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Testamento biologico

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2009 09:44
17/09/2007 02:07
 
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riporto da Apocalisse un post di "Papa Nero"
da freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=6768600&#idm...

Riporto da Repubblica del 15 settembre l’intervento del professor Umberto Veronesi:


Pubblicato da don Franco Barbero


Niente di nuovo nelle dichiarazioni della Congregazione per la dottrina della fede sulla nutrizione
artificiale, che non fanno che ribadire le posizioni storiche della Chiesa su questo tema.

Le parole di oggi non spostano la situazione di chi si ritrova in coma vegetativo permanente e dei suoi familiari, perché non è solo la Chiesa a vietare l´interruzione di trattamenti che tengono artificialmente in vita una persona, ma lo Stato italiano.

La posizione su cui riflettere e discutere non è dunque quella del Papa, ma, semmai, quella della nostra legge.

Perché di questo stiamo parlando: se è giusto o no, se è legale o no prolungare con la nutrizione e idratazione artificiale la vita biologica di un corpo umano che ha perso per sempre il suo legame con la coscienza, trovandosi in situazione di coma irreversibile.

Infatti Beppe Englaro, padre di Eluana, da anni non fa che peregrinare da una Corte di Giustizia all´altra, nella speranza di poter porre fine alla straziante esistenza artificiale di sua figlia, che è in coma vegetativo permanente da 15 anni, senza essere accusato di omicidio.

In realtà esiste la dichiarazione di una Commissione di esperti che, come ministro della Sanità, avevo insediato nel 2000. La Commissione, formata da medici, medici legali, esperti di bioetica e
anche giuristi, come Amedeo Santosuosso, era giunta alla conclusione che poiché per somministrare la nutrizione e idratazione artificiale bisogna somministrare anche dei farmaci, di fatto stiamo parlando di trattamenti medici che, come tali, possono essere sospesi in base a una valutazione di utilità per il paziente considerato nella sua globalità.

Subito si levarono le voci di chi sosteneva che in ogni caso bisogna fornire al malato il sostentamento minimo per proseguire l´esistenza biologica.

E su questo si può discutere, ma il dibattito non c´è mai stato: il Parlamento non ha preso una posizione e continua a non decidere e i giudici, per lo più, fanno finta di niente, o quasi. Ora entro settembre il caso Englaro verrà discusso in Cassazione e vedremo se qualcosa succede.

In attesa di un cambiamento culturale nei confronti della vita artificiale io mi sono battuto per uno strumento che potrebbe prevenire i casi alla Englaro. È il testamento biologico, che è appunto l´espressione delle volontà della persona riguardo ai trattamenti che vorrebbe o non vorrebbe ricevere (in primis quelli che tengono artificialmente in vita) in caso di sopravvenuta incapacità di intendere e volere.

Se la giovanissima Eluana avesse messo per iscritto la sua determinazione assoluta a non vivere una vita artificiale, invece che confidarlo al padre e agli amici, oggi Beppe Englaro non sarebbe nella drammatica situazione di non poter esaudire il desiderio di sua figlia circa la sua stessa vita.

Il testamento biologico sarebbe in verità già valido nel nostro Paese, in base alla nostra Costituzione (articolo 32) e alla Convenzione di Oviedo; ma certo una legge che "stabilizzi" le volontà del cittadino e le renda vincolanti, sarebbe auspicabile e necessaria. Resta da sperare che il Parlamento non affossi anche questa proposta.



donfrancobarbero.blogspot.com/
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17/09/2007 02:09
 
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Metto anche questa vecchia proposta della carta dell'autodetermnazione di Maurizio Moi che quando la lessi mi colpi' molto in cui parlo' della situazione della fame d'aria,situazione cui ando' incontro mio padre che mori' per un cancro al polmone a causa del vizio del fumo.

da www.geocities.com/centrotobagi/unaci3.html

Maurizio Mori
La «Carta dell'autodeterminazione»

Maurizio Mori è componente della Consulta di Bioetica e dirige la rivista "Bioetica".

