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TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE ...la mafia ?

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2010 17:14
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18/03/2010 14:39
 
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GUARDATEVI IL VIDEO : (Clicca 1)
[Modificato da ®@ffstef@n 23/03/2010 21:56]
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18/03/2010 18:17
 
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Dopo aver visto il filmato di "Fotoreporter" mi è sembrato di rileggere "Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia!!!!!

Dovrà finire questa storia...........
[Modificato da parliamonepino 18/03/2010 19:23]



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23/03/2010 21:53
 
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La puntata di Report finisce in procura





I magistrati della procura di Palermo hanno preso visione della puntata di Report (Clicca 2) - programma di Raitre – di domenica scorsa.

Nel servizio, a cura del giornalista Sigfrido Ranucci, si rivelavano come sono stati gestiti i fondi Fas (Fondi per le aree sotto-sviluppate) in Sicilia e tutte le vicissitudini legate all’apertura dell’autostrada Palermo-Messina.

Ma nel servizio si faceva anche riferimento al presidente dell’Autorità portuale di Palermo, Nino Bevilacqua, descritto come un “asso pigliatutto” nelle gare pubbliche per le infrastrutture.

La procura di Palermo sta valutando, attraverso il filmato, se possano essere configurati reati in base alle vicende narrate dal giornalista e in quale giurisdizione ricadrebbero le eventuali indagini da attivare.


Il signore delle infrastrutture.
La figura del professor Bevilacqua è asciutta, giovane e seria. Una carriera accademica fra Palermo, Torino e Reggio Calabria. Specializzato nelle infrastrutture civili, ha diretto e progettato, fra gli altri, i lavori del ponte di Ortigia, la realizzazione della Catania-Siracusa e quelli dello svincolo di Bolognetta.

A lui è stato affidato l’arduo compito di ingegnere-capo di tutti i lotti di completamento della Palermo-Messina. Col suo studio ha realizzato la progettazione definitiva, i rilievi topografici, la consulenza geologica e geotecnica per la realizzazione dell’aeroporto di Agrigento-Valle dei Templi, oltre allo studio di fattibilità della circonvallazione di levante di Catania.

Vicino al sottosegretario Gianfranco Micciché, Bevilacqua è stato anche superconsulente del sindaco Diego Cammarata per il piano di recupero del centro storico del Comune di Palermo e del “Piano integrato del trasporto pubblico di massa”.  

Infine il suo nome è saltato fuori dall’inchiesta “Grandi opere” condotta dalla procura di Firenze.

[Modificato da ®@ffstef@n 23/03/2010 21:55]
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23/03/2010 22:24
 
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Caro Raffaele

avevo visto la puntata di Report e devo dire che ancora una volta non è cambiato nulla in questo Paese. Credo che questi meccanismi portati alla luce dovrebbero far riflettere il cittadino che si recherà alle urne, sempre che si ci rechi, vista la sfiducia sempre più crescente.
Il voto è un diritto/dovere, più dovere che diritto, tuttavia quando ci si reca alle urne, invece di votare per partito preso o perché ci si lascia incantare dai soliti illusionisti, bisognerebbe votare per chi fa politica, da non intendersi come arte del compromesso, bensì come la capacità di risolvere i problemi della gente e del Paese o Regione che sia..

Ciao
[Modificato da La Bidella 23/03/2010 22:24]
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23/03/2010 23:17
 
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Cara La Bidella

Sia a dx che a sx questi politicanti son sempre gli stessi,
Duri a morire...vedi Andreotti.

Quando periranno... anzichè portare un fiore, porterò un voto.

Fino ad allora il mio dovere è quello di non votare.

Ciao [SM=g1932039]

Raffaele
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26/03/2010 08:58
 
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La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. - Paolo Borsellino -



[Modificato da parliamonepino 26/03/2010 08:59]



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11/04/2010 19:01
 
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Com’è che si dice? Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei? Beh.. Sembra che Marcello Dell’Utri abbia degli ottimi amici, ma ancora l’Italia non è riuscita capire chi è veramente.


Scottanti intercettazioni
telefoniche rivelano le minacce che Aldo Miccichè, in rapporto strettissimo con Dell’Utri, pare abbia rivolto a Santoro e Travaglio in modo che il suo amico senatore venga lasciato in pace.


