
AVV. L. FARAON: Lei mi dice che da quando era in Tunisia portava sempre con se un coltello. Perché lo portava questo coltello?
IMPUTATO E. SEBAI: E` stata una abitudine, perché io in Tunisia da bambino ho contattato queste per-sone, perché dormivo fuori, avevo paura di mia ma-dre, di mio padre, che mi menava e dormivo fuori, e piano piano inizio a conoscere questi banditi che vanno in giro di notte a rubare, a fare di tutto, a sparare, a fregare la gente, a bere. Bevevamo da piccoli l'alcool a 90 gradi, quello vero. Lo mi-schiavamo con l'alcool con le Pepsi Cola, con la coca cola, se non c'era questa cosa lo mischiavamo con l'acqua e lo bevevamo. Quindi io da piccolo ho iniziato già... già quando sono arrivato in Italia bevevo. Il vino di 16 gradi, per me è come acqua.
AVV. L. FARAON: Lei ha detto all'inizio che durante gli omicidi lei non era cosciente, che non aveva coscienza di questi omicidi, che sentiva le voci. Vuole spiegarci questo fenomeno e cosa succedeva in questo frangente? Cioè lei si ricorda esattamente il fatto, però diceva che quando arrivava lì non riusciva più a fare a meno di uccidere perché sen-tiva le voci che le dicevano di uccidere. Vuole spiegarci che cosa succedeva nella sua testa?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, anche perché io in Tunisia tutte le donne che andavo... (in Tunisia per fortu-na non ho ammazzato a nessuna). E` vero che sono stato maltrattato nei bagni turchi, a casa mia, da mia madre, mi legavano, mi denudavano e mi metteva-no il piccante nel sedere, e soprattutto mi fanno stare un quarto d'ora... Per le nostre donne il lo-ro vizio è che comprano... non le sigarette, è qualcosa come droga per loro, è un tabacco che vie-ne fatto nelle case tradizionali. Per loro è come la sigaretta, come la droga. Le nostre donne, com-presa mia madre, tutte le donne del paese, soprat-tutto quelle che sono già morti i mariti, usano questo tipo di... Però questo tipo di tabacco in polvere, che viene fatto sempre nelle case, appena ne mettono un poco così, gli occhi bruciano, riman-gono chiusi come minimo 20 minuti, poi piano piano si inizia a rivedere di nuovo con gli occhi. E poi mi davano di tutto: bastonate, le bestemmie. Però appena sono diventato grande ho iniziato a bere e ad un certo punto mi vengono queste tre voci: due voci di uomini ed una di donna.
AVV. L. FARAON: Che cosa le dicono queste voci?
IMPUTATO E. SEBAI: Dipende. Certe volte mi dicono di andare a casa. Ad un certo punto non le sento più se sto bevendo, se sto con gli altri. Però da-vanti agli altri mi faccio vedere che sono sempre uno di loro, che sono capace di tutto. Invece io ho paura di qualsiasi altra persona, di qualsiasi po-sto. Dentro di me ho paura di tutto. Solo quando mi chiudo a casa bene bene bene, allora non ho paura. Quando inizio ad uscire, anche se sto lavorando, sto fuori, sto parlando, sto bevendo, sto con gli altri... Quando sto da solo e sto bevendo, sto tranquillo. Io quando bevo, le voci mi portavano anche ad andare nei sotto terreni delle costruzio-ni... posti dei cimiteri, sotto terreni, posti al-meno 50 metri sotto terra. Mi portavano nei vicoli dove ci sono i topi. Io di notte andavo sempre in giro nel mio paese. E` un villaggio piccolo, però andavo in giro, conosco casa per casa, persone per persone, facevo di tutto a loro, dei torti, sono sempre ricercato, sempre malmenato da mio padre, dalla polizia, che mi trattengono 3-4 giorni nella caserma. Mio padre mi bastonava da piccolo, mi fa-ceva alzare alle 5 del mattino e mi diceva: “Da qua fino a qua”. Lui non sa leggere, però devo imparare per forza a memoria. Poi mi porta a provare dall’Imam e se mi sbaglio una parola, hanno già una corda, una mazza, o un filo con una corda e danno la punizione. Mi mettono in modo che la testa è in giù, e se ci sono due persone, bastone e bastone.
AVV. L. FARAON: Ascolti signor Sebai Ezzedine: nel caso...
IMPUTATO E. SEBAI: Torniamo al fatto dell'avvocato SERRA.
GUP V. INGENITO: No, aspetti la domanda. Non ha parlato dell'avvocato SERRA. Faccia la domanda av-vocato.
AVV. L. FARAON: Lei in questo caso ha detto che le voci le portavano a fare tutte queste cose: andare nei sotterranei ed altre cose...
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: ... e quindi quando uccideva, le dicevano di uccidere?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì sì.
AVV. L. FARAON: Lei non riusciva a fare a meno di...
IMPUTATO E. SEBAI: Soprattutto quando la donna si mette a gridare.
AVV. L. FARAON: Perché cosa le ricordavano?
IMPUTATO E. SEBAI: Invece tante donne sinceramente non hanno gridato, io entro e parlo in arabo... Quando inizio ad entrare, a qualsiasi casa sono en-trato e inizio... diventa il mio paese. A qualsiasi casa sono entrato, inizio a parlare arabo, come di-re: "Ciao mamma, come stai?". Io chiamavo mia madre “Negruccia” e certe donne che non gridano, non di-cono niente, allora piano piano mi torna la mente, piano piano ritorno normale e se ne vanno le voci e torno a parlare con la donna, magari inizio a dir-le: "Ah, scusami" e inizio a parlare con lei l'ita-liano. Magari io chiedo un bicchiere di vino, se ha un bicchiere di birra e se non ha qualcosa le chie-do un frutto, o qualcosa. Poi le do un bacio qua (l’imputato indica la fronte) e le chiedo scusa. Tante donne mi dicono: "Non entrare mai... (mi dan-no anche dei consigli) non entrare mai in questo modo nelle case degli altri. Mai! Devi bussare". Tante nella zona di Matera...



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AVV. L. FARAON: Quindi le voci cominciavano quando sentivano che le donne gridavano, o c'erano prima le voci?
IMPUTATO E. SEBAI: No, erano loro che ad un certo punto mentre bevevo mi portano.
AVV. L. FARAON: Non ho altre domande per questo o-micidio. Facciamo per blocchi giudice?
GUP V. INGENITO: Come ritenete. L'avvocato propone di fermare le sue domande su questo omicidio per consentire al Pubblico Ministero di fare domande. E` questo?
AVV. L. FARAON: Sì, mi sembra un sistema più logi-co.
GUP V. INGENITO: Come ritenete.
AVV. L. FARAON: Mi sembra che su questo omicidio abbia già dato abbastanza chiarimenti, anche perché poi gli accertamenti hanno fatto ritrovare la pi-stola e quant'altro. Quindi mi sembra che le situa-zioni qui siano chiare. Se il Pubblico Ministero vuole...
GUP V. INGENITO: E’ una modalità un po' particola-re, se siete d'accordo, possiamo procedere in que-sta maniera, altrimenti lei completa il suo esame su tutti i fatti e poi procede con il controesame il Pubblico Ministero. Come ritenete.
IMPUTATO E. SEBAI: A proposito dell'omicidio, se volete sentire: erano le 12 e mezza quando c'è sta-to l'omicidio.
GUP V. INGENITO: Sta parlando della signora LUDOVI-CO Pasqua?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. E poi di là sono uscito con questa borsa qua e con le cose, e sono andato di-rettamente alla stazione dove non c'era per fare i biglietti e si fanno solo nel treno. Ho fatto un biglietto sul treno per Foggia, invece appena sono arrivato in quel treno là, alla stazione di Bari, ho sentito le voci che nel binario... non so che binario, che stava in partenza il treno regionale per Foggia. E quindi subito ho preso quel treno, ma non sono sceso a Foggia come ho detto ma sono sceso in campagna.
GUP V. INGENITO: Il Pubblico Ministero è interessa-to a questo omicidio?
PM P. MONTANARO: Volevo solo un chiarimento, perché ha già reso dichiarazioni. A proposito di questo signor FORTUNATO, visto che è un elemento di novità che non abbiamo...
IMPUTATO E. SEBAI: A me non è che interessa molto lui, a me mi interessano molto gli omicidi.
PM P. MONTANARO: Sebai, però può interessare a noi. Questo signor FORTUNATO...
IMPUTATO E. SEBAI: Abbiamo già parlato di lui in carcere.
PM P. MONTANARO: Con me no.
IMPUTATO E. SEBAI: Nel carcere abbiamo già parlato di lui. Anche il mio avvocato mi ha invitato di ri-spondere per dire il suo nome, insieme ai due Cara-binieri.
AVV. L. FARAON: Quel giorno lì non abbiamo appro-fondito questo argomento. Sebai, io non mi ricordo.
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 2006 quando sono venuto da... abbiamo parlato di questo FORTUNATO.
AVV. L. FARAON: Non mi sembra, Sebai.
PM P. MONTANARO: Verifichiamo. Signor Sebai, questo FORTUNATO lei ha detto che vive nel centro di Ceri-gnola, è così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM P. MONTANARO: Lei quando aveva bisogno di lui, visto che ha detto che si recava spesso da lui...
IMPUTATO E. SEBAI: Ma non solo io.
PM P. MONTANARO: Vabbè, parliamo di lei Sebai. Quando lei aveva bisogno di lui, dove andava a cer-carlo? Dove lo trovava?
IMPUTATO E. SEBAI: Lo trovo sempre in una strada larga, dove c'è il “bar Franco”. Il bar ha un nome inglese, non mi ricordo, bar... comunque “bar Fran-co”. E` un anziano che da una vita che fa... è l'u-nico bar che si trova nella strada larga.
PM P. MONTANARO: Questo signor FORTUNATO lei ha detto che ha circa una quarantina d'anni, è così?
IMPUTATO E. SEBAI: C'è la strada principale, poi c'è la strada larga. E’ l'unica.
PM P. MONTANARO: Sebai, lei ha detto che quando si rivolgeva a lui all'epoca dei fatti, aveva circa una quarantina d'anni questo FORTUNATO. Poco fa ha detto così.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, o anche poco più.
PM P. MONTANARO: Aveva tre figli, lei ha detto poco fa?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM P. MONTANARO: E c'era un bambino piccolo che si portava sempre dietro?
IMPUTATO E. SEBAI: Un bambino piccolo. Però mi ha detto lui che il suo primo figlio è alto quanto lui.
PM P. MONTANARO: Ce lo vuol descrivere questo si-gnor FORTUNATO? Fisicamente come era fatto?
IMPUTATO E. SEBAI: Un po' magro, non era tanto al-to... una persona diciamo...
PM P. MONTANARO: Biondo, bruno, capelli bianchi, capelli scuri? Come era?
IMPUTATO E. SEBAI: Un poco scuro, né bianco... un poco scuro.
PM P. MONTANARO: I capelli?
IMPUTATO E. SEBAI: I capelli ce li ha, ma non tan-ti.
PM P. MONTANARO: Era biondo o era bruno?
IMPUTATO E. SEBAI: No, aveva i capelli neri.
PM P. MONTANARO: Aveva i capelli neri all'epoca. Lei ha detto che lo trovava sempre in questo bar, giusto?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM P. MONTANARO: Questo bar Franco e ha detto che stava lì?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM P. MONTANARO: Ma quando doveva dargli qualcosa, o prendere qualche cosa, per andarlo a cercare ave-va un punto di riferimento, aveva una zona di...
IMPUTATO E. SEBAI: Sta sempre là. Io con questo FORTUNATO... lui organizza a me... io sono andato parecchie volte. Noi andavamo sempre in una diga verso Potenza di notte, lui portava le cose, porta-va le brande, dormivamo, portavamo carni, la le-gna... (chi porta una cosa, chi porta un'altra, e-ravamo una decina di persone). Mi sono messo con loro, portavamo tutto: birra, vino... anche d'esta-te portavamo...
PM P. MONTANARO: Vabbè, avevate questi rapporti.
IMPUTATO E. SEBAI: Passiamo tutta la notte, e loro mettono le cose nella diga. Passavamo le notti co-munque là.
PM P. MONTANARO: Sebai, lei quando gli ha consegna-to la pistola, perché ha detto che gli ha consegna-to questa pistola per farsela aggiustare dove glie-l'ha portata?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho portato io stesso a casa mia.
PM P. MONTANARO: Cioè lui è venuto a casa sua?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, e mi ha visto anche il vici-no di casa.
PM P. MONTANARO: Il suo vicino di casa?
IMPUTATO E. SEBAI: Il mio vicino di casa si chiama Leonardo, è un anziano. Anche questo anziano a casa sua vende prodotti alimentari, birra, etc..
PM P. MONTANARO: E questo vicino di casa che cosa ha visto?
IMPUTATO E. SEBAI: Ha visto che FORTUNATO entrava nella mia casa.
PM P. MONTANARO: Solo quella volta FORTUNATO è en-trato nella sua casa?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM P. MONTANARO: O anche altre volte?
IMPUTATO E. SEBAI: No, l'altra volta ero insieme ad un certo Mohamed tatuato, conosciuto, ed abita con Erminio SCALERA, un tunisino, stava con me a casa; mi ha portato tutto, compreso questi 100 proietti-li... me l'ha dato nella mia stanza. Nella mia stanza c'è l'entrata, c'è la tavola e poi c'è la camera da letto. Mi ha tirato verso la camera da letto e mi ha detto: "Vedi...". Io non ho parlato.
PM P. MONTANARO: Quindi questo FORTUNATO è venuto a casa sua quando lei gli ha consegnato la pistola?
IMPUTATO E. SEBAI: E` venuto a casa la seconda vol-ta solo a riportarmi la pistola e mi ha detto che funziona, che può uccidere anche... Mi ha detto: "Anche se metti una persona dopo l'altra, queste persone...". Può uccidere anche 5-6 persone.
PM P. MONTANARO: Sebai, perché lei ha fatto aggiu-stare questa pistola?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ha fatto lui.
PM P. MONTANARO: Lei perché l’ha fatta aggiustare? Gliel'ha chiesto? Cioè lei gliel'ha data?
IMPUTATO E. SEBAI: C'era un altro Antonio, un bevi-tore che abita sempre vicino a me là, in città vec-chia, a Cerignola, e vado io da Antonio, che lui non ha niente, è divorziato. Questo Antonio prima lavorava come... aiutava i pescatori che lavorano nei mercati, però riesce sempre a prendere un po' di pesce. Lui fa il pesce, compravamo le birre e facevamo le serate. Questo Antonio qua mi ha chie-sto una pistola, se conosco una persona che... Io ho detto: "Vedi io non so... ho una pistola però dobbiamo chiedere a FORTUNATO", (che FORTUNATO è amico anche suo, amico di questo Antonio). Era ami-co di tutti FORTUNATO.
PM P. MONTANARO: Che c'entra questo Antonio con la pistola che lei avrebbe dato?
IMPUTATO E. SEBAI: Io ho portato FORTUNATO a casa mia e gli ho detto: "Vedi, questa qua è vera o non è vera?" subito mi ha detto che è vera. "E questi proiettili -ho detto- sono veri o no?" e ha detto lui: "Sì". Perché lui costruiva sia pistole vere che giocattoli.
PM P. MONTANARO: E poi perché gli ha chiesto di ag-giustarla?
IMPUTATO E. SEBAI: Lui stesso si è messo a muovere. Ha visto che non funziona, ha preso tutto lui, mi ha chiesto una asciugamano, l'olio, tutto...
PM P. MONTANARO: Allora gliel'ha aggiustata a casa sua?
IMPUTATO E. SEBAI: A casa mia l'ha aggiustata.
PM P. MONTANARO: Ma se poco fa ha detto che poi è ritornato a casa per riportargliela?
IMPUTATO E. SEBAI: No, dopo, quando se n'è andato l'ha portata via insieme a lui.
PM P. MONTANARO: Quindi l'ha aggiustata prima a ca-sa sua, poi se l'è portata via e poi gliel'ha ri-portata?
IMPUTATO E. SEBAI: Se l'è portata via e mi ha det-to: "Dopo ti faccio sapere se funziona o no". Mi ha detto: "Qua non posso sparare perché sente la gen-te".
PM P. MONTANARO: Però l'ha riparata a casa sua?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Poi l'ha portata.
PM P. MONTANARO: E poi gliel'ha riportata a casa?
IMPUTATO E. SEBAI: Di pomeriggio me l'ha portata, ma non a casa mia, davanti ad un bar. Mi ha fatto salire vicino a lui in macchina, mi ha detto: "Vedi che questa è così, così e così". Mi ha raccontato tutto.
PM P. MONTANARO: Quindi non gliel'ha ridata a casa sua?
IMPUTATO E. SEBAI: No, a casa mia mi ha portato i proiettili dopo. Prima mi ha dato la pistola, per-ché questa è quella che gli ho dato io, però mi ha detto che funziona soltanto con i proiettili che fa lui.
PM P. MONTANARO: Volevo solo capire se questa pi-stola poi gliel'ha riportata a casa o no. Lei ha detto che gliel'ha riportata vicino al bar, va be-ne?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Ma questi 100 proiettili me li ha portati a casa.
PM P. MONTANARO: Invece i proiettili a casa.
IMPUTATO E. SEBAI: Che sicuramente li avete trovati tutti e 100, perché io non ho mai usato la cosa. Lui mi ha detto: "Così ogni volta...", perché noi quando andavamo in questa diga, chi porta una pi-stola, chi porta una cosa, chi porta un'altra, chi porta un oggetto, che è sempre una pistola, per sparare. Noi sparavamo di notte in questa diga lon-tana dalla gente, dalle abitazioni.