La Consulta di Bioetica ha avanzato una proposta di legge sul riconoscimento della carta dell'autodeterminazione. Di cosa si tratta?
La carta dell'autodeterminazione, che ogni tanto viene anche chiamata testamento biologico o living will, testamento di vita, o ancora bio-card, per stemperare il pathos, in sostanza è un documento in cui uno lascia per iscritto le disposizioni circa i trattamenti che vuole gli vengano riservati nelle fasi terminali della vita, nel caso avesse perso la capacità di intendere e volere e fosse quindi diventato "incompetente" come noi diciamo.
Senz'altro è un passo decisivo e sostanziale nella questione relativa alla fine della vita, perché si tratta di introdurre anche nell'ordinamento giuridico il riconoscimento dell'autonomia e delle capacità di scelta in tale ambito.
In quali casi è contemplata tale possibilità?
Per adesso è consentito solo nei casi legali, cioè ad esempio per la sospensione delle terapie, che è prevista dall'ordinamento: i medici già potrebbero sospendere le terapie, anche se, di fatto, ciò non succede per un eccesso di autotutela da parte del medico.
Senz'altro più controversa resta invece la questione relativa allo stato vegetativo persistente, perché si tratta di persone che ormai hanno perso le funzioni superiori del cervello, ma rimane il tronco encefalico, per cui si ha ancora respirazione autonoma e questo permette di resistere anni, anche decenni. Questi sono casi non ancora previsti, perché non rientrano nella definizione di "morte cerebrale", anche se per loro non c'è speranza di ritorno a vita cosciente.
Ora, in questo caso uno potrebbe richiedere appunto la sospensione delle terapie oppure di lasciare i propri resti corporei, mortali (bodily remains li chiamano in inglese perché a quel punto non si può neanche più parlare di "corpo") ad esempio, per la sperimentazione scientifica, per testare nuovi farmaci. Ormai la persona non c'è più, non c'è neanche più la capacità di provare piacere o dolore... Ecco, può sembrare brutale, ma secondo me sono già morti, indipendentemente dal fatto che respirino: sono morti in quanto persone, non in quanto esseri umani. La distinzione tra essere umano e persona per me è fondamentale: non tutti gli esseri umani sono persone.
So che sono affermazioni abbastanza impressionanti, sconcertanti, non a caso l'estensione della nostra capacità di autonomia in questi nuovi ambiti crea non pochi problemi. Io però mi chiedo se non sia comunque meglio essere consapevoli e prendere atto del cambiamento intervenuto, casomai anche scegliendo di non accettare questa opportunità di intervento.
Perché proprio oggi si rende opportuno un intervento di questo tipo?
Si tratta evidentemente di una questione controversa. Quello che è certo è che ormai gli avanzamenti tecnici in campo bio-medico, con la capacità di conoscere e sostenere la vita biologica, impongono scelte precise in proposito, che non sono più demandate o demandabili a terzi. E questo non perché, come sostengono molte delle tesi conservatrici e tradizionaliste, la tecnica distrugge ogni valore, ma piuttosto in quanto apre nuove possibilità di scelta. Ecco, se Sartre diceva: "Siamo condannati a essere liberi", sottolineando soprattutto il peso della libertà, possiamo dire che la carta dell'autodeterminazione è un ulteriore passo in quella direzione. D'altra parte, un tempo l'autodeterminazione non esisteva neanche in campo sociale: non occorreva scegliersi il lavoro (arrivati a una certa età, senza neanche rendersene conto, si faceva il lavoro del proprio padre), e nemmeno se, quando o chi sposare (decidevano i genitori). Oggi dobbiamo continuamente scegliere cosa fare, e talvolta è senz'altro un grosso carico, perché il campo di scelta oggi si estende fino a coinvolgere la sfera biologica.
Qui varrebbe la pena di essere chiari anche su un punto: non è vero che sulle questioni che stiamo trattando le decisioni non vengono prese, che vengono prese dalla natura: le prende comunque qualcuno. E allora noi riteniamo che la persona più titolata a prendere tali decisioni sia il soggetto medesimo, appunto lasciando disposizioni conformi alle proprie volontà. Ove questo non accada, o nel caso che la situazione che si verifica non fosse prevista, l'interessato può designare un fiduciario, eventualmente anche un vice, (se l'incaricato risultasse irreperibile oppure fosse la moglie e ci fosse stato un incidente stradale che ha coinvolto entrambi). Noi riteniamo che questo sia un forte avanzamento di civiltà perché, ripeto, le decisioni vengono prese comunque, semplicemente spesso restano occultate. Ora, qui non si discute della bontà o cattiveria di chi decide, ossia i medici.
Il punto è che possono esserci divergenze di visioni del mondo tali da farci pensare che quand'anche si trattasse del migliore medico, preferiamo che la decisione sia demandata al soggetto.
Cade anche l'idea che la vita è sempre un bene, che è anche un baluardo teologico?
L'avanzamento tecnico delle nostre conoscenze, per quanto riguarda la fase terminale della vita, ha svelato che quella convinzione, a prima vista scontata e ovvia, addirittura banale, in realtà è falsa. L'enciclica Evangelium vitae, al n. 34 dice esplicitamente: "La vita è sempre un bene". E aggiunge che questa è un'intuizione, o addirittura un dato d'esperienza, di cui l'uomo è chiamato a cogliere la radice profonda. Ebbene, in realtà che la vita sia sempre un bene non lo crede più neanche la chiesa cattolica, perché allora ci sarebbe il dovere di fare sempre tutto il possibile, e anche l'impossibile, pur di preservarla e non sarebbe mai lecita la sospensione delle terapie. Invece da Pio XII in avanti anche i cattolici ritengono che in circostanze terminali, a un certo punto, è lecito sospendere le terapie e lasciare che la natura faccia il proprio corso. Perché è vero che la vita è un bene nelle circostanze normali, ma oggi la scienza e la tecnica ci hanno costretto a confrontarci con situazioni che, se in passato erano del tutto marginali e quasi inesistenti, oggi sono diventate sempre più visibili e frequenti. Un tempo il processo del morire era caratterizzato da tre aspetti: primo, la morte era prematura, si moriva giovani rispetto alle reali potenzialità dell'organismo; secondo, la morte era imprevista e imprevedibile, anche perché la capacità di diagnosi era limitata (c'era lo sguardo, un po' di tatto e basta); terzo, il processo del morire era di breve durata, con la polmonite, ad esempio, dopo 9 giorni c'era la crisi e nella fase acuta, quando la febbre saliva non c'era niente da fare, semplicemente si aspettava. Oggi invece il morire può essere prolungato di anni, decenni, per cui una situazione prima di dimensioni limitate, si espande e diventa un problema anche sociale.
Non solo, la medicina contemporanea ci costringe a una chiarezza che un tempo potevamo cercare di evitare.
