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09/01/2007 08:34 | |
"NOTE DI REPLICA - Parte Seconda"
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PARTE SECONDA (a cura dell’avv. Vito Pucci)
A pagina 11 della “monumentale” comparsa conclusionale avversa, in una delle numerose celebrazioni del discutibile “Parere pro veritate” 23/9/2004 a firma del Prof. Nicola Colaianni, è stata abilmente inserita la seguente gravissima affermazione:
“Con riguardo alle confessioni religiose sull’art. 2, nella misura in cui questa norma comporta una tutela dell’individuo nei confronti del gruppo e non solo dell’individuo attraverso il gruppo, deve prevalere l’art. 8 Cost. che garantisce la non ingerenza dello Stato nell’ordinamento interno delle confessioni”.
E’ davvero sorprendente che gli Illustri difensori di controparte, appigliandosi al discutibilissimo Parere 23/9/2004 del Prof. Colaianni, si siano spinti fino al punto di invocare il “difetto assoluto di giurisdizione” e la “radicale mancanza di giurisdizione dello Stato” (pagina 12).
Così operando, di fatto, gli stessi hanno aggravato la posizione complessiva dei propri assistiti atteso che, in precedenza, appena due anni prima (2002), lo stesso Prof. Colaianni aveva pubblicamente denunciato la “VIOLAZIONE SISTEMATICA DEI DIRITTI UMANI FONDAMENTALI” da parte dei Comitati giudiziari tipici dei Testimoni di Geova affermando testualmente:
“IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE (finalizzato alla espulsione di un singolo fedele dall’Ente giuridico CCTG, ndr) SI SVOLGE IN VIA RISERVATA: IL CHE, SE TUTELA LA DIGNITA’ DELLA PERSONA INQUISITA, NON NE GARANTISCE IL PIENO ESERCIZIO DEL DIRITTO DI DIFESA, LEGATO ANCHE ALLA PUBBLICITA’ DEL PROCESSO ED AL CONTROLLO CHE COSI’ PUO’ SVOLGERE L’OPINIONE PUBBLICA NON SOLO CONFESSIONALE. … QUESTE LIMITAZIONI AL DIRITTO DI DIFESA APPAIONO GIUSTIFICATE NELLA MISURA IN CUI … NON OFFENDANO LA DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA”. - Nicola Colaianni, “La libertà religiosa nella elaborazione confessionale dei Testimoni di Geova”, Rubbettino Editore 2002, 674-675.
Pertanto, se oggi il Prof. Colaianni, a dire degli illustri difensori di controparte, teorizza il “difetto assoluto di giurisdizione” e la “radicale mancanza di giurisdizione dello Stato” perché, prima del discutibile “Parere pro veritate 23/9/2004”, egli ha fatto esplicito riferimento alla necessità di un “processo pubblico” e dell’insostituibile “controllo dell’opinione pubblica non solo confessionale?”.
E se è necessario il “controllo dell’opinione pubblica non solo confessionale”, perché interdire agli Organi legittimi dello Stato di accertare la denunciata “violazione sistematica dei diritti umani fondamentali”?.
Per tali ragioni, e non solo, il pregevole apporto professionale del presidente emerito avv. Luigi De Marco, in copia allegato alla presente ed innanzi integralmente trascritto, ad ogni effetto di legge è fatto proprio dal sottoscritto concludente.
Ma vi è certamente di più!.
Con evidente riferimento ai discutibilissimi insegnamenti del Prof. Colaianni, a pagina 14 della loro comparsa conclusionale, i proff. Avv.ti Rescigno, Tucci e Barenghi hanno affermato che “una simile lesione della dignità dell’uomo e dei suoi fondamentali attributi non si è verificata in alcun modo nel caso di specie”.
Mai affermazione è stata più falsa e tendenziosa!.
Infatti, inesorabilmente, dal giorno stesso (9/7/2003) in cui il sig. Franco Falsetti ha annunciato alla congregazione locale di appartenenza di Bari Santo Spirito che “Vito Pucci è stato disassociato”, la vita personale, familiare, sociale e professionale è stata stravolta totalmente in peggio.