PM P. MONTANARO: Lei sparava Sebai?
IMPUTATO E. SEBAI: Io ho provato soltanto una volta a sparare. Lui mi ha detto: "Questa è una zappone-ta, però è un fucile, stai attento". Mi sono messo così, mi ha detto: "Tu fai così e così e spari ver-so la diga". Questa è la prima prova. Non avevo provato nessuna pistola ancora. La mia pistola non l'ho portata mai da loro, è stata sempre nascosta là. Però io quando ho sparato quella prima volta, non ho mai più sparato. Anche perché io appena pre-sa questa “zapponeta”, l'ho tolta, l'ho girata, ho messo le cartucce dentro e appena ho fatto così, da sola, senza tirarla, è caduta da sola; appena ho toccato la cartuccia, la zapponeta mi ha toccato qua. Per fortuna la cartuccia è andata avanti, però mi ha toccato qua e mi ha lasciato un buco qua.
PM P. MONTANARO: Sebai, lei ha detto che in realtà questa pistola l'aveva fatta aggiustare anche per-ché la voleva prestare a questo Antonio?
IMPUTATO E. SEBAI: La dovevo dare a lui.
PM P. MONTANARO: E perché poi non gliel'ha data? Gliel'ha data?
IMPUTATO E. SEBAI: Dopo non me l'ha chiesta più e non l'ho data più. Anche FORTUNATO una volta mi ha detto: "Se vuoi vendere quella cosa lì, c'è qualcu-no che è pronto a darti anche 500 mila". Ho detto: "Vedi che io l'ho già regalata, non voglio lasciare niente a casa mia".
PM P. MONTANARO: Invece non era vero?
IMPUTATO E. SEBAI: Invece non so perché, io in quel momento, sinceramente parlando, pensavo "che un giorno la porterò di nascosto al mio paese". Quella era la mia idea.
PM P. MONTANARO: E se l'è conservata?
IMPUTATO E. SEBAI: Me la ero conservata. Ho detto: "Il giorno in cui torno al mio paese me la porterò con me".
PM P. MONTANARO: Va bene, questa è la storia della pistola. Un'ultima domanda, tanto lei ha già reso interrogatorio su questo punto: dove l'ha buttato il coltello?
IMPUTATO E. SEBAI: Di chi?
PM P. MONTANARO: Quel coltello che aveva utilizzato per l'omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Di quale?
PM P. MONTANARO: Stiamo parlando dell'omicidio di LUDOVICO Pasqua.
IMPUTATO E. SEBAI: In un cassonetto della spazzatu-ra, sotto la villa là, al giardino del centro. Nel centro proprio, perché sono andato dritto dritto a casa sua, sono uscito girando, lasciando la fontana a sinistra, girando verso la strada principale che porta alla stazione dritto dritto e sono andato di-rettamente alla stazione. Anche se quel giorno ero un po' sporco di sangue -mi è uscito tanto sangue qua dal naso e avevo già messo a casa sua... non so cosa ha messo, carta igienica nel mio naso come garza per far fermare...- perché ogni volta che succedono questi omicidi qua, mi viene il sangue dal naso. Questo problema lo avevo già da bambino. Ho fatto almeno cento volte la causticazione del mio naso, però ho sempre avuto questo problema. Per fortuna da quando ho smesso in carcere di bere, non ho più avuto questo problema che avevo da piccolo.
PM P. MONTANARO: Che ne ha fatto dei soldi che era-no in quella busta?
IMPUTATO E. SEBAI: Lei sa com'è: vivo, mangio, be-vo, di tanto in tanto mando qualcosa a casa, lavo-ro... Solo se non c'è lavoro...
PM P. MONTANARO: non ha acquistato niente di parti-colare?
IMPUTATO E. SEBAI: Appena finisco di lavoro, me ne torno subito a casa, se ho qualcosa... quando cuci-no di notte lascio sempre la metà per il mezzogior-no appena torno da lavoro. Poi mangio subito qual-cosa, riscaldo, mi faccio la doccia, mi vesto, se ho qualcosa di buono di vestito, mi vesto quasi sempre perbene la sera e vado. Se non ho la giorna-ta del giorno dopo... Naturalmente passo per la piazza, il datore di lavoro, gli operai mi conosco-no, per garantirmi... se la giornata già si sa che abbiamo un lavoro di 20 giorni, non vado in piazza, inizio subito a bere. Subito inizio con qualche bicchiere di superalcolici, o liquore o whisky, poi inizia il vino, poi la birra. Quasi sempre mi siedo al bar chiosco, là...
PM P. MONTANARO: Io su questo punto non ho altre domande.
IMPUTATO E. SEBAI: In tutti i paesi in cui sono co-nosciuto, sono stato in quasi tutti i bar, anzi è difficile che c'è un bar in Puglia che io non sono stato, oltre a Lecce che non sono stato molto e a Brindisi. Ma soprattutto a Lecce. Una sola volta, due volte sono stato a Lecce al centro e poi sono tornato.
GUP V. INGENITO: Lei ha sempre abitato in Vico Ma-tera numero 1 o ha cambiato qualche abitazione?
IMPUTATO E. SEBAI: No, prima abitavo in via Taran-to, la prima casa che mi ha trovato un uomo...
GUP V. INGENITO: A Cerignola?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, a Cerignola.
GUP V. INGENITO: Mi può dire i periodi?
IMPUTATO E. SEBAI: ... era un uomo che ho conosciu-to.
GUP V. INGENITO: In via Taranto in che periodo era?
IMPUTATO E. SEBAI: Il periodo era settembre del 1988, (io sono entrato il 15 luglio del 1988 in I-talia).
GUP V. INGENITO: In questa casa, invece, in Vico Matera numero 1 da che epoca abitava?
IMPUTATO E. SEBAI: Poi ho avuto un'altra casa in via Po, non mi ricordo il numero.
GUP V. INGENITO: Fino a quale periodo, si ricorda?
IMPUTATO E. SEBAI: Fino agli anni 1993. Poi sono scappato dal 1994 e sono andato ad abitare a Stor-narella con un certo Camel.
GUP V. INGENITO: Stornarella?
IMPUTATO E. SEBAI: Stornarella, vicino Cerignola.
GUP V. INGENITO: Nel 1994?
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 1994.
GUP V. INGENITO: E poi?
IMPUTATO E. SEBAI: Poi quando è successo il fatto a Foggia... per la prima volta che mi tornano vera-mente... la prima volta che mi trovo in Tunisia con la testa era Foggia, era gennaio del 2004.
GUP V. INGENITO: Quando arriva in questa casa Vico Matera numero 1?
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 1996, dopo aver fatto l'omi-cidio di Ginosa.
GUP V. INGENITO: Dal 1996 lei ha abitato in Vico Matera?
IMPUTATO E. SEBAI: Io ho ammazzato la donna di Gi-nosa il giorno 9, che era un venerdì sera. Mi ri-cordo che il giorno 12 era un lunedì...
GUP V. INGENITO: Lei il ricordo dell'abitazione lo collega agli omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Sono ritornato dopo molto tempo a Cerignola. Sono scappato da Cerignola, sai per-ché? Perché c'è stato un tunisino, questo tunisino era l'unico tunisino che...
GUP V. INGENITO: Ma perché lei per ricordare dov'è la sua casa pensa agli omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Non è che penso agli omicidi, perché sono stato sempre...
GUP V. INGENITO: Perché come si ricorda bene le da-te degli omicidi? Io non sto parlando degli omici-di, sto parlando della sua casa. Lei è in Vico Ma-tera numero 1, ha detto, dal 1996.
IMPUTATO E. SEBAI: Io dopo il fatto di Foggia ho avuto paura, ho fatto una aggressione, pensavo che la donna era morta, in un bar di giorno. Stavo be-vendo la mattina presto... sono entrate direttamen-te queste donne dentro al bar, appena l'ho vista...
GUP V. INGENITO: Chi gliel'ha data questa casa? Vi-co Matera numero 1 come...
IMPUTATO E. SEBAI: C'è stato un mediatore, Pasquale si chiama, è un anziano che non ha niente da fare, che però conosce tutta la gente.
GUP V. INGENITO: Come si chiamava il padrone della casa di Vico Matera numero 1?
IMPUTATO E. SEBAI: E` uno che con sua moglie abita a Milano, però sua sorella e sua madre abitano a Cerignola. Anche questo Leonardo che sta vicino a casa mia...
GUP V. INGENITO: Non mi interessa Leonardo, voglio sapere...
IMPUTATO E. SEBAI: E` parente di questo proprieta-rio di casa.
GUP V. INGENITO: Come l'ha conosciuta lei questa persona?
IMPUTATO E. SEBAI: La sorella del proprietario di mia casa, sta sempre a casa di questo Leonardo. E-rano familiari.
GUP V. INGENITO: Lei questa persona com'è che l'ha conosciuta?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho conosciuta in piazza.
GUP V. INGENITO: Lei abitava già a Cerignola?
IMPUTATO E. SEBAI: Tante ne ho conosciute in piaz-za. Chi vende questo, chi vende oro, chi traffi-ca...
GUP V. INGENITO: Prima di abitare in Vico Matera numero 1, lei abitava già a Cerignola?
IMPUTATO E. SEBAI: No.
GUP V. INGENITO: Dove abitava?
IMPUTATO E. SEBAI: Quando sono tornato là, ho abi-tato qualche giorno con tunisini che abitano là vi-cino alla chiesa grande. Hanno una casa là con un certo...
GUP V. INGENITO: Vabbè, non mi interessa.
IMPUTATO E. SEBAI: Li conosco tutti. E` uno che ha dei fratelli, il padre si chiama Angelo e il cogno-me adesso non mi viene. Comunque è scritto.
GUP V. INGENITO: Quindi dal 1996 lei abita in Vico Matera numero 1, è così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Quando sono tornato dopo l'omicidio di Ginosa, dopo qualche giorno ho preso subito la casa dopo qualche giorno...
GUP V. INGENITO: L'omicidio di Ginosa quale sareb-be, quello di chi?
IMPUTATO E. SEBAI: Quello di Anna o Maria...
GUP V. INGENITO: VALENTE?
IMPUTATO E. SEBAI: Non è VALENTE, Anna STANO... o qualcosa del genere.
GUP V. INGENITO: Quando lei poi è andato in carce-re, abitava ancora in Vico Matera numero 1?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: La prima volta che è andato in carcere abitava ancora in quella casa, o l'aveva lasciata? Abitava ancora in Vico Matera numero 1 quando è stato arrestato?
IMPUTATO E. SEBAI: Sono rimasto sempre... abito sempre là, però sono sempre fuori Cerignola.
GUP V. INGENITO: Le sue cose stavano lì quando l'hanno arrestata? Lei quand'è che è stato arresta-to?
IMPUTATO E. SEBAI: E` normale che dormo a casa mia. Ma soprattutto lavoro là, ho lavorato i pomodori...
GUP V. INGENITO: Quella era casa sua ancora?
IMPUTATO E. SEBAI: E` tornato il mio lavoro. Sono scappato a Cerignola sai perché? Perché nel 1994 sono scappato e non sono più tornato a Cerignola; solo nel 1996 dopo l'omicidio di Ginosa, perché il tunisino è l'unico tunisino che è stato presente e ha testimoniato contro di me nell'omicidio di Ceri-gnola, e si chiama “ADELTA VAI” (fonetico), dall'89 che vive a Cerignola. Questo qua mi ha detto, dopo 3-4 giorni che ho fatto questa faccenda a Foggia, lui mi ha detto: "Vedi che i Carabinieri stanno cercando un marocchino, un tunisino che a Foggia ha strangolato una donna e la donna è morta". Quando mi ha detto così, io il giorno dopo ho preso la mia roba da Stornarella, (ce l'avevo là da questo Ka-mel), e di là sono partito direttamente verso Ca-sertana, perché conoscono un mio paesano che stava là e lavora là.
GUP V. INGENITO: FAIOLO Vincenzo e TINELLI Giuseppe quando li ha conosciuti?
IMPUTATO E. SEBAI: Io FAIOLO Vincenzo l'ho cono-sciuto i primi tre giorni quando sono stato messo nelle sezioni. E` una persona che mi bestemmiava...
GUP V. INGENITO: FAIOLO Vincenzo?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, mi minacciava, mi bestemmia-va in modo brutto, mi diceva tutte le parolacce e raccontava sempre a tutti e dice: "Da quando hanno arrestato lui, non è stata più uccisa nessuna don-na". E mi bestemmiava sempre.
GUP V. INGENITO: Si ricorda che epoca era? Quand'è che l'ha conosciuto? In che anno?
IMPUTATO E. SEBAI: Io stavo sempre zitto, facevo finta che non...
GUP V. INGENITO: Si ricorda quando l'ha conosciuto? In che anno e in che carcere?
IMPUTATO E. SEBAI: All'inizio del 1998, perché i primi mesi li ho passati in isolamento.
GUP V. INGENITO: Lei che condanne aveva avuto nel 1998? Era stato condannato per qualche...
IMPUTATO E. SEBAI: No, ero ancora sotto indagini. Era appena da 4-5 mesi che ero stato arrestato.
GUP V. INGENITO: Per quali omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Io sono stato arrestato per l'o-micidio di Palagianello, Lucia...
GUP V. INGENITO: E perché FAIOLO diceva che lei a-veva ucciso tutte queste persone se ancora lei sta-va in carcere per l'omicidio di una sola persona?
IMPUTATO E. SEBAI: Come in carcere?
GUP V. INGENITO: Lei poco fa ha detto che FAIOLO diceva che lei uccideva queste signore. E’ così?
IMPUTATO E. SEBAI: Io tutti gli omicidi li ho com-messi prima di essere arrestato.
GUP V. INGENITO: Lei poco fa ha detto che FAIOLO ce l'aveva con lei. E’ così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Prima ancora che lei poi dices-se...
IMPUTATO E. SEBAI: Non lo so perché, perché hanno parlato molto di me e lui pensa che sono stato io ad uccidere quelle donne.
GUP V. INGENITO: Lei FAIOLO ha detto che l'ha in-contrato nel 1998?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Non ho parlato nel 1998, gli ho parlato dopo a Foggia, a Porto Azzurro nel 2003.
GUP V. INGENITO: Quindi non era nel 1998 che FAIO-LO...
IMPUTATO E. SEBAI: FAIOLO è arrivato a Porto Azzur-ro, parlava con tutti, era con me, aveva un altro pugliese insieme a lui, parlava con tutti della sua licenza...
GUP V. INGENITO: Ha conosciuto anche il fratello di FAIOLO?
IMPUTATO E. SEBAI: Parlava sempre dalla mattina al-la sera della sua innocenza con tutti i detenuti. Parlava sempre di me, che sono io il colpevole.
GUP V. INGENITO: Ha conosciuto anche il fratello?
IMPUTATO E. SEBAI: Il fratello non mi ha mai... l'ho conosciuto, non è proprio di fronte a me nella cella, era di là.
GUP V. INGENITO: Dove?
IMPUTATO E. SEBAI: Al carcere di Foggia nelle se-zioni.
GUP V. INGENITO: In che anno?
IMPUTATO E. SEBAI: Sempre nel 1998.
GUP V. INGENITO: E che cosa faceva questa persona?
IMPUTATO E. SEBAI: Non mi ha mai... non mi guarda neanche in faccia.
GUP V. INGENITO: E perché ce l'aveva con lei nel 1998 il fratello?
IMPUTATO E. SEBAI: Non mi guarda neanche in faccia, non mi saluta e neanche io lo saluto. Non è come FAIOLO. FAIOLO ogni volta che mi vede o quando pas-sa davanti a me, alla mia cella...
GUP V. INGENITO: La ignorava il fratello di FAIOLO nel 1998?
IMPUTATO E. SEBAI: Non conosco neanche la sua voce, non ho mai parlato.
GUP V. INGENITO: Però lei quando è stato sentito dalla dottoressa MONTANARO, diceva: "Al carcere di Taranto suo fratello, il fratello di questo Vincen-zo, mi bestemmiava sempre"?
IMPUTATO E. SEBAI: No, sto parlando del FAIOLO?
GUP V. INGENITO: No, lei parla del fratello di FAIOLO. Così ha detto davanti al Pubblico Ministe-ro.
IMPUTATO E. SEBAI: Parlo del fratello di Orlando, che è FAIOLO Vincenzo.
GUP V. INGENITO: Al carcere di Porto Azzurro in che epoca è arrivato lei?
IMPUTATO E. SEBAI: Io sono arrivato là nel 2002.
GUP V. INGENITO: E qui ha incontrato di nuovo FAIO-LO?
IMPUTATO E. SEBAI: No, solo là, a Porta Azzurro. Anzi, siamo arrivati anche al punto che lui mi man-dava le persone e mi invitava di andare a confessa-re.
GUP V. INGENITO: TINELLI Giuseppe l'ha mai incon-trato in carcere?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho visto soltanto una volta appena sono stato portato da Foggia, nel maggio del 2001, da Foggia al carcere di Lecce, in cui appena sono arrivato sono stato massacrato e torturato. Hanno fatto il modo per convincermi a stare là, in questa sezione, così -mi hanno detto- sarò solo, invece io da un lato, sempre nella stessa sezione precauzionale, io da un lato...
GUP V. INGENITO: Ha parlato di qualcosa con TINEL-LI?



