CRONACHE
L’ACCUSA A DIECI MESI DALLA SCOMPARSA DELL’UOMO
Il giallo del testimone di Geova
«E’ la vendetta di un espulso»
Il figlio: era incaricato di stabilire le sanzioni nella comunità
2/9/2006
di Gianfranco Quaglia
Assemblea dei Testimoni di Geova
NOVARA. L’ipotesi è inquietante: un artigiano Testimone di Geova, scomparso da un anno, potrebbe stato «punito» per vendetta da un ex confratello, espulso dalla Congregazione. A questa ipotesi, rigettata con decisione dai Testimoni di Geova, si aggrappa Marco, il figlio di Emo Piccioni, 55 anni. Abita a Fontaneto d’Agogna, trenta chilometri dal capoluogo, vicino a Borgomanero dove il 31 ottobre 2005 il padre Emo sta tenendo una conferenza nella Sala del Regno: squilla il telefono ed esce trafelato. Da quel momento se ne perdono le tracce. Giorni dopo viene trovata la sua auto, chiusa a chiave sulla piazza di Prato Sesia. Poi più nulla, soltanto la disperazione della moglie Enza Gentina che con il figlio batte tutte le piste, tappezza i muri e le cabine telefoniche di volantini.
Ma è inutile. Come se il Testimone si fosse volatilizzato. Per mesi vigili del fuoco e Protezione civile setacciano i boschi e le campagne di una vasta area ma di Emo Piccioni non c’è traccia.
A poco a poco, invece, emergono testimonianze che aggrovigliano il mistero. Piccioni ha risposto al telefono a qualcuno che lo invitava ad andare a Prato Sesia per recuperare documenti persi. Si scoprirà poi che telefonate di questo tenore sarebbero arrivate ad altri confratelli della zona e della Bassa Valsesia, con richieste d’incontri e appuntamenti andati a vuoto. E tutti sono tornati a casa. Non Emo Piccioni, descritto come una persona tranquilla, generosa, pronta a mettersi al servizio della comunità e della Congregazione in particolare. Un confratello carismatico che partecipava al Consiglio degli anziani, quello che eroga le pene inappellabili che portano alle espulsioni.
Si fa strada anche l’ipotesi di una setta satanica che avrebbe preso di mira i Testimoni di Geova. Ma un anno dopo il figlio avvalora l’altra possibilità. «Forse c’è qualcuno nella zona - dice - che pensa di aver subito qualche torto. La traccia da seguire è quella religiosa. Dietro la scomparsa non c’è alcuna decisione di cambiare vita nè un suicidio, non era depresso».
Una tesi, quella di Marco Piccioni, rilanciata da Adriano Fontani, toscano, fondatore dell’associazione dei fuoriusciti dai Testimoni di Geova: «La congregazione è molto rigorosa e in alcuni casi si arriva all’espulsione di chi si comporta in maniera non conforme. L’allontanamento può avere conseguenze molto serie, soprattutto di natura psicologica e chi ha subito la punizione può covare risentimento e odio».
Secondo Fontani non è detto che l’obiettivo fosse Piccioni: «Potrebbe essere qualcuno che voleva vendicarsi comunque dei Testimoni per quello che a suo giudizio era un torto subito. Piccioni ha risposto alla telefonata e a lui è toccato di andare al tragico appuntamento».
Alberto Bertone di Moncalieri (Torino), Testimone che si occupa di pubbliche relazioni nel gruppo torinese, respinge questa tesi. «L’espulsione dalla Congregazione - osserva - è una norma che apparteneva al cristianesimo primitivo e che l’associazione di Geova ha fatto propria. Spetta a un gruppo di anziani decidere. In trent’anni ho registrato 2 casi. I peccati gravi sono l’adulterio, tutti i reati di tipo sessuale, il furto. Non esiste un Tar, la nostra è una giustizia interna».
SEGUIRA' MIO COMMENTO __________________________________________________