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CCR come soggetto politico?

Ultimo Aggiornamento: 28/03/2007 18:56
27/03/2007 11:07
 
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da www.repubblica.it/2007/03/sezioni/politica/coppie-di-fatto-6/solco-ruini/solco-ru...
IL COMMENTO
Bagnasco nel solco di Ruini
di MARCO POLITI

L'entrata in scena del neo-presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco marca uno stile nuovo, più pacato e meno autoritario. Sparisce, rispetto all'era precedente, la rigidezza del leader che decide per tutti e sparisce anche - almeno nella forma - quell'implicita avversione pregiudiziale all'Ulivo, che caratterizzava la linea del cardinale Ruini.

È un segnale importante che Bagnasco abbia voluto depotenziare il Family Day da qualsiasi valenza anti-governativa, dandogli il sigillo di una "festa" a sostegno della famiglia. È questa, d'altronde, la linea del segretario di Stato cardinale Bertone, resosi conto del fatto che lo scontro frontale irrita vasti strati della società italiana.

Ma se il nuovo approccio appare più soft, sulla questione concreta delle coppie di fatto vi è un'intransigenza di fondo, che promana direttamente da papa Ratzinger e che pretende di vincolare i parlamentari cattolici. Intransigenza riassunta nel pronunciamento papale: "Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore". Dov'è scontato che sulla qualità di una legge decide la gerarchia ecclesiastica. Infatti il presidente della Cei si è affrettato subito a definire "inaccettabile e pericoloso" il disegno sui Dico.

Inutile fingere. Il Family Day è la seconda tappa, dopo il referendum sulla procreazione assistita, dell'escalation della Chiesa come soggetto politico.
Inutile nascondersi che la manifestazione del 12 maggio ha il suo fulcro nell'essere contro i Dico, cioè contro l'affermazione di un diritto civile: la regolamentazione delle convivenze e il riconoscimento delle unioni gay.

La storia è testimone. Nel 1980 Giovanni Paolo II convocò il sinodo internazionale di vescovi per discutere della famiglia.

Successivamente il pontefice pubblicò il documento Familiaris Consortio. In un quarto di secolo la Chiesa italiana non sentì mai il bisogno di organizzare una simile mobilitazione di massa per la famiglia. Avviene solo oggi che si tratta di impedire il varo di una legislazione già adottata tranquillamente nella maggioranza dei paesi europei, spesso con il concorso o su iniziativa di partiti democristiani.

Corre adesso la versione che la manifestazione del 12 maggio sarebbe frutto dell'iniziativa "laica" dell'associazionismo cattolico. Non è così. E' vero che l'idea è balenata per primi ai leader di Rinnovamento nello Spirito e dei Neo-catecumenali sull'esempio dello scontro frontale ingaggiato dalla Chiesa spagnola contro Zapatero. Ma né loro né il Forum delle famiglie avrebbero mai avuto la capacità di riunire la galassia bianca. Al contrario, il progetto stava per andare all'aria per le divergenze interne al mondo cattolico.

Chi ha portato con ferrea determinazione i movimenti attorno al tavolo, con il traguardo prefissato di un documento unitario e di una manifestazione di massa, è stata la leadership della Cei. D'altronde è difficile resistere al ricatto sussurrato: il Papa lo vuole. Si è ripetuto pari pari lo schema leninista della campagna anti-referendum del 2005. Con aspetti anche surreali.
Quando ancora le associazioni discutevano se fare o no il Family Day, monsignor Rino Fisichella - da sempre in perfetta sintonia con Ruini - preannunciava già una dimostrazione e indicava pure il luogo.

Emerge qui una particolarità esclusiva dell'Italia, che Benedetto XVI ha scelto quale sua trincea nell'Occidente secolarizzato. (TI PAREVA...) Il nostro Paese ha un ventaglio enorme di iniziative di impegno religioso. Chi aderisce all'Azione cattolica crede nella "mediazione" tra vangelo e società, chi segue Cl è fautore della "presenza", chi è nelle Acli si batte per il rapporto tra fede e mondo del lavoro, chi sta con Rinnovamento è attratto dalla relazione con lo Spirito, chi segue i Neo-catecumenali ripercorre un cammino di iniziazione, e si potrebbe continuare. Nessuno di questi cattolici impegnati ha dato delega ai propri leader di entrare nel dettaglio legislativo di una regolamentazione delle coppie di fatto. Nessuno di loro - eppure hanno esistenze tanto variegate - è stato mai nemmeno interrogato sulla questione.