A tale riguardo, nessuno dimentichi, ad esempio, che all’udienza del 18/5/2004, tra l’altro, la teste Xxxxx Xxxxxxx (figlia) riferì testualmente:
“Secondo i dettami della Congregazione la persona disassociata è persona malvagia sicché anche nell’ambito del nucleo familiare non può più esserci un pieno riconoscimento del ruolo paterno restando invece il legame prettamente biologico. … Lascia amarezza anche il rifiuto del saluto da parte di persone prima a noi vicine. … Anche i contatti tra la nostra famiglia e quella degli altri aderenti hanno subito una alterazione essendo adesso possibile solo effettuare incontri personali da parte mia, di mia madre e di mio fratello quindicenne con altri aderenti e non essendo invece più possibile degli incontri o dei momenti di aggregazione tra la famiglia nostra nel suo complesso e quindi con la partecipazione di mio padre e delle altre famiglie aderenti alla congregazione”.
Come ampiamente provato nei precedenti scritti difensivi (e nei documenti allegati, ivi inclusa la video-registrazione dello “sconvolgente reportage” dei pubblicisti Luca CARDINALINI e Maria Concetta MATTEI della redazione di TG2 DOSSIER STORIE, trasmissione televisiva del 18/4/2004, il “micidiale ostracismo” che tassativamente consegue ad ogni singolo annuncio di dimissioni volontarie, di dissociazione ovvero di disassociazione (espulsione) dall’Ente giuridico convenuto è davvero “perenne e assoluto”, indegno di qualsiasi paese che dir si voglia “civile”.
Inoltre, attingendo alle fonti proprie dei Testimoni di Geova, è facile accertare la piena efficacia e validità delle seguenti “leggi interne”:
Come trattare chi è stato espulso. …
«Se qualcuno è disassociato, allora deve aver avuto un cuore veramente cattivo e/o deve essere stato deciso a perseguire una condotta che disonora Dio. Pietro disse che la condizione di una tale persona è peggiore di prima che divenisse cristiana; è come ‘una scrofa lavata che torna a rivoltolarsi nel fango’. Questo dovrebbe aiutare i parenti cristiani e altri ad avere la veduta di Dio circa una persona disassociata. … Ora i genitori sono disassociati perché hanno rigettato le norme e le vie di Geova. Quindi le cose non sono le stesse nella famiglia. Senza dubbio, i nonni devono determinare se qualche necessaria questione familiare richieda un limitato contatto con i figli disassociati. E a volte i nipoti potrebbero visitarli. Com’è triste, però, che con la loro condotta non cristiana i figli interferiscano col normale piacere che provavano i nonni! … A volte un cristiano il cui coniuge sia stato disassociato si sente isolato. Com’è stato menzionato sopra, il coniuge espulso ha mostrato di non essere la sorta di persona che vogliamo avere attorno. E dobbiamo stare attenti per non essere implicati nell’associazione con lui solo perché vogliamo visitare o aiutare il coniuge cristiano. Perciò la visita si può fare forse quando il disassociato è fuori di casa». - Vedi La Torre di Guardia 15/6/1983, pagina 31.
«La situazione è diversa se il disassociato o dissociato è un parente che vive fuori di casa o non è dell’immediata cerchia familiare. Potrebbe essere possibile non avere quasi nessun contatto col parente. Anche se eventuali questioni di famiglia richiedessero qualche contatto, è certo che questi contatti dovrebbero essere mantenuti al minimo». - Vedi La Torre di Guardia 15/10/1988, pagina 28.
«Gli ascoltatori di Gesù sapevano bene che a quel tempo gli ebrei non fraternizzavano con i gentili ed evitavano gli esattori di tasse considerandoli dei reietti. Pertanto, Gesù stava insegnando ai suoi seguaci a non stare in compagnia di chi era stato espulso. Questo significa che i cristiani leali non intrattengono rapporti spirituali con coloro che sono stati espulsi dalla congregazione. Ma c’è dell’altro. … Pertanto evitiamo anche di avere contatti sociali con chi è stato espulso. Questo significa che non staremo con lui né in occasioni come picnic, feste e partite di pallone né per andare in un centro commerciale, a teatro o a mangiare a casa o al ristorante».
- Vedi Il Ministero del Regno, Agosto 2002.
