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TRASCURATI ED INCOMPRESI: A RISCHIO!!!

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2008 12:38
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10/02/2008 22:30
 
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Re:
@nounou@, 10/02/2008 14.05:


Se fosse così semplice risolveremmo in un batter d'occhio il dramma posto da Lupo nel suo post introduttivo:




Intendevo dire che dal mio punto di vista è semplice l’intuizione, non certo il percorso che si deve compiere per arrivarci, e chiaro che occorre lavorare molto su se stessi, e non è semplice [SM=g27992]

un abbraccio [SM=x1061916]




Ecco, ora ci siamo!
Quando un caseggiato subisce il dissesto per un terremoto, rimediare alle crepe è lavoro non indifferente.
A volte bisogna ripartire dalle fondamenta.
Certo, sì, è possibilissimo riportare tutto allo splendore di prima, ma non senza che trascorra un minimo di tempo.
Mi chiedo: ma è mai possibile che chi entri in un movimento religioso debba subire, nel momento che non condive più nulla o parte del tutto, un terribile terremoto emotivo per mano della comunità che lo ha precedentemente accolto, apparentemente con tanto amore? [SM=x1061931]

E' possibile pararsi dai terremoti?
Questo sarebbe interessante capire.

Ricambio la tua affettuosità. [SM=x1061918]

Pyccolo


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12/02/2008 13:38
 
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CHE STRANA COSA


Che strana cosa!
Questo thread, insieme a quello di Maria 24 che chiede spiegazioni sui primi capitoli della Genesi, mostra che:

I visitatori/lettori sono stati molti (oltre 400), ma i partecipanti sono stati solo 4.
Perchè?
Come dire che l'argomento interessa molti, moltissimi, ma c'è qualcosa che impedisce di intervenire.
Cos'è?
Eppure stiamo parlando di persone umiliate, discriminate, offese, emarginate. La visione del thread da parte di oltre 400 persone, in pochi giorni, mostra che intorno all'argomento c'è dell'interesse ... ma tutto si ferma lì.
Davvero strana cosa, o, quantomeno, non troppo strana.
C'è qualcosa che estranea, che non consente di proseguire, di dedurre, di trarre conclusioni. [SM=g1380273]
Per la verità non è la prima volta che questo fenomeno accade.
Voi che ne pensate?
Che cosa, secondo voi, impedisce di proseguire in questo tipo di dialogo?
C'è qualcosa che funziona in questo modo?: [SM=x1061931] Cosa?

Saluti [SM=x1061959]

Pyccolo

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Re: Re:
pyccolo, 10/02/2008 22.30:




Ecco, ora ci siamo!
Quando un caseggiato subisce il dissesto per un terremoto, rimediare alle crepe è lavoro non indifferente.
A volte bisogna ripartire dalle fondamenta.
Certo, sì, è possibilissimo riportare tutto allo splendore di prima, ma non senza che trascorra un minimo di tempo.
Mi chiedo: ma è mai possibile che chi entri in un movimento religioso debba subire, nel momento che non condive più nulla o parte del tutto, un terribile terremoto emotivo per mano della comunità che lo ha precedentemente accolto, apparentemente con tanto amore? [SM=x1061931]

E' possibile pararsi dai terremoti?
Questo sarebbe interessante capire.

Ricambio la tua affettuosità. [SM=x1061918]

Pyccolo





I danni per traumi emotivi dovuti a delusioni, dispiaceri, violenze, eccetera, spesso sono permanenti.

Il trauma psicologico non è una gamba rotta che dopo un periodo più o meno lungo (mesi) guarisce. No! Il trauma psicologico è molto più serio, a volte, distrugge interiormente l'individuo fino alla sofferenza estrema.
E' un continuo precipitare dove gli appigli non sempre reggono la corsa nell'abisso.
Questo tipo di esperienze, nel corso della vita sono inevitabili, per quanto possiamo cercare di scansarle. Si tratta di "disgrazie"!

Uno dei traumi più dolorosi è la perdita di un punto di riferimento religioso, un credo, cui ci si accorge di non sentirsi più "allineati" e, addiritttura ne scopriamo gli "inganni".