E' dall'alto, è dalla cattedra vaticana che l'associazionismo cattolico viene piegato alle esigenze di una strategia, che entra direttamente nelle aule parlamentari italiane per dire cosa si può o non si deve fare. Così come dal palazzo vaticano è giunta la singolare telefonata di plauso del Vicario di Cristo ad un capopartito, il ministro Mastella, per la sua opera di sabotaggio dei Dico. Episodio unico nella storia contemporanea del cattolicesimo.
(Si,ma anche Andreotti ha boicottato)

Ben diversa è la situazione in America, così spesso citata per la sua religiosità da vescovi, teocon o atei devoti. Perché negli States ogni gruppo religioso si guadagna il consenso all'aperto.

Ci sono i battisti fondamentalisti e quelli liberal, gli episcopaliani la pensano diversamente dagli avventisti e così via.

E nessun Capo dall'alto obbliga gli uni a manifestare insieme agli altri né si permette di dare indicazioni di voto imperative.

C'è tuttavia un dettaglio nello scenario italiano: i cittadini da anni ripetono nei sondaggi che rispettano la Chiesa, ma non vogliono che sia essa a fare le leggi. Tocca ora alla classe politica rivendicare decisamente la propria autonomia.

[Modificato da pcerini 27/03/2007 11.15]

[Modificato da pcerini 27/03/2007 11.16]

27/03/2007 16:09
 
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Inserisco qui il post di Andrea da www.animelibere.net/modules.php?name=Forums&file=viewtop...

di STEFANO RODOTÀ



Ormai siamo di fronte a uno scontro tra i due poteri non governabile con le categorie tradizionali dell´ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche
Quando il dialogo scompare, quando la verità assoluta esclude l´attenzione per il punto di vista altrui, è la logica democratica ad essere sacrificata