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IMPUTATO E. SEBAI: Siccome che c'erano degli ita-liani, che stavano nella mia sezione precauzionale a Foggia, sono stati prima di me trasferiti a Lec-ce, quando sono arrivato da loro mi hanno detto: "Vedi che qua c'è uno, il TINELLI che parla sempre di te, che sta qua, all'altro lato". L'ho visto soltanto una volta mentre io tornavo dal passeggio, l'ho visto che lui scendeva (stava andando da qual-che parte, l'hanno chiamato da qualche parte).
GUP V. INGENITO: Ha parlato lei?
IMPUTATO E. SEBAI: Mai!
GUP V. INGENITO: Con TINELLI non ha mai parlato?
IMPUTATO E. SEBAI: Mai! Mai!
GUP V. INGENITO: Qualcuno le ha mai detto che cosa diceva TINELLI di lei?
IMPUTATO E. SEBAI: No, il FAIOLO a Porto Azzurro diceva a un mio paesano che il TINELLI ha detto al FAIOLO che sono stato io ad uccidere la donna di Castellaneta.
GUP V. INGENITO: Cioè TINELLI diceva che era stato lei?
IMPUTATO E. SEBAI: TINELLI diceva al FAIOLO che so-no stato io ad uccidere quella donna di Castellane-ta. Io ho detto che non ho mai conosciuto né lui né la sua famiglia, nessuno. Non l'ho mai conosciuto. L'ho visto sulla foto nel giornale.
GUP V. INGENITO: Va bene, andiamo avanti.
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, sempre alla fine, dopo il vostro interrogatorio, se volete io vi por-to casa per casa (sono sopralluoghi), racconterò anche le case come stanno dentro e cose. Fatemi qualsiasi domanda, perché io nei processi non sarò presente. Io non voglio più sapere niente di venire in Puglia, qua. Io ne ho avuto abbastanza già!
GUP V. INGENITO: Avvocato, prego.
AVV. Faraon: Durante il primo interrogatorio con la dottoressa MONTANARO, lei non ha parlato di questo episodio che era andato a sparare con un fucile, penso che fosse stato. Quindi lei aveva paura di usare le armi da fuoco?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Quindi non avrebbe mai usato la pi-stola?
IMPUTATO E. SEBAI: Mai! Mai! Mai sparato!
AVV. L. FARAON: Andiamo all'altro caso a questo punto...
IMPUTATO E. SEBAI: Solo la faccenda che era una “Zapponeta”... sempre uno sparo è, che io mi sono fatto male...
AVV. L. FARAON: E quindi ha preso paura?
IMPUTATO E. SEBAI: E questo FORTUNATO si è spaven-tato, pensavano... invece mi ha fatto soltanto come un buco così, che piano piano con la crema e cose se ne è andato.
AVV. L. FARAON: Quando lei è stato arrestato, Cana-le 5 ha fatto il servizio dicendo che era stato ar-restato il serial killer delle vecchiette.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, nei primi giorni, quando so-no stato al carcere, mi hanno messo nella cella nu-mero 1, invece nella cella numero... se loro vanno al carcere a controllare, basta che vanno a vedere la cella numero 8, c'è uno che si chiama Tonino. Questo Tonino qua, da quando sono stato arrestato, era l'unico detenuto che mi parlava della cella 8 ed io sono alla cella numero 1. Mi raccontava, mi diceva: "Stanno parlando di te in tutta Italia" e mi stava raccontando tutto quello che stanno dicen-do le televisioni di me. Però questo qua almeno venti volte ha minacciato le guardie che appena mo-rirò io, lui sarà il primo a denunciarli perché o-gni volta che entrano mi massacrano: entrano in una ventina, mi mettono per terra, mi saltano addosso, mi massacrano cinque-dieci minuti e poi escono. Questa è la situazione! L'ho detto anche al prete, che subito l'hanno trasferito al prete. L'ho detto al prete là, i primi giorni, dopo una settimana. L'unica guardia buona in quella sezione che è venu-ta e mi ha detto: <>. Mi ha fatto parlare con il cappellano, e ho fatto ve-dere al cappellano tutto. Anche il cappellano mi ha detto: "Ti manda un saluto don... -non mi ricordo- da Crispiano", perché io sono stato anche a Cri-sptiano. Le voci mi portavano dappertutto. Hai ca-pito?! Sono stato anche a Martina Franca. Quindi lui mi ha detto, questo prete qua: "Ti manda il sa-luto che sta con me don..." non lo so, che io non mi ricordo neanche il suo cognome. Io andavo spesso alle chiese per vedere questi don... per stare vi-cino, per salutarli, per stare vicino a loro.
AVV. L. FARAON: Ascolti Sebai, il FAIOLO e gli al-tri dicevano che era stato lei perché l'avevano sa-puto dalla televisione oppure perché altri dicevano che era stato lei ad uccidere?
IMPUTATO E. SEBAI: No, a Adesso ti dico. Torniamo all'avvocato SERRA che è meglio, per capire meglio le cose come stanno.
GUP V. INGENITO: Che c'entra l'avvocato SERRA!
IMPUTATO E. SEBAI: Perché se l'avvocato SERRA ha fatto il suo dovere non succedeva niente.
GUP V. INGENITO: Comunque la domanda...
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, io le dico un'altra cosa...
GUP V. INGENITO: Poi se l'avvocato le farà domande sull'avvocato SERRA, però...
IMPUTATO E. SEBAI: Se io ho avuto questo avvocato dall'inizio -non per fargli dei complimenti e cose-, se io ho avuto questo avvocato dall'inizio, la giustizia viene fatta precisamente con tutto... Questo avvocato qua vedete che mi ha detto una fra-se che io non dimenticherò mai!
AVV. L. FARAON: Ma è stato già esaminato in inter-rogatorio.
IMPUTATO E. SEBAI: Dottoressa, questo avvocato c'è stato... Io dal carcere sono scappato perché là ho visto il MONTEMURRO Cosimo, appena mi ha visto mi ha detto: "Bastardo!". Io ho capito subito che lui lo va a dire in sezione, allora subito sono andato in sezione e ho preso tutta la mia roba, ho chiesto l'isolamento e sono scappato, perché lui inizia a parlare con MONTEMURRO... inizia a parlare che io sono stato ad uccidere sua zia, allora io sono an-dato all'isolamento. Quando sono andato all'isola-mento di fronte a me c'è un certo Massimo BOCCAREL-LA -il suo cliente- che mi ha parlato, mi ha detto: "C'è un avvocato... ". Siccome io nel carcere con i detenuti parlo sempre che ho l'ergastolo, però sono innocente, dicevo che ero innocente, questo detenu-to mi ha detto: "Dillo a questo avvocato qua (mi ha dato la carta di come si chiama questo avvocato), parla con questa persona, è una persona onesta che ti può trovare una soluzione". Io l'ho fatta la no-mina, quando ho parlato con Massimo, ho detto: "Massimo, fammi parlare con lui, digli di chiamar-mi". Mi ha chiamato, però erano le quattro meno dieci e alle quattro finiscono le visite. Gli ho parlato in 6 minuti. Mi ha detto di scrivergli un memoriale. L'ho scritto il memoriale, però ha detto che dopo il 15 agosto ... (troverà sempre agosto, sto parlando del 2004 a Padova), poi ho fatto una lettera a lui che è pronto il memoriale, anche se nel memoriale non ho parlato di omicidi e di cose per non fare... che le guardie entrano, leggono, per non far sapere niente, allora io gli ho scritto la lettera, poi non l'ho più risentito, finchè non ce la faccio più. Da Padova già loro... Adesso en-trano le cose molto importantissime.
GUP V. INGENITO: Di che epoca stiamo parlando?
IMPUTATO E. SEBAI: Queste sono quelle dichiarazio-ni.
AVV. L. FARAON: Stiamo parlando del 2004, perché lui...
GUP V. INGENITO: Lei conosce l'avvocato?
AVV. L. FARAON: Nel 2004...
GUP V. INGENITO: No, no, non deve rispondere lei, avvocato, cortesemente.
AVV. L. FARAON: Volevo dirle solo un particolare storico, giudice.
GUP V. INGENITO: Di che anno stiamo parlando? Quan-d'è che ha conosciuto l'avvocato Faraon?
IMPUTATO E. SEBAI: Il 2 agosto 2004.
GUP V. INGENITO: Lei questa confessione, soprattut-to di questi altri omicidi, quando l'ha fatta?
IMPUTATO E. SEBAI: Poi non l'ho più visto.
GUP V. INGENITO: Quando l'ha fatta la confessione sugli omicidi? Quando ha confessato tutti questi altri omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Io l'avvocato, dopo...
GUP V. INGENITO: No no, la domanda è questa: lei quando ha confessato questi omicidi e davanti a chi?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho confessato a febbraio. A febbraio io, chiedendo... .
GUP V. INGENITO: "Febbraio"?
IMPUTATO E. SEBAI: Febbraio 2006.
GUP V. INGENITO: Quindi sono passati 2 anni...
IMPUTATO E. SEBAI: Circa 3 anni adesso.
GUP V. INGENITO: ...da quando ha conosciuto l'avvo-cato Faraon? E` così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sono circa 2 anni e 9 mesi di-ciamo.
GUP V. INGENITO: Prego, altre domande?
AVV. L. FARAON: Chiudiamo questa situazione del-l'avvocato SERRA, così poi siamo più tranquilli. L'avvocato SERRA le ha impedito di continuare a contattare l'avvocato Faraon per confessare tutti gli omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Oltre a quello, l'avvocato SER-RA... Io, malgrado che per tutto il tempo volevo sempre confessare, confessare..., scrivo e lei mi dice sempre: "Aspetta che finisce il processo. A-spetta qua, ti manderemo al tuo paese. Aspetta, so-no in contatto con la tua Ambasciata... sono in contatto con il tuo Consolato... devi andare anche tu... devi parlare con loro... dobbiamo parlarne... aspetta che finisce tutto il processo...", mi stava dicendo sempre così, finchè giorno 1 -adesso arri-viamo al 2005, il 2005 è l’estate in cui è stato, diciamo, purtroppo a questa... è morto questo dete-nuto qua, DONVITO.
AVV. L. FARAON: DONVITO?
IMPUTATO E. SEBAI: Anche se la sua morte mi sta fa-cendo male, molto male fino adesso, forse più dei... Però torniamo a parlare. Il giorno 1 giugno 2005 da Padova senza un perché mi hanno mandato a Treviso. Appena arrivato là ho chiesto l'isolamento per paura e ho iniziato a scrivere all'avvocato SERRA subito: "Io voglio fare solo la galera, dove-te mandarmi subito o i famigliari o gli avvocati di questi detenuti -ho detto-, almeno l'avvocato del DONVITO e del Cosimo MONTEMURRO. Io io voglio libe-rare tutte le persone e basta. Non ce la faccio più!". Perché era un peso grosso per me, li pensavo giorno e notte! Lei non mi ha fatto... Giorno 6, se lei controlla, a Treviso ho mandato un telegramma chiaro, (ho pagato 6 euro e 70). Chiaro: "Io voglio confessare e liberare tutti questi detenuti. Manda-mi subito... ditelo alle vostre... pubblichi... questa è la mia lettera".
GUP V. INGENITO: Va bene.
IMPUTATO E. SEBAI: E lei mi dice sempre... Poi con-tinuo a scrivere, mi ha mandato soltanto un indi-rizzo sempre a Massafra, dallo studio di Massafra con un certo Luca, qualcosa del genere...
AVV. L. FARAON: DE LUCA.
IMPUTATO E. SEBAI: ...all'avvocato di Cosimo MONTE-MURRO, però quando è venuto da me il 14 luglio, perché continuavo sempre a chiedere di confessare, di come devo fare, deve farmi parlare con chi... Lei mi parla sempre della dottoressa MONTANARO, che ha parlato con una persona... devi venire... così e colà. Comunque, io l'ho detto: è venuta il 14 lu-glio a trovarmi in carcere.
GUP V. INGENITO: L'avvocato SERRA?
IMPUTATO E. SEBAI: L'avvocato SERRA, a Treviso. Mi ha detto che era venuta insieme a suo marito, che io gli ho fatto perdere 700 euro, etc., etc., e ab-biamo iniziato a parlare. Le ho detto: "Vedi perché non denunci il giudice GABRIELLI che non ha fatto niente di tutto quello che mi hai detto?". Lei mi ha detto: "Se si viene a sapere che il giudice GA-BRIELLI ha condannato perché secondo l'avvocato SERRA il giudice GABRIELLI ha condannato tutti que-sti detenuti sapendo che erano innocenti". Mi ha detto: "Se viene a sapere che il giudice GABRIELLI ha condannato qualcuno, sapendo che è innocente, il giudice stesso viene messo in carcere. Per questo io non ti posso aiutare". Poi mi ha detto: "Io sono impegnatissima, è periodo di ferie, non ti posso fare niente". Io sentivo che stava qualcosa. Lei sapeva che il mio cuore... Io sento. Io ho un cuore buono e normale sentivo che stava... Quando sta per succedere una cosa, -creedetemi- di brutto, la sen-to. Per esempio il crollo che è stato... il palazzo del crollo, l'ho detto ad un appuntato là e posso anche dirvi...: "In questi giorni succederà qualco-sa di brutto" gli ho detto e il giorno dopo infatti è crollato un palazzo a Foggia. Sentivo le cose. Io insistevo, però lei mi ha detto quel giorno, il 14 luglio, forse il DONVITO era ancora in vita, le ho detto: "Appena torni là”... Lei mi ha promesso che parla subito con i parenti delle vittime, con i lo-ro avvocati, farà di tutto. Poi mi ha detto: “Anche se sono impegnatissima, perché il 28 è il mio com-pleanno".
PM P. MONTANARO: Va bene.
AVV. L. FARAON: Quindi lei voleva confessare fino dal 2004 e l'avvocato SERRA gliel'ha impedito?
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito?
AVV. L. FARAON: Lei voleva confessare fino dalla prima volta che mi ha chiamato nel 2004 e l'avvoca-to SERRA le ha impedito di confessare?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, me l'ha sempre impedito. So-prattutto mi dice: "Non parlare con DONVITO".
AVV. L. FARAON: E quindi lei ha scritto all'avvoca-to...
IMPUTATO E. SEBAI: Mi dice sempre che ci penserà il giudice GABRIELLI, sempre secondo lei, e io non posso dire niente.
AVV. L. FARAON: All'avvocato DE LUCA lei ha scritto una lettera nel 2005.
IMPUTATO E. SEBAI: Mi ha scritto l'indirizzo falso a lui e tutto. Ha scritto a lui che deve venire a trovarmi, che io sono l'unico che ho anche il col-tello. Che il coltello poi, quando siamo andati in quella strada dove io ho lasciato il coltello, la strada è cambiata. Avevo nascosto il coltello di Massafra ancora sporco di sangue. Che poi questa strada l'hanno pulita, subito è stata pulita, è stata messa a scala. Era una stradina inutilizzabi-le.
AVV. L. FARAON: Vogliamo mostrargli la lettera?
GUP V. INGENITO: E` agli atti questa lettera?
AVV. L. FARAON: L'originale ce l'ha l'avvocato DE LUCA.
GUP V. INGENITO: Se non è agli atti... io non la ricordo in questo momento.
AVV. L. FARAON: L'avrà consegnata questa mattina.
GUP V. INGENITO: Allora non gliela possiamo mostra-re. Siamo in abbreviato.
AVV. L. FARAON: Ritualmente, poi, l'avvocato DE LU-CA quando vorrà fare le domande, lo farà lui. E’ un atto suo quindi non è atto mio. Veniamo al secondo omicidio, sennò non finiamo più e abbiamo la neces-sità di fare chiarezza su tutti. Il secondo omici-dio è quello di Celeste COMMESSATTI, se non vado errato.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Parliamo dell'omicidio di Palagiano del 13 agosto 1995. Vuol dirci cosa è successo?
IMPUTATO E. SEBAI: L'omicidio di Celeste COMMESSAT-TI?
AVV. L. FARAON: Sì, di Celeste COMMESSATTI.
IMPUTATO E. SEBAI: Ero a Potenza, appena finito di lavorare, sono andato a Napoli, sono ritornato su-bito a Melfi dove ho commesso il 9 luglio un omici-dio là di VERNETTI... una donna là a Melfi con strangolamento.
AVV. L. FARAON: Sebai parliamo per settori, sennò se facciamo confusione non finiamo più, anche nel suo interesse. Va bene?