Aldo Miccichè
, il faccendiere calabrese riparato in Venezuela, amico e socio di Marcello Dell’Utri in business petroliferi e in commercio di medicinali, era ossessionato dai giornali e dai giornalisti. Soprattutto da chi scriveva contro il “suo senatore”, Dell’Utri, ovviamente. “Travaglio, quello di Annozero. Guarda che se mi rompe i coglioni sul senatore, veramente gli faccio s… un petardo nel culo”. (IFQ di oggi)

Ma la cosa non finisce qui, Miccichè viene intercettato anche al telefono direttamente con Marcello Dell’Utri, e durante la conversazione escono frasi davvero pesanti e, secondo la polizia, Dell’Utri annuisce e acconsente su tutto.


Primo giorno dell’anno del 2008, Marcello Dell’Utri chiama Miccichè. Si fanno gli auguri. Ma Miccichè ha la testa rivolta agli affari e alla politica: “Questo, caro Marcello, deve essere il tuo anno. L’ho fatto sapere anche a un mio nobile amico di Anno-zero (Santoro, annotano i poliziotti che trascrivono l’intercettazione telefonica, ndr)”. I due amiconi ridono. Miccichè, però, diventa serio e continua il discorso sul giornalista tv: “Gli ho detto che non deve rompere le palle, gli ho mandato un messaggio al quale non può dire di no”. Il senatore, notano i poliziotti trascrittori, “acconsente a tutto quello che dice Aldo”. “Guarda che ce li ho veramente sulle palle quei due di Annozero, guarda che io ho mandato una nota che non mi rompano i coglioni con Marcello Dell’Utri, gliel’ho mandata direttamente a chi di dovere, proprio ai suoi personalmente… hai capito, no?”. Dell’Utri: “Sì, sì, il giornalista”. Miccichè: “Quello mi ha rotto i coglioni, gli faccio succedere qualcosa di brutto, io sono buono e caro, però non mi toccano le cose mie e io non tocco loro, a me non interessa come si guadagnano da vivere, basta che non rompano i coglioni a me. Quindi gliel’ho detto chiaro, vedi che è difficile che Annozero ripeta il tuo nome… se no vedrai che gli succede…” (IFQ di oggi)

E Dell’Utri siede ancora nel Senato della Repubblica. Ma che paese siamo  diventati?


Ma chi è Aldo Miccichè? Oggi ha 74 anni, da una trentina vive in Venezuela inseguito da condanne maturate in Italia per un totale di 25 anni. Il suo passato è tutto politico. È stato segretario provinciale della Dc a Reggio Calabria negli anni Sessanta, poi consigliere provinciale a Roma, sempre a Piazza del Gesù con ruoli importantissimi nell’organizzazione del partito. Coinvolto in mille scandali, uomo dei misteri (“avevo io i fascicoli del Sifar di De Lorenzo, li ho gettati nel Tevere”), ha sempre mantenuto rapporti strettissimi con la Calabria. ‘Ndrangheta compresa, ovviamente. Tra il 2007 e il 2008 si prende in cura i rampolli di una delle cosche più potenti della Piana di Gioia Tauro, i Piromalli. Li aiuta, li introduce nel mondo politico, li fa incontrare più volte con Dell’Utri. (IFQ 10 aprile)

 
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13/04/2010 14:39
 
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Elezioni all'estero truccate

"Così abbiamo bruciato le schede"

 Nove aprile 2008, quattro giorni prima delle elezioni politiche che riporteranno
Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.

Gli investigatori della procura di Reggio Calabria stanno intercettando da mesi Aldo Miccichè, imprenditore condannato a 25 anni di carcere per vari reati e ritenuto dagli inquirenti uomo vicino al clan Piromalli.

Miccichè, ex politico democristiano della
piana  di Gioia Tauro e formalmente latitante, parla da Caracas dove sostiene di occuparsi delle elezioni.
 
In particolare, del voto degli italiani all'estero. Dall'altra parte del filo c'è Filippo Tani,
stretto  collaboratore di Barbara Contini, responsabile degli italiani all'estero per lo schieramento berlusconiano ed ex funzionario dell'amministrazione Usa in Iraq.

Barbara Contini adesso è senatore del Pdl.

Nell'intercettazione - che L'espresso è in grado di farvi sentire in esclusiva - Miccichè spiega i metodi che avrebbe usato per far vincere il candidato senatore del Pdl:
bruciare le schede elettorali, a pacchi, con la benzina. Quelle, almeno «che sicuramente non sarebbero state nostre».