Spero che anche i più pigri e distratti si siano resi conto che siamo ormai di fronte ad un conflitto tra due poteri, lo Stato e la Chiesa, non governabile con le categorie tradizionali dell´ingerenza più o meno legittima delle gerarchie ecclesiastiche o con il riferimento al Concordato. E il terreno dello scontro è sostanzialmente quello dei diritti fondamentali della persona, a loro volta parte di una più generale questione dei diritti, quelli legati all´innovazione scientifica e tecnologica e quelli sociali, tema centrale della discussione pubblica in moltissimi paesi (e con il quale dovrebbe misurarsi chi continua a porre interrogativi su significato e sopravvivenza delle categorie di destra e sinistra, come hanno fatto negli ultimi tempi il mensile inglese Prospect e quello francese Philosophie Magazine).
Il conflitto tra poteri emerge dalle ultime prese di posizioni della Chiesa, che più nitide e radicali non potrebbero essere. Benedetto XVI ha indicato una serie di valori che "non sono negoziabili" e che impongono ai legislatori cattolici " di "presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondanti della natura umana" (13 marzo). La Pontificia Accademia per la vita ha "raccomandato una coraggiosa obiezione di coscienza" a tutti i credenti, e in particolare a "medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo" (16 marzo). In concreto, questo significa che i valori di riferimento dei legislatori non devono più essere quelli definiti dalla Costituzione, ma quelli di un diritto naturale di cui la Chiesa si fa unica interprete. A questo si accompagna un esplicito rifiuto dell´ordine civile, rappresentato dalla legittima legislazione dello Stato ritenuta non conforme a quei valori, che persino i giudici non dovrebbero applicare. La rottura è netta. Viene posto un limite esplicito al potere del Parlamento di decidere liberamente sul contenuto delle leggi, con l´ulteriore ammonimento che, qualora quel limite non fosse rispettato, si troverebbe di fronte alla rivolta dell´intera società cattolica.
Esplosa negli ultimi tempi, questa posizione ha avuto una lunga incubazione, è stata colpevolmente sottovalutata e non può essere spiegata con riferimenti solo alla fase più recente. So bene che le autocitazioni non sono eleganti. Ma in un mio articolo, apparso il 26 settembre 1991 su questo giornale con il significativo titolo "La restaurazione del Cardinale Ruini", sottolineavo proprio che nei discorsi di Ruini si trovava un "impegnativo programma politico", costruito intorno a "valori a difesa dei quali i cattolici, compatti, dovrebbero schierarsi", e al quale i cattolici in Parlamento dovevano conformarsi. Già sedici anni fa chi avesse occhi per vedere poteva ben rendersi conto di quel che sarebbe successo.
Ora le cose sono andate assai più avanti, e l´analisi della situazione attuale non può essere condotta limitandosi a ripetere che bisogna respingere l´interferenza dei vescovi (ne ero convinto già nel 1991). Siamo di fronte ad un modo d´essere della Chiesa che si presenta e si organizza in forme ritenute necessarie per salvaguardare valori che lo Stato non sarebbe più in grado di garantire. La contrapposizione è frontale, la strategia è quella propria di un soggetto politico. E´ una realtà scomoda per chi ha ignorato i segnali che si accumulavano negli anni per il timore d´un conflitto con la Chiesa, e che oggi si trova di fronte ad un conflitto assai più profondo di quello che si è cercato di schivare. E´ una realtà scomoda per chi vorrebbe vedere nelle parole delle gerarchie ecclesiastiche nient´altro che la manifestazione della sua vocazione pastorale. Ed è una realtà che negli ultimi giorni ha assunto una tale evidenza, per la schiettezza con cui parla la Chiesa, che diventa sempre più difficile negarla parlando di forzature interpretative "laiciste".
La prima vittima di questo stato delle cose è il dialogo, che a parole molti dichiarano di volere. Ma il dialogo non è possibile quando una delle parti afferma d´essere depositaria di valori appunto "non negoziabili", e prospetta una rivolta permanente contro lo Stato. Vi è chi, come il cardinale Martini, cerca di rompere questo schema, ricordando che le parole della Chiesa non devono cadere "dall´alto, o da una teoria". Ma, come già era avvenuto per la sua posizione sul caso Welby, anche questa volta l´ufficialità ecclesiastica ne respinge le indicazioni. In questo modo, però, non è una opinione personale ad essere cancellata. Quando il dialogo scompare, quando la verità assoluta esclude l´attenzione per il punto di vista altrui, è la logica democratica ad essere sacrificata.
Ma, si dice, la non negoziabilità di quei valori nasce dal fatto che essi sono radicati nella natura stessa, fanno parte di un diritto naturale che l´uomo, dunque il legislatore, non può scalfire. In tempi non sospetti, tuttavia, Norberto Bobbio ha opportunamente ricordato che, "purtroppo, ‘natura´ è uno dei termini più ambigui in cui sia dato imbattersi nella storia della filosofia" e che sono almeno otto i significati di natura, e di diritto naturale. Chi scioglie questa ambiguità, chi sceglie tra le molte accezioni possibili? In definitiva, chi può parlare in nome della natura? E´ evidente che la pretesa d´avere il monopolio in questa materia rivela una attitudine autoritaria, non compatibile con le regole d´un sistema democratico. Non a caso, per evitare che l´azione pubblica fosse sottomessa a tavole di valori fissate in modo arbitrario o autoritario, si è affidata alle costituzioni la determinazione in forme democratiche dei valori comuni di riferimento, passando così ad uno "Stato costituzionale di diritto". Sostituire ai valori costituzionali quelli attinti ad una natura costruita in modo autoritario porta con sè una regressione culturale che, di nuovo, nega la logica della democrazia.
Altro è, evidentemente, sottolineare le novità, anche antropologiche, che il nuovo contesto scientifico e tecnologico propone, e chiedere che di questo si discuta apertamente. Presente e futuro sono carichi di incognite che richiedono una comune ricerca. Ma, per fare questo, bisogna appunto ricostruire le condizioni del dialogo tra persone di buona volontà, liberarsi dei dogmatismi, non rinserrarsi nelle proprie certezze e pretendere di imporle agli altri.
Le distorsioni della discussione sono evidentissime se si guarda ai problemi specifici. Si dice, ad esempio: invece di pensare al testamento biologico occupiamoci delle terapie antidolore, evitiamo l´abbandono e la solitudine dei morenti; invece di pensare ai Dico mettiamo a punto adeguate politiche della famiglia. Ma non v´è alcun contrasto tra queste iniziative, e le incompatibilità prospettate sono solo un modo per mascherare l´ostilità ai nuovi strumenti che si vogliono introdurre nella nostra legislazione.
Se si vuol discutere seriamente, bisogna ricordare che riconoscimento del testamento biologico e attenzione per le cure palliative convivono in molti paesi, anzi si sostengono reciprocamente, poiché il testamento biologico è un documento che consente di manifestare anche le proprie volontà sulle terapie contro il dolore. E in Francia, tanto per fare un solo esempio, la legge sui Pacs (ben più incisiva e chiara delle nostre proposte sulle unioni di fatto) convive con una delle più avanzate politiche di sostegno alla famiglia.
Se si vuol fare riferimento all´umanità e comprendere davvero le necessità e le sofferenze della gente, come ci incita a fare il cardinal Martini, bisogna abbandonare il dogmatismo e parlare di cose concrete. Cure palliative al primo posto? Benissimo. Si sappia, allora, che in Italia i centri specializzati sono 102 da Roma in su, e solo 5 nel resto del paese; e che a Milano un grande ospedale ha chiuso il reparto per le cure contro il dolore perché economicamente non rendeva. Politiche per la famiglia? Benissimo. Si legga, allora, quel che Massimo Livi Bacci scrive con il consueto rigore sulla situazione francese, mostrando quali debbano essere le azioni da condurre e quali gli investimenti necessari.
Liberi da dogmatismi e pretese autoritarie, possiamo meglio cogliere i valori di riferimento e le politiche da intraprendere. Da una parte, riconoscimento alle persone del diritto di governare liberamente la propria vita e di organizzare le relazioni personali, come già nitidamente ci dice la Costituzione. Dall´altra, rinnovata e forte attenzione pubblica, che è la condizione perché le scelte possano essere compiute responsabilmente e al riparo da ogni costrizione. Ma le politiche pubbliche, in queste materie, sono fatte di investimenti e di servizi, esattamente l´opposto delle derive privatistiche e liberistiche alle quali ogni giorno qualcuno incita.
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27/03/2007 17:12
 
