TRASCURATI ED INCOMPRESI: A RISCHIO!!!

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parliamonepino
00domenica 19 febbraio 2006 03:58
La cronaca di molti casi, reduci da esperienze difficili in comunità religiose, ci mostra problematiche profonde e difficoltà esistenziali di cui questi “sopravvissuti” sono portatori sani.
Esistono situazioni, di cui sono a conoscenza, che non è possibile chiarire nella loro reale portata e intensità, se non osservando da più punti di vista, il caso.
Ci sono condizioni famigliari che sembrano prestarsi, nella loro complessità, a molteplici possibilità di lettura.
In questi contesti può essere utile far convergere non solo aspetti psicologici, ma anche sociologici e finanche antropologici del fenomeno.
Alcune situazioni portano a comportamenti estremi ed a rischio.
L’individuo che abbandona una comunità religiosa, dopo aver militato per anni, diventa “INDEFINITO”.
La sua stabilità interiore è messa a dura prova, non riesce a trovare una forma di adattamento ad una realtà esterna che ha sempre ignorato.
La divaricazione progressiva tra le problematiche “interne” (famigliari) e la difficoltà nel relazionarsi con il “mondo esterno”, senza ottenere un adeguato sostegno nella sfera affettiva, possono produrre una condizione di stallo caratterizzata da un vissuto di isolamento. Questo genera difficoltà di orientamento che si traducono in sentimenti cronici di incapacità e stati depressivi più o meno evidenti che sembrano sottendere comunque una fondamentale richiesta, costantemente disattesa o rimandata, di riconoscimento di sé stessi, del proprio essere precipitato in uno stato di transizione.
Il conflitto interiore è inevitabile.
Qui mi fermo, per raccogliere testimonianze al riguardo!

[SM=x1061950]
parliamonepino
00sabato 2 febbraio 2008 22:23
Re:
parliamonepino, 19/02/2006 3.58:

La cronaca di molti casi, reduci da esperienze difficili in comunità religiose, ci mostra problematiche profonde e difficoltà esistenziali di cui questi “sopravvissuti” sono portatori sani.
Esistono situazioni, di cui sono a conoscenza, che non è possibile chiarire nella loro reale portata e intensità, se non osservando da più punti di vista, il caso.
Ci sono condizioni famigliari che sembrano prestarsi, nella loro complessità, a molteplici possibilità di lettura.
In questi contesti può essere utile far convergere non solo aspetti psicologici, ma anche sociologici e finanche antropologici del fenomeno.
Alcune situazioni portano a comportamenti estremi ed a rischio.
L’individuo che abbandona una comunità religiosa, dopo aver militato per anni, diventa “INDEFINITO”.
La sua stabilità interiore è messa a dura prova, non riesce a trovare una forma di adattamento ad una realtà esterna che ha sempre ignorato.
La divaricazione progressiva tra le problematiche “interne” (famigliari) e la difficoltà nel relazionarsi con il “mondo esterno”, senza ottenere un adeguato sostegno nella sfera affettiva, possono produrre una condizione di stallo caratterizzata da un vissuto di isolamento. Questo genera difficoltà di orientamento che si traducono in sentimenti cronici di incapacità e stati depressivi più o meno evidenti che sembrano sottendere comunque una fondamentale richiesta, costantemente disattesa o rimandata, di riconoscimento di sé stessi, del proprio essere precipitato in uno stato di transizione.
Il conflitto interiore è inevitabile.
Qui mi fermo, per raccogliere testimonianze al riguardo!

[SM=x1061950]




Siamo ancora lontani dall'aver interiorizzato questa riflessione.

Eppure, è un passaggio importante per trovare la strada in cui, mettendosi in discussione, si conquista una propria identità personale, quell'identità che permette di realizzarci secondo le nostre inclinazioni e i nostri desideri.