IMPUTATO E. SEBAI: Da Melfi sono andato alla sta-zione e ho trovato un treno per Potenza. Appena ar-rivato a Potenza ho trovato un pullman che va a Ta-ranto e sono tornato a Taranto. A Taranto ho cono-sciuto un certo Antonio di Paolo Sesto che vendeva sigarette di contrabbando e mi sono fatto amicizia con lui e sono stato con lui. E sono rimasto a Ta-ranto. Finchè un giorno, mentre io stavo per andare (ho sentito che ci sono anche dei miei paesani che stanno raccogliendo i meloni a Metaponto), ho preso il treno che passa per Chiatona, Metaponto, e in treno ho conosciuto una ragazza, una certa MAZZEI Grazia, figlia di un capo stazione (hanno una casa a Chiatona -le conosco tutte e due le case- vicino alla Stazione Ferroviaria di Taranto), si chiama MAZZEI Grazia, aveva 21 anni quando l'ho conosciuta ed è scesa là. Sono sceso pure io a Chiatona e da quel momento iniziavo a frequentare spesso Chiato-na, anche perché i due baristi che stanno là mi co-noscevano bene. C’era un casolare là, dove passavo anche la notte, e sanno che io vado a vendere, come dico sempre a loro che io sono un venditore (mi ve-dono sempre con i sacchi e cose, perché io porto sempre con me un cambio, qualcosa, e dico sem-pre...), oppure dico che io sono uno che vende, non dico che... mi vergogno a quel momento con que-st'altra gente che io faccio il bracciante agrico-lo. Hai capito? E` così. Il 13 l'omicidio di Cele-ste COMMESSATTI. Celeste COMMESSATTI è stata uccisa già alle 13. Di preciso, preciso alle 13 e 45 del pomeriggio, non come dicevano nel giornale, che il corpo è stato scoperto a mezzogiorno... che a mez-zanotte c'è stata una festa... dopo mezzanotte. An-che perché nei giornali del giorno 14 io non ho trovato niente, (leggevo il giornale) e solo il giorno 15 nel giornale ho visto un piccolo articolo dove dicono: "Una donna di 73 a Palagiano è stata uccisa. Presi gli autori. I Carabinieri hanno arre-stato subito gli autori". Però dentro al giornale scrivevano che il Carabiniere hanno fatto terra bruciata a 360 gradi. Io sono rimasto molto male sinceramente, anche perché parlavano... "... il mi-norenne, che l'hanno arrestato...". Mi ha fatto sentire molto male anche perché io ero... La donna, prima di uscire l'ho lasciata per terra con il pie-de destro sopra a quello sinistro. L'avevo fatta alzare in piedi, l'ho controllata per vedere se è morta veramente e mi sono assicurato che era morta. Ho buttato tutto per terra a casa sua. Poi siccome che aveva in quel giorno, davanti a casa sua... lei era davanti a casa sua, aveva una sedia che stava mettendo qualcosa asciugarsi, -faceva caldo là- poi lei è entrata e quando lei è entrata da una parte, dalla parte della cucina, etc., io sono entrato dalla parte del salone dove c'è il televisore, che poi c'è una entrata per la sua camera da letto. Hai capito? Quindi noi ci siamo incontrati... lei sta uscendo dalla sua camera da letto, io sto entrando là. Lei inizia subito a gridare e io subito l'ho presa. E` vero che è stata sbattuta per due volte forte forte, sempre in questa parte qua (L’imputato indica la parte sinistra della fronte), che penso che è stata danneggiata, sanguinava molto...
AVV. L. FARAON: La fronte è stata battuta?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, questa qua a sinistra. Anche quando è caduta, sempre nel salone dove è rimasta morta, è stata sbattuta pure due volte là, sempre da questa parte. E` rimasta così. Volevo tirare la tavola, c'era un tavolo piccolo, c'è pure un po' più avanti all'angolo un televisore, c'è tutto, e quindi ho continuato a stringerla da fuori finchè è rimasta zitta. E` uscito il sangue dappertutto. Con le mani l'ho ammazzata.
AVV. L. FARAON: Non l'ha uccisa con il coltello?
IMPUTATO E. SEBAI: No, con le voci.
AVV. L. FARAON: Le voci quando sono cominciate, prima di entrare la mattina?
IMPUTATO E. SEBAI: Prima di entrare naturalmente.
AVV. L. FARAON: Quante ore prima?
IMPUTATO E. SEBAI: Era la prima donna che ho visto quel giorno. Era pomeriggio... le due.
AVV. L. FARAON: Le voci cosa le dicevano: "Prendi questa donna! Ammazza questa donna!"?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, che devo andare da lei.
AVV. L. FARAON: Che doveva andare da lei?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Quando non c'è stato il ben-venuto...
AVV. L. FARAON: Lei ha detto che c'erano due voci maschili ed una femminile?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Qual è che comandava di più?
IMPUTATO E. SEBAI: Quella grande.
AVV. L. FARAON: "Quella grande" chi? maschile o femminile?
IMPUTATO E. SEBAI: Maschile.
AVV. L. FARAON: La voce maschile è più grossa?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Che cosa le diceva?
IMPUTATO E. SEBAI: Mi diceva: "Se non l'ammazzi su-bito...", perché sono cose che passano velocemente, sono cose che passano automaticamente. "Se non l'ammazzi chiamerà qualcuno, ti prenderanno e ti uccidono, ti ammazzano gli italiani" etc..
AVV. L. FARAON: Era vestito di nero?
IMPUTATO E. SEBAI: Penso di no.
AVV. L. FARAON: Non si ricorda?
IMPUTATO E. SEBAI: Penso di no.
AVV. L. FARAON: Ha gridato?
IMPUTATO E. SEBAI: Ma qualcosa di nero ce l'ha.
AVV. L. FARAON: Ce l'aveva qualcosa di nero?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: E sua mamma e sua zia?
IMPUTATO E. SEBAI: Ma non era vestito di nero.
AVV. L. FARAON: Sua mamma, sua zia, le altre donne che lo picchiavano in Tunisia erano vestite di ne-ro?
IMPUTATO E. SEBAI: Vestite di nero ma in certi mo-menti no, soprattutto quando ci sono le feste, le cose, quando ci sono le feste religiose oppure ai matrimoni si vestono normale.
AVV. L. FARAON: Quando la picchiavano in Tunisia gridavano sua mamma e sua zia?
IMPUTATO E. SEBAI: Gridavano, mi bestemmiavano, mi dicevano che non sarò mai un uomo, che sono così, sono così... che sono colà...”. Mi dicevano tutte le parole del mondo e a me a quel momento sono cose che mi hanno fatto molto male. Ecco perché io la notte passavo casa per casa, aprivo le loro... se qualcuno aveva il bestiame li facevo uscire, sfa-sciavo con le pietre tutte le case, a rovinare... sfasciavo le porte. Facevo di tutto nel paese di notte. Ero sempre ricercato. Qualsiasi cosa succe-deva nel paese, sono io.
AVV. L. FARAON: Lei ha detto che la legavano all'a-nello dove legavano gli asini e le altre bestie per picchiarlo, è vero?
IMPUTATO E. SEBAI: Cosa?
AVV. L. FARAON: Quando la picchiavano, la legavano nell'anello dove legavano gli animali, gli asini e le capre a casa sua, questo è vero?
IMPUTATO E. SEBAI: "Le"?
AVV. L. FARAON: La legavano per picchiarla?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, sì.
AVV. L. FARAON: Questa voce che l'ha portata a que-sto omicidio, era quella più grande, ma anche negli altri omicidi era la voce più grande che le diceva di uccidere sennò l'avrebbero uccisa gli italiani?
IMPUTATO E. SEBAI: No, anche tutte e tre; oppure tutti e due i maschi.
AVV. L. FARAON: E la voce di donna?
IMPUTATO E. SEBAI: Poi diventa come se sto dentro ad un mercato. All'inizio è come che sto dentro ad un treno che cammina forte forte: "Tatà, tatà, ta-tà", poi iniziano come se sto dentro il mercato di mio paese dove si vendono gli animali, con quelle grida lì, quelle cose lì.
AVV. L. FARAON: Queste voci aumentavano nella sua testa la portavano ad uccidere?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Lei in questo caso qui...
IMPUTATO E. SEBAI: Ma sempre quando mischio... che passo giorni a bere.
AVV. L. FARAON: Quando lei aveva bevuto?
IMPUTATO E. SEBAI: Quando bevo. Mi piaceva sempre mischiare: bevevo sempre il whisky, birra, vino... mi piace sempre mischiare.
AVV. L. FARAON: Cosa ha portato via da questa casa?
IMPUTATO E. SEBAI: Cosa?
AVV. L. FARAON: Dall'omicidio...
IMPUTATO E. SEBAI: Dall'omicidio in questa casa qua, come nell'entrata della sua casa proprio subi-to a destra c'è l’attaccapanni... come ho già rac-contato in precedenza tutti i particolari di questo omicidio alla dottoressa MONTANARO ultimamente, al-lora a destra c'è l'attaccapanni e c'è anche la sua borsa là attaccata. Ho aperto la sua borsa, ho pre-so... c'erano due anelli... qualcosa... e c'erano 80 mila lire tutti da mille lire e da 2 mila lire. Li ho presi. Questi li ho presi. Anche una colonna l'ho presa, l'ho trovata là. Poi per il resto ho aperto l'armadio, che è di fronte al suo letto, ho buttato tutto per terra, sono andato al comò vicino al suo letto e ho buttato qualcosa per terra. Poi aveva la finestra sempre della cella come che io da dentro alla sua casa, dalle due porte c'è la tenda bianca, sia di qua sia di là, c'erano delle tende bianche a casa sua, tutte e due le case sue, due porte di casa sua aperte, però nella camera sua da letto c'è una finestra verde, qualcosa del genere che era già aperta un po' così, un po' così aperta, però diciamo era chiusa con un filo che entra da dentro questa finestra. Io da dentro ho visto que-st'uomo prima è seduto così, che guardava sia verso casa, sia verso la chiesa. Poi quando io ho salito, ho aperto la finestra, ho guardato e sono salito. Ho aperto il giro della finestra, sono salito dalla finestra e sono uscito direttamente dall'altra strada, che di qua c'è una strada, un'altra strada piccola, sempre nel centro del paese. Questa strada piccola porta alla chiesa Immacolata. Anche dalla piazza, c'è una stradina dove c'è una farmacia, etc., porta sempre alla chiesa. La casa di Celeste COMMESSATTI, anche se io l'ho vista, due giorni prima del mio arresto non è più una casa, è diven-tato un bar, un locale, qualcosa del genere. Avevo paura, ho passato di là, era sabato, due giorni -che io sono stato arrestato il 15-, era il sabato del 13 settembre del '97, due giorni prima del mio arresto, ho passato là a Palagiano, sono passato là, sempre le voci che mi hanno portato, però quan-do sono passato di là ho avuto paura, ho fatto sol-tanto una occhiata e ho visto che non è più una ca-sa ma è diventato un bar, una pasticceria, un loca-le, qualcosa del genere. Questo l'ho visto due giorni prima del mio arresto.
AVV. L. FARAON: Lei ha trovato dei gioielli sia qui che nell'altro omicidio, che cosa ne ha fatto, li ha venduti?
IMPUTATO E. SEBAI: No, in tanti omicidi ho trovato i soldi. Io non cercavo i soldi! Certo, mi è capi-tato di vedere cose... Per esempio: se là c'è una collana o soldi o, qualcosa, io li metto in tasca. Però io non è che io voglio rubare o cosa perché non ho soldi. Io i soldi ce li avevo sempre nasco-sti. Nella mia tasca piccola, da sempre mettevo co-me minimo 500 mila lire e li metto nella mia tasca piccola caso mai perdo il portafoglio, perdo tutto, ho sempre qualcosa.
AVV. L. FARAON: Ha detto che ha trovato degli anel-li e una collana nel caso della COMMESSATTI Cele-stina.
IMPUTATO E. SEBAI: No, dal suo armadio ho portato un borsello pieno di oggetti. Può darsi che ci sono anche oggetti di oro.
AVV. L. FARAON: L'ha portato a casa?
IMPUTATO E. SEBAI: Ho portato questo borsetto qua con me dentro una borsa, però questo è pieno di tutti... sono collane fatte di pietra, come il Ro-sario, però... quelli che usano le donne. Erano tutte collane di questo tipo qua.
AVV. L. FARAON: Cosa ha fatto?
IMPUTATO E. SEBAI: Questo qua l'ho buttato proprio nei boschi a Chiatona. Io quando sono uscito da lì ho preso anche una birra dal suo frigorifero.
AVV. L. FARAON: Mentre quei gioielli che aveva tro-vato in casa di LUDOVICO Pasqua li ha venduti?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì sì, sempre al ricettatore, l'unico ricettatore di Taranto. Lo conoscono tutti.
AVV. L. FARAON: Come si chiamava?
IMPUTATO E. SEBAI: Silvio, un napoletano.
AVV. L. FARAON: Silvio?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, Silviuccio lo chiamano. Sem-pre lui se c'è qualcosa da vendere. Quasi tutta Ta-ranto lo conosce, soprattutto quartiere Tamburi e Paolo Sesto. Tutta quella gente là vanno da lui.
AVV. L. FARAON: Si chiamava EMPIRO?
IMPUTATO E. SEBAI: Si chiama Silvio. Io conosco tutti e due sue case a Taranto. Poi andavo da lui quando c'è qualcosa da vendere e lui compra tutto e l’oro lo paga sempre 10 mila al grammo.
AVV. L. FARAON: Da questo omicidio le voci sono cessate? Cioè dopo l'omicidio cosa succede, le voci si attenuano, le dicono: "Vai via! Scappa!"? Cos'è che succede? Sono sempre le voci che la controlla-no?
IMPUTATO E. SEBAI: Si fermeranno ad un certo momen-to, soprattutto quando sto lavorando o quando sto facendo qualche altra cosa.
AVV. L. FARAON: Dopo l'omicidio quando finiscono le voci?
IMPUTATO E. SEBAI: Però quasi sempre mi hanno ac-compagnato.
AVV. L. FARAON: Io su questo omicidio non ho nien-t'altro da chiedere. Se il Pubblico Ministero vuole chiedere qualcosa.
GUP V. INGENITO: Quindi i gioielli che ha trovato a casa di questa signora COMMESSATTI non li ha ceduti a nessuno? Non ho compreso bene.
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito.
GUP V. INGENITO: Ha trovato gioielli?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, una collana e qualche anel-lo.
GUP V. INGENITO: Che cosa ne ha fatto?
IMPUTATO E. SEBAI: Li ho venduti a questo signore qua.
GUP V. INGENITO: Stiamo parlando della signora LU-DOVICO Pasqua o della signora COMMESSATTI?
IMPUTATO E. SEBAI: Gli oggetti sono della signora COMMESSATTI ed io li ho venduti a Taranto, al cen-tro di Taranto, a questo Silvio che ha un negozio in via Palma.
GUP V. INGENITO: Mi era sembrato di capire che pri-ma all'avvocato Faraon avesse detto -forse ho inte-so male io- che non li aveva venduti a questo Sil-vio gli oggetti della signora COMMESSATTI.
IMPUTATO E. SEBAI: Li ho venduti a lui.
GUP V. INGENITO: Quelli della signora COMMESSATTI?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: E quelli della signora LUDOVICO Pasqua pure o no?
IMPUTATO E. SEBAI: No, quelli di LUDOVICO Pasqua mi sembra che li ho buttati.
GUP V. INGENITO: Li ha buttati?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì... no, mi sembra... No, no: ho buttato la collanina e ho preso solo i soldi e la pistola a LUDOVICO: pistola, soldi e la busta.
GUP V. INGENITO: Pistola, soldi e busta. E i proiettili pure, giudice.



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AVV. L. FARAON: E` importante perché poi... non ci sono.
IMPUTATO E. SEBAI: Pistola, proiettili e...
GUP V. INGENITO: Facciamolo rispondere. Glielo stiamo chiedendo. Facciamogli fare i chiarimenti avvocato. Glielo sto chiedendo. Allora dalla signo-ra COMMESSATTI, sta dicendo, lei ha trovato dei gioielli e che li ha venduti a questo Silvio. E` così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Che riparava gli orologi...
IMPUTATO E. SEBAI: Aveva un negozio così, che fa vedere che riparava gli orologi, aveva sempre delle collezioni di orologi e cose. Una volta i Carabi-nieri stessi di Magna Grecia ci hanno arrestato a me mentre vendevo a lui.
GUP V. INGENITO: Va bene, ha detto anche questo.
IMPUTATO E. SEBAI: Ci hanno arrestato insieme... non è che ci hanno arrestato, a me mi hanno lascia-to andare con tanta fatica perché non avevo docu-menti, però dopo sono andato io e lui. Lui stesso mi portava, perché lui li voleva indietro questi... dice che sono oggetti importanti per lui. E li ha portati anche al commissario là di Magna Grecia. Io l'ho detto al commissario: "Vedi che sono di mia sorella, me li ha lasciati, perché mia sorella vuo-le costruire...". Alla fine ce li hanno dati indie-tro questi oggetti. Quando ce l'hanno dati indie-tro...
GUP V. INGENITO: Questi sono fatti che riguardano un altro... non ci interessano.
IMPUTATO E. SEBAI: Li ha dati indietro a lui.
GUP V. INGENITO: Lei all'epoca beveva, ha detto?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Mediamente quanto beveva? Stiamo parlando degli anni... quando sono avvenuti questi fatti.
IMPUTATO E. SEBAI: Appena sono entrato in Italia bevevo 11 litri di vino al giorno.
GUP V. INGENITO: 11 litri di vino al giorno?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Ogni giorno?
IMPUTATO E. SEBAI: Ogni giorno.
GUP V. INGENITO: In quel periodo lei beveva...
IMPUTATO E. SEBAI: Anche lavorando.
GUP V. INGENITO: Lei beveva 11 litri di vino al giorno! Quindi era sostanzialmente sempre ubriaco?
IMPUTATO E. SEBAI: Bevevo solo vino all'inizio. Non ero tanto... perché ero abituato all'alcol di 90 gradi.
GUP V. INGENITO: Era abituato?
IMPUTATO E. SEBAI: Soprattutto vino di casa. Ovun-que andavo trovo sempre una casa che vende il vino. Conosco tutte le case che vendono il vino. Tutti.
GUP V. INGENITO: Quando è entrato a casa di queste signore aveva anche bevuto, quindi, perché nell'ar-co della giornata sicuramente...
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, ci sono delle case che io andavo a qualsiasi ora della notte, mi aprono e mi danno il vino.