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bisogna abbandonare il dogmatismo e parlare di cose concrete



Sembra che, dal 1929 ad oggi, l'intesa tra Stato e Chiesa, mantenga la stessa linea di demarcazione.

La Chiesa continua a rivendicare un potere che la rende ancora forte.

Lo Stato non riesce a svincolarsi da un potere che è ancora forte e solido.

Il cardinale Bagnasco ha raccolto una eredità non facile, ma che, comunque, gli è stata consegnata ancora intatta.

Saluti
Pino



__________________________________________________
28/03/2007 18:56
 
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Ormai e' sempre piu' clima da scontro politico,la Chiesa dovra' dichiarare prima o poi di essere un soggetto "politico"!

da www.repubblica.it/2007/03/sezioni/politica/coppie-di-fatto-6/nota-cei/nota-...

La Confederazione episcopale italiana diffonde una Nota pastorale sulle unioni di fatto
Linea intransigente sui Dico: "La legge avrebbe effetti deleteri sulla famiglia"
Cei: "Coppie gay, no alla legalizzazione
Politici cattolici non siate incoerenti"

ROMA - "La legalizzazione delle coppie di fatto è inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo e avrebbe effetti deleteri sulla famiglia". Così scrivono i vescovi nella nota pastorale sulla famiglia e sui Dico. Il primo atto ufficiale della Confederazione episcopale italiana, ricalca le parole pronunciate tre giorni fa dall'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco alla sua prima riunione da neopresidente della Cei. E, dopo aver ribadito il no convinto a qualsiasi legislazione sulle coppie di fatto i vescovi intervengono pesantemente sui deputati e senatori cattolici: "Non si appellino al pluralismo e all'autonomia dei laici in politica". Un vero e proprio richiamo all'obbedienza.

No alle coppie omosessuali. Intransigente lotta contro i Dico e contro la legalizzazione dell'unione di coppie omosessuali: "Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perchè, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile". Ciò non toglie, spiega la Nota della Cei, il rispetto che la Chiesa conferma verso la dignità di ogni persona, indipendentendemente dalla propria scelta sessuale, ma ricorda, scrivono i vescovi, "che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza".

"Politici cattolici siate coerenti". I vescovi non dimenticano di parlare ai politici cattolici ai quali rinnovano l'invito a votare no ai Dico: " Nessun politico che si proclami cattolico può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica , favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società. Sarebbe incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto". Il parlamentare cattolico, prosegue la nota, ha il "dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro qualsiasi progetto di legge che possa dare un riconoscimento alle unioni gay".

