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Laicità

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2008 15:36
03/10/2008 15:59
 
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Ormai il tema della laicità,sollevato dalle gerarchie cattoliche,e' entrato anche nei dibattiti costituzionali,parlando della possibilità o meno della laicità positiva a livello giuridico-costituzionale.

Vi propongo due punti di vista diversi di due costituzionalisti anche se datati di qualche anno,buona lettura

www.associazionedeicostituzionalisti.it/materiali/convegni/200611foggia/sicar...

www.associazionedeicostituzionalisti.it/dibattiti/laicita/bertol...

Mi raccomando,fate i bravi,leggeveli,ok?

[SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]
[Modificato da pcerini 03/10/2008 16:02]
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LAICITÀ/ Una parola di cui si abusa, ma alla quale manca la giusta definizione

(Giovanni Maddalena)

La crisi della parola “laicità” si è ben vista la scorsa settimana alla Summer School “Galimberti” su “Religioni e laicità”, organizzata dal Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo. La discussione ha mostrato quella che chiameremo una crisi epistemologica della parola e che ci interessa più dell’inevitabile risvolto etico su cui troppo spesso sono ripiegate le discussioni intorno a questo tema.
Tanto per cominciare, può una parola andare “in crisi”? Sì, quando la sua definizione non coglie più la realtà.

La parola “laico” nell’accezione difesa dalla nostra intellighenzia è l’opposto di “credente”, e dovrebbe identificare la parte più progressista della società, quella più legata all’evoluzione sociale e ai problemi concreti. Declinata sul piano del diritto, “laicità” sancisce un principio “primario” della Costituzione di molti Paesi, soprattutto europei, per il quale lo Stato è neutrale, per non dire indifferente, rispetto ai giudizi di valore dei cittadini.

La crisi è emersa in tutte le battaglie etiche recenti, dal terrorismo alla bioetica, facendo vacillare antiche convinzioni “laiche”. Di queste convinzioni vogliamo qui cogliere – per cominciare un dibattito – la radice epistemologica, ossia ciò che riguarda la conoscenza che esse presuppongono.
L’ex presidente della Corte Costituzionale Zagrebelsky ha spiegato con la solita chiarezza qual è il “nucleo irrinunciabile” di questa visione di laicità: laico è chi è prima un cittadino e poi “tutto il resto”, comprendendo nel “resto” religioni, squadre di calcio, circoli, ideologie di ogni genere e tipo. Insomma, come diceva Rousseau, prima si deve essere cittadini e poi uomini. Il nemico della laicità – conclude l’insigne giurista – è ogni forma di “appartenenza”.

In due parole: se togliamo l’appartenenza, aboliremo l’ingiustizia e fanatismo.

Peccato che questo schema illuminista non funzioni più. L’inter-culturalismo delle nostre società occidentali mostra che nessuno può più riconoscersi in questa visione di laicità se non un pugno di accademici occidentali con la perenne pretesa di insegnare come il mondo “dovrebbe essere”.

Indifferente a questi ultimi, la narrazione di sé della gran maggioranza del mondo comprende ogni genere di appartenenze in cui ci si riconosce: dalla religione alla tradizione, dalla squadra di calcio alla marca delle scarpe. Pensate davvero che nelle villas argentine, nei ghetti americani, nelle banlieues parigine (i tipi di società che Zagrebelsky vorrebbe migliorare con la laicità dello Stato) essere prima “cittadino” e poi “tutto il resto” abbia un senso?

Del resto, nella vita di ciascuno non è proprio l’appartenenza alla propria famiglia, scuola, squadra di calcio, religione e Paese, che collabora all’identità? Più ancora, non è la propria esperienza di una realtà che ci precede (era già lì quando siamo “arrivati”) che costituisce l’unico uomo che può diventare un cittadino?