I rapporti tra Miccichè ed esponenti di spicco di Forza Italia sono di vecchia data: dalle
carte  dell'ultima inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel porto di Gioia Tauro risultano i contatti tra Micciché e Marcello Dell'Utri, fedelissimo di Berlusconi e imputato per concorso esterno in associazione mafiosa a Palermo.

Sarebbe stato proprio Dell'Utri, secondo la
ricostruzione  degli inquirenti, a mettere in contatto Miccichè con lo staff della Contini.

Miccichè al telefono parla di soldi che deve avere ( «devo darli ai calabresi, sennò sono fottuto. Pure con i siciliani e i campani»), racconta di aver mandato materiale «ad Arcore», e chiosa di «operazione Campania», «operazione Veneto» e quella «calabrese».

«Devo dirti» dichiara all'uomo della Contini «che Marcello lo ha toccato con mano».

Le telefonate di Aldo Miccichè da tempo sono al centro di indagini della magistratura. Soprattutto perché Miccichè ha contatti con diversi esponenti poltici. Già nel 2008 fu divulgato il testo di una intercettazione diretta tra Dell'Utri e Miccichè in cui si discuteva di come pilotare il voto degli italiani all'estero.

All'epoca Dell'Utri ammise di aver avuto contatti con l'imprenditore, che si sarebbe offerto di aiutare il centrodestra nelle elezioni.

In un'altra intercettazione del dicembre 2007 che L'espresso pubblica in esclusiva, Miccichè sembra organizzare un incontro tra Dell'Utri e Gioacchino Arcidiaco, affiliato al clan Piromalli condannato l'anno scorso a 6 anni e 8 mesi.

Aldo Miccichè, prima dell'appuntamento, chiama Arcidiaco per suggerirgli come comportarsi e cosa chiedere a Dell'Ultri.

«Fagli capire che la
Piana  (di Gioia Tauro, ndr) è cosa nostra, che il porto l'abbiamo fatto noi, fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi...Fagli capire che in Calabria o si muove sulla Tirrenica o sulla Jonica, o si muove al centro, ha bisogno di noi. E quando dico noi, intendo Gioacchino e Antonio (Piromalli, ndr). Mi sono spiegato?».

Fonte: Lespresso.it
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18/04/2010 20:00
 
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Fonte:
“Dell’Utri il tramite della mafia”: Il pm chiede 11 anni di carcere


“Il boss Vittorio Mangano era in contatto con Marcello Dell’Utri, che fu il tramite per l’assunzione del mafioso nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi”.  Così il sostituto procuratore generale Nino Gatto ha concluso la requisitoria contro il senatore del Pdl: “Concorso esterno in associazione mafiosa”

.


di SALVO PALAZZOLO

.



 

.

“Condannate il senatore Marcello Dell’Utri a 11 anni di carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa”.
Il sostituto procuratore generale Nino Gatto conclude la requisitoria del processo d’appello al senatore del Pdl chiedendo ai giudici di aumentare la condanna inflitta in primo grado, che era stata di 9 anni.

.
“L’imputato è stato al servizio dell’organizzazione mafiosa per oltre un trentennio  -  dice Gatto – nel processo d’appello sono emerse nuove prove: le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza si sono integrate in maniera armoniosa con quanto già stabilito dalla sentenza del tribunale di Palermo a proposito dei rapporti che l’imputato ha intrattenuto con i fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio.

Il processo d’appello ha provato soprattutto che il senatore Marcello Dell’Utri avrebbe avuto un ruolo determinante per l’approvazione di alcuni provvedimenti legislativi che hanno favorito concretamente le organizzazioni mafiose” .


In apertura d’udienza, il pg aveva ribadito che Dell’Utri “ha avuto rapporti con il boss Vittorio Mangano e che “fu il tramite per l’assunzione del mafioso nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi”. Ad ascoltare l’ultima parte della requisitoria erano arrivati i legali di Marcello Dell’Utri, Nino Mormino, Giuseppe Di Peri, Pietro Federico e Sandro Sammarco. Poco prima delle 11 era arrivato in aula anche il senatore del Pdl

.
IL DOSSIER
Quando il boss chiamava il senatore

.
Pesanti le accuse deI procuratore generale: “Il processo ha evidenziato una propensione dell’imputato a inquinare le prove”. Il giudice Gatto nell’udienza ha anche affrontato il capitolo della requisitoria riguardante i rapporti che Marcello Dell’Utri avrebbe intrattenuto con un falso pentito, Cosimo Cirfeta: “Tramite l’avvocato difensore di Cirfeta, Dell’Utri ha promesso soldi e un lavoro”, ha detto: “In cambio, chiedeva delle dichiarazioni che avrebbero dovuto scagionarlo”.