GUP V. INGENITO: Dove lo comprava questo vino? Dove lo prendeva? 11 litri di vino al giorno, insomma!
IMPUTATO E. SEBAI: Ci sono marocchini che bevono, ci sono i tunisini, tanti hanno le case, tanti han-no garage e cose, chi abita dentro un garage... quasi tutti hanno un posto dove abitano e noi ci conosciamo tutti. Una volta da quello, una volta da quell'altro, una volta... Una volta beviamo a casa mia, più volte a casa mia che a casa loro...
GUP V. INGENITO: Il DONVITO quando l'ha conosciuto, se lo ha conosciuto...
IMPUTATO E. SEBAI: Il DONVITO?
GUP V. INGENITO: Sì.
IMPUTATO E. SEBAI: Il DONVITO mi salutava.
GUP V. INGENITO: Dove?
IMPUTATO E. SEBAI: Al carcere.
GUP V. INGENITO: In che anno?
IMPUTATO E. SEBAI: 1998. Anche lui stava nella mia sezione. Non mi ha mai detto niente. Io nel '98, quando sono salito in queste sezioni, sono rima-sto... Il giorno 25 ero nella cella numero 23 e in quella mattinata del 25 settembre (quindi dopo un anno e 10 giorni precisi del mio arresto) io ero nella cella numero 23, la sezione precauzionale del terzo piano. C'era un italiano e un albanese che abitavano di fronte a me. Non lo so, hanno cambiato sezione oppure sono usciti, non lo so. Quindi si è svuotata quella cella e il DONVITO, che abitava più avanti, non so in quale cella, (perché io non esco più dalle bestemmie, i primi giorni uscivo, poi non sono mai più uscito, sono uscito soltanto una volta perché ci hanno fatto uscire tutti i detenuti per disinfettare la sezione), non sono mai uscito.
GUP V. INGENITO: Che mese era? Si ricorda il mese pure?
IMPUTATO E. SEBAI: Il mese?
GUP V. INGENITO: Sì.
IMPUTATO E. SEBAI: Io sto dicendo il giorno.
GUP V. INGENITO: Che giorno era?
IMPUTATO E. SEBAI: Il 25 settembre.
GUP V. INGENITO: 1998?
IMPUTATO E. SEBAI: 25 settembre 1998. Allora, sono venuti le guardie e mi hanno detto: "Oh, lo sai -naturalmente mi dicevano sempre delle parolacce- che tu domani sarai trasferito? Lo sai questo o no?". Ho detto io: "Non lo so". E poi mi hanno det-to parolacce e sono andati al DONVITO e hanno por-tato DONVITO. DONVITO ha cambiato cella ed è di fronte me. E` venuto, mi ha salutato, mi ha detto: "Cosa stai facendo?". Ho detto: "Mi hanno detto che devo essere...". Mi ha detto lui (stava parlando con me DONVITO), dice: "Io ti capisco, tu hai ra-gione. Io so che tu sei innocente, ma anche io sono innocente -mi ha detto-". Questo TINELLI qua -dice- mi accusa. Se è per colpa di questo TINELLI che...
GUP V. INGENITO: Che l'aveva accusata. Va bene. E quindi?
IMPUTATO E. SEBAI: Poi mi ha detto: "Tu sei accusa-to di tanti... io sono accusato di un solo omici-dio. Se vuoi sapere il mio, tieni!" e mi ha buttato un tipo di album: tutti gli articoli di giornali, ritagli, che riguardano sempre il suo omicidio. Io non l'ho neanche letto, perché sono tornate subito le guardie e mi hanno portato in un'altra cella. Hanno visto che stavamo parlando, allora hanno det-to: "Di chi è questo...". Ho detto: "Di lui, me l'ha dato per leggere". E l'hanno dato. Non ho fat-to in tempo di leggerlo perché lui mi ha detto co-sì. .
GUP V. INGENITO: Quindi gliele hanno tolte?
IMPUTATO E. SEBAI: Anche a Foggia.
GUP V. INGENITO: Che è successo?
IMPUTATO E. SEBAI: Anche a Foggia, quando è venuto lui...
GUP V. INGENITO: Aveva i giornali?
IMPUTATO E. SEBAI: Nella sua cella lo sentivo io, parlava con l'agente. Dice: "Quello della cella 3 -stava parlando di me- (lui stava nella cella numero 12) è innocente come me". Perché lui prima l'hanno portato nelle altre sezioni e forse l'hanno menato, perché quando si tratta di reati contro donne non si può stare con i detenuti comuni, vengono massa-crati, anzi addirittura uccisi in tanti carceri. Bisogna stare nelle sezioni precauzionali ed an-che... soprattutto con tre donne, omicidi del gene-re...
GUP V. INGENITO: Quindi DONVITO in carcere le ha dato tutti questi giornali?
IMPUTATO E. SEBAI: Solo questi due... oppure al carcere di Foggia mi ha detto: "Io non ce l'ho con te, ce l'ho soltanto con questo Giuseppe (inc)".
GUP V. INGENITO: Questi giornali glieli ha tolti qualcuno, ha detto?
IMPUTATO E. SEBAI: Io ho sempre letto i giornali.
GUP V. INGENITO: Questi giornali che le ha dato DONVITO in carcere, glieli ha tolti qualcuno?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, la guardia stessa. Sono en-trati nella mia cella, mi ha detto: "Che cos'è? Di chi è questo? Che cos'è questo?". Ho detto io: "E` di lui, me l'ha dato per leggere".
GUP V. INGENITO: Gli aveva dato i giornali che par-lavano dell'omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Non i giornali, come un tipo di album... qualcosa del genere.
GUP V. INGENITO: C'erano tutti gli articoli che parlavano dell'omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Non lo so, non mi ricordo bene. Era pieno di ritagli di giornali.
GUP V. INGENITO: Ma pensava che lei era interessa-to?
IMPUTATO E. SEBAI: Che riguardano sempre il suo o-micidio.
GUP V. INGENITO: Perché lei era interessato a que-sto omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: No. Mi ha detto: "Io sono inno-cente, ma leggi. Se non mi credi, si tratta soltan-to che uno che mi accusa. Non hanno nessuna prova contro di me. Se vuoi leggere il mio caso, tieni".
GUP V. INGENITO: Per informarla, diciamo.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Voleva qualcuno...
IMPUTATO E. SEBAI: Mi giurava che lui era innocen-te. Naturalmente io in quel momento sono l'unico che sa che lui è innocente, perché so che tutti lo-ro sono innocenti. Anche MONTEMURRO è passato là quando all'inizio del mio arresto si è fermato da-vanti al mio spioncino mentre tornava dal passeggio e mi ha bestemmiato.
AVV. L. FARAON: Chiedo scusa giudice...
GUP V. INGENITO: Un attimo, non ho terminato. Poi ha detto che l'ha rincontrato un'altra volta a Fog-gia?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Cioè questo primo incontro è avve-nuto nel carcere di Taranto, questo dei giornali che gli aveva dato?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, però sono stato trasferito io prima di lui.
GUP V. INGENITO: Poi l'ha incontrato a Foggia a di-stanza di quanto tempo?
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 1999.
GUP V. INGENITO: In quella occasione avete parlato?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, ci siamo salutati mentre e-ravamo in attesa. Quando uno scrive le domandine per parlare, io avevo fatto una domandina per poter lavorare, al comandante; lui stesso stava in un'al-tra stanza per parlare con il comandante, ho detto: "Che fai tu qua?". Mi ha detto: "Adesso mi hanno trasferito". Comunque stava a Taranto, ma non nella sezione precauzionale, lui stava nelle sezioni nor-mali.
GUP V. INGENITO: Lei quando è stato sentito davanti al Pubblico Ministero, la dottoressa MONTANARO, di-ce...
IMPUTATO E. SEBAI: Per pochi giorni l'hanno porta-to.
GUP V. INGENITO: Vorrei capire perché non mi è chiaro. Ha detto alla dottoressa MONTANARO: <>.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Chi è questo brigadiere rosso e perché la informava che era arrivato DONVITO in carcere.
IMPUTATO E. SEBAI: Questo brigadiere rosso sa tutto di tutti i detenuti e lui è interessato là.
GUP V. INGENITO: Che significa "brigadiere rosso"?
IMPUTATO E. SEBAI: Brigadiere Rosso è il suo cogno-me.
GUP V. INGENITO: RUSSO si chiama?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì. Lui è quello responsabile di questa sezione.
IMPUTATO E. SEBAI: E sta nel carcere questo briga-diere?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Viene da lei e le dice: " DONVITO è arrivato". Perché la informa? Lei era interessato a DONVITO? Perché le viene a dire che DONVITO...
IMPUTATO E. SEBAI: Non lo so, perché quando è arri-vato DONVITO io ero stato messo... lui stava facen-do il giro, parla lui da una cella all'altra e men-tre parlava con me mi ha detto: “E’ arrivato anche uno nuovo...
GUP V. INGENITO: Stiamo parlando del 1999?
IMPUTATO E. SEBAI: Del 1999.
GUP V. INGENITO: Lei ancora la sua coscienza non l'aveva portata alla confessione, no?
IMPUTATO E. SEBAI: Ero ancora male, sì. Non avevo confessato niente. Solo all'avvocato SERRA...
GUP V. INGENITO: Quindi lei non aveva nessun colle-gamento con DONVITO?
IMPUTATO E. SEBAI: No, non avevo nessun collegamen-to.
GUP V. INGENITO: Nessuno sapeva che lei aveva in animo di accusarsi dell'omicidio per il quale era stato...
IMPUTATO E. SEBAI: Io dicevo sempre ai detenuti che sono innocente.
GUP V. INGENITO: Allora perché questo brigadiere RUSSO la informa che DONVITO è arrivato in carcere?
IMPUTATO E. SEBAI: Forse perché DONVITO andava sem-pre a raccontare la sua innocenza, sia al comandan-te, all'agente, alle persone, ecco perché i detenu-ti...
GUP V. INGENITO: Ma DONVITO l'aveva mai accusata di essere lei?
IMPUTATO E. SEBAI: Si sono stufati di lui a senti-re, perché ci sono dei carceri...
GUP V. INGENITO: DONVITO l'aveva mai accusata di aver ucciso lei la signora?
IMPUTATO E. SEBAI: No, no, mai!
GUP V. INGENITO: Non pensava, perché diceva che lei era innocente come era innocente lui, è così?
IMPUTATO E. SEBAI: Non mi ha mai accusato di nien-te.
GUP V. INGENITO: Lei prima ha detto che gli ha dato i giornali perché DONVITO diceva: "Tu sei innocente come sono innocente io", è così?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, perché è normale che io gli ho detto: "Sono innocente" e lui mi ha detto: "Io ti capisco". Aveva detto che in caserma ti fanno cantare lo stesso. Capito? Hanno tutti i mezzi in caserma.
GUP V. INGENITO: Quindi lei non mi sa dire per qua-le motivo questo brigadiere viene da lei e dice: "Guarda che DONVITO è arrivato"?
IMPUTATO E. SEBAI: In caserma fanno parlare chiun-que.
GUP V. INGENITO: Non mi sa dire per quale motivo questo brigadiere viene da lei e le dice: "Guarda che DONVITO..."?
IMPUTATO E. SEBAI: Forse DONVITO l'ha chiesto. Il perché lei lo può chiedere al brigadiere stesso, ma non lo deve chiedere a me. Io sto raccontando i fatti come stanno.
GUP V. INGENITO: Va bene.
IMPUTATO E. SEBAI: Quel giorno, mentre parlava, ar-riva all'ultima cella che è la mia e mi ha detto che è arrivato un nuovo detenuto. Ho detto. "Chi è?". Ha detto: "DONVITO". Quindi si vede che il DONVITO parla sempre di questi delitti, del suo de-litto soprattutto, della sua innocenza e il DONVI-TO, sinceramente, non per dirlo ormai che non c'è più...
GUP V. INGENITO: L'aveva presa in simpatia, perché c’era una conoscenza fra voi?
IMPUTATO E. SEBAI: No. E` una bravissima persona, educata, una persona perbene secondo me.
GUP V. INGENITO: Vi eravate capiti subito, insomma.
IMPUTATO E. SEBAI: Una persona squisita, perbene, bene educata.
GUP V. INGENITO: Ci sono altre domande?
AVV. L. FARAON: Sì, volevo fare una precisazione perché mi sembra che in precedenza abbia fatto una piccola confusione. Quando abbiamo parlato della vendita degli oggetti che lei aveva trovato nell'o-micidio di LUDOVICO Pasqua, mentre dice che nell'o-micidio della COMMESSATTI aveva trovato un borsello che era soltanto...
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho buttato dentro... che nes-suno lo può prendere. Dentro ai boschi vicino ad un casolare della ferrovia.
AVV. L. FARAON: Quindi i gioielli che ha venduto sono quelli di LUDOVICO Pasqua, non quelli della COMMESSATTI?
IMPUTATO E. SEBAI: No. Quelli della COMMESSATTI ho buttato soltanto il borsello dove ci sono queste collane... cose, non lo so se ci sono qualche altri piccoli oggetti, con queste collane di pietre in questo borsello qua, rosso. L'ho buttato là. Però gli altri oggetti, l'anello e la collana, era una collana fatta di... posso anche disegnarla se mi danno... fatta a pezzi, pezzi, bianca e rossa però è oro.
AVV. L. FARAON: Quella l'ha venduta a Taranto?
IMPUTATO E. SEBAI: L'ho venduta con 500 euro.
AVV. L. FARAON: 500 euro o 500 mila lire?
IMPUTATO E. SEBAI: 500 mila lire. Pesava 54 gram-mi... qualcosa del genere. Gli anelli a 300 euro.
AVV. L. FARAON: Agli altri carcerati lei faceva ca-pire che lei era innocente, che era stato condanna-to innocente? Non diceva a nessuno che era colpevo-le?
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito.
AVV. L. FARAON: Agli altri detenuti, a cominciare da DONVITO...
IMPUTATO E. SEBAI: A nessuno ho detto che sono col-pevole, sempre innocente.
AVV. L. FARAON: E gli altri non gli hanno detto di che omicidi erano condannati e come erano avvenuti gli omicidi?
IMPUTATO E. SEBAI: Io, prima di incontrare il si-gnor NOBILI, non ho mai detto a nessuno che sono un colpevole, ho sempre detto che sono innocente. Pri-ma di andare... di essere consigliato dagli ispet-tori, compreso il comandante RICCIARDELLI del car-cere di Opera... che è amico di questo NOBILI, che questi reati non lo riguardano, però si è messo su-bito a disposizione. E’ una bravissima persona, un anziano, che fa il suo lavoro perbene. E’ conosciu-to in tutta Italia Alberto NOBILI e si è messo su-bito... Mi ha detto anche -non so se la dottoressa mi sta ascoltando oppure no- questo Pubblico Mini-stero di Milano mi ha detto...
AVV. L. FARAON: Il dottor NOBILI?
IMPUTATO E. SEBAI: Il dottor NOBILI mi ha detto... Se c'è rumore non riesco a parlare. Se inizia qual-cuno a parlare...
AVV. L. FARAON: Non c'è stato nessuno che le ha detto...
IMPUTATO E. SEBAI: Mi ha detto, quando ho finito di confessare, sono stato da lui 6-7 ore, mi ha fatto le domande, mi ha registrato, ha scritto tutto e mi ha fatto firmare tutto, mi ha detto: "Questi qua io li mando a tutte le procure". Mi ha chiesto: "Dove sei stato arrestato?". Ho detto: "A Taranto". A Ta-ranto ti devono fare adesso un unico processo che riguarda tutti i delitti.
AVV. L. FARAON: Va benissimo. Nessuno le ha promes-so qualche beneficio: “Se tu confessi -tanto hai l’ergastolo- l'omicidio che ho fatto io”? Nessuno le ha promesso qualcosa per confessare al posto suo l’omicidio che aveva fatto lui?
IMPUTATO E. SEBAI: Non esiste proprio! E` una cosa che ho sempre voluto. Io volevo trovare un modo per liberarli già da quando ero... prima di essere ar-restato.
AVV. L. FARAON: Quella volta che ha chiamato i Ca-rabinieri?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, prima di essere arrestato. Volevo trovare un modo... come, infatti, scrivere le lettere al giudice, se mi crede mi farà uscire e se scrivo al giudice gli racconto tutti gli omicidi che ho fatto io, può darsi che dalla mia lettera capiscono... Non sapevo in quel momento che...
AVV. L. FARAON: All'avvocato SERRA aveva detto già dal 1998...
IMPUTATO E. SEBAI: Appena, appena so leggere.
AVV. L. FARAON: ...gli aveva detti tutti gli omici-di che aveva commesso nel 1998 all'avvocato SERRA?
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito?
AVV. L. FARAON: All'avvocato SERRA li aveva detti fin dall'inizio tutti e 14-15 omicidi che aveva fatto?
IMPUTATO E. SEBAI: Tutti e 15 gli ho detto, dal 1999. E non ha fatto niente. Mi diceva sempre di non parlare con il DONVITO e basta.
AVV. L. FARAON: Passiamo all'altro omicidio: Rosa LAPISCOPIA.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Lei si ricorda di questo omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, di Laterza.
AVV. L. FARAON: Ci spiega cosa è successo?
IMPUTATO E. SEBAI: E` successo che io bevevo, beve-vo, bevevo e bevevo, ad un certo punto avevo dei biglietti, ho preso il pullman a Ginosa e sono an-dato al pullman che passa da Laterza. Era il 1997. Non so se mi ricordo bene era il 21 agosto, qualco-sa del genere.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, 21 agosto 1997. Se mi devono ascoltare io continuo a parlare.