«Che dire del parlare a un disassociato? … A questo riguardo, La Torre di Guardia del 1° gennaio 1982, pagina 25, dice: “Un semplice saluto può essere il primo passo che porta a una conversazione e forse anche a un’amicizia. Vorremmo fare questo primo passo con un disassociato?”». (idem)
«È proprio come viene detto a pagina 31 dello stesso numero della Torre di Guardia: “La realtà è che quando un cristiano si dà al peccato e deve essere disassociato, perde molte cose: la sua posizione approvata dinanzi a Dio; … la piacevole compagnia dei fratelli, inclusa gran parte dell’associazione che aveva con i parenti cristiani”». (idem)
«Oggi non viviamo fra nazioni teocratiche in cui i membri della nostra famiglia carnale potrebbero essere sterminati da Dio e dalla sua organizzazione teocratica per apostasia come era possibile ed era ordinato di fare nella nazione d'Israele. Essendo circoscritti dalle leggi delle nazioni in cui viviamo ed anche dalle leggi di Dio mediante Gesù Cristo, possiamo agire contro gli apostati soltanto fino a un certo punto, vale a dire conformandoci alle due serie di leggi. La legge dello Stato e la legge di Dio mediante Cristo ci proibiscono di uccidere gli apostati, anche se sono membri della nostra famiglia carnale. Naturalmente, se i figli sono maggiorenni, vi può essere una separazione e una rottura vera e propria nei vincoli familiari, perché i vincoli spirituali sono già spezzati». - Vedi La Torre di Guardia 15/1/1954, pagina 62.
«Nel caso del parente disassociato che non abita nella stessa casa, i rapporti con lui sono pure limitati a ciò che è assolutamente necessario. ... questi rapporti sono limitati ed anche eliminati completamente se è possibile. ... Che fare se una persona espulsa dalla congregazione visita improvvisamente parenti dedicati? Che deve fare in tal caso il cristiano? Se è la prima volta che viene fatta la visita, il cristiano dedicato può, se la coscienza glielo permette, mostrare riguardi familiari in questa particolare occasione. Ma se la coscienza non glielo permette, non ha l’obbligo di farlo. Se gli usa cortesia, il cristiano deve però specificare che questa non deve diventare un’abitudine. Se lo diventa ciò non è diverso dall’'associarsi a qualsiasi altra persona disassociata, e va contro lo spirito del decreto di disassociazione. Si dovrebbe far capire al disassociato che ora le sue visite non sono benvenute come prima, quando camminava rettamente con Geova». - Vedi La Torre di Guardia 15/1/1962, pagina 42.
«Perciò i membri della congregazione non si assoceranno al disassociato, né nella Sala del Regno, né altrove. Non converseranno con lui né mostreranno in alcun modo di notarlo. Se il disassociato tenta di parlare ad altri nella congregazione, essi dovranno allontanarsi da lui. In tal modo capirà pienamente l'entità del suo peccato … Inoltre, il disassociato che vuol fare ciò ch’è giusto dovrebbe dire a chiunque gli si avvicina inconsapevolmente che è disassociato e che non dovrebbero parlare con lui». - Vedi La Torre di Guardia 15/12/1963, pagine 761, 762.
«Se qualcuno persiste in un'associazione che non è assolutamente necessaria con un familiare disassociato che vive fuori di casa, il comitato dovrebbe amorevolmente aiutarlo a capire i princìpi inerenti e a conformarsi ai consigli biblici. … L'insistenza a trascurare il comando biblico di "cessar di mischiarci in compagnia" di tale persona può condurre alla disassociazione, ma questa non dovrebbe essere la ragione della nostra ubbidienza, non è vero?». - Vedi Il Ministero del Regno, febbraio 1971.
«Con fedeltà verso Dio, nessuno della congregazione dovrebbe salutare tali persone quando le incontra in pubblico né dovrebbe accoglierle nella propria casa. Anche i parenti consanguinei che non abitano nella stessa casa con un parente disassociato, siccome valutano la parentela spirituale più di quella carnale, evitano il contatto con tale parente disassociato. … E quelli che possono essere membri della stessa casa di un individuo disassociato cessano di avere associazione spirituale con il trasgressore impenitente. … Non c’è nessuna ragione per ascoltare un figlio o il coniuge disassociato se tenta di giustificarsi o tenta di trarre il fedele dalla sua parte per farlo pensare o agire come lui. Né dovrebbe essere ascoltato riguardo a obiezioni nel modo in cui il suo caso è stato considerato dal comitato giudiziario». - Vedi “Organizzazione per predicare il Regno e fare discepoli”, 1973, pagine 172, 173.