Secondo il procuratore generale, nel complotto del falso pentito avrebbe avuto un ruolo anche “l’agente Betulla, ovvero il giornalista Renato Farina   che è stato giudicato in altra sede per aver aiutato alcuni agenti segreti ad eludere le investigazioni nei loro confronti, nell’ambito delle indagini sul rapimento di Abu Omar”.

In aula, il procuratore ha letto il capo d’imputazione riguardante Farina, coinvolto nelle azioni di spionaggio organizzate dall’ex agente del Sismi Pio Pompa, fra Roma e Milano.

.
“Questa vicenda -  ha rilevato il pg Nino Gatto  -  ci dice dei mezzi istituzionali di cui l’imputato si è servito per deviare le indagini.
Rimangono ancora oscuri i rapporti tra Farina e Dell’Utri”.

.
Mentre il pg parlava del caso Farina, Dell’Utri è uscito dall’aula della corte d’appello e ha fatto una dichiarazione ai giornalisti che lo hanno subito raggiunto: “Se mi lasciano in pace, se mi assolvono sono disposto a lasciare tutte le cariche politiche, non mi interessa fare politica. Io faccio il senatore per difendermi dal processo. Io mi difendo dall’attacco politico perché il mio è un processo politico, per questo faccio politica. Sì, vi sembra strano?  -  ribadisce – Sono entrata in politica per difendermi”. Le arringhe difensive cominceranno il 30 aprile. La sentenza è attesa per metà giugno.

.


16 aprile 2010



fonte: 
palermo.repubblica.it/cronaca/2010/04/16/news/dell_utri_il_tramite_della_mafia_oggi_si_conclude_la_requisitoria-...

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18/04/2010 20:03
 
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parliamonepino: Straordinarie e significative immagini! Anche Travaglio è particolarmente incisivo. Immagini e voce sono veloci e, forse, questo penalizza un po' questa magnifica e sapiente ricostruzione. Ho provato ad ascoltare solo la voce, poi ho visto le immagini senza audio. Ho apprezzato e compreso meglio i due messaggi paralleli. Comunque, complimenti all'autore!!!!




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02/05/2010 17:24
 
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 Bertolaso indagato per corruzione.
Berlusconi: "Respingo le Dimissioni"
.
10 febbraio 2010

Pdl, Cosentino dà le Dimissioni.
Berlusconi: "Respinte"
.
18 febbraio 2010

Berlusconi respinge le Dimissioni
del Ministro Fitto.
1 aprile 2010

Scajola, Berlusconi respinge le Dimissioni.
30 aprile 2010
 
In un paio di mesi il nostro Premier ha dovuto respingere le Dimissioni di ben 4 pezzi grossi, uomini a lui molto vicini. Perchè vere o di facciata, sentite o di plastica, Silvio Berlusconi le dimissioni non le può accettare. Mai. Soprattutto se innescate da malefatte simili a quelle per cui lui è perpetuamente indagato. Corruzione, Mafia, Evasione Fiscale, storie di appalti, storie di prostituzione, collusioni, concussioni. C'è pure l'eccezione a conferma della regola, e si chiama Nicola Di Girolamo. Le dimissioni del Senatore Pdl sono passate - peccato per il Guinness - perchè oramai era irrimediabilmente compromesso. E allora via, velocemente, si recida il ramo secco e non se ne parli più.

Berlusconi lo sa benissimo, ogni Dimissione è ferita che può degenerare in
emorragia, come potrebbe permettere che qualcuno lasci un Ministero o il Parlamento per un paio di favori, o un po' di nero, o una frase fuori posto? E' un'ipotesi remota, ma possibile, l'elettore Pdl potrebbe tracciare un pericoloso parallelo, e riflettere, e chiedersi, hey!, perchè lui sì e Papi no?, perchè quel Deputato se ne va per una multa in divieto di sosta, ed il Presidente del Consiglio può rubare società editoriali, corrompere testimoni, frequentare uomini d'onore?