Uno dei tratti salienti dell'umanità per come la conosciamo risiede nell'ambiguità: vedo, non vedo, decido, non decido, so, non so. Carlo De Fanti, ex presidente della Consulta di bioetica, che adesso dirige il più grande reparto di neurologia di Milano Niguarda, osservava come il codice deontologico dei medici, anche l'ultimo, ci mantenesse in questa ambiguità: si deve comunicare la verità senza mai togliere la speranza. Ma come è possibile? Di fronte alle diagnosi di una volta c'era sempre la possibilità della speranza, ma di fronte a certe Tac di oggi... Allora, il punto è che la medicina industriale ci toglie quell'elemento di ambiguità e a mio avviso è proprio questo che la rende disumanizzante. Certo, lo è anche perché a volte ci sono gli infermieri scorbutici, con gli zoccoli che fanno rumore, per la scarsità dei rapporti umani... Ma a mio giudizio c'è un elemento strutturale ben più profondo, legato al fatto che ormai anche il versante più prettamente biologico della nostra vita è entrato nel nostro ambito di decisione. D'altra parte anche da un punto di vista storico questo è un processo ineluttabile. Se pensiamo ai tre grandi cardini della vita sociale -il matrimonio, l'unione, cioè, di due adulti al fine di generare, la nascita, l'apparire, cioè, di un nuovo individuo, e la morte- vediamo che la presa di controllo del matrimonio, iniziata con l'illuminismo, è ormai del tutto acquisita con l'introduzione del divorzio e il controllo della trasmissione della vita attraverso la contraccezione, e che ora stiamo arrivando a controllare anche gli altri due momenti: l'ingresso nella vita e la morte. Questo comporterà una completa riorganizzazione della vita sociale.
La bioetica viene intesa come "disciplina" dei limiti da porre alla scienza?
Secondo mons. Sgreggia, il compito della bioetica è l'individuazione delle barriere etiche da porre all'avanzamento tecnico-scientifico. Quest'idea che ci si deve difendere da qualcosa comporta però la convinzione che ci sia già un ordine, una legge naturale stabilita a priori. Ma se si prescinde da questa concezione della vita e del mondo, che secondo me è insostenibile perché la tecnica la mette in discussione, queste presunte frontiere inviolabili risultano di fatto storiche, ossia determinate dalla nostra incapacità di controllare i processi vitali. Allora, è evidente che la bioetica è diventata così importante, perché comporta una forte riorganizzazione di noi stessi, del nostro modo di vivere. E giustamente il diritto futuro diventerà sempre più intrusivo in questi ambiti, ma non per vietare, bensì per consentire a tutti l'esercizio della propria libertà. Questa è l'idea cruciale.
Trovo invece fuorviante rifarsi, in modo spesso ossessivo, ai diritti dell'uomo, ipotizzando, addirittura, di aggiungere una postilla sulla bioetica. I diritti dell'uomo sono nati in un'epoca in cui questi problemi non c'erano, perché non c'era stata la rivoluzione medico-biologica. Basterebbe osservare che nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, i termini "persona", "individuo", "essere umano" sono usati come normali sinonimi, cosa che andava benissimo fino a quando la scienza non ci ha costretto a vedere meglio i fenomeni di cui abbiamo parlato prima.
Molti dei problemi che oggi noi ci troviamo ad affrontare a mio giudizio dipendono dal superamento e dall'abbandono di quello che io chiamo "il principio di sacralità della vita", che non equivale affatto a non uccidere. Il principio della sacralità della vita equivale al rispetto dei due grandi finalismi biologici: riproduzione e autoconservazione. Capita che per noi non c'è più il dovere di rispettare questi finalismi biologici e questo sposta completamente il quadro logico della situazione e ci costringe a nuovi tipi di intervento.
Per quanto riguarda l'eutanasia, il suicidio assistito, come intendete muovervi?
Il problema dell'eutanasia e del suicidio assistito rientrano pienamente nel discorso che stiamo affrontando. Oggi noi non lo proponiamo, perché in Italia non è consentito dalla legge, ma ciò non toglie che potrebbe essere una delle clausole nella carta dell'autodeterminazione. Ovviamente, su questo bisogna essere molto chiari: nessuno ama l'eutanasia, il problema è che ci sono circostanze in cui l'alternativa è tra il lasciare che la natura conduca a una morte impietosa e straziante oppure morire con dignità decidendo della propria sorte. Questa è la distinzione fondamentale. Il dilemma può essere formulato in questi termini: esiste o meno la situazione infernale, cioè esistono situazioni in cui è meglio non esistere piuttosto che esistere? Evidentemente sì. Ora, una situazione infernale può essere causata artificialmente dall'uomo, con il cosiddetto accanimento terapeutico, che vuol dire mancanza di limiti, e una volontà di strafare, da parte dell'uomo, che provoca dolore e vìola la dignità delle persone. In altre situazioni, però, la situazione infernale viene provocata dalla natura. Allora, la domanda è: se è doveroso evitare la situazione infernale creata dall'uomo, perché di per sé dovrebbe essere lecito lasciare alcuni soggetti nella situazione infernale prodotta dalla natura? In nome di che concedere un tale privilegio al versante della natura? Io sono convinto che in situazioni particolarmente tragiche sia un dovere profondamente morale intervenire.
L'esempio più tipico è quello dei malati di cancro ai polmoni, che arrivati a un certo stadio, quando ormai in pratica il polmone non c'è più, patiscono quella che si chiama "fame d'aria", che è una sofferenza inaudita. A questo punto, attualmente, l'unico modo per risolvere la situazione è la sedazione totale, che già viene praticata per contenere almeno il dolore fisico nelle situazioni infernali, ma qui insorge un grande problema: sedare qualcuno, sapendo che non riprenderà coscienza, non equivale a uccidere?
Quando si parla di eutanasia un'espressione corrente è quella di "china scivolosa". Cosa si intende?
La "china scivolosa" si riferisce all'idea secondo la quale, una volta ammesso il principio che è lecito porre fine alla vita di chi si trova in queste circostanze estreme, non si riesce più a controllare il processo, e si apre un varco all'abuso. La realtà è che la possibilità di abusi esiste sempre, quindi io non escludo a priori tale eventualità, ma bisogna tener presente che questo ragionamento vale anche per la situazione attuale. Anzi, a mio giudizio di solito è molto più grave il paravento di una situazione ufficialmente sicura, piuttosto che un contesto in cui si ammette questo pericolo andando poi a controllare i singoli casi, in modo che gli abusi vengano denunciati, dichiarati e puniti, per quanto possibile. Coloro che son contrari all'eutanasia sono proprio così convinti che oggi non capiti mai? O forse fa comodo far finta che non capiti? Io su questo avrei tante domande. Per esempio: qui in Italia, di bambini con la sindrome di down, nati con l'occlusione all'esofago per i quali si tratta di decidere se operare l'esofago e farli vivere oppure no, non ne nascono mai? Negli Usa questo problema è stato posto ed è dovuta intervenire la Corte suprema. Da noi non si verificano mai situazioni del genere? E poi in Italia i vegetativi persistenti dove sono? Quanti sono? Come muoiono? Muoiono tutti naturalmente e come? E' proprio così sicuro che in Italia di fronte a certe situazioni veramente drammatiche, mossi da una normale benevolenza e pietà per le sofferenze altrui non si intervenga di gia'?
17/09/2007 02:11
 