«L’ora dei pasti è un momento di distensione e compagnia. Perciò … la Bibbia vieta di frequentare anche a scopo di compagnia una persona espulsa, per esempio partecipando insieme a un picnic, a una festa, a una partita di calcio, a una gita al mare, andando insieme a teatro o mangiando insieme. [...] Altri problemi sorgono in relazione agli affari o al lavoro. Che dire se foste dipendenti di un uomo che venisse espulso dalla congregazione o se tale persona fosse un vostro dipendente? Che fare? Se per il momento foste obbligati sotto il profilo contrattuale o finanziario a continuare il rapporto di lavoro, certamente ora assumereste un atteggiamento diverso nei confronti del disassociato. Potrebbe essere necessario discutere con lui su questioni di lavoro o stare a contatto con lui sul posto di lavoro, ma le conversazioni spirituali e i rapporti d’amicizia sarebbero cose del passato. In questo modo potreste dar prova della vostra ubbidienza a Dio e sareste personalmente protetti. Inoltre questo potrebbe far capire alla persona quanto il suo peccato le sia costato caro sotto molti aspetti». - Vedi La Torre di Guardia 1/1/1982, pagina 24.
«Se un cristiano si schierasse dalla parte di un trasgressore che è stato rigettato da Dio e disassociato, o che si è dissociato...[se] gli anziani vedessero che è diretto in quella direzione, stando regolarmente in compagnia con una persona disassociata, cercherebbero con amore e pazienza di aiutarlo a vedere le cose dal punto di vista di Dio … Lo ammonirebbero e, se necessario, ‘lo riprenderebbero con severità’. Vogliono aiutarlo a rimanere ‘sul monte santo di Dio’. Ma se egli non smettesse di accompagnarsi con la persona espulsa, si renderebbe in tal modo ‘partecipe (sostenitore o complice) delle sue opere malvage’ e dovrebbe quindi essere rimosso dalla congregazione, espulso». (pagina 26).
« … I cristiani imparentati con un disassociato che non vive in casa con loro dovrebbero sforzarsi di evitare l’associazione non necessaria, riducendo al minimo anche i contatti d’affari». (pagine 29, 30).
« ... La realtà è che quando un cristiano si dà al peccato e dev’essere disassociato, perde molte cose: la sua posizione approvata dinanzi a Dio; l’appartenenza alla felice congregazione dei cristiani; la piacevole compagnia dei fratelli, inclusa gran parte dell’associazione che aveva con i parenti cristiani. … I problemi che egli ha causato possono addirittura continuare dopo la sua morte. Se morisse mentre è disassociato, le disposizioni per il suo funerale potrebbero costituire un problema. I suoi parenti cristiani forse gradirebbero un discorso nella Sala del Regno, se tale è l’usanza locale. Ma ciò non sarebbe appropriato nel caso di una persona espulsa dalla congregazione». (pagina 31).
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“E’ UNA SPORCA STORIA DI SOLDI”.
“E’ UNA SPORCA STORIA DI SOLDI. CON 175 MILA EVANGELIZZATORI ATTIVI E ALTRETTANTI SIMPATIZZANTI, I TESTIMONI DI GEOVA RAPPRESENTANO UNA MINACCIA ECONOMICA REALE NEL MOMENTO IN CUI GLI ITALIANI SONO CHIAMATI A DECIDERE A QUALE CULTO DESTINARE L’8 PER MILLE DELL’IRPERF. I SOLDI DESTINATI AI TESTIMONI DI GEOVA SONO TUTTI SOLDI IN MENO AL VATICANO. Tutto qui il problema”. - Panorama, 25/2/1990, pagina 79.
Tale affermazione, purtroppo veritiera, merita di essere dovutamente affrontata in una o più sedi diverse dalla presente.