Certo, le identità particolari possono sfociare nel fondamentalismo.
Il problema, però, non è la troppa appartenenza, ma quello che ha messo in luce Pennac nel suo libro sulla scuola: le appartenenze sono pericolose quando non sono giudicate (È giusto? È vero? È buono? È bello?). E non sono giudicate quando ci vengono imposte le parole con cui descriverle.

Dall’amore privato alla politica, usiamo le parole (e i gesti) imposte dai film e dalle pubblicità, dai professori e dai giornalisti. “Liberare le parole”, connettere esperienza e pensiero è il primo passo per superare l’estraneità che sfocia in violenza e per riconoscere chi sa insegnare davvero. Non c’è da avere paura delle differenze se le parole indicano lealmente un’esperienza della vita perché la realtà mostrerà la propria verità. Sarà l’esperienza a mostrare il “senso comune” che presiede a ogni cultura autentica.

Conviene forse riprendere un’altra definizione di “laico”: quella che oppone “laico” a “clericale”. Clericale è chi controlla il significato delle parole, imponendole a prescindere dall’esperienza, laico è chi usa le parole secondo l’esperienza.

In questo senso, il temutissimo Papa che aux Bernardins sostiene che se uno cerca la Vita, deve imparare la grammatica, è più laico di chi ci vuole tutti, a priori, “citoyens”.

Il Sussidiario, 2 ottobre 2008



-----------------------------------------

Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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04/10/2008 08:22
 
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RE x Maurif


Non vorrai darci a intendere che sei laico ehhhh!!!!! [SM=x1061909] [SM=x1061909] [SM=x1061909] [SM=x1061910] [SM=x1061910] [SM=x1061910]


omega [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]



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Re:
Vediamo un po' di smontare questo signore,chiunque egli sia.


I miei commenti sono in grasseto.


LAICITÀ/ Una parola di cui si abusa, ma alla quale manca la giusta definizione

(Giovanni Maddalena)

La crisi della parola “laicità” si è ben vista la scorsa settimana alla Summer School “Galimberti” su “Religioni e laicità”, organizzata dal Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo.
La discussione ha mostrato quella che chiameremo una crisi epistemologica della parola e che ci interessa più dell’inevitabile risvolto etico su cui troppo spesso sono ripiegate le discussioni intorno a questo tema.
Tanto per cominciare, può una parola andare “in crisi”? Sì, quando la sua definizione non coglie più la realtà.


Costui paventa una prospettiva che non tiene conto dell'evoluzione storica del termine,poiche',da sempre e' un termine che risente dei continui risvolti,e non e' affatto vero che un tale termine sia semanticamente stabilito una volta per tutte,almento dal punto di vista storico-linguistico,che vi sia una crisi d laicita' e' pura banalizzazione,le discussioni sono state scatenate dalla continua ingerenza delle gerarchie cattoliche negli affari di stato,ovvio che scatenasse delle reazioni,di per se',si vorrebbe soggiogare la laicita',che garantisce la non interferenza,alla religiosita'(o all'eticita' religiosa),che dovrebbe rappresentare l'interferenza giuridicamente giustificata (ancora non lo e' ma e' in questa direzione che le gerarchie cattoliche intendono premere) negli affari di stato.Questo signore che parla di crisi non si rende conto di un fatto elementare insito nel principio di laicita',ossia,del fatto che infelicemente parlando la societa' italiana e' costituita da un alto tasso culturale di stampo cattolico,che da sempre e' in contrasto con la laicita' dello stato,l'opposizione alle interferenze del pensiero cattolico negli affari di stato e' sempre stata debole perche' ha una rappresentativita' limitata,e' solo per questa ragione che si stanno facendo i dibattiti anche a livello costituzionale,non perche' la laicita' di per se' sia in crisi.Sono sicuro che se in Italia la reppresentativita' della laicita' fosse elevata,non assisteremmo a tali dibattiti.