E poi diciamoci la verità, Dimettersi oggi è da stupidi, l'opinione pubblica è al collasso, implosa in flaccidità intellettuale, zero consapevolezza democratica, basta puntare sul classico "Complotto" ed il gioco è fatto. Scajola per giustificare la sua "Casa delle Libertà" ha già incominciato - no, non si farà fottere come nel 2002 con Biagi, stavolta rimarrà in sella - e allora via di "oscuri manovratori", via di "disegni preordinati", via di
spiegazioni folli [imperdibile Gilioli di oggi], che suonano come ceffoni alla nostra dignità di cittadino. Perchè in fondo Dell'Utri docet, anche se la politica gli fa schifo, altrochè dimissioni, quello è l'unico l'unico luogo sicuro in cui stare. 
[Modificato da _Rossini_ 02/05/2010 17:25]
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04/05/2010 14:06
 
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Scajola:
Ero ministro dell’Interno quando sono avvenuti i fatti di Genova, e dei poliziotti hanno ammazzato di botte alcuni poveretti che non avevano fatto niente. Nemmeno io ho fatto niente, anzi, quei poliziotti sono stati pure promossi.

Quand’ero al Viminale ho anche dato l’ordine di istituire una tratta aerea da Roma verso casa mia. Tratta fallimentare per numero di passeggeri e che infatti è stata soppressa non appena mi sono dimesso e quel volo non mi serviva più. E sapete perché mi sono dimesso? Perchè avevo dato del rompicoglioni a un mio consulente che era stato appena ammazzato sotto casa e a cui avevo negato la scorta. Eppure, nonostante tutto, sono sempre ritornato.

Adesso, assieme al nostro premier, che tra l’altro, con le sue dichiarazioni e con il suo fulgido esempio mi sostiene in questa vicenda, sto cercando di promuovere il nucleare in Italia, ma solo perché è un affare miliardario, e me ne frego se è una tecnologia obsoleta e pericolosa.

E secondo voi mi spavento per qualche assegno?

Ma fatemi il santissimo piacere”



(Matteo Adami)


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05/05/2010 13:28
 
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Era una casa molto carina
senza soffitto, senza cucina;
non si poteva entrarci dentro
perché non c'era il pavimento.
Non si poteva andare a letto
in quella casa non c'era il tetto;
non si poteva far la pipì
perché non c'era vasino lì.
Ma era bella, bella davvero
in Via dei Matti numero zero;
ma era bella, bella davvero
in Via dei Matti numero zero.


[SM=x1061957]




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15/05/2010 17:12
 
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Fonte:
La "cricca e il "Sistema Scajola",
"u ministru"
padrone della Liguria, e non solo


Il feudo in Liguria. Il controllo di banca Carige.
Gli imprenditori amici.
I legami con il Vaticano.
Forte di solidi appoggi ora l'ex ministro cerca la rivincita



Claudio Scajola, detto "Sciaboletta", lo dichiarava appena due mesi fa, con voce stentorea e sguardo convinto. "Non credo ci sia una nuova stagione di Mani pulite. Oggi c'è il tema delle responsabilità personali che devono essere severamente punite. Il denaro pubblico e le funzioni pubbliche necessitano di un impegno di assoluta serietà e rigore: chi sbaglia deve pagare".

Era il 17 febbraio, Balducci e Anemone erano appena stati arrestati, e qualcuno si stupì che il ministro dello Sviluppo Economico partisse lancia in resta con dichiarazioni modello Di Pietro. "Già: di quell'appartamento e del legame tra Claudio e pezzi della cricca si chiacchierava da tempo nei Palazzi del potere", ricorda una fonte vicina al ministro, "qualcuno della banda prima di finire in manette lo disse chiaro e tondo: guardate che se cado io, cadranno in tanti.
E il primo sarà Scajola
".


Il ministro in effetti è caduto, ma non è la prima volta che accade. Come l'araba fenice, è sempre riuscito a rinascere dalle proprie ceneri.

Nel 1983 la sua carriera politica (era sindaco di Imperia) sembrava stroncata da un arresto per concussione aggravata. Le accuse vengono smontate, e sette anni dopo riesce a riprendersi la fascia tricolore. Nel 2002 la battuta su Marco Biagi (definito "un rompicoglioni") gli costa la poltrona del Viminale e lo costringe a restare fermo un turno ai giardinetti: ma al primo rimpasto Berlusconi lo richiama al governo, prima come ministro dell'Attuazione del programma, poi nel cruciale dicastero dello Sviluppo Economico.