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da freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=6765860 il post di kelly su Apocalisse

Da "Colloqui col Padre" di Famiglia Cristiana num 14 del 8-4 2007

Lettera di un medico e relativa (scontatissima) risposta.

Caro padre, la scomunica che colpisce chi pratica o presta la propria opera a un aborto ha colpito anche me, cardiologo, non obiettore di coscienza. Mi è stato chiesto di assistere una paziente che ha scelto di interrompere la gravidanza perché il feto era portatore di gravi malformazioni, seppur compatibili con la vita biologicamente intesa. Io sono felice di essere stato scomunicato.

Ritengo profondamente ingiusto che la Chiesa voglia intervenire in maniera così autoritaria non sull’etica, ma sull’ordinamento amministrativo di uno Stato sovrano. Così come trovo ingiusto chiedere a un parlamentare cattolico di farsi guidare nelle scelte di voto dall’etica della Chiesa. Non viviamo in una Repubblica confessionale, e un deputato cattolico non può decidere anche per chi cattolico non è, e per chi ha valori etici diversi.

La stessa concezione della vita e del possesso dell’anima da parte del feto sono molto diversi fra ebrei, musulmani e cattolici. Perché dovremmo imporre la nostra visione anche a chi non la pensa come noi? L’Italia non è lo Stato pontificio! È auspicabile una sana laicità per tutti i parlamentari; io vorrei che lo Stato avesse come guida e come ideale un’etica illuminata, dove ciascuno, nel rispetto della legge, potesse decidere di sé autonomamente e secondo la propria coscienza, senza essere costretto a sottostare a leggi che derivano da princìpi confessionali che non condivide.

Sono contento di essere fuori da questa Chiesa, dove la pietà è stata sostituita dalla crudeltà (vedi il caso Welby o la campagna antireferendaria sulla Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita); dove la verità è stata sostituita dall’ipocrisia (si contrasta il divorzio quando poi la Sacra Rota annulla matrimoni con sentenze al limite della barzelletta; per non parlare del trattamento riservato agli omosessuali); dove si condanna senza appello il relativismo (dimenticando che il contrario del relativismo è l’assolutismo!).

Vorrei vivere in uno Stato laico, dove ciascuno possa decidere di sé stesso secondo il proprio credo e le proprie convinzioni etiche, nel rispetto di leggi non dettate da "intermediari porporati". Vorrei vivere in uno Stato che garantisca i diritti anche di quei cittadini che decidono di fare scelte diverse dal matrimonio. Vorrei vivere in uno Stato dove l’ideale illuministico possa convivere con quello del sentimento religioso, senza che quest’ultimo debba prevalere sull’altro. Vorrei vivere in uno Stato dove la Chiesa non abbia la presunzione di imporre la propria verità a chi non crede; vorrei una Chiesa dialogante e non arrogante, non impegnata in "moderne crociate" oppure alla caccia delle streghe. Fino ad allora sarò contento di essere scomunicato.

Dr. Francesco D.



La laicità dello Stato significa accoglienza e, insieme, imparzialità nei confronti delle diverse religioni ed etiche religiose. Il cittadino, infatti, può essere credente o non credente, appartenere a una religione piuttosto che a un’altra. Ha, quindi, il diritto di sottostare a una legislazione civile, non confessionale.

Laicità dello Stato, tuttavia, non vuol dire neutralità o imparzialità nei confronti dell’etica umana, fondata sui valori (diritti) della persona che rinviano a esigenze che sono di ogni uomo a prescindere dal credo religioso o ideologico. In altre parole, le leggi civili sono giuste o ingiuste non in riferimento a una morale di un particolare gruppo umano o di una morale di tipo confessionale, ma innanzitutto a una morale umana. In breve, la categoria dei diritti umani è il criterio in base al quale si giudica la giustizia/ingiustizia delle leggi civili e penali.

Se non si rimane irretiti nelle sterili contrapposizioni ideologiche, si può facilmente verificare che nessuna legge dello Stato, tra quelle ricordate nella lettera, è di tipo confessionale. La permissione giuridica dell’aborto, in particolari condizioni, è insostenibile per motivazioni razionali prima ancora che confessionali: il diritto alla vita è un diritto fondamentale di ogni essere umano, che la legge deve tutelare; che il feto sia un essere umano fin dall’inizio, e non a partire da una soglia biologica successiva, è una tesi che ha basi razionali; che il feto non sia da considerare una merce da scartare quando è "avariata" non ci si arriva per fede, ma attraverso la ragione.

La scomunica nella quale incorre il cattolico che pratica e favorisce l’aborto è un invito a comprendere la gravità di un delitto che si tende a nascondere e a giustificare. La legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita è certamente una legge restrittiva, ma non è confessionale: il divieto della fecondazione eterologa, del congelamento degli embrioni... si fonda su un’argomentazione razionale; sarà più o meno condivisibile, ma ciò non toglie che l’argomentazione sia razionale.

Così la proibizione del matrimonio omosessuale e dell’eventuale adozione non deriva da particolari concezioni religiose, ma da una valutazione di ragione e, in questo caso, dal diritto del bambino ad avere un padre e una madre.

Si esige che la legge civile sia il risultato di un dibattito che coinvolga parlamentari di diversa fede religiosa e di diversa opzione etica. Il parlamentare cattolico non pretende di imporre le esigenze della sua etica, ma anche il cosiddetto laico non può pretendere di avere il monopolio della ragione. È una strana laicità quella di ritenere che l’argomentazione razionale sia solo dalla sua parte e che dall’altra ci siano solo concezioni fideistiche; che da una parte ci sia senso democratico e che dall’altra ci sia imposizione del proprio credo e della propria etica.

Ogniqualvolta che i cattolici in politica si impegnano democraticamente a elaborare leggi a favore del diritto alla vita (contro l’aborto); del rispetto alla vita dall’inizio al termine naturale (contro l’uso strumentale degli embrioni e l’eutanasia); del diritto del nascituro ad avere due genitori certi (contro la fecondazione eterologa)..., argomentano in base ai diritti umani e al bene comune.

Oggi più che mai, come ci ricorda la recente Nota pastorale della Cei (che pubblichiamo a pag. 31), i cattolici impegnati in politica si trovano a operare in un contesto culturale «nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale». Se i cattolici saranno coerenti con la loro fede e più avvertiti degli altri in tema di diritti umani, sarà un bene per loro e per tutti.



D.A.


www.stpauls.it/fc/0714fc/0714fc08.htm
28/01/2009 15:54
 
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Pessime notizie
da www.uaar.it/news/2009/01/28/senato-partita-discussione-sul-testamento-bi...