Saluti
pino





pyccolo
00domenica 3 febbraio 2008 17:17

Questo, sì, che è un argomento importante!!! ... oserei dire argomento PRINCIPE, per quanti sono stati diseredati, discriminati, emarginati, isolati, privati degli affetti più cari, additati alla pubblica infamia, messi alla gogna, da persone sensate fatte passare per insensate da un giorno all'altro, da posizione autorevole ad una risibile, calpestati, frantumati interiormente, toccati profondamente in autostima, alla ricerca d'una identità e di nuovi punti di riferimento etc. etc.


Pyccolo


parliamonepino
00domenica 3 febbraio 2008 18:19
Re:
pyccolo, 03/02/2008 17.17:


Questo, sì, che è un argomento importante!!! ... oserei dire argomento PRINCIPE, per quanti sono stati diseredati, discriminati, emarginati, isolati, privati degli affetti più cari, additati alla pubblica infamia, messi alla gogna, da persone sensate fatte passare per insensate da un giorno all'altro, da posizione autorevole ad una risibile, calpestati, frantumati interiormente, toccati profondamente in autostima, alla ricerca d'una identità e di nuovi punti di riferimento etc. etc.


Pyccolo





Caro grande Pyccolo,

Sai cosa mi hai fatto venire in mente?

Tu sai che ci sono scienziati che lanciano, con degli strumenti sofisticatissimi, messaggi nell'immenso cosmo che ci circonda.
Poi, stanno in attesa di qualche risposta, anche la più remota, dallo spazio.

Ho avuto la stessa sensazione!!!

Grazie per la tua risposta da uomo dell'universo tridimensionale.

Adesso possiamo cominciare.........

Un abbraccio
Pino

[SM=x1061960] [SM=x1061959] [SM=x1061960] [SM=x1061959] [SM=x1061958] [SM=x1061957] [SM=x1061964] [SM=x1061964]









pyccolo
00domenica 3 febbraio 2008 21:53
Quali sono le ragioni che spingono ad eretizzare gli altri?
Perchè le religioni, tutte (pensate un pò), sono le principali fruitrici del concetto di eresia?
Perchè esse, senza il concetto di eresia, non potrebbero sopravvivere?
Perchè, per esse, è fondamentale la formazione delle coscienze e, di conseguenza, ancor più fondamentale l'instaurarsi dei sensi di colpa?
Si dice che i sensi di colpa siano i migliori alleati del potere ed, in particolare, del potere religioso ... voi cosa ne pensate?

Forse l'argomento è vastissimo, ma sarebbe interessante affrontarlo.
Le sofferenze di molti potrebbero fondarsi in qualche risposta ai diversi perchè, sperando che quella risposta possa dipanare il disagio del vivere di chi pensa di non aver più punti di riferimento. [SM=x1061918]

Pyccolo





parliamonepino
00domenica 3 febbraio 2008 23:16
Re:
pyccolo, 03/02/2008 21.53:

Quali sono le ragioni che spingono ad eretizzare gli altri?

Il radicalismo, l'ortodossia verso un credo considerato assoluto!

Perchè le religioni, tutte (pensate un pò), sono le principali fruitrici del concetto di eresia?

Tutte pensano di essere detentrici della verità assoluta!

Perchè esse, senza il concetto di eresia, non potrebbero sopravvivere?

Per il motivo che si è estremizzato il concetto dell'eretico, fino a considerarlo servo del diavolo!
Così si è creata una fobia collettiva che, nel corso della storia, ha portato alla gogna e condannato anche alla morte i "pensatori liberi".


Perchè, per esse, è fondamentale la formazione delle coscienze e, di conseguenza, ancor più fondamentale l'instaurarsi dei sensi di colpa?

I sensi di colpa ed il "castigo" come facente parte di un credo, porta ad essere vittima degli scrupoli per tenerti "in pugno".

Si dice che i sensi di colpa siano i migliori alleati del potere ed, in particolare, del potere religioso ... voi cosa ne pensate?

