"Per lei ho annullato la mia persona". Cassazione, sentenza in arrivo
Lui voleva dar voce a sua figlia senza voce. Sopportare il lutto è faccenda privata
LECCO - In queste ore Beppino Englaro aspetta.
Come sempre, quando nessuno lo vede (ieri a ora di cena è spuntato in clinica), va a visitare Eluana. E sta accanto ai telefoni. "Solo per Saturna ed Eluana", questo ripete, che l'ha fatto per loro. "Per loro ho accettato di annullare la mia persona dietro il problema abnorme e urgente della mia creatura. E lo rifarei ancora, adesso e per loro". Una volta, raccontando (l'ha fatto anche nel suo libro) dei giorni in cui capì che non c'era più nulla da fare, se non tentare di far rispettare la volontà di sua figlia, Englaro parlò di "Assaggio dell'inferno a venire".
E inferno, l'inferno su questa terra, è un'espressione che gli è venuta a galla spesso, in queste settimane di perenne vigilia.
Ci siamo, non ci siamo. Avanti e indietro.
Luglio la sentenza, poi le polemiche politiche, poi il ricorso della procura, poi la Cassazione, passano le ore e per quante difficoltà Beppino Englaro avesse messo nel conto, certo non avrebbe mai immaginato che gli si desse pure dell'assassino. Lui intanto "si prosciuga", come gli ha detto la suora che accudisce Eluana.
È un padre che ha studiato, anzi si è sforzato di studiare medicina, giurisprudenza, filosofia, tutto quanto servisse a dare un senso alle cose, a trovare una via d'uscita per Eluana ("Non certo per me").
Ha mollato il lavoro, sempre per stare dietro alla moglie e alla figlia, in una corrente alternata di dolore e di resistenza: "Saturna e io, quando la Corte d'appello ci aveva dato ragione, rispettando la Cassazione, abbiamo sentito le campane rintronarci in testa.
Ci siamo scambiati sguardi lunghi minuti, e sorrisi pieni di parole, sorrisi come abbracci. Già pensavamo di raccogliere i nostri ultimi stracci lasciati in giro prima della dipartita verso le stanze private della nostra vita familiare.
La battaglia,
Era riuscito finalmente a dar voce a sua figlia senza voce, questo gli interessava, da molto tempo. Sopportare poi tutto il resto, il lutto, è affare suo: non vuole che nessuno entri in questa sfera privata. Si trincera dietro un sorriso triste e stereotipato. Ma poi Francesco Cossiga, Eugenia Roccella, altri parlamentari, il Vaticano, i vescovi, hanno alzato una cortina di parole "in nome della difesa della vita". E hanno messo in dubbio che un padre sapesse che cosa sognava sua figlia, o chi era sua figlia. Beppino non ha mai ribattuto.
Agli amici dice che un padre non può certo accompagnare la sua unica figlia alla morte se non volesse difendere qualche cosa che non è la vita meccanica, il respiro, ma un senso più profondo della vita stessa: "Che poi il Dio della Croce - dice - abbia la pretesa di vedere e costringere i suoi figli allo stato vegetativo permanente, scusatemi, ma rimane una faccenda ambigua, tutta da dimostrare".
Può sembrare strano, ma tra i pochi che lo hanno aiutato a non soffrire troppo c'è stato il professor Carlo Defanti. Non ha figli, si occupa da sempre del territorio di confine che c'è tra la vita e la morte, ha speso decenni in Neurologia. E un giorno, per rincuorare Beppino, gli ha detto semplicemente ""Eluana è un po' mia", ed è riuscito a colpirmi nel profondo", così dice questo papà che non molla e che, quando su Lecco è scesa la sera, è andato a vedere il cielo dalle finestre della stanza d'ospedale di sua figlia.
PIERO COLAPRICO per La repubblica.it
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troppo comodo ereggersi a giudice!!!
Nounou
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Blaise Pascal