Senato, partita la discussione sul testamento biologico
E’ infine partita, presso la commissione Sanità del Senato, la discussione parlamentare sui diversi progetti di legge concernenti il testamento biologico. Il testo-base, redatto da Raffaele Calabrò, è molto vicino alle posizioni espresse dal presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco: sostenuto dalla maggioranza, prevede il divieto di inserire nutrizione e idratazione nelle dichiarazioni anticipate di trattamento, in quanto “sono forme di sostegno vitale, la cui sospensione configurerebbe un’ipotesi di eutanasia passiva”.
La maggioranza si è finora mostrata abbastanza compatta a sostegno di tale testo. Più diviso il PD: nove senatori teodem l’hanno definito “una buona sintesi”, laddove Ignazio Marino lo giudica “lontano dalle sofferenze dei pazienti”.
Nel frattempo, secondo anticipazioni di stampa la casa di cura “La Quiete” di Udine avrebbe inserito Eluana Englaro nella lista di attesa.

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Commento personale:la solita presa per il culo,e la dittatura della maggioranza che intende imporre la sua visione etica sulla vita e sulla morte su tutti gli italiani in conformita' al pensiero cattolico.Una tale proposta,diversamente da quella di Ignazio marino (PD) che venne resa nota dalla dottoressa Ilaria, contiene il cosiddetto principio della "indisponibilita' della vita", principio eminentememte cattolico perche' ispirato da etica divina,in secondo luogo,l'alimentazione non verrebbe considerata "terapia" in contrasto con il parere di altri medici (tra cui alcuni del CNB) che invece la considerano terapia a tutti gli effetti.

Be',allora ha ragione Veronesi,ma che si fa a fare una tale legge se poi rimane tutto come prima?

Al diavolo la destra,al diavolo la politica,al diavolo i teodem che voglioni impormi la loro visione,informando la legge sul TB non sul principio pluralistico ma bensi' su un'unico elemento assoluto (l'indisponibilita' della vita).
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28/01/2009 17:02
 
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RE

Grazie Paolo di questi "remenber". Tu sai quanto anch'io ho dato e darò per la soluzione del problema.
Viviamo in un paese clericale e purtroppo i risultati si vedono.
Non demordiamo; io spero che gli altri stati della CE decidano in tal senso non avendo il vatic-ano in casa e allora ,magari con 20 anni di ritardo, pure noi potremo beneficiarne!!!

Un abbraccio. [SM=x1061918]

omega [SM=x1061912] [SM=x1061912] [SM=x1061912]





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Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
04/02/2009 12:40
 
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giovedì 29 gennaio 2009
Testamento biologico, la truffa è servita

C’è un nuovo colpo di scena nella saga (o dovremmo dire soap opera vista l’interminabile durata?) del dibattito parlamentare sul testamento biologico, altrimenti definito direttive anticipate (DAT) o liwing will. Verrebbe da commentare: chiamatelo pure come vi pare a condizione che siano garantite le scelte delle persone - ragione per cui sarebbe importante una legge al riguardo, e non perché si sente la mancanza di una legge inutile o dannosa. Garantire il rispetto delle decisioni di ciascuno di noi quando non siamo più nelle condizioni di esprimere le nostre preferenze, questo dovrebbe regolamentare una buona legge.

COME DOVREBBE ESSERE - Pur rischiando di essere noiosi lo ripetiamo: il testamento biologico dovrebbe assicurarci la possibilità di esprimere oggi le nostre volontà per un tempo in cui non è più possibile farlo, perché abbiamo subito un incidente o perché l’aggravamento di una malattia ce lo impedisce. Dovrebbe, in altre parole, protrarre nel tempo un diritto che ci è già garantito e che è ben espresso nel consenso informato. Quando acconsentiamo ad un intervento già “estendiamo” le nostre volontà per il tempo della anestesia e del tempo che passeremo in stato di incoscienza (si pensi ad interventi che richiedono molte ore di anestesia generale e molte ore, se non giorni, di sedazione tale da impedire una manifestazione attuale del nostro volere). Scegliere se e come curarci, decidere come vivere a patto che la nostra decisione ricada su di noi è un diritto fondamentale. Il patto di non recare danno a terzi è rispettato se decido, ad esempio, di non nutrirmi, di non sottopormi alla chemioterapia o di non essere trachestomizzata.Il cuore della normativa sul testamento biologico dovrebbe essere la garanzia dell’autodeterminazione del singolo, sostenuta da articoli spesso citati, raramente presi sul serio. Basti pensare all’articolo 13 e 32 della Costituzione Italiana.

E INVECE, CIPPERIMERLO - Veniamo al colpo di scena: in commissione Igiene e Sanità viene presentata la proposta di legge del senatore Raffaele Calabrò recante norme su “disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato, e di dichiarazioni anticipate di trattamento“. Questo disegno di legge rispetta le condizioni necessarie per garantire la nostra libera scelta? Sorvoliamo i passi non controversi e quelli più “sottili“, per arrivare a quelli più esplicitamente lesivi della nostra autodeterminazione, pur mantenuta come panorama di riferimento da tutti. Perché è troppo impopolare affermare che le persone dovrebbero essere espropriate della libertà di decidere riguardo alla propria esistenza. All’Articolo 5 (Contenuti e limiti delle dichiarazioni anticipate di trattamento), comma 3 si legge: “3. Il soggetto può, in stato di piena capacità di intendere e di volere e in situazione di compiuta informazione medico-clinica, dichiarare di accettare o meno di essere sottoposto a trattamenti sanitari sperimentali invasivi o ad alta rischiosità, che il medico ritenga possano essergli di giovamento, può altresì dichiarare di accettare o meno trattamenti sanitari che, anche a giudizio del medico avessero potenziale, ma non sicuro carattere di accanimento terapeutico“. Si intuisce quindi che il soggetto non possa decidere su quei trattamenti che siano “sicuramente” di beneficio. Si intuisce che questo costituisca una grave violazione dell’autodeterminazione.Un esempio illumina il problema forse meglio di una risposta teorica: (1) sono un Testimone di Geova, entro in ospedale in seguito ad un incidente, sono cosciente, rifiuto la trasfusione sebbene sia un trattamento adeguato e non straordinario e di sicura efficacia medica: se mi facessero la trasfusione, infatti, la probabilità che io possa vivere senza conseguenze è altissima. Nessuno può obbligarmi a sottopormi alla trasfusione. Nessuno. (2) sono un Testimone di Geova, entro in ospedale in seguito ad un incidente, sono incosciente, ma ho redatto un testamento biologico in cui scrivo le mie volontà; ovvero che rifiuterei la trasfusione sebbene sia un trattamento adeguato e non straordinario e di sicura efficacia medica: se mi facessero la trasfusione, infatti, la probabilità che io possa vivere senza conseguenze è altissima. Nessuno può (dovrebbe) obbligarmi a sottopormi alla trasfusione. Nessuno. Ma dal momento che la trasfusione non rientra nei “trattamenti sanitari sperimentali invasivi o ad alta rischiosità” e neppure “trattamenti sanitari che, anche a giudizio del medico avessero potenziale, ma non sicuro carattere di accanimento terapeutico” il mio volere sarebbe carta straccia.

