| | | | Post: 2.696 Post: 1.411 | Registrato il: 08/02/2006 | Città: TORINO | Età: 69 | Sesso: Maschile | Occupazione: professionista | Utente Veteran | AMMINISTRATORE | | OFFLINE |
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06/04/2007 14:23 | |
Esiste una dimensione clinica del silenzio, complessa, enigmatica, a volte drammatica, che esprime la crisi radicale della comunicazione e l’impossibilità irreparabile di aprirsi alla relazione e all’incontro: mi riferisco al silenzio della depressione, quando la parola si fa faticosa e talora irrealizzabile, mentre il soggetto sprofonda nella propria interiorità dolorosa; o al silenzio che si manifesta a volte nell’esperienza schizofrenica come effetto dell’inaridirsi e dello svuotarsi delle esperienze vissute, per cui il silenzio, si costituisce come una roccaforte vuota ma inespugnabile dal discorso.
Perciò l’uomo attento, tramite una sorta di dialettica rivolta al profondo, dapprima scava attraverso lo spessore rumoroso che lo circonda per portare allo scoperto le pieghe trasparenti del silenzio, indi penetra all’infinito nelle profondità del silenzio per scoprirvi la più segreta di tutte le musiche – perché se il silenzio è al di là del rumore, “l’armonia invisibile”, l’armonia criptica o esoterica, è al di là del silenzio stesso.
Nel mondo del silenzio, così magicamente evocato da Jankelevitch, è dunque possibile ascoltare voci che ci riconducono alle radici profonde dell’esperienza umana, voci ineffabili che ci richiamano quella dimensione di bellezza e di mistero, fonte segreta della creatività e dell’amore e matrice di tutte quelle esperienze che arricchiscono di stupore e meraviglia il percorso della nostra esistenza.
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