Grazie di questa tua significativa disamina.
Rendersi conto che l'unica cosa che ci può condizionare siamo noi stessi e non gli altri, ci può davvero mettere in grado di superare problemi enormi.
Rendersi conto è il binomio fondamentale, più importante in assoluto, il più ostico per venir fuori dal proprio condizionamento.
E' il binomio vincente, che tuttavia, per quanto banale, è il più duro da accettare, perchè deve superare il muro dell'orgoglio e dell'affermazione della propria concezione di verità.
Rendersi conto = RENDERE A SE STESSI IL CONTO = AVVEDERSI = PRENDERE ATTO DI ...= ACCORGERSI = VENIRE A CONOSCENZA DI QUALCOSA SCONOSCIUTA PRIMA = SPIEGARSI (come un tessuto prima piegato e che poi viene aperto (spiegato) e si vede cosa c'è fra le pieghe, che prima non si vedeva).
Spiegare a se stessi che cosa?
Rendere il conto a se stessi di che cosa?
Venire a conoscenza di qualcosa a noi prima sconosciuta.
E cos'era a noi prima sconosciuto?
Woll-Kill rivela:
"... che l'unica cosa che ci può condizionare siamo noi stessi e non gli altri"
Mica cosa da poco
rendersi conto che autori del nostro condizionamento siamo stati primariamente ed essenzialmente noi stessi.
Abbiamo deciso noi di ascoltare l'altro. Ascoltare quel discorso era gradevole al nostro udito. Belle le promesse che ci proiettavamo anticipatamente nella loro immaginaria realizzazione.
Come quando il papà dice al suo piccolo che se si impegnerà a scuola lui gli acquisterà una bicicletta nuova fiammante.
Il bimbo si vede già in sella e, magari, la sogna persino di notte, ne parla con convinzione con tutti, conta le settimane ed i mesi che passano; man mano che si avvicina il tempo dell'adempimento della promessa si riempie di aspettativa.
La promessa del padre diviene per lui verità. Da quel momento lui segue il corso del comportamento da tenere per ottenere la realizzazione della promessa.
HA CONCESSO FIDUCIA AL PAPA' E LA PROMESSA DEL PADRE E' DIVENUTA LA SUA CERTEZZA, IL SUO CREDO.
Niente mai lo potrà distogliere.
Non fa un ragionamento di probabilità, di eventi che potrebbero mandare in aria la promessa, di possibilità che la promessa non si realizzi. Non spiega a se stesso, ovvero non guarda fra le pieghe di quella promessa, se potrebbe esserci l'eventualità della realizzazione della promessa, ma anche, allo stesso modo, l'eventualità che non si verifichi.
LUI HA ACCETTTO DI SUBIRE IL FASCINO DEL SOGNO DELLA REALIZZAZIONE DELLA PROMESSA.
Ma gli sfugge che la promessa non dipende da lui, ma dal padre.
IL padre diventa il terzo responsabile della promessa e lui non può non credere nel papà. Lo sente nel sangue e vive assolutamente tranquillo.
Dissuaderlo da quella credenza è oltretutto controproducente, perchè si arrabbierebbe e diffiderebbe di voi.
Potrebbe uscire da quel condizionamento solo mettendo in forse l'eventualità che la promessa si verifichi.
Ma come, in che modo ... per chi si è convinto della verità di quella promessa?
Noi qui stiamo parlando del rapporto fra un padre ed un figlio, ovvero un solo passaggio fra il proprio IO e l'autorità terza.
Pensate un pò se la realizzazione della promessa al figlio fosse dal padre attribuita alla buona salute dei nonni ed a sua volta, la buona salute dei nonni alla volontà divina: Dio premia sempre i buoni, quindi, il piccolo viene invitato a pregare Dio che faccia star bene i nonni che, stando bene, consentiranno al padre del piccolo di concentrarsi sulla promessa.
Questo è anche il discorso religioso. O si pensa che un discorso religioso, politico, filosofico, si instaurino in modo difforme da come si instaura la promessa della bicicletta nuova fiammante nella mente e nelle certezze del bambino?
Naturalmente il discorso può apparire semplicistico, però dovrebbe essere sufficiente per capire come
il condizionamento si determina soprattutto in virtù e grazie alla nostro OK, alla nostra disponibilità a farci persuadere di qualcosa nella quale, senza alcun altro elemento di verifica, cominceremo a riporre la nostra fiducia, la nostra speranza, il nostro futuro e le regole con le quali dovremo condurre la nostra esistenza.
Immaginate però se il padre non dovesse mantenere la promessa.
In una situazione del genere lo scontro per l'inadempimento sarebbe duro fra padre e figlio, con una caduta della stima per il papà.
Se poi ci fosse in mezzo anche il nonno e Dio che lo dovrebbe tenere in buona salute, la caduta di fiducia si ripercuoterebbe sul nonno ed anche su Dio.