FACCIAMOCI DEL MALE - Ma questo è solo l’inizio. Nello stesso Articolo 5, comma 4, si ribadisce che nella “DAT può essere esplicitata la rinuncia da parte del soggetto ad ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto di carattere sproporzionato, futili, sperimentali, altamente invasive e invalidanti. Possono essere altresì inserite indicazioni da parte del redattore favorevoli o contrarie all’assistenza religiosa e alla donazione post mortem di tutti o di alcuni suoi organi”. Non si possono rifiutare dunque trattamenti “proporzionati“. Si dimentica che la decisione di curarmi, di come e di se non è una decisione solo medica; l’esempio spesso citato della donna che decise di non farsi amputare la gamba pur sapendo di andare incontro alla morte è, ancora una volta, più efficace di molte spiegazioni teoriche. Se siamo a favore della libertà di scelta dovremmo inorridire di fronte all’idea che quella donna, una volta incosciente, sarebbe stata obbligata a subire l’amputazione in base alle idee di Calabrò e molti altri. Con il comma 6 entriamo in una delle discussioni più assurde degli ultimi mesi: lo statuto di nutrizione e idratazione artificiali. In barba alle dichiarazioni delle associazioni mediche (come la SINPE; si legga anche una interessante lettera sullo stato vegetativo, la nutrizione e i prematuri) i fautori del paternalismo sostengono che siano trattamenti non medici. “Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento”. Basterebbe il buon senso per disattivare lo scopo del definirle “sostegno vitale”: sottrarle alla decisione del paziente. Ma definire la nutrizione e l’idratazione artificiali come “sostegno vitale” è inutile perché, anche se non fossero un trattamento non medico, non dovrebbero essere coercibili. L’alimentazione naturale si può rifiutare - lo sciopero della fame è un diritto garantito anche ai detenuti - e nessuna azione può essere imposta, anche se non è di carattere medico. Nemmeno la carità può essere imposta, o la compagnia! Negando la possibilità di rifiutare la nutrizione (o l’idratazione) si limita ingiustamente la libertà dei pazienti, proprio come se fosse violata la libertà di rifiutare il cibo o la libertà di scegliere cosa leggere. La condizione di non danneggiare nessun altro è rispettata in tutti questi casi, e in tutti questi casi limitare la volontà personale è immorale e inammissibile.

NORME ILLIBERALI, MA PER IL VOSTRO BENE - Facciamo altri due esempi. Ho una neoplasia in stadio avanzato; decido di non alimentarmi, sono cosciente ed esprimo questo mio volere. Non si può che rispettarlo. Lascio scritto che non vorrò essere nutrita e idratata. Non appena perdo conoscenza un medico coscienzioso mi fa una peg perché la nutrizione parenterale non è un trattamento sanitario e quindi mi deve essere imposto come sostegno vitale. Il caso di Eluana Englaro: sono molti quelli che condannano la decisione della Corte di Cassazione in base al fatto che la ragazza non avrebbe lasciato nulla di scritto. Pertanto la sua volontà non è ricostruibile con un margine di certezza accettabile. Molti di questi sostengono un disegno di legge come quello di Calabrò, ovvero un disegno di legge in cui non si potrebbe lasciare scritto nulla sulla nutrizione e l’idratazione artificiale. Risultato: Eluana Englaro, pur se avesse redatto un testamento biologico, sarebbe costretta a mantenere il sondino nasogastrico. Oltre a suggerire l’uso del termine “nutrizione” quando si parla di questi scenari al posto di alimentazione, insomma, sarebbe doveroso suggerire di riflettere sulle affermazioni e sulle conseguenze delle affermazioni. Soprattutto quando rischiano di diventare una legge. All’articolo 6 (Forma e durata della dichiarazione anticipata di trattamento), comma 4, si propone l’aspetto più godibile di ipocrisia nostrana: “Salvo che il soggetto sia divenuto incapace, la Dichiarazione ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia. La DAT può essere indefinitivamente rinnovata, con la forma prescritta nei commi precedenti”. Potrebbero almeno scriverlo esplicitamente che i cittadini vengono considerati come degli individui irresponsabili e un po’ sciroccati, ai quali devi imporre delle norme illiberali, ovviamente per il loro bene!

LO STATO PAPA’ - Basterebbe quanto scritto finora per capire quanto sia inutile redigere un simile documento. E quanto sia una presa in giro. Ma se non bastasse si può leggere quanto si stabilisce sul ruolo del fiduciario (Articolo 7, Fiduciario, comma 4): “Il fiduciario, in stretta collaborazione con il medico curante con il quale realizza l’alleanza terapeutica, si impegna a garantire che si tenga conto delle indicazioni sottoscritte dalla persona nella Dichiarazione Anticipata di Trattamento”. “Si tenga conto”: adorabile eufemismo per dire che le indicazioni del paziente non sono vincolanti, ma sono indicative, come è indicativo l’oroscopo letto al bagno prima di andare a lavorare, e possono essere ignorate se il medico la pensa diversamente. Buffa alleanza quella in cui a decidere è solo uno, e sempre lo stesso: il medico. Infatti (Articolo 8, Ruolo del medico, comma 4 e 5): “4. Nel caso in cui le DAT non siano più corrispondenti agli sviluppi delle conoscenze tecnico-scientifiche e terapeutiche, il medico, sentito il fiduciario, può disattenderle, motivando la decisone nella cartella clinica. 5. Nel caso di controversia tra fiduciario ed il medico curante, la questione è sottoposta alla valutazione di un collegio di medici: medico legale, neurofisiologo, neuroradiologo, medico curante e medico specialista della patologia, designati dalla direzione sanitaria della struttura di ricovero. Tale parere non è vincolante per il medico curante, il quale non sarà tenuto a porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico”.