Ratzinger ispiratore della Nota. La nota della Cei diffusa oggi richiama esplicitamente, per motivare la posizione espressa rispetto ai cattolici impegnati in politica, due documenti della Congregazione per la dottrina della fede del 2003 e del 2002, quando l'organismo vaticano era guidato da Joseph Ratzinger, futuro Papa. In particolare la condanna che il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere contro il riconoscimento legale delle unioni omosessuali, è contenuta nelle Considerazioni della Congregazione pubblicate nel giugno di quattro anni fa.
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Ma i politici rispondono:

da www.repubblica.it/2007/03/sezioni/politica/coppie-di-fatto-6/bertinotti-risponde/bertinotti-rispo...

Critiche da sinistra contro la nota pastorale della Confederazione episcopale
Grillini, Arcigay: "L'omofobia è razzista". Palermi, Verdi-Pdci: "Atto gravissimo"
Dico, Bertinotti: "Difendere laicità dello Stato"
Bonino: "Ingerenza eccessiva delle gerarchie"


ROMA - "La laicità dello Stato è elemento fondativo delle istituzioni". Il presidente della Camera Fausto Bertinotti replica al monito dei vescovi italiani contenuto nella Nota pastorale sulla famiglia e le unioni di fatto. Bertinotti, che questa sera incontrerà il Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, ha spiegato che "bisogna avere rispetto per i fenomeni religiosi, in particolare per la presenza significativa della religione cattolica, ma proprio per questo bisogna avere l'ambizione di realizzare ogni giorno la laicità dello Stato".

Dalle parole dei vescovi, si dissociano i politici laici che per voce della Emma Bonino, rispondono alla Cei accusandola di impropria ingerenza in una materia che riguarda le leggi civili: "Non si sentiva il bisogno di questo nuovo pesante intervento dei vescovi italiani. Da tempo - dice il ministro per le Politiche europee e il commercio internazionale - non passa giorno senza che le gerarchie vaticane non indirizzino le loro ammonizioni al governo. Ciascuno faccia la propria parte, ma l'ingerenza della Chiesa mi sembra francamente eccessiva".

Interviene anche Franco Grillini deputato dell'Ulivo e presidente onorario dell'Arcigay, per puntare l'indice contro quel paragrafo della Nota in cui i vescovi si dicono intransigenti contro la legalizzazione dell'unione di coppie omosessuali: "L'omofobia ecclesiastica sancita solennemente dal Consiglio permanente dei Vescovi è brutalmente razzista. L'odio verso gli omosessuali espresso dalla gerarchia ecclesiastica cattolica - aggiunge Grillini - legittima ed alimenta la quotidiana campagna discriminatoria e di violenza verso gli omosessuali rendendo la loro vita un calvario".

Come ha riassunto in una battuta Enrico Boselli, segretario dello Sdi, "ci manca poco che sui cattolici che approvano i Dico cada il fulmine di un'aperta scomunica''. Alla parole della Nota che taccia di "incoerenza" i politici cattolici che volessero votare sì ai Dico, Boselli replica: ''E' ormai un crescendo l'offensiva lanciata dalle gerarchie ecclesiastiche sui parlamentari cattolici affinchè facciano muro contro l'introduzione dei Dico".

Gli fa eco Manuela Palermi, capogruppo Verdi-Pdci a palazzo Madama: "La nota della Cei è un atto gravissimo, un'interferenza inaudita ed inammissibile nella vita politica del Paese. Con il dopo Ruini speravano ci potessero essere dei passi avanti invece viene riconfermata la linea oscurantista della Chiesa di Benedetto XVI".

(28 marzo 2007)


Ho sempre ribadito che si ha a che fare con uno staterello teocratico che non conosce le piu' elementari regole democratiche interferendo cosi' pesantemente nella vita parlamentare pretendendo che si debba OBBEDIRE alla nota eccesiastica!

Obbedire,obbedire,il cristiano DEVE fare cosi',DEVE fare cola',e obbedire al SACRO MAGISTERO!

Tipico degli anti-democratici fondamentalisti e opportunisti che fanno appello alla regola democratica della maggioranza quando gli fa piu' comodo!

[Modificato da pcerini 28/03/2007 19.06]

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