Dopo lo sconcerto iniziale, avviene dentro di noi un tumulto di emozioni che porta al disastro interiore.
La nostra identità è tutta da rifare, si scontra con una realtà dura che fino a ieri rigettavamo.

Si perde il controllo delle nostre scelte e ci si trova davanti all'ignoto percorso individuale, fatto di tentativi e di primi passi.

Non è un cammino di pochi mesi, anzi, solo con gli anni si ha un quadro di quello che ci è successo.
Una volta trovata la nostra vera identità, una volta trovato il nostro volto spirituale, le nostre disposizioni di cuore, si comincia a vivere un periodo esaltante, fatto di piccole o grandi conquiste.

Cominciamo ad avere un incontro col nostro Io per poterci, poi, confrontare con gli altri, con più facilità di dialogo.

Queste sono mie personali considerazioni. Si possono certamente discutere o confutare ma sono qui per questo.

Saluti
Pino Lupo








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12/02/2008 20:16
 
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Re: Re: Re:



Uno dei traumi più dolorosi è la perdita di un punto di riferimento religioso, un credo, cui ci si accorge di non sentirsi più "allineati" e, addiritttura ne scopriamo gli "inganni".
Dopo lo sconcerto iniziale, avviene dentro di noi un tumulto di emozioni che porta al disastro interiore.
La nostra identità è tutta da rifare, si scontra con una realtà dura che fino a ieri rigettavamo.

Si perde il controllo delle nostre scelte e ci si trova davanti all'ignoto percorso individuale, fatto di tentativi e di primi passi.



Ci sono scuole di analisi del pensiero che ritengono sia possibile rifarsi da traumi di natura psicologica del tutto.
Capisco perfettamente cosa significhi perdere un punto di riferimento, di qualunque natura esso sia, anche religioso.
Molti, per non rimanerne senza, si rifanno ad altri punti di riferimento, accettandoli come nuove stelle polari, nella speranza che li conducano fuori dal deserto: è il caso dei travasi da una forma di religiosità ad un'altra, come da un partito ad un altro. Pur non volendolo ammettere a se stessi, spesso accade che questi travasi non siano la risposta alle proprie aspettative, ma un'alternativa, un modo di farsi adottare, pur di avere un nuovo punto di riferimento.
Per ritornare al discorso, quando qualcuno scopre o s'accorge che il punto di riferimento che ha fatto da stella polare per anni non è più affidabile come aveva sempre creduto va certamente incontro alla delusione.
Improvvisamente s'accorge d'essere in un deserto senza alcuna guida per uscirvi. Si sente smarrito ed isolato.
Perchè gli umani assegnano a certi punti di riferimenti il valore della verità assoluta?
Perchè si affidano ciecamente ad essi?
E' possibile concepire punti di riferimento che non abbiano il valore della verità assoluta, di modo che, con un tale atteggiamento, mentre da un lato non si disdegnano i servizi resi da punti di riferimento al nostro esterno, dall'altro sia possibile puntare di più sulle proprie intuizioni e sulle proprie capacità di movimento, sulle proprie risorse, al punto da divenire il più importante punto di riferimento per sè?
E' vero, chiedo, che, oggi, in ogni ambito, si fa sempre più riferimento ad una maggiore presa di coscienza di sè, ad una maggiore autostima, ad una maggiore fiducia in sè?
Cosa ne pensate?
Mi pare che Lupo nel dire:

"Una volta trovata la nostra vera identità, una volta trovato il nostro volto spirituale, le nostre disposizioni di cuore, si comincia a vivere un periodo esaltante, fatto di piccole o grandi conquiste.
Cominciamo ad avere un incontro col nostro Io per poterci, poi, confrontare con gli altri, con più facilità di dialogo."

intenda proprio parlare di ricerca del sè, di ricostruzione della propria identità, di riappropriazione della stima di sè e della fiducia nelle proprie risorse, virtù così tanto tradite e vituperate e calpestate ed annullate dai punti di riferimenti cui avevamo delegato la guida di noi stessi?
Io penso di sì, penso che questo sia il tentativo.
Com'è possibile che tutti gli altri conoscano quale sia il nostro bene e non noi stessi?