Bentornato paternalismo!

(Giornalettismo, 29 gennaio 2009)



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“Salvo che il soggetto sia divenuto incapace, la Dichiarazione ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia. La DAT può essere indefinitivamente rinnovata, con la forma prescritta nei commi precedenti”.

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"Eluana non voleva morire"

Lettera aperta di Pietro Crisafulli

La redazione di Tgcom ha ricevuto questa lettera da Pietro Crisafulli (fratello di Salvatore che nel 2005 si risvegliò dopo due anni di stato vegetativo nel quale era caduto dopo un grave incidente stradale) e ha deciso di pubblicarla integralmente:

"Le bugie del padre Beppino"

In questi giorni di passione e sofferenza, nei quali stiamo seguendo con trepidazione il "viaggio della morte" di Eluana Englaro, non posso restare in silenzio di fronte a un evento così drammatico.

Era il maggio del 2005 quando per la prima volta ho conosciuto Beppino Englaro. Eravamo entrambi invitati alla trasmissione "Porta a Porta". Da quel giorno siamo rimasti in contatto ed amici, ci siamo scambiati anche i numeri di telefono, per sentirci, parlare, condividere opinioni. Nel marzo del 2006 andai in Lombardia, a casa di Englaro, in compagnia di un conoscente (la foto in alto a destra lo testimonia, ndr).

Dopo l'appello a Welby da parte di Salvatore, Beppino capì che noi eravamo per la vita. Da quel momento le strade si divisero.

All'epoca anch'io ero favorevole all'eutanasia. Facemmo anche diverse foto insieme, e visitai la città di Lecco. Nella circostanza Beppino Englaro mi fece diverse confidenze, tra le quali che i rappresentanti nazionali del Partito Radicali erano suoi amici. Ma soprattutto, mentre eravamo a cena in un ristorante, in una piazza di Lecco, ammise una triste e drammatica verità.

Beppino Englaro si confidò a tal punto da confessarmi, in presenza di altre persone, che 'non era vero niente che sua figlia avrebbe detto che, nel caso si fosse ridotta un vegetale, avrebbe voluto morire'. In effetti, Beppino, nella sua lunga confessione mi disse che alla fine, si era inventato tutto perché non ce la faceva più a vederla ridotta in quelle condizioni. Che non era più in grado di sopportare la sofferenza e che in tutti questi anni non aveva mai visto miglioramenti. Entro' anche nel dettaglio spiegandomi che i danni celebrali erano gravissimi e che l'unica soluzione ERA FARLA MORIRE e che proprio per il suo caso, voleva combattere fino in fondo in modo che fosse fatta una legge, proprio inerente al testamento biologico.

In quella circostanza anch'io ero favorevole all'eutanasia e gli risposi che l'unica soluzione poteva essere quella di portarla all'estero per farla morire, in Italia era impossibile in quanto avevamo il Vaticano che si opponeva fermamente.

Ma lui sembrava deciso, ostinato e insisteva per arrivare alla soluzione del testamento biologico, perché era convinto che con l'aiuto del partito dei Radicali ce l'avrebbe fatta. (...)

Questa è pura verita'. Tutta la verita'. Sono fatti reali che ho tenuto nascosto tutti questi anni nei quali comunque io e i miei familiari, vivendo giorno dopo giorno accanto a Salvatore, abbiamo fatto un percorso interiore e spirituale. Anni in cui abbiamo perso la voce a combattere, insieme a Salvatore, a cercare di dare una speranza a chi invece vuol vivere, vuol sperare e ha diritto a un'assistenza e cure adeguate. E non ci siamo mai fermati nonostante le immense difficoltà e momenti nei quali si perde tutto, anche le speranze.

E non ho mai reso pubbliche queste confidenze, anche perché dopo aver scritto personalmente a Beppino Englaro, a nome di tutta la mia famiglia, per chiedere in ginocchio di non far morire Eluana, di concedere a lei la grazia, fermare questa sua battaglia per la morte, pensavo che si fermasse, pensavo che la sua coscienza gli facesse cambiare idea. Ma invece no. Lui era troppo interessato a quella legge, a quell'epilogo drammatico. La conferma arriva, quando invece di rispondermi Beppino Englaro, rispose il Radicale Marco Cappato, offendendo il Cardinale Barragan, ma in particolare tutta la mia famiglia. Troverete tutto nel sito internet www.salvatorecrisafulli.it

Noi tutti siamo senza parole e crediamo che il caso di Eluana Englaro sia l'inizio di un periodo disastroso per chi come noi, ogni giorno, combatte per la vita, per la speranza.
Per poter smuovere lo stato positivamente in modo che si attivi concretamente per far vivere l'individuo, non per ucciderlo.

Vorrei anche precisare che dopo quegli incontri e totalmente dal Giugno del 2006, fino a oggi, io e Beppino Englaro non ci siamo più sentiti nemmeno per telefono, nonostante ci siamo incontrati varie volte in altri programmi televisivi"

Pietro Crisafulli

Preciso che sono in possesso anche di fotografie che attestano i nostri vari incontri.