Assolutamente si!
Permettono di gestire e strumentalizzare le coscienze.


Forse l'argomento è vastissimo, ma sarebbe interessante affrontarlo.

E' molto vasto! Ma necessario, per capire cosa sia successo nella nostra vita.
Quale influenza abbiano avuto paura e condizionamenti.


Le sofferenze di molti potrebbero fondarsi in qualche risposta ai diversi perchè, sperando che quella risposta possa dipanare il disagio del vivere di chi pensa di non aver più punti di riferimento.

Certo!

Pino


[SM=x1061918]

Pyccolo










pyccolo
00domenica 3 febbraio 2008 23:46
Quello che segue è un esempio di schema operativo religioso, comune, purtroppo, ad ogni religione, piccola o grande che sia.
Nessuna sfugge, tant'è che per "Potere cattolico" si può intendere un qualunque altro potere religioso:

"Il Potere cattolico ha ragione e basta. Chi discute è in già in serie B ed è evidente che c’è molta disonestà intellettuale in questa impostazione del rapporto, dal momento che i principi base non possono essere assoggettati alla discussione. Una volta i dissenzienti erano considerati eretici, eterodossi, e messi al rogo dopo essere stati spogliati dei loro beni.

5) - Da qui all’illogicità, che è il quinto punto, il passo è breve.

Un fondamentalismo ha il carattere dell’illogicità proprio in opposto a logica. L’illogicità è la conseguenza dell’irrazionalità: i due sostantivi sono paralleli.

Un fondamentalismo è illogico e irrazionale perchè non è fondato su nulla, sicchè etimologicamente è il contrario di fondamenta, dal momento che contrariamente all’etimo, non poggia che su se stesso.

Le religioni dogmatiche infatti, come costruzione razionale non hanno basi, perchè ciò che affermano non è dimostrato. Questo non vuol dire che una religione sia deliberatamente una truffa, ma una falsificazione sì, quando chiede di essere accettata al di fuori del principio dialettico e razionale e si assume diritti come quelli di comminare pene e stabilire criteri di valori.

Infatti una filosofia che discetta sulla concreta possibilità che Dio esista, è pienamente accettabile, ma non più quando nella filosofia si insinua la fede, perchè tra fede e ragione non potrà mai esserci accordo, almenchè non si abbia fede nella ragione.

6) - L’irreversibilità è poi il dramma vero di qualunque fondamentalismo. Un fondamentalista è praticamente in una trappola. Non può più tornare indietro, non può correggersi, non può dire ci siamo sbagliati in questo o quest’altro. E’ vittima di se stesso. E’ vittima del suo assioma di essere portatore di verità assoluta. Deve andare avanti verso la sua autodistruzione senza potersi correggere perchè se lo fa deve rinnegare parti di sè.

In particolare il Cattolicesimo, poi, vive un doppio dramma. Non solo quello di essersi proclamato come unica verità e di considerarsi erede di Cristo ma anche il dramma di considerare infallibile il suo pontefice.

Come fa il papa a retrocedere sui principi se si è definito infallibile per duemila anni? Come potrebbe rivedere concettualmente i propri dogmi se essi promanerebbero dall’infallibilità del papa e quindi da Dio stesso?

Concludo rapidamente.

L’impostazione fondamentalista, implicando che una ideologia sia ritenuta l’unica verità fa conseguire diritti impropri di dover predicare e convertire gli infedeli. Nel caso dei cattolici ciò è addirittura sancito teologicamente. Per cui l’ideologia, qualunque essa sia, assume le seguenti ulteriori caratteristiche:

- organizzazione totalitaria di vertice con una gerarchia ferrea che dominata un capo infallibile. Ovvero un capo che nomina la gerarchia di motu suo fra gregari fedelissimi all’ortodossia (vedi oltre religioni, le gerarchie comuniste, naziste, castriste, ecc.)

