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CASSAZIONE: IL MALATO HA DIRITTO A NON CURARSI

Ultimo Aggiornamento: 19/09/2008 21:08
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18/09/2008 15:31
 
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(ASCA) - Roma, 16 set - La legge italiana impone che sia ''riconosciuto al paziente un vero e proprio diritto a non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio di morte''. A sostenerlo, con una sentenza depositata in mattinata e' la terza sezione civile della Cassazione, chiamata a giudicare sul ricorso di un testimone di Geova cui erano state praticate delle trasfusioni di sangue senza il suo consenso. Il diritto a non curarsi e' un ''principio di indubbia rilevanza costituzionale che emerge tanto dal codice di deontologia medica, quanto dai documenti del comitato nazionale di biotetica del 1992''. Secondo i supremi giudici, pero', la volonta del paziente di evitare le cure deve essere comunicata con una dichiarazione ''articolata, puntuale ed espressa'', formulata dal paziente come da un ''rappresentante 'ad acta'''. Nel 1990 Mirko G., testimone di Geova, portato all'ospedale di Pordenone in gravissime condizioni, fu sottoposto ad alcune trasfusioni sebbene avesse addosso un cartoncino con su scritto ''no sangue''. La corte di appello di Pordenone, come la corte di Cassazione, ha considerato quella dichiarazione non sufficiente ad esprimere un ''non consenso informato''. Visto pero' che in seguito alle trasfusioni, Mirko G. contrasse l'epatite B sara' risarcito dalla corte di appello di Pordenone.

FONTE







__________________________________________________
19/09/2008 11:34
 
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Re:
parliamonepino, 18/09/2008 15.31:


(ASCA) - Roma, 16 set - La legge italiana impone che sia ''riconosciuto al paziente un vero e proprio diritto a non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio di morte''. A sostenerlo, con una sentenza depositata in mattinata e' la terza sezione civile della Cassazione, chiamata a giudicare sul ricorso di un testimone di Geova cui erano state praticate delle trasfusioni di sangue senza il suo consenso. Il diritto a non curarsi e' un ''principio di indubbia rilevanza costituzionale che emerge tanto dal codice di deontologia medica, quanto dai documenti del comitato nazionale di biotetica del 1992''. Secondo i supremi giudici, pero', la volonta del paziente di evitare le cure deve essere comunicata con una dichiarazione ''articolata, puntuale ed espressa'', formulata dal paziente come da un ''rappresentante 'ad acta'''. Nel 1990 Mirko G., testimone di Geova, portato all'ospedale di Pordenone in gravissime condizioni, fu sottoposto ad alcune trasfusioni sebbene avesse addosso un cartoncino con su scritto ''no sangue''. La corte di appello di Pordenone, come la corte di Cassazione, ha considerato quella dichiarazione non sufficiente ad esprimere un ''non consenso informato''. Visto pero' che in seguito alle trasfusioni, Mirko G. contrasse l'epatite B sara' risarcito dalla corte di appello di Pordenone.

FONTE








Il malato se non ha una malattia contagiosa, può anche appellarsi a NON farsi curare, ma in caso di malattia contagiosa ha il DOVERE di curarsi e farsi curare anche contro la propria volontà o credo religioso!


Paxuxu


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19/09/2008 12:41
 
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Sai Pax, eticamente la tua affermazione è più che condivisibile, ma sul piano legale mi sembra un macello...

Il presupposto di base è che di solito tutti vogliono essere curati dalle malattie infettive. Ma poniamo che non sia così: ad esempio un anziano di 80 anni in agonia per TBC, lo dobbiamo curare anche contro la sua volontà? Tecnicamente, la sua malattia è contagiosa.

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19/09/2008 13:16
 
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[SM=g1394526]

Se il malato soffre di patologia contagiosa vi è l' obbligo di denuncia e isolamento qualora sia necessario.
Se non vuole farsi curare non può, comunque , risultare un pericolo per la salute pubblica.
Quindi, se desidera non sottoporsi a terapia, dovrà farlo in apposite strutture o comunque, sottostando a misure che scongiurino il pericolo di contagio.
Questa è la legge.