La parola “laico” nell’accezione difesa dalla nostra intellighenzia è l’opposto di “credente”, e dovrebbe identificare la parte più progressista della società, quella più legata all’evoluzione sociale e ai problemi concreti. Declinata sul piano del diritto, “laicità” sancisce un principio “primario” della Costituzione di molti Paesi, soprattutto europei, per il quale lo Stato è neutrale, per non dire indifferente, rispetto ai giudizi di valore dei cittadini.


Costui distorce volutamente il concetto e il principio di laicita',in quanto,e' banale affermare che laico sia opposto di credente,l'indifferenza non significa affatto opposizione ma significa impedire che una confessione possa interferire negli affari di stato dettando di fatto una agenda politica,e facendo si' che tale interferenza si estenda indebitamente anche a categorie sociali che non sono interessate dal punto di vista valoriale da quelle valenze confessionali,in sostanza,la laicita',oltre che costituzionale,e' anche un'impostazione che guida la politica dei vari paesi,andando con cio' oltre il punto di vista meramente confessionale.


La crisi è emersa in tutte le battaglie etiche recenti, dal terrorismo alla bioetica, facendo vacillare antiche convinzioni “laiche”. Di queste convinzioni vogliamo qui cogliere – per cominciare un dibattito – la radice epistemologica, ossia ciò che riguarda la conoscenza che esse presuppongono.

La presunta (secondo tale signore) crisi della laicita' e' tale non per natura intrinseca,di per se' sufficientemente tale da garantire libera espressione,ma da fattori esterni,da pressioni estranee alla sua sfera prettamente costituzionale,un tale principio e' forte se sussistono condizioni di equilibrio adeguate (ossia la' ove e' abbastanza tutelato e rispettato),e' debole la' ove non sussistono tali condizioni,ossia,ove la rappresentativita' del pensiero laico e' limitata rispetto alla rapresentativita' del pensiero confessionale come avviene nel nostro paese.

L’ex presidente della Corte Costituzionale Zagrebelsky ha spiegato con la solita chiarezza qual è il “nucleo irrinunciabile” di questa visione di laicità: laico è chi è prima un cittadino e poi “tutto il resto”,comprendendo nel “resto” religioni, squadre di calcio, circoli, ideologie di ogni genere e tipo. Insomma, come diceva Rousseau, prima si deve essere cittadini e poi uomini. Il nemico della laicità – conclude l’insigne giurista – è ogni forma di “appartenenza”.


In due parole: se togliamo l’appartenenza, aboliremo l’ingiustizia e fanatismo.
Peccato che questo schema illuminista non funzioni più. L’inter-culturalismo delle nostre società occidentali mostra che nessuno può più riconoscersi in questa visione di laicità se non un pugno di accademici occidentali con la perenne pretesa di insegnare come il mondo “dovrebbe essere”.
Indifferente a questi ultimi, la narrazione di sé della gran maggioranza del mondo comprende ogni genere di appartenenze in cui ci si riconosce: dalla religione alla tradizione, dalla squadra di calcio alla marca delle scarpe. Pensate davvero che nelle villas argentine, nei ghetti americani, nelle banlieues parigine (i tipi di società che Zagrebelsky vorrebbe migliorare con la laicità dello Stato) essere prima “cittadino” e poi “tutto il resto” abbia un senso?Del resto, nella vita di ciascuno non è proprio l’appartenenza alla propria famiglia, scuola, squadra di calcio, religione e Paese, che collabora all’identità? Più ancora, non è la propria esperienza di una realtà che ci precede (era già lì quando siamo “arrivati”) che costituisce l’unico uomo che può diventare un cittadino?

La laicita' non e' pura indifferenza,significa solo evitare di trasformare una qualche sorta di appartenenza in natura di stato,perche' altrimenti dovremmo statalizzare (e percio' assolutizzare) ogni forma di appartenenza.Semmai,sono le varie forme di apartenenza che devono si' richiedere di essere tutelate e rispettate,ma non a discapito di altre,e' questo il limite che pone per l'appunto la laicita' costituzionalmente intesa.Semmai,cio' che manca e' forse un maggior rafforzamento giuridico-costituzionale delle varie forme di appartenenza,ma senza con cio' arrivare per esempio a dare priviliegi a questa o a quell'altra forma di appartenenza sulla base di ipotetiche superiorita'.