E’ stata qui riportata solo perché gli illustri difensori di Controparte, tutti rigorosamente non Testimoni di Geova ma non a caso “incaricati” dai vertici più alti ed esigenti dei Testimoni di Geova, a pagina 2 della loro ‘monumentale’ comparsa conclusionale, hanno accusato il sottoscritto avvocato di aver abusato largamente del diritto di agire in giudizio e di aver convenuto “soggetti del tutto estranei alla Congregazione quali la Conferenza Episcopale Italiana e il Consiglio dei Ministri (sic) della Repubblica” nonché “molti aderenti alla Congrega-zione … allo scopo evidente di (tentare di) prevenirne l’escussione in qualità di testimoni”.
Anche tale affermazione è assolutamente falsa e fuorviante atteso che gli stessi fatti, per la loro intrinseca gravità, ancorché invano, in più occasioni, sono stati già portati all’attenzione delle più alte cariche dello Stato, ivi incluso il Presidente della Repubblica, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Governo in carica e puntualmente denunciati in sede penale.
Nonostante tutti gli spergiuri contrari, il problema non è solo “spirituale” (“cosa nostra”, quindi!), come il Sig. Giorgio Caminiti (vedi infra) e l’intera compagine (“cupola”) della furba controparte vuol far credere agli ingenui, perché -a tacer d’altro- la consistente mole di atti e documenti esibiti in giudizio attesta in modo univoco la rilevanza “politica e sociale” del gravissimo fenomeno denunciato (“violazione sistematica dei diritti umani fondamentali”) e la conseguente gravissima realtà/prassi ‘contra legem’, apertamente incoraggiata da “cattivi maestri” come quelli innanzi citati, assolutamente contraria al principio fondante di cui all’art. 2 Cost., di “negare la giustizia” ai singoli Testimoni di Geova in quanto, a torto marcio, ritenuti “privi di capacità processuale”.
Ad esempio, dalla copiosa documentazione ritualmente esibita in giudizio, è facile accertare che, esasperato dalle pressioni interne di chiaro stampo mafioso, divenute insopportabili con il passare degli anni, in data 9-19/11/2001, il sottoscritto avvocato ruppe gli indugi e, dopo attenta ponderazione di tutti i fattori implicati, tentò (invano) di richiamare l’attenzione della dott.ssa Lorita TINELLI, Presidente nazionale del CESAP-Centro Studi Abusi Psicologici, con sede in Noci/Ba, di chiara ispirazione cattolica, nonché dei dott. Gabriele Protomastro, Vito Fanizzi e Ornella Gozzo, componenti del Tribunale di Bari, Prima Sezione Penale, e del dott. Emanuele De Maria, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari.
Ciò fece a mezzo della puntuale e dettagliata denuncia penale sporta in data 9/11/2001 e del conseguente atto 19/11/2001 di rinuncia al mandato in favore del Sig. Grassi Domenico.
Strano ma vero, fino a questo giorno, nonostante siano passati oltre cinque anni, al sottoscritto denunciante risulta con certezza che il relativo procedimento penale n. 20472/01 R.G.N.R. (P.M. dott. De Maria) sia tuttora pendente e che, nonostante i numerosi solleciti verbali e scritti, non sia stato compiuto un solo atto istruttorio. Cui prodest?.
Come i cinesi, Vito Pucci ha già dimostrato di saper e di voler aspettare il lento ma inesorabile corso della giustizia di Dio e degli uomini!.
I fatti attestano (“cosa fatta capo ha”) che tutte le “pressioni interne di chiaro stampo mafioso” sono state abilmente orchestrate proprio dai convenuti principali Paolo PICCIOLI, autore della scandalosa dichiarazione (“E’ una sporca storia di soldi!”) innanzi riportata risalente al mese di febbraio 1990; Giorgio CAMINITI (“Se non lo fermiamo ora il fratello Pucci, non lo fermiamo più”, maggio 1991); Denni ANGELI, vicepresidente della CCT/WTS, ‘delfino’ di Gerrit LOSCH e Samuel HERD, nonché nemico giurato dei presidenti emeriti Valter FARNETI e Sebastiano BENGALA (“Vito, lascia stare le calunnie diffuse sul tuo conto dalla sorella Rosa Salvato Comodi, responsabile del reparto legale della CCT/WTS. Il 50% degli anziani sono corrotti: tempo due/tre anni e ogni cosa sarà chiarita dovutamente”, dicembre 1999); Pasquale PISCITELLI (“Fratello Roberto Losacco, tu devi fare una scelta: o ti fai aiutare dagli anziani o ti fai aiutare dal fratello Pucci”, giugno 2001); Massimiliano BRICCONI (“Se non ti fermi ti stenderò a terra”, luglio 2001).
