Il feudo in Liguria. Il controllo di banca Carige.
Gli imprenditori amici.
I legami con il Vaticano.
Forte di solidi appoggi ora l'ex ministro cerca la rivincita
Claudio Scajola, detto "Sciaboletta", lo dichiarava appena due mesi fa, con voce stentorea e sguardo convinto. "Non credo ci sia una nuova stagione di Mani pulite. Oggi c'è il tema delle responsabilità personali che devono essere severamente punite. Il denaro pubblico e le funzioni pubbliche necessitano di un impegno di assoluta serietà e rigore: chi sbaglia deve pagare".
Era il 17 febbraio, Balducci e Anemone erano appena stati arrestati, e qualcuno si stupì che il ministro dello Sviluppo Economico partisse lancia in resta con dichiarazioni modello Di Pietro. "Già: di quell'appartamento e del legame tra Claudio e pezzi della cricca si chiacchierava da tempo nei Palazzi del potere", ricorda una fonte vicina al ministro, "qualcuno della banda prima di finire in manette lo disse chiaro e tondo: guardate che se cado io, cadranno in tanti.
E il primo sarà Scajola".
Il ministro in effetti è caduto, ma non è la prima volta che accade. Come l'araba fenice, è sempre riuscito a rinascere dalle proprie ceneri.
Nel 1983 la sua carriera politica (era sindaco di Imperia) sembrava stroncata da un arresto per concussione aggravata. Le accuse vengono smontate, e sette anni dopo riesce a riprendersi la fascia tricolore. Nel 2002 la battuta su Marco Biagi (definito "un rompicoglioni") gli costa la poltrona del Viminale e lo costringe a restare fermo un turno ai giardinetti: ma al primo rimpasto Berlusconi lo richiama al governo, prima come ministro dell'Attuazione del programma, poi nel cruciale dicastero dello Sviluppo Economico.
Ora il colpo è durissimo, e sono in pochi a scommettere che l'mperatore possa rialzarsi ancora dal fango. Ma il suo granitico sistema di potere, di sicuro, resta in piedi, una rete politica e clientelare basata sul controllo ferreo di mezza Liguria, sulla gestione diretta dell'ottavo istituto italiano, la Banca Carige, sui rapporti con imprenditori influenti e sui legami con pezzi da novanta del Vaticano.
Viva i cardinali
- Chi conosce le stanze dell'ormai mitologico appartamento a via del Fagutale 2 è, per esempio, l'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, che almeno una volta, a novembre 2009, ha cenato nel salone della casa di 180 metri quadri (...250 mq, prego... solo per la precisione, da visure catastali. NdR) finita nel mirino dei magistrati di Perugia. Cena splendida, racconta un commensale, deliziata dalla vista sublime del Colosseo illuminato. Non c'è da stupirsi che il capo della Cei sia ospite di Sciaboletta (il nomignolo gli è stato affibbiato a causa della ferocia con cui taglia le teste dei nemici): il rapporto tra i due è antico, e le occasioni d'incontro formali o ufficiose sono infinite.
Bagnasco non è l'unica entratura che Scajola può vantare dentro il Vaticano. Anche con Crescenzio Sepe l'amicizia è solida. Oggi capo della diocesi di Napoli, Sepe è un cardinale assai influente: dal 2001 al 2006 è stato prefetto della "Propaganda Fide", la congregazione che controlla parte del patrimonio immobiliare della Chiesa. Un ufficio tanto rilevante per funzioni e potere che chi lo guida è definito il "papa rosso".
Sepe ha voluto come consiglieri fidati per fare affari e investimenti tre "consultori", tutti protagonisti delle cronache giudiziarie passate e presenti: l'ex amministratore delegato della Sip e della Stet Francesco Silvano, finito ai domiciliari nel 1993 e oggi presidente dell'Ospedale Bambin Gesù; il presidente del Consiglio di Stato Pasquale De Lise (il cui nome finisce nelle intercettazioni della cricca) e Angelo Balducci, ex "Gentiluomo di Sua Santità" e allora provveditore alle Opere Pubbliche del Lazio e della Sardegna.
Sarà proprio quest'ultimo a segnalare la casa all'amico Scajola e un palazzo intero - proprietà di Propaganda Fide - al ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. (...insomma, sembra che u ministru abbia una certa predilezione verso personaggi alquanto opachi...)
Abbiamo una banca
- Scajola - che nel 2008 ha dichiarato al fisco un reddito di 217 mila euro, il quarto più alto tra i ministri - non sarebbe nessuno, però, senza le sue radici liguri. Da ex democristiano doc sa bene che in Italia senza l'appoggio della Chiesa non si fa molta strada, ma pure che senza pacchetti di voti non ci si può nemmeno iscrivere alla gara per il potere. Lui i consensi li eredita dal padre Ferdinando, fondatore dello Scudo crociato a Imperia, ma allarga di molto l'impero di famiglia.
Nel 1991, come ricorda il Secolo XIX, riesce persino a indicare al consiglio comunale un Santo protettore unico per tutta la città: San Leonardo era già il più gettonato, ma a Porto si pregava San Maurizio, mentre quelli di Oneglia erano devoti a San Giovanni.