- intolleranza al pensiero altrui (vedi le guerre di religioni e le guerre coloniali)

- Pregiudizio (per cui gli altri sono moralmente inferiori).

- la difesa di sè attraverso la condanna e la persecuzione dei dissenzienti definiti eretici (il rogo, l’inquisizione con la confisca dei beni, la uccisioni di massa, i lager)

- lo sterminio di interi popoli definito civilizzazione dai governi totalitari (per es. gli ebrei) ed evangelizzazione dalla Chiesa, fino alla distruzione fisica di civiltà, per esempio quella azteca, per citarne solo una o le guerre di religione come le crociate.

- l’assenza di libertà degli adepti, definiti fedeli dalle chiese e affiliati in altre occasioni; il tradimento viene punito con la scomunica, una volta con il rogo e oggi, per esempio dalla mafia, con la morte.

- l’impossibilità di uscire dal sistema. Chi è dentro è in trappola per tutta la vita, marcato a fuoco come i vitelli.

Credo di aver dato un quadro generale sul fondamentalismo sul quale converrà ritornare. Penso sia evidente che qualsiasi verità ultima, escludendo l’intervento dialettico della ragione, rappresenti sempre un’offesa alla libertà, cioè al bene più prezioso che come uomini liberi pensiamo si possa avere.
"

(C. Piancastelli - il grassetto è mio)


C'è di che pensare! [SM=g1380275]

Pyccolo



parliamonepino
00lunedì 4 febbraio 2008 00:10
Tutte le ideologie collettive reprimono e generano sentimenti di vittimismo e di impotenza nel singolo.

La forza sta nella collettività, nel pensiero omologato e univoco.

Questo genera "violenza" e ostilità creando fortissime energie di paura, e quando la frequenza della paura si innalza, si creano comunità con forti tensioni collettive.

Questo è un primo pensiero.......

Pino









parliamonepino
00lunedì 4 febbraio 2008 00:27
Infinite volte, molte persone, sono state spinte a lasciare le proprie case per combattere e morire, ufficialmente spargendo il proprio sangue per la nobile causa di una nazione o di una religione.

Migliaia di anni di condizionamento hanno instillato la credenza che sia un onore morire per il proprio paese o il proprio Dio.

Sofferenza e confusione per chi, dopo il "risveglio", abbia scoperto il gioco dei "controllori" che li hanno dominati con forti manipolazioni psicologiche e spirituali.

Come ha spiegato più di una volta l'avvocato Vito Pucci, nonostante il loro potere, i "controllori" sono persone sole, a cui mancano verità e fiducia, e con il rischio sempre presente di rimanere intrappolati nel ruolo.

Saranno i molti o i pochi a popolare il mondo?

Saranno i molti a creare il mondo che essi desiderano, o saranno i pochi ad avere successo con i loro piani disperati e dispotici, intesi a separare l’umanità, tra "infedeli" e "fedeli", per vederla distrutta tramite il volere di Dio?

Chi è l'infedele?

Pino





maria24
00lunedì 4 febbraio 2008 09:06
entrata furtiva
Scusate, ma l'entrata a questo forum è peggio della porta stretta del Paradiso.
Per questo da persona furbetta mi introduco in una discussione che non c'entra niente con la mia domanda.
Sono una nuova iscritta .
Quella che Pino chiama STUDENTE DEI TESTIMONI.
Prima che qualcuno salti a delle conclusioni affrettate, vorrei ricordare che studio per una curiosità personale, per conoscere chi veramente sono iTDG, senza che le mie idee su di loro siano condizionate da chi ne sparla solo per sentito dire.
La ragione per cui sono una loro studente è : LA CURIOSITA'
Mi sento affascinata dalla Bibbia e gli unici che non hanno problemi a spiegartela sono loro, ovviamente come tutte le religioni cadono nell'interpretazione a loro più convenevole.
Partendo da Genesi ad es. mi sono fatta questa domanda come mai Dio ha fatto scrivere a Mose' due differenti tipi di creazione?
I TDG mi hanno risposto così: " La prima parte (Gen.1), tratta la creazione in maniera generale , mentre nella seconda mette in evidenza le condizioni che ci hanno portato al peccato ".
La risposta però non mi ha convinto per cui vi chiedo: cosa ne pensate?.
Ho fatto delle ricerche su internet, e pare che Mose' abbia racchiuso questi concetti per creare un'unica religione, un'unico popolo e creare così un'unica nazione.
Quella ragione che spinge ogni religione, creare una propria comunità per scopi puramente egoistici.
[SM=x1061919]