Prima ancora di essere trasfusi nella narrativa dell’atto introduttivo del presente giudizio, i fatti gravi ascritti direttamente all’Ente giuridico convenuto CCT/WTS in persona del suo Presidente pro tempore Sig. Roberto Franceschetti e ai singoli “convenuti illustri” innanzi indicati, furono oggetto di due puntuali denunce penali sporte in data 7 e 20/6/2003, nell’immediatezza dei fatti gravi oggetto del presente giudizio.
La prima di dette denunce, nonostante fosse stata presentata presso gli uffici della Polizia Giudiziaria allocata nello stesso Palazzo di Giustizia di Bari, a distanza di oltre tre mesi dalla presentazione, non risultava neppure rubricata: gli impiegati addetti, dopo affannose ricerche prive di risultato, dissero chiaramente che la denuncia era stata smarrita ovvero sottratta da persona interessata.
Sta di fatto, però, che anche dopo l’integrale ricostituzione del fascicolo di ufficio, nonostante i numerosi solleciti verbali e scritti, dette denunce (a somiglianza di quella precedente sporta il 9/11/2001 nei confronti della dott.ssa Lorita Tinelli), tutte sporte a chiari fini interlocutori e di S.O.S., anche se non sono mai state archiviate, fino a questo giorno sono rimaste, inaudito ma vero!, lettera morta.
- R.G.N.R. 1348/03 P.M. dott. Marco DINAPOLI.
Ancora una volta è doveroso chiedersi: cui prodest?
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Infine, attesa la gravità dei fatti denunciati e la loro innegabile pertinenza ai fini del decidere, anche per dare un contributo più puntuale alla esatta ricostruzione dei fatti per cui è causa e contrastare la mistificante realtà artatamente rappresentata nell’avversa comparsa conclusionale (“L’attore … non disconosce il regolare svolgimento della fase istruttoria”, pagina 3) e nella stessa Ordinanza 6-14/12/2004 del Tribunale di Bari, Quarta Sezione Civile (“Il Pucci fu messo in condizioni di conoscere preventivamente gli addebiti ascrittigli, di interloquire in ordine alla loro fondatezza, di essere ascoltato dagli organi procedenti. Sicché deve concludersi che il diritto di difesa del fedele è stato tutelato”), qui di seguito si trascrive -in sintesi- il contenuto della seconda denuncia penale sporta in data 20/6/2003 alla Polizia Giudiziaria di Bari, su espressa segnalazione del Magistrato di turno addetto alla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari:
“ … Oltre ad essere seriamente preoccupato per l’integrità psico-fisica mia e dei miei familiari, temo altresì che ritorni tra le file dei Testimoni di Geova il clima di terrore che, stando alle cronache dei giornali, vigeva verso la fine degli anni ’80 – inizi anni ’90, come si evince dall’estratto del “Resto del Carlino” del 26/11/99, pag. 6, e dalla documentazione (nr. 21 pagine) intitolata “Prossimamente Geova. La terza religione d’Italia sotto tiro”, pubblicata nel settimanale L’espresso del 3/8/2000. Documentazione che in copia allego alla presente.
… Denuncio l’esistenza di un “braccio di ferro” occulto tra alcuni Testimoni di Geova, tuttora ai vertici della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova (Bricconi Massimiliano, Angeli Denni, Falone Giuseppe, Caminiti Giorgio, ed altri) e altri personaggi, ex-Testimoni di Geova, espulsi violentemente dall’Organizzazione verso la fine degli anni ottanta, tuttora attivi nel combattere la stessa Organizzazione dei Testimoni di Geova. …
I fatti innanzi sommariamente esposti, aggiunti a quelli evidenziati e denunciati in data 7 giugno u.s. lasciano intravedere, purtroppo, la ricorrenza nel caso che mi riguarda (degli estremi) della fattispecie delittuosa prevista e punita dall’art. 283 c.p., in quanto di fatto, Nencini, Caminiti, Bricconi, Angeli, Falone, Candelaresi, Falsetti, Poli e Nardello, hanno dato vita ad un ‘sistema giudiziario’ parallelo, e quindi illegale, rispetto a quello statale previsto dai vigenti codici”. (omissis)
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Riassumendo:
1.- La posizione di “socio aderente” dell’Ente giuridico CCT/WTS si acquista automaticamente al momento del battesimo (Ministero del Regno gennaio 2007);
2.- Il sottoscritto Vito Pucci non ha mai aderito a detto Ente giuridico costituito a Roma in data 19/6/1985 (vedi Atto costitutivo notaio Cardelli) semplicemente perché il proprio battesimo risulta avvenuto in data 28/11/1981, ossia circa quattro anni prima della costituzione dell’Ente medesimo.