AVV. L. FARAON: Stanno registrando.
IMPUTATO E. SEBAI: Io se devo parlare devo essere ascoltato.
GUP V. INGENITO: Guardi, moderi...
AVV. L. FARAON: Sebai, ho solo verificato se la da-ta che mi diceva era giusta. Stanno registrando tutto quello che stai dicendo.
GUP V. INGENITO: Guardi, se lei è stanco possiamo anche sospendere e procedere all'esame...
IMPUTATO E. SEBAI: Non sono stanco. Non mi stanco mai a raccontare la verità, fino a domani mattina.
GUP V. INGENITO: Se vuole sospendere, possiamo an-che sospendere e riprendiamo tra qualche minuto. Se non è stanco andiamo avanti, però si rivolga con rispetto al suo avvocato. Prego.
AVV. L. FARAON: Parliamo di questo omicidio di Rosa LAPISCOPIA del 21 agosto 2007.
IMPUTATO E. SEBAI: Avevo passato due giorni così, un giorno e mezzo a bere a Ginosa. Ho preso il pul-lman e sono andato a Laterza. Ho continuato a bere da un bar all'altro... andavo spesso in piazza... così, nella strada che fa tornare a Ginosa, -sempre in piazza là-, di là c'è l'albero e di qua c'è il resto della piazza... c'è un bagno pubblico, andavo e tornavo in quel bagno pubblico perché bevevo più birra che vino. Avevo una borsa e la lascio sempre sopra alla sedia in questa villa..., non villa, ci sono gli alberi, ci sono le sedie, le panchine là. Bevevo e poi di tanto intanto mischiavo. Bevevo non so, un Vecchia Romagna o un Ramazzotti... poi torno a bere le stesse... continuavo a bere, finche ad un certo punto iniziano le voci e mi portano dritto dritto dalla piazza verso la strada nella salita, verso la strada che porta a Castellaneta. Andando, andando, andando, mi ricordo bene che alla mia si-nistra c'era una chiesa e di fronte alla chiesa c'erano due sedie. Però fra la chiesa e la sedia c'è la strada, sempre una strada che porta a Ca-stellaneta. Dopo la chiesa c'era... non lo so, un ferro, un giardino, qualcosa. Quindi la prima gira-ta dopo la chiesa, la prima girata a destra, mi so-no girato e nel primo angolo a sinistra, della pri-ma strada, in quell'angolo là c'è questa casa qua. In questa casa qua, appena sono entrato, c'era mez-za porta aperta dove c'era una donna seduta. Io so-no andato direttamente, parlando l'arabo, salutan-dola e lei non ha gridato all'inizio. Inizio tran-quillo, così, poi le voci sono diminuite nella mia testa, però io ho chiuso la porta e inizio a par-larle. Non avevo nessuna intenzione. Mi sembra che mi ha detto che non ha vino né niente, mi ha detto anche: "Io ho 90 anni". Mi ha chiesto anche se sono italiano o no e mi sono seduto vicino a lei. Aveva una sedia, una tavola nell'entrata. Casa sua è com-posta soltanto da questa stanza e dell'altra stanza dove c'è un letto da ospedale, un letto fatto co-me... non lo so, un letto come quelli che si usano negli ospedali -solo quello ha- e ha a destra un armadio, qualcosa del genere, così. Solo questo, poche cose ha a casa sua. Però all'improvviso è passato un vecchietto là, è passato un vecchietto davanti a casa e lei si è messa in piedi e ha cer-cato di chiamarlo. Quando lei ha cercato di chia-marlo, io l'ho presa da dietro e l'ho fatta cadere. E` caduta vicino... diciamo, appena uno entra a ca-sa sua, la trova dalla parte sinistra. Quindi è ca-duta là e ho continuato a strangolarla e a accol-tellarla.
AVV. L. FARAON: L'ha accoltellata?
IMPUTATO E. SEBAI: Strangolamento e poi accoltella-mento.
AVV. L. FARAON: Cioè le voci sono tornate su nel momento in cui lei ha cominciato a gridare?
IMPUTATO E. SEBAI: Quando lei ha cercato a chiamare questo vecchietto che è passato in quel momento. Era pomeriggio, naturalmente. Non mi ricordo, erano le due o le tre, non so di preciso. Poi di là sono tornato subito un piazza, per fortuna... non per fortuna, le cose sono andate così: ho trovato un pullman che stava andando... ed io avevo qualche biglietti, da 2 mila, 2 mila e 5, ho trovato subito un pullman che stava andando a Castellaneta. Ho preso il pullman e sono sceso a Castellaneta. Poi sono tornato a Cerignola.
AVV. L. FARAON: Lei ha preso qualcosa?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, ho preso una collana. Non lo so se ho preso qualcosa di soldi. Una fesseria, qualcosa... una collanina piccola che l'ho buttata subito. Credetemi, subito l'ho buttata al primo cassonetto a destra, mentre scendevo quella strada.
AVV. L. FARAON: Nell'interrogatorio alla dottoressa MONTANARO, ha detto che lì c'era un armadio dove ha trovato una collanina...
IMPUTATO E. SEBAI: No, l'ho fatta la casa...
AVV. L. FARAON: Nell'interrogatorio fatto davanti alla dottoressa MONTANARO, lei ha detto: "C'era un armadio dove io ho trovato una collanina sopra e 30 mila lire".
IMPUTATO E. SEBAI: 30 mila lire?
AVV. L. FARAON: Sì.
IMPUTATO E. SEBAI: Mi sembra 30 mila lire, sì. 30 mila lire ed una collanina.
AVV. L. FARAON: E ha trovato un pullman ed è andato a Matera? Dove è andato?
IMPUTATO E. SEBAI: A Castellaneta.
AVV. L. FARAON: L’ha buttata via subito la collan-nina?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Non valeva niente?
IMPUTATO E. SEBAI: No, perché non valeva niente, anche perché penso sempre: "Se mi arrestano...". Le voci mi dicono così: "Se ti arrestano ti...", ini-ziano a dirmi così, queste domande.
AVV. L. FARAON: Erano le voci che le dicevano cosa doveva fare?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, sì.
AVV. L. FARAON: Anche di buttare la collannina?
IMPUTATO E. SEBAI: "Adesso, se ti prendono, trovano la collanina e ti ammazzano, così... colà".
AVV. L. FARAON: Le voci nella sua testa in questo caso qui sono forti come quando uccide?
IMPUTATO E. SEBAI: Ho buttato anche il coltello in-sieme alla collannina.
AVV. L. FARAON: Ma queste voci sono forti come quando le dicono di uccidere o sono più sottili, quando le dicono: "Butta la collanina! Vai via!"?
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito.
AVV. L. FARAON: Le voci sono più alte o più basse?
IMPUTATO E. SEBAI: Più basse. E` come svegliarsi, come buttare... diventa come... non lo so. Dopo l'omicidio diventa come se qualcuno mi buttasse un secchio di acqua fredda sopra di me. Torno quasi normale. Dopo un poco sono quasi normale. Sparisco-no queste voci, però dopo un po' tornano.
AVV. L. FARAON: Rosa LAPISCOPIA se invece di ini-ziare a chiamare, stava zitta, con calma, le voci andavano via e quindi lei non l'avrebbe uccisa?
IMPUTATO E. SEBAI: Non ho capito.
AVV. L. FARAON: Se la signora Rosa LAPISCOPIA, che le ha detto: "Ho 90 anni", non si fosse messa a chiamare a voce alta e a gridare...
IMPUTATO E. SEBAI: Non ha fatto in tempo a gridare. La signora prima di essere uccisa non ha fatto in tempo a gridare.
AVV. L. FARAON: Ripeto la domanda: sono state le voci che le hanno fatto uccidere o è stata una sua scelta?
IMPUTATO E. SEBAI: Le voci.
AVV. L. FARAON: Su questo caso io non ho altre do-mande.
GUP V. INGENITO: Il Pubblico Ministero a domande?
PM M. CARBONE: Sì, solo un paio.
Si ricorda questa signora se era molto anziana e che corporatura aveva?
IMPUTATO E. SEBAI: Aveva una bella corporatura. Una bella corporatura. Bianca pure di pelle. Molto bianca.
PM M. CARBONE: Perché mise a soqquadro tutta la ca-sa? Lei ha detto: "Ho messo a soqquadro tutta la casa".
IMPUTATO E. SEBAI: Così, giusto per... così, quando mi viene, come una doccia fredda così, mi risveglio e diminuiscono le voci e tutto, allora mi viene quel pensiero di depistare qualcosa, mettere o to-gliere qualcosa per far capire che c'è stato qual-cuno che cercava qualcosa o c'è stata una rapina.
PM M. CARBONE: Ci faccia capire bene, perché lei prima, a domanda del suo difensore, ha detto che sono sempre le voci che le hanno consigliato di na-scondere il coltello, di buttare il coltello e di buttare la collannina. Adesso mi sta dicendo una cosa un po' diversa: in realtà dopo aver fatto l'o-micidio è come una doccia fredda, lei riacquista lucidità e decide in qualche modo di nascondere e-ventuali prove per essere arrestato. Non sono più le voci allora che la consigliano? Ci faccia capire un poco meglio.
IMPUTATO E. SEBAI: Per essere chiaro con lei, lei non mi ha detto: "Anche le voci ti hanno detto...", anche le voci mi hanno detto di fare la casa sotto sopra.
PM M. CARBONE: Ma io non devo suggerire la rispo-sta!
IMPUTATO E. SEBAI: No.
PM M. CARBONE: E` lei che mi deve dire... Io ho chiesto: "Perché ha messo a soqquadro la casa?" e lei mi ha risposto: "Perché dopo divento lucido... -poi leggeremo i verbali-...
IMPUTATO E. SEBAI: Con tutto il rispetto...
PM M. CARBONE: No no, poi conclude.
GUP V. INGENITO: Faccia finire. Sta parlando il Pubblico Ministero, lei deve...
PM M. CARBONE: Poi leggeremo i verbali. Io non devo suggerirle la risposta. Io le avevo chiesto: "Per-ché ha messo a soqquadro la casa?" e lei ha detto: "Perché dopo che ho fatto l'omicidio divento lucido come una doccia fredda...".
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM M. CARBONE: ... e quindi, per evitare problemi, etc., ho deciso di fingere che ci sia stata una ra-pina”. Lei questo ha detto.
AVV. L. FARAON: Non ha detto così. Mi oppongo, giu-dice.
GUP V. INGENITO: Ha parlato di depistaggio.
IMPUTATO E. SEBAI: Iniziano le voci, ma stanno sem-pre le stesse che mi hanno fatto fare quello.
PM M. CARBONE: Prendo atto che adesso sta dicendo questa storia delle voci. Poi leggeremo i verbali.
IMPUTATO E. SEBAI: Poi lei ha detto che... un paio di domande: una, le ho risposto: “Sono state sempre le voci a dirmi di fare sempre questo tipo di... di mettere tutto sotto sopra, a rovinare tutto, spo-stare tutto.
PM M. CARBONE: Prendo atto, però lei prima ha detto cosa un po' diversa. Mi faccia capire meglio le mo-dalità di questo omicidio, cioè nel senso che lei mi ha detto: "L'ha presa alle spalle, lo stavo sof-focando, poi il coltello...", mi faccia capire un attimo meglio la dinamica.
IMPUTATO E. SEBAI: Non LAPISCOPIA Rosa. LAPISCOPIA Rosa soltanto farla cadere così, con... è rimasta così, lei inizia a gridare ed io ho iniziato con il coltello così, con la punta, solo con la punta.
PM M. CARBONE: Sta indicando la gola.
GUP V. INGENITO: Diamo atto che indica la gola.
IMPUTATO E. SEBAI: Così, solo con la punta.
PM M. CARBONE: Quindi con la punta alla gola...
IMPUTATO E. SEBAI: La punta, farla entrare ed usci-re così. Diciamo, questa è la lametta: entrare ed uscire.
PM M. CARBONE: Ma è stato un taglio o soltanto en-trare e uscire?
IMPUTATO E. SEBAI: Nella parte destra qua, in que-sta parte qua, fino a quando ha smesso di gridare.
PM M. CARBONE: Cioè l'ha sgozzata o soltanto...
IMPUTATO E. SEBAI: No, mai mai sgozzata una donna in questo modo o quest'altro! Sempre lo stesso mo-do: prendendo il coltello...
PM M. CARBONE: Cioè in profondità sostanzialmente?
IMPUTATO E. SEBAI: Prendo sempre il coltello dal manico e rimane il coso... la lama, e sempre faccio così. Sono state sempre uccise così.
PM M. CARBONE: Diamo anche qui atto che sta facendo “su e giù”.
IMPUTATO E. SEBAI: Quindi la lama entra in questo modo ed esce così: entra ed esce.
PM M. CARBONE: Traduco i sui gesti, perché altri-menti non rimangono a verbale, per l'interesse di tutti.
IMPUTATO E. SEBAI: Così è.
PM M. CARBONE: Quindi, praticamente, lei infila in profondità, poi tira e va su e giù?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM M. CARBONE: Senza spostare...
IMPUTATO E. SEBAI: No, certe volte, in certi omici-di, basta una sola coltellata ed esce un vvumm, un vvumm (fonetico) di sangue. Basta solo una coltel-lata. Come tanti omicidi, una sola coltellata.
PM M. CARBONE: Al collo sempre?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, al collo. Per esempio, a San Ferdinando, a Massafra, c'è sempre stato un solo colpo. A Trinitapoli, a... in tanti omicidi.
PM M. CARBONE: Ma è una sua tecnica? Mi faccia ca-pire.
IMPUTATO E. SEBAI: Solo un colpo. Basta dare un colpo così.
PM M. CARBONE: Ma era una sua tecnica?
IMPUTATO E. SEBAI: Ho visto io, ecco perché io do-po... Questa abitudine che avevo, ho visto dopo, pensando, ed io ho capito che può bastare... quando esce il sangue, tutto, la donna muore subito, subi-tissimo. Quando dai una sola coltellata, appena ti-ri il coltello ed esce troppo sangue, fa vvumm!, e quindi la donna muore subito e smette subito anche di gridare.
Cubblico Ministero: Quindi aveva sperimentato que-sta tecnica sostanzialmente nel fare questi omici-di?
IMPUTATO E. SEBAI: No.
PM M. CARBONE: Aveva verificato che...
IMPUTATO E. SEBAI: No, non avevo verificato niente! Io stavo già per darle un bacio qua e andare via, solo che è passato quest'uomo e lei ha tentato di gridare.
PM M. CARBONE: No, quando faceva gli omicidi lei ha verificato quello che ci ha detto prima: cioè a volte anche con un solo colpo in profondità esce il fiotto di sangue e la donna muore.
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, l'ho notato questo.
PM M. CARBONE: Si ricorda in particolare per questo omicidio di LAPISCOPIA, ci fu bisogno di un solo colpo o di più colpi?
IMPUTATO E. SEBAI: Più colpi sempre.
PM M. CARBONE: Sempre con quella tecnica che ci ha descritto...
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM M. CARBONE: ...cioè in profondità, giù e su, so-pra e sotto?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM M. CARBONE: Senza andare a destra o a sinistra?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, con la mia mano sinistra l'avevo messa alla sua bocca così... sulla bocca.
PM M. CARBONE: Per impedirle di gridare?
IMPUTATO E. SEBAI: Per non fare sentire la sua voce sopra.
PM M. CARBONE: Ha detto di aver buttato sia il col-tello che la collanina?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
PM M. CARBONE: Dove?
IMPUTATO E. SEBAI: Nello stesso cassonetto.
PM M. CARBONE: Nelle vicinanze dell'abitazione?
IMPUTATO E. SEBAI: No, nella discesa o proprio in piazza, quando sono sceso fino in piazza. Appena sono uscito di là, da casa sua, subito ho girato a sinistra, la chiesa era sempre alla destra mia e sono sceso subito verso... da dove sono venuto.
PM M. CARBONE: E subito ha preso il pullman, ha detto?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, sempre dalla piazza là, che si ferma il pullman, vicino...
PM M. CARBONE: Qualcuno l'ha visto prima di entrare in casa nei pressi di questa chiesa, che lei ricor-di?
IMPUTATO E. SEBAI: Non lo so.
PM M. CARBONE: Non ha parlato con nessuno?
IMPUTATO E. SEBAI: Non lo so. Quando mi vengono...
PM M. CARBONE: E` andato al bar?
IMPUTATO E. SEBAI: Quando vedo una donna, entro e non penso a nessuno.
PM M. CARBONE: Prima di aver visto questa donna, lei ha detto che ha fatto un giro nel paese, è an-dato nel bar... o no?
IMPUTATO E. SEBAI: No, sono andato così, dritto dritto là. Dritto dritto, poi ho girato, poi appena ho visto questa donna... Fino a quel punto non ho visto nessuna altra donna con casa aperta.
PM M. CARBONE: L'ha vista perché la porta era aper-ta, ha detto?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, la porta era aperta o l'ho vista. Prima di lei non ho visto nessun'altra casa con una donna dentro.
PM M. CARBONE: Io ho terminato.
AVV. L. FARAON: Io volevo una precisazione. Lei ha detto: "L'ho accoltellata alla gola in questo caso anche perché gridava e doveva stare zitta". Era questo il modo?
IMPUTATO E. SEBAI: Sempre per LAPISCOPIA Rosa?
AVV. L. FARAON: Sì.
GUP V. INGENITO: Ha detto che non gridava, veramen-te.