[SM=x1061950]
[Modificato da nikitha 19/09/2008 13:17]



Marina
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19/09/2008 14:48
 
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Premesso che non conoscevo la legge in materia (grazie Nikitha [SM=g27988] ) potevo intuire qualcosa di simile, visto che mi sembra tutto sommato il corso d'azione più logico; però il problema non viene risolto. Ad esempio l'anziano malato di TBC potrebbe avere una delle pericolosissime forme di "extensively-resistent TBC", che sarebbe una minaccia per la salute pubblica nazionale, oppure più verosimilmente un'infezione opportunistica da patogeni poco minacciosi, tipo un ceppo comune di M. tuberculosis o magari M. africanum o consimili. Però se non vuole farsi fare biopsia e antibiogramma, noi come possiamo saperlo?

Il punto su cui secondo me bisogna riflettere, è che esercitare il proprio diritto a rifiutare le cure, quando si parla di malattie infettive, può anche implicare la conseguenza che nessuno conosca la reale gravità della tua condizione e che quindi nessuno sappia se sei un pericolo per la salute pubblica oppure no. Senza contare che anche capire cosa sia davvero "pericolo per la salute pubblica", in molti casi potrebbe essere un problema...
[Modificato da Rainboy 19/09/2008 14:53]
19/09/2008 16:29
 
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Be',se un paziente non va mai da un medico per farsi curare lasciandoci le penne per qualche caso di TBC contagiosa,e magari il contagio si spande a macchia d'olio,diventa davvero una situazione incontrollabile,ma credo che se il malato va da un medico e il medico gli diagnostica una malattia infettiva altamanete contagiosa, credo che sia il medico a questo punto doversi prendere l'onere di informare le autorita' sanitarie,e il malato,volente o nolente,non potra' rifiutare alcuna cura per ovvie ragioni legate alla sicurezza sanitaria nazionale.

Correggetemi se sbaglio.
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19/09/2008 19:00
 
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[SM=x1061956]

pcerini scrive:


credo che sia il medico a questo punto doversi prendere l'onere di informare le autorita' sanitarie,



Esatto, questo è già oggi un' obbligo dei sanitari.

Il preparatissimo Rainboy riflette:


Premesso che non conoscevo la legge in materia (grazie Nikitha ) potevo intuire qualcosa di simile, visto che mi sembra tutto sommato il corso d'azione più logico; però il problema non viene risolto. Ad esempio l'anziano malato di TBC potrebbe avere una delle pericolosissime forme di "extensively-resistent TBC", che sarebbe una minaccia per la salute pubblica nazionale, oppure più verosimilmente un'infezione opportunistica da patogeni poco minacciosi, tipo un ceppo comune di M. tuberculosis o magari M. africanum o consimili. Però se non vuole farsi fare biopsia e antibiogramma, noi come possiamo saperlo?

Il punto su cui secondo me bisogna riflettere, è che esercitare il proprio diritto a rifiutare le cure, quando si parla di malattie infettive, può anche implicare la conseguenza che nessuno conosca la reale gravità della tua condizione e che quindi nessuno sappia se sei un pericolo per la salute pubblica oppure no. Senza contare che anche capire cosa sia davvero "pericolo per la salute pubblica", in molti casi potrebbe essere un problema...



In questo caso l'Igiene, la branca medica che si occupa di queste situazioni è già severissima, certo molto può sfuggire, ma dubito che determinati tipi di concessioni possano venir permesse nei casi che stiamo trattando.
Credo inoltre che sorgerebbero problemi di vasta portata nel caso in cui, questo diritto alla non cura, venisse esercitato in larga misura.
Ma una buona notizia c'è.... lavorando in ASL, il problema che riscontro è esattamente l' opposto: ovvero la malattia comune e dilagante è la ricerca di un eccesso di cure e di esami, spesso non necessari.
E se non si viene curati, anche per malattie immaginarie c'è la tendenza alla denuncia allo sportello del cittadino o alle autorità competenti.
Non conosco i dettagli di questa sentenza, ma possiamo approfondire.
Così io e Rainboy possiamo curarvi (o non curarvi!!!) meglio.....

[SM=x1061950] [SM=x1061959]





Marina
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Così io e Rainboy possiamo curarvi (o non curarvi!!!) meglio.....



hehheeh grazie!!! fa piacere avere due esperti del ramo![SM=x1061948]
complimenti ad entrambi per le delucidazioni [SM=x1061918]






Nounou
*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*
Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Blaise Pascal


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