Cosa ne pensate?

Pyccolo












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Mi permetto di proseguire il saggio ragionamento di Pyccolo con un ulteriore e positivo commento:


La vita può essere molto sfidante per le persone che hanno scelto di rinascere.

Può succedere nella vita di trovarsi in momenti in cui le energie utili per agire con efficacia nella giusta direzione vengono meno.

Altre volte, la sensazione è quella di agire in modo etico e consapevole, ma questo non basta a farti raggiungere i tuoi risultati e farti sentire sereno e felice.

Può accadere, ed è accaduto, che le certezze acquisite nella tua vita si trasformino in dubbio o che, per qualsiasi motivo, diventi molto difficile fidarti degli altri e di te stesso.

Quando ci si rimette in discussione c'è la possibilità di sperimentare e testare i propri limiti e di poterli accettare e conviverci.

Può essere molto utile per uscire dal vittimismo.

Puoi fare un punto reale della situazione, verificare quanto hai messo in pratica gli insegnamenti che la vita ti ha messo a disposizione e trovare nuove motivazioni ed entusiasmo, che servono per riportarti in un punto di equilibrio e chiarezza.

Rimettersi in gioco è una sfida, è la possibilità di allenare il tuo fisico, rinvigorire i tuoi nervi, irrobustire i tuoi polsi per permetterti di dimostrare con i fatti e non solo con i buoni propositi le tue possibilità.

"Una vita su cui non ci si interroga, non vale la pena di essere vissuta" (Socrate)

Saluti
Pino








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13/02/2008 12:33
 
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Può accadere, ed è accaduto, che le certezze acquisite nella tua vita si trasformino in dubbio o che, per qualsiasi motivo, diventi molto difficile fidarti degli altri e di te stesso.



LE CERTEZZE!!!
Cosa sono le certezze?
Perchè se ci sono si sta bene e se mancano si sta male?
E se non fosse così?
Potrebbe esserci anche l'eventualità che si possa star bene anche senza certezze, vi pare?
Chi determina se qualcosa o qualche concetto è certezza?
Le certezze sono altrimenti dette anche "punti di riferimento".
E se scoprissimo che non esistono certezze o ne esiste solo una?
Come fare a scoprirlo?
La risposta è data certamente dalla frase di Socrate riportata dall'amico Lupo:
"Una vita su cui non ci si interroga, non vale la pena di essere vissuta".
Naturalmente che la vita non meriti d'essere vissuta senza interrogarsi è un'opinione di Socrate, che non condivido, mentre condivido l'idea che sulla vita bisogna interrogarsi.

Che succede se sulla vita, o sulla concezione della vita ci si interroga?
A parer mio quando ciò avviene è inevitabile scontrarsi con il DUBBIO.

IL DUBBIO!!!

Cos'è il dubbio, così tanto odiato dalle teocrazie e dai poteri totalitari, al punto che mettono in guardia dal farselo venire?

Se ci si pensa bene il dubbio è L'INTERROGARSI cui si riferisce Socrate.
Non è che le religioni siano prive dal dubbio.
Sono tormentate dai dubbi anche esse.
Però esse delegano particolari persone a farsi venire i dubbi ed a dissertarvi sopra.
Solo ai fedeli non è concesso farsi venire dubbi.
Il dubbio ricade nelle facoltà dei vertici, per fare e disfare a proprio piacimento, per cancellare un'interpretazione a favore di un altra più consona e opportuna al momento. Per dettare una verità, diciamo, più aggiornata.
Ma, se ci riflettiamo bene, che senso ha di parlare di verità aggiornata?
La verità, se è tale, non è aggiornabile.
Ma allora il limbo a cui si credeva un tempo?
Loro dicono che c'è stata una revisione di quella verità e lo dicono semplicemente perchè non hanno il coraggio di dichiarare apertamente d'aver insegnato una falsità, con intenzione o senza intenzione ... io credo più nell'intenzionalità per finalità precise.
Idem dicasi di moltissime dottrine e concezioni che sono mutate nel tempo e che sono state a suo tempo dai gruppi religiosi insegnate come verità, nel nome delle quali, credenti di ogni tempo, magari han sofferto e sono morti, molti ingiustamente.
I dubbi, nel settore religioso, sono perciò appannaggio di una ristretta cerchia di affidabili. Agli altri credenti non è concesso dubitare.