Catania, 04 Febbraio 2009



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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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6 Febbraio 2009
Notte di domande a "La Quiete"
Quella tosse squassa le prime coscienze
Mettiamoci nei suoi panni: un viaggio allucinato e allucinante. Di notte, su un’ambulanza, lui e lei da soli, costretti dallo spazio angusto a una vicinanza che non era mai avvenuta prima, per ore uno in compagnia dell’altro, muti in due silen­zi diversi. Vicini, terribilmente vicini. Si so­no incontrati così, Eluana e il dottor Ama­to De Monte, e lui ne è uscito «devastato»: per l’aspetto di Eluana – si è detto e ha fat­to intuire lui stesso, ma senza spiegarsi mai troppo, lasciando vaghi i contorni della sua «devastazione» – o forse per qualcos’altro che in quel viaggio gli ha ingombrato l’a­nima come un fastidio sottile e insistente, che lui ha voluto scacciare ma ogni tanto ancora gli torna? Va, l’ambulanza, incrocia gocce di acqua e neve e i fari di altre vite viaggianti nella notte, ignare di quel carico di vita tra­sportato a morire, mentre Eluana dorme, perché questo fa di notte, da molti anni. Avrà vegliato, invece, il dottor De Monte, e quante volte avrà guardato quel sonno forse un po’ agitato dalla mancanza di un letto, sempre lo stesso da quindici anni, del tepore di una stanza, dei rumori e de­gli odori sempre uguali e rassicuranti, del­la carezza frequente di una suora? Poi è arrivata l’alba e un cancello si è inghiotti­to Eluana, nessuno l’ha più vista se non i volontari e il medico, ancora lui, tacitur­no con i giornalisti, scuro in volto, sempre frettoloso, anche la sera quando si allon­tana pedalando sulla bicicletta per le stra­de di Udine.

«Eluana è morta diciassette anni fa», ave­va detto in quell’alba di martedì scorso, la­sciando con sollievo l’ambulanza e quella strana compagna di viaggio che l’aveva de­vastato, lui, medico anestesista e rianima­tore che chissà quante ne deve aver viste in vita sua... Ma dopo una notte ne segue sempre un’altra, e un altro confronto con Eluana, che morta non è e quindi si agita... Passa la prima notte, la seconda andrà me­glio – si dice il medico – ma così non è, per­ché Eluana non pare più la stessa, poche ore fuori casa e qualcosa è già cambiato. Tossisce, Eluana. Tossisce?

Sì, tossisce, e di una tosse che squassa i suoi (forti) polmoni ma forse di più l’udito e le coscienze di chi l’ascolta e non sa che fare. Tossisce, si scuo­te, quasi si strozza e intanto, proprio come farebbe ciascuno di noi, tende e tirarsi su, cerca aria, solleva le spalle ma non riesce. Dove sono quelle mani che a Lecco sape­vano sempre cosa fare? Perché non accor­re chi immediatamente compiva quel pic­colo gesto che dava sollievo? Eluana tossi­sce sempre più, una tosse che accenna ad essere ribellione di un corpo, che è richie­sta, che è grido. Una tosse che, beffarda, sembra fare il verso a chi dice 'Eluana è morta diciassette anni fa': no, un morto non si agita nel letto sconosciuto. Gli infermieri-volontari provano di tutto, ma appartengono all’équipe di De Monte, conoscono a memoria il protocollo per far­la morire, che ne sanno ora dei piccoli ge­sti che sono propri di una vita, di quella vita? Come si gestisce una «morta» che fa i capricci e nel solo modo che conosce pe­sta i piedi? Dovevano essere devastati an­che loro, l’altra notte, se alla fine si deci­dono a fare il fatidico numero di Lecco e con nuova umiltà chiedono al medico cu­rante di Eluana: come facevate a farla sta­re bene?

Il dottore deve aver provato a spie­gare come mai in quindici anni non era stato necessario aspirare il catarro (l’incu­bo dei disabili come lei), avrà indicato al collega le mosse da fare, ma il resto non poteva spiegarlo: accarezzatela, osservate il suo respiro e ascoltate il battito del suo cuore – si erano tanto raccomandati da Lecco quella notte lasciandola partire per Udine –, sono i tre elementi che vi porte­ranno ad amarla... Ma questo nel proto­collo non sta scritto e nessuno lo può in­segnare. Questo raccontano tra i sussurri dalla «Quiete», la casa di riposo in cui la notte è passata agitata un po’ per tutti. Inutile invece chiedere conferme alla cli­nica di Lecco: medici e suore hanno giu­rato silenzio e quella è gente che ha una so­la parola. Tacciono e pregano. Ma a Udine avevano giurato sul protocollo di morte, mentre quella tosse di vita «devasta» già le prime coscienze.

Lucia Bellaspiga

Fonte: www.avvenire.it/Commenti/QUELLA+TOSSE+SQUASSA+LE+PRIME+COSCI...



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Re:
@nounou@, 04/02/2009 14.17:

“Salvo che il soggetto sia divenuto incapace, la Dichiarazione ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia. La DAT può essere indefinitivamente rinnovata, con la forma prescritta nei commi precedenti”.

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Peggio ancora: ogni 3 anni dal notaio, ma solo con la compresenza del tuo medico di fiducia. O almeno così ha spiegato Ignazio Marino.

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RE

Siamo in un paese di merda!!! Possibile che non si riesca a fare qualcosa di buono???? [SM=x1061928] [SM=x1061928]


omega [SM=g1660858]





O=============O===========O

Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


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Re: RE
=omegabible=, 07/02/2009 10.12:


Siamo in un paese di merda!!! Possibile che non si riesca a fare qualcosa di buono???? [SM=x1061928] [SM=x1061928]

omega [SM=g1660858]






Ammazzare una persona legalmente? Ci riuscirete...ci riuscirete...questa qui ve la godrete in diretta.
Anzi, no...per far tacere la coscienza vedrete solo articoli e nessuna foto.

A parte il fatto che già ce l'avete fatta...e milioni di bambini muoiono a causa dell'aborto che voi sostenete.


[Modificato da MauriF 09/02/2009 09:32]



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Diceva Rabbi Yeudà in nome di Rav:"Dodici ore ci sono nel giorno: nelle prime tre il Santo, benedetto sia, si dedica alla Torà; nelle seconde tre giudica tutto il mondo e, quando vede che questo meriterebbe la distruzione, si alza dal trono del Giudizio e si siede su quello della Misericordia...(b'Avodà zarà 3b)
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Re: Re: RE
MauriF, 09/02/2009 9.28:




Ammazzare una persona legalmente? Ci riuscirete...ci riuscirete...questa qui ve la godrete in diretta.
Anzi, no...per far tacere la coscienza vedrete solo articoli e nessuna foto.

A parte il fatto che già ce l'avete fatta...e milioni di bambini muoiono a causa dell'aborto che voi sostenete.






Se tu parlassi col culo forse diresti cose più sensate, razza di mangiaostie che non sei altro!!!!! [SM=x1061913] [SM=x1061913]


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