“Sa cos’è che uccide più della morte stessa? L’indifferenza e la volgarità” con queste parole il Sindaco di Gravina di Puglia ha commentato il comportamento della popolazione di questa città. L’indifferenza è l’incapacità di fare entrare nel nostro piccolo mondo il resto della comunità, l’ambiente che ci circonda, restare inerti di fronte a fatti che potrebbero colpire anche noi, è la mancanza di reazione civile a problemi che non si vogliono vedere.
Etimologicamente indifferente significa chi non fa distinzione tra due cose: per esempio non percepisce la differenza tra il bene ed il male, quindi non avendo la percezione non riesce a capire, e se uno non capisce non può partecipare.
Quando si viveva in piccole comunità, si cresceva insieme, tutti si conoscevano e tutti si aiutavano.
Il cosiddetto senso civile era innato, non c’era bisogno di insegnarlo, era automatico perché oggi io aiuto te e domani tu aiuti me, quindi partecipi, assisti, sei coinvolto.
Ora anche nelle piccole città non esiste più questo senso di compartecipazione, di comunanza e di assistenza reciproca: vige solo la partecipazione esterna, di facciata, l’atto di dolore corale, più dovuto che sentito, la comparsata davanti alla telecamera, le parole di circostanza al microfono.
Gli applausi ai funerali, le lacrime di coccodrillo, i proclami roboanti, la giustizia in piazza. Ma questi bravi cittadini dove erano quando i bambini marinavano la scuola, si infilavano sotto gli occhi di tutti in luoghi pericolosi per giocare, frequentavano cattive compagnie ? Facevano finta di non vedere, non sentire, un poco come le tre scimmiette, con
la differenza che sono passati milioni di anni da quando ci siamo alzati in piedi e ifferenziati dai primati.
Dove erano gli assistenti sociali che dovevano valutare i genitori e i ragazzi, dove sono i rapporti, cosa dicono, cosa hanno visto, come si sono mossi. L’indifferenza istituzionalizzata.
E come si è mosso il Tribunale dei minori nel valutare l’affidabilità di un genitore rispetto all’altro, la sua pericolosità, la sua violenza. L’indifferenza bendata.
Vivere vuol dire essere partigiani, prendere posizione, esporsi. L’indifferente è l’antitesi del combattente. Indifferenza è abulia, parassitismo, vigliaccheria: non è vita.
L’indifferente è il peso morto della società. Nel mondo il male cresce nell’ombra, ma è aiutato dalla presenza dell’indifferenza. Pochi si domandano “ Quale è il mio dovere, il mio posto, la mia partecipazione?” L’indifferente volta le spalle al mondo e ai suoi simili.