Che succede se uno dubita?

Succede che mette in gioco le certezze, non solo, ma succede anche che, temendo che il dubbio non abbia origine da Dio, si convinca d'essere indegno ed inizi ad avere momenti di sofferenza interiore, dovuti al conflitto innescatosi fra ciò che è dichiarata certezza e ciò che ora ritiene che quella certezza davvero sia.
Una delle ragioni che, è mia opinione, impedisce di toccare questi argomenti è proprio il timore. la paura di mancare di rispetto a determinate concezioni.
E' la paura di INTERROGARE il proprio discorso, le proprie credenze.
IL credente non deve (così vogliono i vertici religiosi) e non può interrogare se stesso, le sue convinzioni, le sue scelte.
Questo è quello che di più assurdo la religione è riuscita ad instillare nel credente: la paura, il timore.
E' grazie a quelle paure che esse continuano a dominare e ad attingere dai credenti potere e prestigio.
Per quanto tempo ancora però?


Quando ci si rimette in discussione c'è la possibilità di sperimentare e testare i propri limiti e di poterli accettare e conviverci.

Può essere molto utile per uscire dal vittimismo.



Intendi dire che quando ci si interroga si capisce che spesso non ci sono risposte (limiti) e noi, quelle risposte, le vorremmo a tutti i costi, a costo di star male.
I limiti famosi sono comuni ad ogni essere umano. Sono le religioni che vogliono convincerci che non ci siano limiti, che quei limiti possano essere superati dalla fede e dalla teologia.

Qual'è la differenza fra religione e scienza?

Ebbene, la religione ti dice che certe cose sono così e basta.
La scienza ti dice che le cose stanno così fino a prova contraria.

La religione richiede un atto di fede.
La scienza, fortunatamente, non castiga ma invita a mettere in dubbio se stessa.

E' chi si convince di queste cose (le certezze religiose) che avrà la sensazione di vivere in un'alone di tranquillità. Fino a quando però? Finchè non s'accorge che qualcosa non va ed in quel momento, come d'incanto, crollano le sue certezze, o, almeno, le cose che gli hanno prospettato come certezze.
Basta a questo punto capire che, la vita, non è detto che debba basarsi su certezze. Capire questo è fondamentale per scongiurare la sofferenza.
Noi tutti i giorni viviamo e ci muoviamo su certezze provvisorie, che mutano di giorno in giorno. Mica per questo stiamo male.
Si sta male quando ci si convince di fatti che si suppone non possano più mutare. IL giorno che ci si accorge che mutano, ecco che, come d'incanto, crollano le certezze e noi che vi eravamo abituati, mentre da un lato siam sorpresi per queste nuove scoperte, perdiamo quei punti di riferimento, cui ci eravamo ancorati con fermezza. Pensiamo a quel tempo come ad un tempo perduto, ad un'occasione persa, ad un inganno. Quando questo accade subentra la delusione e con essa lo scoraggiamento e con esso l'ansia e con essa la probabile cosiddetta depressione.

E se invece quel momento si mutasse in un momento, come dice Lupo, di rinascita? Se invece di pensare al passato pensassimo alla crescita del nostro pensiero ed alla nuova libertà acquisita?
Potrebbe darsi il caso che questo ci possa far star meglio o no?

Davvero a questo punto entra in gioca il commento di Lupo:

"Rimettersi in gioco è una sfida".

Io penso che la sfida si possa accettare e vincere ... voi che ne pensate?

Tanti cari saluti a tutti ed in particolare ai sofferenti. [SM=x1061919]

Pyccolo


[Modificato da pyccolo 13/02/2008 12:38]
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