Oggi la provincia intera è roba sua, amici e parenti stretti ricoprono gli incarichi-chiave nelle istituzioni, la gente lo segue e lo ama: non a caso alle ultime elezioni regionali il Pdl ha superato il 42 per cento, il Pd si è fermato al 19.
Lui ricambia l'affetto facendo lobby per il suo popolo, che in questi anni ha ottenuto milioni di euro per il palazzetto dello sport, il campo di atletica, il museo navale, il depuratore. Un milione di denaro pubblico è servito pure per rimettere per la terza volta il volo di linea Alitalia Roma-Albenga, secondo i maligni un servizio a uso e consumo del ministro stesso. Un esperimento fallimentare durato meno di tre mesi.
Ma Scajola ha allungato i suoi tentacoli su Genova e sull'intera economia della Liguria.
Grazie, soprattutto, al controllo della Banca Carige e della sua Fondazione, uno dei soci di maggioranza dell'istituto.
Il cda dell'ente viene eletto da un comitato d'indirizzo, i cui membri vengono indicati - da statuto - dalle istituzioni di Genova e Imperia. La maggioranza, guarda un po', è sempre scajoliana, come i vertici della banca: il fratello Alessandro è il vicepresidente del Gruppo, il compagno di classe Pietro Isnardi è nel cda (il suo gruppo alimentare è, per inciso, indebitato per 21 milioni di euro), mentre l'amico Flavio Repetto, che produce il cioccolato Novi e le caramelle Dufour, di cui è ghiotto Claudio, è il capo della Fondazione.
A febbraio 2010 la banca del Vaticano, lo Ior, è entrata nel capitale azionario, operazione che ha sancito i buoni rapporti tra le gerarchie e Sciaboletta.
In un'economia depressa come quella ligure, disporre di uno strumento che fa credito e di un ente che eroga soldi a progetti sociali, senza dimenticare le società assicurative e immobiliari della galassia Carige, fanno di Scajola l'uomo forte della regione. "E le dimissioni", chiosano in città, "non cambieranno nulla".
Tra manager e costruttori Il sistema Scajola, ovviamente, ha sponde importanti tra i capitalisti che contano. Rapporti eccellenti con il gruppo Gavio (Marcellino Gavio, finito inquisito insieme alla "signora provincia" Ombretta Colli, cabarettista prestata alla politica. NdR); con il presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini che comanda anche la nucleare Ansaldo (...che combinazione... il nucleare... sarà per questo che Scajola fa lobbying per l'inesistente nucleare di "terza generazione e mezza"? NdR); con i costruttori Bonsignore e Bellavista Caltagirone. Quest'ultimo ha investito 130 milioni per il porticciolo turistico di Imperia (che combinazione...), un gigante da 1.300 posti barca, un affare che ha fatto la fortuna anche dei soci minori, i prezzemolini Pietro Isnardi e Beatrice Cozzi Delfino, la presidente della Camera di commercio di Imperia diventata fidanzata di Caltagirone.
Chi gestisce de facto la società è il direttore generale Carlo Conti, il braccio operativo di Scajola ad Imperia, l'uomo di fiducia che osserva e riferisce tutto quello che accade in provincia.
Un geometra che figura come consigliere e amministratore in decine di società pubbliche e private, a cui l'ex ministro ha assegnato ruoli importanti dentro controllate di Italia Navigando, azienda pubblica che gestisce il business e il rilancio dei porti italiani.
A Roma la squadra è composta dalla nutrita pattuglia di parlamentari che gli devono l'elezione (in primis Michele Scandroglio e Guido Viceconte), da Fabiana Santini, sua fedele segretaria trasformata in assessore regionale nella giunta di Renata Polverini, dal tuttofare Giuseppe Guerrera. A parte i soliti giri con i lobbisti dell'Enel e dell'Eni, Scajola ha coltivato anche amicizie insospettabili: suo confidente è diventato Alessandro Casali, un imprenditore di Spoleto che ha creato dal nulla la Meet, un gruppo di comunicazione, eventi e pubbliche relazioni che nel 2008 è arrivato a fatturare poco meno di una decina di milioni l'anno.
Secondo un giornale di gossip di Spoleto nel 2005 Scajola era in lizza per fare il suo testimone di nozze, insieme a Uto Ughi. Il carnet dei clienti della Meet fa impressione: Rai, Anas, Finmeccanica, Poste Italiane, Cnipa, Inps, qualche ministero, l'Associazione Nazionale Magistrati. C'è pure la Banca Carige, mentre l'Ice e il dicastero dello Sviluppo economico nel 2009 hanno sostenuto alcuni eventi.
Come la Mille Miglia, la corsa di cui Casali è patron: quest'anno al via ci saranno Franco Frattini e Stefania Prestigiacomo, in coppia su una Giulietta del 1957, e se la vedranno con Geronimo La Russa e Renzo "la trota" Bossi, che guiderà una Austin Healey del '55. Scajola, nonostante sia appassionato di auto d'epoca, non ci sarà.
(di Emiliano Fittipaldi - l'Espresso)