Certo, le identità particolari possono sfociare nel fondamentalismo.

la laicita' serve anche e sopratutto a questo.

Il problema, però, non è la troppa appartenenza, ma quello che ha messo in luce Pennac nel suo libro sulla scuola: le appartenenze sono pericolose quando non sono giudicate (È giusto? È vero? È buono? È bello?). E non sono giudicate quando ci vengono imposte le parole con cui descriverle.

Le appartenenze hanno tutta la liberta' di esprimersi,ma non a scapito di altre,la laicita' serve proprio a garantire cio',ossia,che l'espressione di una forma di appartenenza non arrivi a legittimare e a estendere indebitamente certe sue rivalse a tutta la collettivita',a tutte le altre appartenenze che non le condividono.
In secondo luogo,a livello costituzionale,si evita di adoperare il termine appatenenza,ci sono termini che sono giuridicamente piu' neutri proprio perche' la laicita',nel corso della sua evoluzione storico-linguistica,e' arrivata a godere di una collocazione imprescindibile nell'ambito del neo-costituzionalismo odierno.


Dall’amore privato alla politica, usiamo le parole (e i gesti) imposte dai film e dalle pubblicità, dai professori e dai giornalisti. “Liberare le parole”, connettere esperienza e pensiero è il primo passo per superare l’estraneità che sfocia in violenza e per riconoscere chi sa insegnare davvero.

Qui,come prima,l'autore fa al solito confusione,l'estraneita' (ossia l'indifferenza ovvero il principio di non interferenza) di per se non ha alcuna conseguenza,semmai sono le varie forme di appartenenza che con la loro carica oppositiva creano contrasti e tensione con le altre forme di appartenenza non rispettando i propri limiti,percio',non e' al principio di laicita' che si deve attribuire la tensione sociale ma bensi' alle valenze valoriali delle varie forme di appartenenza che in alcuni casi travalicano i propri limiti pretendendo di estendere le proprie valenze valoriale ad altre forme di appartenenza che non le condividono,non rispettando con cio' valenze valoriali di quest'ultime,non rispettando in conclusione il princiio di laicita' (ecco perche' dicevo che la Chiesa,in altro post,ha una natura essenzialmente anti-laica).

Non c’è da avere paura delle differenze se le parole indicano lealmente un’esperienza della vita perché la realtà mostrerà la propria verità. Sarà l’esperienza a mostrare il “senso comune” che presiede a ogni cultura autentica.

Anche questa e' mera retorica,la laicita' non ha affatto paure delle differenza dato che anzi ne consente l'espressione,semmai si teme che tali differenze si trasformino,si radichino,si auto-assolutizzano (come nel caso della CCR),minacciando con cio' differenze valoriali altrui,non rispettandole,infrangendo con cio' il principio costituzionale della laicita'.Semmai,non e' della laicita' che ci si deve preoccupare,ma bensi di certe appartenenze che intendono agire a livelo istituzionale imonendsi come tale su tutte le altre.

Conviene forse riprendere un’altra definizione di “laico”: quella che oppone “laico” a “clericale”. Clericale è chi controlla il significato delle parole, imponendole a prescindere dall’esperienza, laico è chi usa le parole secondo l’esperienza.


Qui,ovviamente,c'e' tutta una definizione di laicita' rimasta ai secoli XVI e XVII,ovviamente,oggi,il concetto di laico e' ben diverso da quello proposto da questo autore,che,mi sembra di capire,non fa altro che distorcere a favore della propria prospettiva.

In questo senso, il temutissimo Papa che aux Bernardins sostiene che se uno cerca la Vita, deve imparare la grammatica, è più laico di chi ci vuole tutti, a priori, “citoyens”.