Ora il colpo è durissimo, e sono in pochi a scommettere che l'mperatore possa rialzarsi ancora dal fango. Ma il suo granitico sistema di potere, di sicuro, resta in piedi, una rete politica e clientelare basata sul controllo ferreo di mezza Liguria, sulla gestione diretta dell'ottavo istituto italiano, la Banca Carige, sui rapporti con imprenditori influenti e sui legami con pezzi da novanta del Vaticano.


Viva i cardinali

- Chi conosce le stanze dell'ormai mitologico appartamento a via del Fagutale 2 è, per esempio, l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, che almeno una volta, a novembre 2009, ha cenato nel salone della casa di 180 metri quadri
(...250 mq, prego... solo per la precisione, da visure catastali. NdR)
finita nel mirino dei magistrati di Perugia. Cena splendida, racconta un commensale, deliziata dalla vista sublime del Colosseo illuminato. Non c'è da stupirsi che il capo della Cei sia ospite di Sciaboletta (il nomignolo gli è stato affibbiato a causa della ferocia con cui taglia le teste dei nemici): il rapporto tra i due è antico, e le occasioni d'incontro formali o ufficiose sono infinite.



 Bagnasco non è l'unica entratura che Scajola può vantare dentro il Vaticano. Anche con Crescenzio Sepe l'amicizia è solida. Oggi capo della diocesi di Napoli, Sepe è un cardinale assai influente: dal 2001 al 2006 è stato prefetto della "Propaganda Fide", la congregazione che controlla parte del patrimonio immobiliare della Chiesa. Un ufficio tanto rilevante per funzioni e potere che chi lo guida è definito il "papa rosso".

Sepe ha voluto come consiglieri fidati per fare affari e investimenti tre "consultori", tutti protagonisti delle cronache giudiziarie passate e presenti: l'ex amministratore delegato della Sip e della Stet Francesco Silvano, finito ai domiciliari nel 1993 e oggi presidente dell'Ospedale Bambin Gesù; il presidente del Consiglio di Stato Pasquale De Lise (il cui nome finisce nelle intercettazioni della cricca) e Angelo Balducci, ex "Gentiluomo di Sua Santità" e allora provveditore alle Opere Pubbliche del Lazio e della Sardegna.

Sarà proprio quest'ultimo a segnalare la casa all'amico Scajola e un palazzo intero - proprietà di Propaganda Fide - al ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi.
(...insomma, sembra che u ministru abbia una certa predilezione verso personaggi alquanto opachi...)


Abbiamo una banca
- Scajola - che nel 2008 ha dichiarato al fisco un reddito di 217 mila euro, il quarto più alto tra i ministri - non sarebbe nessuno, però, senza le sue radici liguri. Da ex democristiano doc sa bene che in Italia senza l'appoggio della Chiesa non si fa molta strada, ma pure che senza pacchetti di voti non ci si può nemmeno iscrivere alla gara per il potere. Lui i consensi li eredita dal padre Ferdinando, fondatore dello Scudo crociato a Imperia, ma allarga di molto l'impero di famiglia.

Nel 1991, come ricorda il Secolo XIX, riesce persino a indicare al consiglio comunale un Santo protettore unico per tutta la città: San Leonardo era già il più gettonato, ma a Porto si pregava San Maurizio, mentre quelli di Oneglia erano devoti a San Giovanni.

Oggi la provincia intera è roba sua, amici e parenti stretti ricoprono gli incarichi-chiave nelle istituzioni, la gente lo segue e lo ama: non a caso alle ultime elezioni regionali il Pdl ha superato il 42 per cento, il Pd si è fermato al 19.

Lui ricambia l'affetto facendo lobby per il suo popolo, che in questi anni ha ottenuto milioni di euro per il palazzetto dello sport, il campo di atletica, il museo navale, il depuratore. Un milione di denaro pubblico è servito pure per rimettere per la terza volta il volo di linea Alitalia Roma-Albenga, secondo i maligni un servizio a uso e consumo del ministro stesso. Un esperimento fallimentare durato meno di tre mesi.