In genere però Dio viene fatto salvo ed allora si recrimina sul nonno e sul papà. Ma perchè viene fatto salvo Dio?
Perchè il coinvolgimento di Dio è stato determinato, secondo il bambino, da una cattiva interpretazione della volontà divina. Dato che il nonno è uomo, può essersi sbagliato. Dio resta sempre il suo punto di riferimento, perchè se perdesse anche Dio come punto di riferimento, rischierebbe di diventare ateo o agnostico e chi gli potrebbe più offrire spiegazioni sul senso della vita, da dove siamo venuti, cosa ci stiamo a fare su questo pianeta e che cosa ci riserva il futuro?
Questa è la condizione di chi, in qualche modo, SI ACCORGE che tizio che l'aveva persuaso ed il sommo pontefice con tutte le sue dottrine e promesse che ne aveva rafforzato la persuasione, sono venuti meno nelle loro promesse o gli hanno insegnato cose che ora non lo convincono più.
Di solito a questo punto è l'inizio del conflitto.
Inizia un'altra forma di persuasione, di solito dettata dalla repressione delle sue libertà di decidere di abbandonare il credo senza conseguenze, repressione che puntualmente si concretizza con l'espulsione ed una forma di forte discriminazione: Da qui la convinzione che sotto sotto ci sia stato l'inganno, la malafede, interessi finanziari, la volontà di usarlo per fini propri.
Quando quel "bambino" che scelse in autonomia, ma scelse senza guardare fra le pieghe, lasciandosi persuadere dai suoi desideri che corrispondevano al sogno della bicicletta nuova e fiammante, proprio come la promessa del venditore di automobili, SENZA RENDERSENE CONTO, PROCEDE AL SUO AUTOCONDIZIONAMENTO.
Questo è il più pericoloso dei condizionamenti.
Chi è sottoposto a condizionamento è verificabile da quanto ha delegato terzi per le sue decisioni e da quanto sa o meno rinunciare all'autorità di terzi nel determinare le sue scelte di vita.
Se voi chiedete al bimbo quanta certezza ha di ricevere la bicicletta e, lui, risponde che ha la certezza assoluta, siamo in presenza, molto probabilmente, di condizionamento, che esclude la capacità di decidere per sè senza aver prima interrogato l'autorità terza.
Questo tipo di condizionamento è il più pericoloso nel momento che ci si accorge che, in qualche modo, può venir meno il papà ed il nonno.
Ho cercato di rendere il pensiero molto semplicisticamente.
D'altra parte non è facile liquidare certi argomenti con un commento.
A me interessava far capire i meccanismi.
Se dopo essersi conto d'aver intrapreso un sentiero a proprio modo storto e, invece di cambiare percorso, riappropriandosi della propria autonomia di pensiero, si comincia a ricercare il vecchio colpevole, trascurando la dura realtà che il responsabile primo è lui stesso, inizierà un processo di ulteriore autocondizionamento che sarà dettato dall'idea che, altri, hanno in precedenza tramato per portarlo in quelle condizioni.
E' il classico caso delle "vittime di vittime".
Per queste ragioni sono in sintonia con il successivo commento di
Wol-Kill:
L'errore di tutti i tdG che abbandonano (errore sul quale si può insistere nel tempo o che si può abbandonare prima o poi) è quello di concentrarsi soltanto sull'idea di aver subito un torto, di essere stati derubati, di essere stati danneggiati da persone spregevoli.
Questo non solo è profondamente sbagliato ma è anche inutile e dannoso!
E' inutile è dannoso perchè fintanto che una persona fa dipendere il proprio malessere e la propria sofferenza da cose su cui non ha assolutamente influenza, scaricando la responsabilità su altri, facendosi scudo sulla propria condizione di vittima, non riuscirà mai ad avere pieno controllo della sua vita emotiva futura.
Nel momento in cui mi rendo conto che per anni sono stato IO e non altri a condizionare me stesso, perchè l'ho voluto fare, e non perchè mi è stato imposto con la forza (benchè persuaso in ore e ore di regolare attività), mi impadronisco della chiave che mi permette di agire effettivamente sulle ragioni del mio malessere. Mi permette di FARE qualcosa e non semplicemente SUBIRE. E mi permette anche di uscire dalla orribile condizione di chi ha bisogno di sostenere la propria fragile emotività attaccando a denti stretti e occhi chiusi quello che fino a poco tempo fa era una sua ferma credenza e convinzione.
E' così che si passa da un attacco puro e semplice, a una diesamina non di una religione, ma di se stessi nei confronti sia della religione che delle proprie scelte in merito ad essa e alla propria vita.
Concordo quindi con le tue considerazioni sul condizionamento: esse sono utili per chi vuole diventare davvero padrone della propria vita, parte attiva di una crescita e non solo pedina passiva e impotente.
Pyccolo
[Modificato da pyccolo 27/09/2008 17:20]