Ecco,allora mi pare di capire che laico sarebbe anche contro la Vita secondo tale autore, be',allora ho finalmente capito,questo autore intende sostenere la versione di laicita' positiva alla Ratzinger.


Il Sussidiario, 2 ottobre 2008

Paolo di Soccorso Spirituale, 4 ottobre


[SM=x1061909] [SM=x1061909] [SM=x1061909]

[Modificato da pcerini 04/10/2008 13:25]
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Fu così che suddetto Paolo di Soccorso Spirituale la fece in barba a
Giovanni Maddalena:


Giovanni Maddalena (Torino, 1971) ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università di Roma Tre ed è attualmente assegnista di ricerca presso l'Università del Piemonte Orientale. Oltre ad articoli su Bergson, MacIntyre e Peirce, ha pubblicato la monografia La lotta delle tradizioni. A. MacIntyre e la filosofia americana, L'Arciere, Cuneo, 2000 e la raccolta di scritti peirceiani Pragmatismo e oltre, Bompiani, Milano, 2000.




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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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MauriF, 04.10.2008 15:35:

Giovanni Maddalena (Torino, 1971) ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università di Roma Tre ed è attualmente assegnista di ricerca presso l'Università del Piemonte Orientale. Oltre ad articoli su Bergson, MacIntyre e Peirce, ha pubblicato la monografia La lotta delle tradizioni. A. MacIntyre e la filosofia americana, L'Arciere, Cuneo, 2000 e la raccolta di scritti peirceiani Pragmatismo e oltre, Bompiani, Milano, 2000.



Nonche' cattolico fino all' osso e baciapile del Vaticano.

Ma questo non ti conviene dirlo, eh, Mauri? [SM=x1061913]


Ma quando ti stancherai, di fare figure da ....somarof? [SM=x1061912]

Ciao
Claudio





“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
Joseph Pulitzer (1847-1911), Fondatore Premio Pulitzer
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04/10/2008 15:58
 
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Ah, ho capito...siccome è cattolico allora è ignorante ed incompetente...
hehe.

Le vostre argomentazioni sono sempre più incisive.


[SM=g1660862]



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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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Re:
MauriF, 04.10.2008 15:58:

Ah, ho capito...siccome è cattolico allora è ignorante ed incompetente...
hehe.


[SM=g1660862]



No no.

Odifreddi, siccome e' un professore ateo, spara solo caxxate.

Lo stesso dicasi di tutti gli altri che osano sputtanare la vostra monnezza.

Se poi lo fa un cattolico dite che non e' cattolico.

Ergo: non imbrogliate piu' nessuno.


[SM=g1660863]










“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sè non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri”.
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04/10/2008 20:01
 
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Sai quando uno fa i conti....è meglio che si dedichi esclusivamente al pallottoliere.




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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
04/10/2008 20:04
 
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MauriF,grande scienziato,Rainboy e spirito!libero atendono ancora una tua risposta in merito a quella citazione dal libro di zoologia,che fai,scappi?

[SM=x1061910] [SM=x1061910] [SM=x1061910]
05/10/2008 12:49
 
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A rifaccio la domanda:

MauriF,grande scienziato,Rainboy e spirito!libero atendono ancora una tua risposta in merito a quella citazione dal libro di zoologia,che fai,scappi?

[SM=x1061910] [SM=x1061910] [SM=x1061910]
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05/10/2008 13:42
 
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Mi sembra di aver già risposto ampiamente, non ho intenzione di sprecare ulteriore tempo.




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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
05/10/2008 15:36
 
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Re:
MauriF, 05/10/2008 13.42:

Mi sembra di aver già risposto ampiamente, non ho intenzione di sprecare ulteriore tempo.





Non e' vero,ti hanno posto delle obiezioni in merito alla tua citazione alle quali tu non hai risposto,te la sei data a gambe.

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