A tale riguardo, la precisa affermazione fatta nell’atto di citazione non è mai stata contestata dalla difesa di controparte;
3.- Ad ogni buon conto, a scanso di ogni equivoco, con raccomandata ar 21-22/6/1998 diretta al corpo degli anziani della congregazione locale di appartenenza, Vito Pucci aveva rassegnato le proprie dimissioni volontarie ai sensi dell’art. 5 Statuto.
Di tale espressa volontà, nonostante la chiara allegazione di cui alla pag. 11 dell’atto di “Appello a Cesare” 17/6/2003, né il “Comitato giudiziario Speciale di Appello” né la sovraordinata “cupola mafiosa” dei 31 boss innominabili (perché nessuno conosce ancora le esatte generalità!) hanno MAI tenuto il benché minimo conto!;
4.- Nel maggio/giugno 2003, abusando dei poteri conferiti dallo Statuto, il Comitato direttivo dell’Ente giuridico convenuto, disprezzando il ruolo e l’autorità del locale corpo degli anziani, ha ‘nominato’ il “comitato giudiziario speciale” formato dai Sigg.ri Luciano Nencini, Carlo Candelaresi e Franco Falsetti, ed il “comitato giudiziario speciale di appello” formato dai sigg.ri Giorgio Caminiti, Giuseppe Poli e Ruggero Nardello;
5.- In data 3/7/2003, l’assemblea plenaria dei 31 soci effettivi con diritto di voto (“cupola” o “sinedrio”), all’insaputa del sottoscritto, dopo “approfondita analisi” (sic!), ha deliberato all’unanimità l’espulsione del sottoscritto e di 309 altre persone Testimoni di Geova, tutte assolutamente ignare del processo che in quel giorno è stato celebrato a loro carico.
6.- L’approfondita analisi del “caso Pucci” e degli altri 309 casi portati all’attenzione della stessa assemblea del giorno 3/7/2003 è avvenuta in un lasso di tempo di appena 45 minuti (l’assemblea è iniziata alle ore 9,00 per terminare alle ore 9,45, come attestato dal relativo verbale esibito in giudizio dagli stessi difensori di controparte).
7.- Dal giorno 9/7/2003, giorno dell’Annuncio speciale proclamato dal sig. Franco Falsetti alla congregazione di Bari Santo Spirito, Vito Pucci è stato brutalmente allontanato (“morte civile”) e non più frequentato e/o salutato da tutti gli amici e conoscenti Testimoni di Geova perché ritenuto “malvagio” (Vedi La Torre di Guardia 15/6/1983, pagine 30-31, innanzi citata);
8.- Nonostante la richiesta formale eseguita con raccomandata ar 23/10/2004, ritualmente esibita in giudizio, fino a questo giorno l’Ente giuridico convenuto si è ostinatamente rifiutato:
A) di far conoscere le esatte generalità dei 31 soci ordinari che hanno partecipato all’assemblea ordinaria del 3/7/2003 fornendo copia del foglio di presenza allegato al verbale dell’assemblea 3/7/2003;
B) di mettere a disposizione del sottoscritto avente diritto gli atti e i documenti analiticamente indicati nella indicata raccomandata ar 23/10/2004 (vedi comparsa conclusionale, pagina 6), così continuando a negare la possibilità concreta di contraddire e di difendersi adeguatamente rispetto a tutte le infondate accuse che gli sono state strumentalmente addebitate.
Bari, 5 Gennaio 2007
Firmato: Avv. Vito Pucci
Atto depositato nella Cancelleria
del Tribunale di Bitonto
il 5 Gennaio 2007.
Il Cancelliere
F.to Antonia Sicolo
Modificato da ednaservice 09/01/2007 8.50 |