IMPUTATO E. SEBAI: Lei da seduta, lei di là ed io di qua, stava parlando... stavamo parlando di mia madre, se mi ricordo bene alla fine, lei mi dice: "Non sono tua madre io, ma io sono come tua madre". Mi ricordo queste parole qua. Hai capito?
AVV. L. FARAON: Sì, ma...
IMPUTATO E. SEBAI: Io dico: "No, tu sei mia madre". Così le dicevo. Insistevo, volevo che lei dice che io sono suo figlio. Lei mi dice: "Sì, sei sempre come mio figlio. Io ho 90 anni", mi dice.
AVV. L. FARAON: Ma perché l'ha accoltellata? Cosa c'entrano le voci con l'accoltellamento di questa situazione?
IMPUTATO E. SEBAI: No, l'accoltellamento e lo strangolamento è stato subito dopo quando lei ha visto l'uomo che veniva dalla strada vicino qua, passava dall'angolo proprio, proprio vicino alla casa, e lei si vede che lo conosce, non so cosa ha detto di preciso, perché ero ancora in Tunisia in testa, quindi lei ha cercato... voleva subito chia-marlo. Io, appena lei ha iniziato, io l'ho presa di qua (l’imputato si mette la mano sulla bocca) e l'ho buttata giù per terra. E’ caduta dietro per terra. Hai capito? L'ho impedita subito di chiamare questo vecchietto che passava di là.
AVV. L. FARAON: Sembrava che fosse sua madre per lei?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. L. FARAON: Possiamo fare cinque minuti di so-sta o vogliamo andare avanti?
IMPUTATO E. SEBAI: Andiamo avanti. Dottoressa, per favore io le chiedo il fatto che mi portano la mia roba e i miei soldi, tutto quello che ho, dal car-cere di Lecce. Là non ci torno. Per favore! Questa è l'unica cosa che le chiedo. Io se torno là so co-sa mi aspetta.
GUP V. INGENITO: A fine udienza rappresenteremo questa sua richiesta alla scorta.
IMPUTATO E. SEBAI: Domani c'è il processo a Foggia e devo andare a raccontare pure a loro le cose come stanno.
AVV. L. FARAON: Domani è interrogato a Foggia.
GUP V. INGENITO: Quindi lei chiede di andare diret-tamente a Foggia?
IMPUTATO E. SEBAI: Adesso da qua a là. Non voglio rientrare per nessun motivo...
GUP V. INGENITO: Al carcere di Lecce?
IMPUTATO E. SEBAI: ...a Lecce, però voglio la mia roba che sta là adesso.
GUP V. INGENITO: Va bene. Andiamo avanti.
IMPUTATO E. SEBAI: Voglio che mi portano il mio zaino, i miei soldi e il mio fascicolo.
GUP V. INGENITO: Va bene.
AVV. L. FARAON: L'ultimo omicidio di oggi è quello di Grazia MONTEMURRO del 5 aprile 1997, per il qua-le siamo andati anche in sopralluogo io e lei in-sieme ai Carabinieri, il giorno dopo del...
IMPUTATO E. SEBAI: Io per questo omicidio l'ho scritto più volte, anche perché l'avvocato SERRA inizia anche a scrivermi. Mi dice, per esempio: "Scrivimi... inizia a scrivermi tutti gli omici-di... tutti questi omicidi uno alla volta, però mi devi descrivere... Tu hai una bella memoria, so be-nissimo, però devi descriverli con tutti i partico-lari. In ogni lettera mi scrivi un delitto e in o-gni lettera mi racconti tutto un delitto. Iniziamo, per esempio, con l'omicidio di Massafra". Hai capi-to?
AVV. L. FARAON: Sì.



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IMPUTATO E. SEBAI: Già nel 1997, prima che lo rac-conto io, lei già mi ha detto: "Sei stato tu a Mas-safra? Che a Massafra dicono tutti che sei stato tu". Mi ha detto: "Sei stato tu sicuramente". Lei stessa mi dice così. Io dico: "No, io non sono sta-to". Nel 1997. Però nel 1999 lei già sa tutto. Io poi le ho scritte quelle lettere e ho detto anche di pubblicarla. Questo sai questo è stato? E` stato a giugno -prima anche del suicidio del DONVITO- a giugno del 2005.
AVV. L. FARAON: Lei ha mandato le lettere alla SER-RA...
IMPUTATO E. SEBAI: Lei dice sempre: "Ho parlato con la dottoressa MONTANARO... adesso ti arriva...", mi dice sempre le solite chiacchiere, diciamo. Anzi, lei mi faceva spesso delle domande. Sa che il mio cuore mi dice le cose come sono, in due volte io gli ho risposto male, perché lei dice, prima che se ne va: "Il tuo cuore che cosa ti dice?", in due volte io gli ho detto: "Che tu mi stai raccontando sempre le stesse chiacchiere". Un'altra volta io le ho detto: "Il mio cuore...". Lei mi chiede, prima che se ne va: "Il tuo cuore cosa ti dice adesso?". Gli ho detto: "Che tu mi stai raccontando le stesse bugie". E lei è rimasta male, purtroppo.
AVV. L. FARAON: Veniamo a questo omicidio di Massa-fra, di Grazia MONTEMURRO, 5 aprile '97. Mi sa dire come è posto, come è avvenuto, a che ora? Mi vuole spiegare?
IMPUTATO E. SEBAI: "L'omicidio di"?
AVV. L. FARAON: Di Grazia MONTEMURRO a Massafra.
IMPUTATO E. SEBAI: L'omicidio l'ho già detto e l'ho detto anche alla dottoressa MONTANARO l'altra vol-ta. Io stavo a Massafra, da 3-4 giorni ero là e be-vevo. L'ultima bevuta è stata dentro un locale là dei soci, dove ci sono gli anziani. Usciamo da casa sua, poi giriamo a destra verso la piazza, troviamo questo qua... era vicino anche alla chiesa, prima del ponte, in un angolo là c'è un locale di anziani che si siedono e giocano alle carte, dove si vende la birra, le cose. Ricordo che io avevo già girato il paese, bevuto tanto, tanto, tanto, finchè sono stato in questo locale. Stavo in questo locale e all'improvviso le voci mi portavano. Però dove mi portavano? Mi portavano prima verso il ponte, poi quando ho visto il ponte, prima di passare il pon-te, ho visto a sinistra che c'è una chiesa, sono andato in quella chiesa lì, era chiusa, era tardi, erano le 10 e mezza, 11 meno un quarto, era tardi. Quindi io ho girato... la strada era unica dopo la chiesa, ho girato di là e sono andato. Sono andato e poi ho girato a destra e poi sinistra. Quindi la casa l'ho già fatta vedere. Stiamo parlando sempre di Massafra. La casa l’ho già fatta vedere la casa agli inquirenti. Io mentre passavo...
AVV. L. FARAON: A me e ai Carabinieri, perché non ero solo io.
IMPUTATO E. SEBAI: Mentre passavo ho visto questa donna che guardava fuori. Io sono rimasto sempre a guardarla e lei l'ho vista che mentre chiudeva la prima porta, la stava chiudendo con un po' di cau-ciù, un filo di elastico. Come questi qua (l’imputato indica il filo del microfono in cui sta parlando), però è un po' più grande. Chiudeva la porta di fuori così, con le persiane. Prima porta. La chiudeva così con il filo. Io ho camminato un po' e subito sono tornato da lei. Subito, neanche un minuto. Sono tornato da lei, quando ho visto che sono riuscito da solo ad aprire il filo. Ho aperto il filo, sono entrato, ho chiuso la prima porta e c'è subito una seconda porta di legno, un po' blin-data. Ho fatto la serra manica... così piano piano, e si è aperta. Appena sono entrato... -si tratta soltanto di un'unica e sola stanza- appena sono en-trato ho guardato ed era tutto buio, anche perché ho chiuso anche la seconda porta. Era tutto buio e a sinistra mia, mi sembra, se mi ricordo bene, ini-zio a guardare anche nel buio, ho visto una stufa, qualcosa del genere. Appena ho fatto due-tre passi in questa stanza, alla mia destra c'è un letto da due persone. Il primo posto non era occupato, però il secondo posto era già occupato. Quindi la donna subito si è messa, dopo aver chiuso questa porta, subito si è messa a letto a dormire. Io inizio a guardare questo letto qua, c'è qua una tavola, si tratta soltanto di una sola stanza, la donna si scopre la testa mentre dormiva e mi dice: "Sei tor-nato? Accendi la luce". Mi invitava: "Accendi la luce! Accendi la luce! (Non lo so cosa mi ha detto) C'è il mangiare”. Non lo so cosa mi stava dicendo, che c'è il mangiare, qualcosa del genere mi ha det-to. “Accendi la luce!". Io sono rimasto... "Scusa, cosa devo fare? Cosa devo fare?". Lei stessa, dal letto stesso, ha acceso la luce. Lei, mentre dormi-va, dal suo letto stesso. L'ha accesa lei la luce. Ha acceso la luce, quando ha acceso la luce, appena mi ha visto inizia a gridare. Io mi sono buttato sopra al letto da lei. Appena mi sono buttato sopra di lei, lei è troppo forte di me in quel momento, è riuscita a togliermi completamente il coltello dal-la mia mano. E` stata una lotta. Mi ha fatto graf-fiare tutto. Era più forte di me. E` riuscita quasi a togliermi il... Però non so come, ho ripreso dal-la rabbia delle voci, delle cose, non lo so come ho ripreso la mia forza riuscendo il coltello nella sua mano, la mano di lei, a farlo girare ed entrare nella sua gola. Hai capito?
AVV. L. FARAON: Sì.
IMPUTATO E. SEBAI: Poi mentre io... quando è entra-to il coltello, nell'uscita del coltello ho spinto di più e il coltello l'ho avuto io di nuovo in ma-no. Di là, quando è uscito il sangue, io subito ho saltato dal letto, l'ho lasciata sul letto. Appena tolto il coltello che è venuto nelle mie mani -ero già sanguinato qua tutto, dai suoi graffi (l’imputato indica i lati della faccia all’altezza delle giance)-, subito ho aperto la porta e sono scappato. A casa sua non ho toccato niente, neanche così, neanche con le mani. Non ho toccato niente a casa sua. Sono scappato soltanto. Anche perché io mentre uscivo chiudevo la porta subito, subito chiudevo la porta, perché poco prima c'erano sempre di tanto in tanto rumori di macchine che passano, qualcosa, se passa una macchina, però non c'erano né rumori e niente, però io quando sono saltato dal letto subito ho aperto la prima porta, la seconda porta e l'ho chiusa. Poi quando le ho chiuse, appe-na ho fatto qualche passo frettoloso, ho sentito un grido che non ho mai sentito in vita mia in quella casa lì.
AVV. L. FARAON: Era un grido maschile o femminile?
IMPUTATO E. SEBAI: Della donna stessa che ho appena accoltellato, Grazia MONTEMURRO. Io ti ho detto che non ho toccato niente a casa sua: sono saltato so-pra al suo letto, lei mi ha tolto prima il coltel-lo, dopo l'ho tolto io, l'ho girato, l'ho infilato nella sua gola, dopo ho preso il coltello e dal suo letto ho saltato, ho aperto la porta... ho chiusa la porta e sono andato scappando. Mentre io scappa-vo, ho fatto qualche passo, ho sentito da casa sua un grido... non so come mai la gente non l'hanno sentito. Un grido da far tremare la terra proprio. Un grido forte. Mi ricordo quel grido. Non ho mai sentito un grido del genere.
AVV. L. FARAON: E` sicuro che era un grido o era una voce della sua testa?
IMPUTATO E. SEBAI: No, un grido della donna appena accoltellata.
AVV. L. FARAON: In questo caso qui le voci come l'hanno controllata? Cose dicevano le voci?
IMPUTATO E. SEBAI: Le voci mi hanno detto di andare in stazione. Sono tornato in stazione. Sono stato in stazione e sono tornato a bere, perché in sta-zione... non nell'entrata, nella stazione non ci sono più nessuno personale e tutto, ci si entra an-che da un'altra parte dove mettono materiale ferro-viario, etc. In quel materiale là ci sono delle casse di cose, quelle che si usano... quelle di le-gno che si usano per i trasporti della merce -quelle quadrate- una sopra l'altra. Io là, dietro di loro avevo messo... avevo ancora un Higher Mai-ster, avevo ancora un po' di vino, un po' di birra e ho continuato a bere là. Ho continuato a bere, però all'improvviso le voci mi portano di nuovo a casa di quella donna lì. Dicono: "Perché non hai visto se la donna è morta o no?". Quando le voci mi hanno detto così, io verso le tre del mattino, la stessa sera, sono tornato a casa di Grazia MONTE-MURRO, però quando sono tornata a casa di Grazia MONTEMURRO la sua casa era già chiusa in modo che... Ho capito subito che l'hanno fatto sicura-mente o Polizia o Carabinieri. Alle tre del matti-no. Malgrado in quella notte lì c'era una macchina che girava, rossa. C'era solo una macchina. Non c'era nessun rumore in tutta Massafra. Sono tornato direttamente, usando quella strada dove cercavo il coltello. Poi il coltello l'ho messo in quella strada là dove siamo andati, che è diventata a sca-lette, che hanno buttato tutta la spazzatura che stava là. C'era la saracinesca, sotto questa sara-cinesca si entra e ho messo dentro una borsa che avevo e il coltello ancora con il sangue della don-na.
AVV. L. FARAON: Io non ho altre domande.
AVV. DE LUCA: Volevo solo chiederle...
IMPUTATO E. SEBAI: No, io vorrei sapere lei chi è?
AVV. DE LUCA: Io sono il legale di MONTEMURRO. Ho ricevuto quella sua lettera all'epoca.
IMPUTATO E. SEBAI: Io ho visto a lei e mi sentivo male mentre lei non ha detto... io sapevo...
GUP V. INGENITO: Un attimo, deve fare la domanda l'avvocato. Aspetti la domanda. Qual è la domanda, avvocato?
AVV. DE LUCA: Stavo dicendo: lei, qualche giorno prima dell'omicidio, è stato a Massafra?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. DE LUCA: Ha avuto occasione di incontrare il parroco del paese?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì sì.
AVV. DE LUCA: Questo parroco che cosa vi ha fatto? Vi ha dato...
IMPUTATO E. SEBAI: Forse mi ha dato un aiuto, qual-cosa... Ma io andavo là per stare là vicino alle donna. E` venuto il parroco, mi ha dato un aiuto...
AVV. DE LUCA: L'ultimo giorno, l'ultima volta che ha visto il parroco, che quindi è stato a Massafra, ricorda la data pressappoco?
IMPUTATO E. SEBAI: No, neanche 2-3 giorni.
AVV. DE LUCA: Tre giorni prima dell'omicidio?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
AVV. DE LUCA: Va bene, grazie.
IMPUTATO E. SEBAI: Io volevo dall'avvocato SERRA...
GUP V. INGENITO: No no, un attimo, la domanda.
AVV. DE LUCA: Quando lei è entrato nell'abitazione della signora MONTEMURRO, sapeva per caso se avesse del denaro in contante o liquido nell'armadio?
IMPUTATO E. SEBAI: So soltanto che c'era una donna là dentro.
AVV. DE LUCA: Quindi non ha avuto occasione di ro-vistare, di vedere? Niente?
IMPUTATO E. SEBAI: No, era più forte di me. E` qua-si... mi ha quasi ammazzato lei prima. Se non sono riuscito a togliergli di nuovo il coltello e farlo girare alla sua gola, mi ammazzava lei. Era una donna troppo forte.
AVV. DE LUCA: Va bene. Grazie.
GUP V. INGENITO: Lei ha mai incontrato la persona che è stata condannata per questo omicidio? L'ha mai visto? Ha mai avuto occasione di parlare con lui?
IMPUTATO E. SEBAI: Cosimo MONTEMURRO l'ho visto una volta, si è fermato nella mia cella appena sono stato arrestato.
GUP V. INGENITO: Parliamo del 1997?
IMPUTATO E. SEBAI: Mi ha bestemmiato e poi mi ha bestemmiato anche un'altra volta al carcere di Pa-dova nel 2005... no, nel 2004.
GUP V. INGENITO: L'ha bestemmiata nel 1997 e nel 1998? Che anni erano?
IMPUTATO E. SEBAI: La prima volta che mi ha bestem-miato?
GUP V. INGENITO: Sì.
IMPUTATO E. SEBAI: Era il '97, ero appena arresta-to, i prismi giorni, dopo 4-5 giorni.
GUP V. INGENITO: 1998, quindi?
IMPUTATO E. SEBAI: Lui mentre tornava dai passeggi, si è fermato, mi ha detto: "Ma sta buono qua que-sto..." e mi ha detto delle parolacce.
GUP V. INGENITO: Le ha detto delle parolacce?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Ha fatto riferimento ai fatti, al-l'omicidio o così?
IMPUTATO E. SEBAI: No no, mi ha detto soltanto del-le parolacce a me.
GUP V. INGENITO: E poi l'ha incontrato un'altra volta -ha detto- nel 2002?
IMPUTATO E. SEBAI: A Padova l'ho incontrato nel 2004.
GUP V. INGENITO: In quella occasione non avete par-lato o avete parlato?
IMPUTATO E. SEBAI: No no, mentre io stavo al pas-seggio, lui mi ha riconosciuto e mi ha detto: "Ba-stardo!", così. Da quando lui mi ha detto questo, ho capito che lui mi ha conosciuto, allora ho capi-to subito che in carcere la voce gira subito e se gira subito la voce sai cosa fanno i detenuti? I detenuti si mettono tutti le scarpe, mi portano in saletta e vado a finire... se tutto va bene finivo in ospedale.