Ma Scajola ha allungato i suoi tentacoli su Genova e sull'intera economia della Liguria.
Grazie, soprattutto, al controllo della Banca Carige e della sua Fondazione, uno dei soci di maggioranza dell'istituto.

Il cda dell'ente viene eletto da un comitato d'indirizzo, i cui membri vengono indicati - da statuto - dalle istituzioni di Genova e Imperia. La maggioranza, guarda un po', è sempre scajoliana, come i vertici della banca: il fratello Alessandro è il vicepresidente del Gruppo, il compagno di classe Pietro Isnardi è nel cda (il suo gruppo alimentare è, per inciso, indebitato per 21 milioni di euro), mentre l'amico Flavio Repetto, che produce il cioccolato Novi e le caramelle Dufour, di cui è ghiotto Claudio, è il capo della Fondazione.

A febbraio 2010 la banca del Vaticano, lo Ior, è entrata nel capitale azionario, operazione che ha sancito i buoni rapporti tra le gerarchie e Sciaboletta.

In un'economia depressa come quella ligure, disporre di uno strumento che fa credito e di un ente che eroga soldi a progetti sociali, senza dimenticare le società assicurative e immobiliari della galassia Carige, fanno di Scajola l'uomo forte della regione. "E le dimissioni", chiosano in città, "non cambieranno nulla".


Tra manager e costruttori Il sistema Scajola, ovviamente, ha sponde importanti tra i capitalisti che contano. Rapporti eccellenti con il gruppo Gavio
(Marcellino Gavio, finito inquisito insieme alla "signora provincia" Ombretta Colli, cabarettista prestata alla politica. NdR); con il presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini che comanda anche la nucleare Ansaldo (...che combinazione... il nucleare... sarà per questo che Scajola fa lobbying per l'inesistente nucleare di "terza generazione e mezza"? NdR); con i costruttori Bonsignore e Bellavista Caltagirone. Quest'ultimo ha investito 130 milioni per il porticciolo turistico di Imperia (che combinazione...)
, un gigante da 1.300 posti barca, un affare che ha fatto la fortuna anche dei soci minori, i prezzemolini Pietro Isnardi e Beatrice Cozzi Delfino, la presidente della Camera di commercio di Imperia diventata fidanzata di Caltagirone.
 
Chi gestisce de facto la società è il direttore generale Carlo Conti, il braccio operativo di Scajola ad Imperia, l'uomo di fiducia che osserva e riferisce tutto quello che accade in provincia.

Un geometra che figura come consigliere e amministratore in decine di società pubbliche e private, a cui l'ex ministro ha assegnato ruoli importanti dentro controllate di Italia Navigando, azienda pubblica che gestisce il business e il rilancio dei porti italiani.



 A Roma la squadra è composta dalla nutrita pattuglia di parlamentari che gli devono l'elezione (in primis Michele Scandroglio e Guido Viceconte), da Fabiana Santini, sua fedele segretaria trasformata in assessore regionale nella giunta di Renata Polverini, dal tuttofare Giuseppe Guerrera. A parte i soliti giri con i lobbisti dell'Enel e dell'Eni, Scajola ha coltivato anche amicizie insospettabili: suo confidente è diventato Alessandro Casali, un imprenditore di Spoleto che ha creato dal nulla la Meet, un gruppo di comunicazione, eventi e pubbliche relazioni che nel 2008 è arrivato a fatturare poco meno di una decina di milioni l'anno.

Secondo un giornale di gossip di Spoleto nel 2005 Scajola era in lizza per fare il suo testimone di nozze, insieme a Uto Ughi. Il carnet dei clienti della Meet fa impressione: Rai, Anas, Finmeccanica, Poste Italiane, Cnipa, Inps, qualche ministero, l'Associazione Nazionale Magistrati. C'è pure la Banca Carige, mentre l'Ice e il dicastero dello Sviluppo economico nel 2009 hanno sostenuto alcuni eventi.
Come la Mille Miglia, la corsa di cui Casali è patron: quest'anno al via ci saranno Franco Frattini e Stefania Prestigiacomo, in coppia su una Giulietta del 1957, e se la vedranno con Geronimo La Russa e Renzo "la trota" Bossi, che guiderà una Austin Healey del '55. Scajola, nonostante sia appassionato di auto d'epoca, non ci sarà.



(di Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)

   
[Modificato da ®@ffstef@n 15/05/2010 17:14]
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