GUP V. INGENITO: Che voce girava? Lei ha detto che girava una voce in carcere.
IMPUTATO E. SEBAI: Dopo, tramite i lavoranti del magazzino che venivano loro, erano autorizzati dal-le sezioni protette e di transito dove io ero là, stretto come... isolato, blindato, chiuso, sono ri-masto per sei mesi là all'inizio così là, dopo il fatto... Cosa lei mi ha detto?
GUP V. INGENITO: Ha detto: "Girava una voce in car-cere".
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, lui era andato a dire...
GUP V. INGENITO: Che voce girava?
IMPUTATO E. SEBAI: Lui è andato a dire a queste persone, che loro hanno contatto con tutto il car-cere, 800 detenuti là stanno, è andato a dire che lui stava lavorando nella sua sezione come scopino, alle 9 deve andare al magazzino a prendere delle cose, lui a questi detenuti del magazzino gli ha detto: "Lo sapete che è quello che ha ucciso mia zia ed io sto pagando così ingiustamente?".
GUP V. INGENITO: Cioè lui l'aveva già capito?
IMPUTATO E. SEBAI: "... sta qua nella settima se-zione". Quindi io ero già scappato.
GUP V. INGENITO: Avevano cominciato ad accusarla dell'omicidio, quindi prima che lei poi confessas-se?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì sì.
GUP V. INGENITO: Poi lei ha detto che ha scritto una lettera...
IMPUTATO E. SEBAI: Lui dice che... a me, quelle persone che hanno parlato con lui, a me mi hanno detto: "Sappiamo che... MONTEMURRO ha raccontato che l'autore di sua zia, degli omicidi in Puglia" che sono io.
GUP V. INGENITO: Questo l'ha saputo da queste...
IMPUTATO E. SEBAI: I detenuti là hanno saputo que-ste cose da Cosimo, perché prima di lui, prima che lui mi vede, nessuno sa niente di me.
GUP V. INGENITO: Poi lei ha detto che ha scritto anche una lettera all'avvocato DE LUCA che era il legale di MONTEMURRO?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: In che epoca?
IMPUTATO E. SEBAI: Nel 2005, quando lui mi ha man-dato l'indirizzo a Massafra.
GUP V. INGENITO: E che cosa gli scriveva in questa lettera?
IMPUTATO E. SEBAI: Che poi in un'altra lettera mi ha detto il signor DE LUCA ha uno studio a Taranto, non più a Massafra.
GUP V. INGENITO: Perché ha scritto all'avvocato DE LUCA e che cosa...
IMPUTATO E. SEBAI: Volevo raccontare la verità, vo-levo che lei si mette d'accordo con l'avvocato, con i parenti... Che la verità viene fuori, che questa gente viene liberata. Sono stato male io.
GUP V. INGENITO: Che mese era del 2005?
IMPUTATO E. SEBAI: Soffrivo il doppio.
GUP V. INGENITO: Che mese era del 2005, quando lei dice di aver...
IMPUTATO E. SEBAI: Giugno.
GUP V. INGENITO: Lei stava in carcere?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, da Treviso.
GUP V. INGENITO: Quindi l'hanno autorizzata a man-dare questa missiva all'avvocato?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: La direzione del carcere l’ha au-torizzata a mandare questa lettera all'avvocato?
IMPUTATO E. SEBAI: Sì, mando lettere ogni giorno: 2...10... anche 1000 lettere. Non è un problema.
GUP V. INGENITO: E lei in questa lettera cosa dice-va all'avvocato De Luca?
Imputato E. SEBAI: Gli dicevo che: “Il suo cliente era innocente e che io glielo posso dimostrare. Ho il coltello nascosto ancora col sangue. Di provve-dere il prima possibile per liberare il suo clien-te. E possibilmente di venirmi a trovare” gli ho scritto.
GUP V. INGENITO: Ci sono altre domande delle parti?
PM M. CARBONE: (incomprensibile perchè parla fuori microfono)
GUP V. INGENITO: Pubblico ministero siamo in abbre-viato. Allora possiamo mostrargli questa lettera che stiamo acquisendo agli atti?
Nota: viene mostrata all'imputato la lettera.
Imputato E. SEBAI: Sì, sicuramente è mia. Sì è mia, è mia. Ne ho inviata più di una.
AVV. DE LUCA: Io una sola ho ricevuto.
Imputato E. SEBAI: In che anno?
AVV. DE LUCA: Spedita il 25.11.05
Imputato E. SEBAI: No, ti ho inviato altre lettere prima di questa.
AVV. DE LUCA: Sì?
Imputato E. SEBAI: Sì. Ho inviato altre lettere prima di questa; la prima era di giugno -questa è di novembre-. Ho inviato anche altre lettere.
GUP V. INGENITO: Allora questa lettera?
Imputato E. SEBAI: Sì, è mia.
GUP V. INGENITO: Reca la data di novembre abbiamo detto. Però poco fa lei parlava di una sola lette-ra. Mi sembra di capire che stava dicendo di averne mandata più di una all'avvocato De Luca?
Imputato E. SEBAI: No, stavo dicendo all'avvocato che una sola volta l'ho mandata al suo indirizzo, poi mi ha detto che ha un altro studio. All'inizio mi disse di scrivere a Massafra -questa è di Massa-fra- e le altre lettere dove sono finite?
GUP V. INGENITO: Lei ha scritto altre lettere al-l'avvocato De Luca?
Imputato E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: In che data?
Imputato E. SEBAI: Da giugno fino a...
GUP V. INGENITO: Da giugno 2005 ha cominciato a scrivere?
Imputato E. SEBAI: Sì, fino al dicembre del 2005, quando ho cambiato carcere, appena arrivato ad Ope-ra. Anche da Opera ho mandato una lettera.
GUP V. INGENITO: Dicendo sempre le stesse cose?
Imputato E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Aveva ripetuto in queste lettere sempre le stesse cose?
Imputato E. SEBAI: Sì, le stesse cose e gli chiede-vo anche di parlare anche con l'avvocato... (che non sapevo che era donna e lei poi mi ha detto che si chiamava Nunzia o qualcosa del genere, quella del DONVITO). Quindi gli ho detto di parlare anche con l'avvocato di DONVITO in quel momento là.
GUP V. INGENITO: Lei ha sempre detto che ha timore dei pericoli di stare in carcere, di avere contatti con queste persone...
Imputato E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: Quando scriveva all’avvocato -che tutto sommato era parte, non era un magistrato e quindi non poteva offrirgli nessuna protezione per quelle sue dichiarazioni- lei non ha aveva paura in quel momento che qualcuno potesse farle del male? Perchè lei in quel momento all'esterno stava mani-festando...
Imputato E. SEBAI: Dottoressa io dico una cosa: so come cavarmela. In qualsiasi carcere, anche nel-l'ultimo carcere, ero come un signore tra i detenu-ti fino al 25 giugno. Tutti i siciliani sono rima-sti con la bocca aperta anche perché ero il più bravo.
GUP V. INGENITO: Ma non mi sta rispondendo. Dico: lei non aveva paura in quel momento?
Imputato E. SEBAI: Non avevo paura perché appena escono le notizie io prendo la mia roba e me ne va-do direttamente in isolamento. Se rimango in sezio-ne quelli mi massacrano.
GUP V. INGENITO: Un'ultima domanda: lei ha detto che all'epoca beveva 11 litri di vino al giorno.
Imputato E. SEBAI: Sì, all’inizio, negli anni e 88-89, in quegli anni lì. E malgrado ciò, in quei tem-pi lavoravo tutti i giorni in campagna.
GUP V. INGENITO: Lavorava in campagna?
Imputato E. SEBAI: A Natale, a Capodanno... lavora-vo tutti i giorni. Tutti i giorni lavoravo!
GUP V. INGENITO: Che lavoro faceva, il bracciante agricolo?
Imputato E. SEBAI: Sì, a Cerignola già quando sono arrivato, all’indomani andavo già raccogliere l'u-va. Il lavoro agricolo è il migliore. Dopo tutti questi anni, i calli ce li ho ancora, perchè non ho mai usato i guanti. Non mi piace lavorare con i guanti
GUP V. INGENITO: Lei era sempre lucido in quel pe-riodo o aveva dei momenti che a causa dell'alcol non aveva le forze... Sappiamo quali sono gli ef-fetti dell'alcol.
Imputato E. SEBAI: Dottoressa, ci sono stati dei momenti che queste voci non ci sono, mi lasciano in pace. In questi momenti qua io dico che non devo più bere. Mia madre (l’imputato piange) il giorno in cui sono partito per l'Italia, mia madre mi ha detto 10.000 volte: "Figlio mio non bere. Non bere. Non bere."
GUP V. INGENITO: La domanda mia era diversa: io vo-levo sapere se lei era sempre lucido o aveva dei giorni in cui a causa dell'alcol che assumeva non aveva la forza di muoversi.
Imputato E. SEBAI: Scusi, queste voci all'inizio mi accompagnavano e non mi avevano mai ordinato di fa-re cose del genere. Mai! Però dal 1994 iniziano ad ordinarmi. Sai come ho capito che queste voci co-minciano a tormentarmi, da quando ho iniziato a mi-schiare, a bere troppo. Il vino non aveva più ef-fetti su di me: posso bere anche un litro tutto in-tero...
GUP V. INGENITO: Non aveva più nessun effetto. Sic-come lei ha ricordato gli orari -ha una bella memo-ria insomma- per questo le chiedevo se l'alcol non avesse nessun effetto...
Imputato E. SEBAI: L'acqua non la bevevo mai.
GUP V. INGENITO: Non beveva mai acqua?
Imputato E. SEBAI: Mai!
GUP V. INGENITO: Beveva solo vino?
Imputato E. SEBAI: Vino, birra... alcolici.
GUP V. INGENITO: Senta, da che momento in poi non ha sentito più queste voci?
Imputato E. SEBAI: Queste voci mi hanno lasciato un po' in pace durante le mie confessioni quando stavo a Milano. Ultimamente sono tornate soprattutto in questo anno, da giugno fino a anche a pochi giorni fa, fino a ieri sera durante la traduzione. Ma non come prima, non come una volta, sono diminuite; an-zi ci sono dei consigli certe volte. Però vedo te-levisione -se volete ve lo racconto- io vedo sempre televisione perché non dormo. Malgrado che prendo 100 gocce alla notte, riesco a dormire al massimo 2 ore, 2 ore e mezzo e poi passo tutta la notte a pregare. Quindi queste visioni qua, appena chiudo gli occhi sono sveglio io, però guardo come se qualcuno sta guardando dei film e sono sempre ri-cercato. Queste voci mi corrono dietro e sono sem-pre ricercato, ricercato, ricercato... Polizia mi cerca... e finiscono queste visioni sempre con la mia morte...
GUP V. INGENITO: In questo momento lei si sente tranquillo in carcere? Ha paura di qualcosa per la sua persona o si sente tranquillo in questo momen-to?
Imputato E. SEBAI: In questo momento, nella sezione in cui mi trovo, sono sicuro che da parte dei dete-nuti non possono... a meno che non mi fanno cambia-re un'altra casa, perché mi hanno detto: “Ovunque andrai -anche quando sono andato nella sezione pre-cauzionale che è una sezione speciale, dove c'è so-lo qualche detenuto -in tutto non sono neanche 10- qualche detenuto malato di mente, due detenuti di cui uno di alta sicurezza... e poi ci sono tre cel-le per persone che vengono condannate a 15 giorni di isolamento e le portano là. Non entrano altri detenuti, entra solo il personale.
GUP V. INGENITO: Un'ultima domanda: lei a febbraio del 2006 è stato sentito dal dottor NOBILI a Mila-no. Si ricorda, no?
Imputato E. SEBAI: Sì.
GUP V. INGENITO: In quella circostanza ha reso una dichiarazione in cui confessava più fatti. Allora: perché in quel momento è perché nel febbraio 2006 davanti al pubblico ministero NOBILI?
Imputato E. SEBAI: Sono stato consigliato di parla-re con lui.
GUP V. INGENITO: Da chi?
Imputato E. SEBAI: Dall'ispettore.
GUP V. INGENITO: Da chi ispettore?
Imputato E. SEBAI: L'ispettore della nostra sezio-ne.
GUP V. INGENITO: Come si chiama?
Imputato E. SEBAI: Non lo so.
GUP V. INGENITO: Ispettore di polizia penitenzia-ria?
Imputato E. SEBAI: Tra agenti e ispettori nessuno dice... io ho capito che il comandante si chiama Ricciardello perché me l'ha detto il pubblico mini-stero.
GUP V. INGENITO: Era un ispettore del carcere?
Imputato E. SEBAI: Era un ispettore del carcere. Ci sono tanti ispettori. Ci sono due padiglioni e ci sono tanti ispettori. Io all'inizio all'ispettore ho detto: facciamo il caso che io voglio liberare delle persone innocenti che sono state condannate ingiustamente, cosa devo fare? Lui mi ha detto che dovevo parlare con un pubblico ministero. “Con qua-le pubblico ministero –ho chiesto io”. “A Milano il più famoso e NOBILI ed è una persona onesta".
GUP V. INGENITO: Quindi cosa ha fatto subito dopo? Una volta avuto questo colloquio che cos'è succes-so? Come è arrivato poi davanti a questo pubblico ministero?
Imputato E. SEBAI: Mi ha detto lui cosa dovevo fa-re: ho scritto su un foglio: “Al signor NOBILI. Vo-glio incontrarla per parlarle e poter liberare dei detenuti innocenti”. Così gli ho scritto. Ho scrit-to anche una lettera già aperta per darla alla ma-tricola e alla matricola mi hanno detto: "Oggi stesso la mandiamo a lui".
GUP V. INGENITO: Va bene.
AVV. FARAON: Lei quando ha nominato l'avvocato FA-RAON, mi ha fatto una richiesta: -vorrei che la confermi davanti al giudice- “Voglio avere una vi-sita psichiatrica perché io non so perché ho fatto questi omicidi".
Imputato E. SEBAI: Sì, fino a quel momento sì, però adesso per fortuna, grazie anche al dottore, inizio a capire il perché.
AVV. FARAON: L'avvocato DE LUCA le ha parlato se lei era andato dal parroco di Montemurro a Massa-fra. È andato anche da altri preti nelle chiese?
Imputato E. SEBAI: Non nelle chiese. Basta che ve-devo delle donne, entravo senza pensare due volte.
AVV. FARAON: Sì, ma con i preti che rapporti aveva?
Imputato E. SEBAI: Li saluto: così... colà. Se mi dicono qualcosa io dico... Ci sono preti che mi sa-lutano e mi chiedono se sto lavorando e io magari dico che non sto lavorando e mi danno qualcosa di soldi.
AVV. FARAON: Non è che andava in chiesa e poi se-guiva dove andavano le donne?
Imputato E. SEBAI: Come?
AVV. FARAON: Dopo che uscivano le donne dalla Chie-sa non è che le seguiva?
Imputato E. SEBAI: No.
AVV. FARAON: Non ho altre domande.
PM M. CARBONE: Chiedo la trasmissione degli atti delle spontanee dichiarazioni dell’imputato.
GUP V. INGENITO: Allora il pubblico ministero chie-de la trasmissione degli atti contenenti le sponta-nee dichiarazioni rese in data odierna dall'imputa-to per le determinazioni di competenza.
Il giudice dispone procedersi in conformità a quan-to richiesto.
GUP V. INGENITO: Per quanto riguarda la traduzio-ne...
AVV. FARAON: Giudice, Sebai ha un interrogatorio domani mattina alle 9 e 30 a Foggia. Se vuole le mostro...
GUP V. INGENITO: La richiesta è compatibile con quanto denunciato?
Imputato E. SEBAI: Dottoressa non voglio denunciare io.
GUP V. INGENITO: Allora è compatibile la traduzione diretta?
Imputato E. SEBAI: Non denuncio nessuno, voglio la mia roba e i miei soldi.
AVV. FARAON: Non vuole querelare nessuno, ha detto.
GUP V. INGENITO: Intanto ha reso delle dichiarazio-ni. Mi dicono che non c'è possibilità di operare una traduzione direttamente a Foggia.
AVV. FARAON: A Taranto ci sono preclusioni e io chiedo che venga mandato alla caserma dei carabi-nieri a Foggia.
PM M. CARBONE: Io una soluzione l'avrei trovata: proprio in relazione alle dichiarazioni rese e alla trasmissione degli atti alla Procura, credo ci sia-no opportunità che venga tradotto direttamente a Foggia...
GUP V. INGENITO: Il pubblico ministero fa presente che le ragioni di opportunità consigliano la tradu-zione del detenuto direttamente presso la casa cir-condariale di Foggia. Quindi il giudice dispone che il Sebai sia tradotto presso la casa circondariale di Foggia o eventualmente, momentaneamente portato presso il carcere di Bari, fatte salve ulteriori e differenti comunicazioni tenuto conto delle esigen-ze della scorta. A questo punto dobbiamo aggiornare il processo e se non ci sono richieste nè del pub-blico ministero né della difesa, sollecitazione e integrazioni probatorie, dobbiamo fissare un calen-dario per la discussione. Ci aggiorniamo alla pros-sima udienza prevedendo un calendario con la di-scussione.
L’udienza viene aggiornata al 19 dicembre ore 9.30 con il seguito.
Sebai rinuncia a comparire alle successive udienze.



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