Speriamo che questa volta sia riuscita ad entrare nel forum
a presto Anna Maria
@nounou@
00lunedì 4 febbraio 2008 19:16
Ciao Maria24, benvenuta.. [SM=x1061959] ti chiamo cosi per non confondere le varie Maria e Anna Maria del forum..[SM=g1380260]

@nounou@
00lunedì 4 febbraio 2008 19:25

Si dice che i sensi di colpa siano i migliori alleati del potere ed, in particolare, del potere religioso ... voi cosa ne pensate?

Assolutamente si!
Permettono di gestire e strumentalizzare le coscienze.



mi trovo d'accordo con Pino..
..il fatto è che le persone a volte non si rendono conto di questa strumentalizazzione,ed il senso di colpa diventa a mano a mano frustrazione..malessere..
l'obbiettivo è proprio questo: mantenere potere e obbedienza attraverso il senso di copa.


parliamonepino
00lunedì 4 febbraio 2008 20:42
Re: entrata furtiva
maria24, 04/02/2008 9.06:

Scusate, ma l'entrata a questo forum è peggio della porta stretta del Paradiso.
Per questo da persona furbetta mi introduco in una discussione che non c'entra niente con la mia domanda.
Sono una nuova iscritta .
Quella che Pino chiama STUDENTE DEI TESTIMONI.
Prima che qualcuno salti a delle conclusioni affrettate, vorrei ricordare che studio per una curiosità personale, per conoscere chi veramente sono iTDG, senza che le mie idee su di loro siano condizionate da chi ne sparla solo per sentito dire.
La ragione per cui sono una loro studente è : LA CURIOSITA'
Mi sento affascinata dalla Bibbia e gli unici che non hanno problemi a spiegartela sono loro, ovviamente come tutte le religioni cadono nell'interpretazione a loro più convenevole.
Partendo da Genesi ad es. mi sono fatta questa domanda come mai Dio ha fatto scrivere a Mose' due differenti tipi di creazione?
I TDG mi hanno risposto così: " La prima parte (Gen.1), tratta la creazione in maniera generale , mentre nella seconda mette in evidenza le condizioni che ci hanno portato al peccato ".
La risposta però non mi ha convinto per cui vi chiedo: cosa ne pensate?.
Ho fatto delle ricerche su internet, e pare che Mose' abbia racchiuso questi concetti per creare un'unica religione, un'unico popolo e creare così un'unica nazione.
Quella ragione che spinge ogni religione, creare una propria comunità per scopi puramente egoistici.
[SM=x1061919]



Speriamo che questa volta sia riuscita ad entrare nel forum
a presto Anna Maria




Carissima Anna Maria,

BENVENUTA! BENVENUTA! BENVENUTA!

[SM=x1061941] [SM=x1061942] [SM=x1061960] [SM=x1061960] [SM=x1061961] [SM=x1061961] [SM=x1061959] [SM=x1061958] [SM=x1061957] [SM=x1061959] [SM=x1061970] [SM=x1061964]

Per quanto riguarda le domande che poni sul libro di Genesi, abbiamo fra i nostri foristi una persona che potrà darti ottime risposte: BICCHIERE MEZZO PIENO/Gianluca!

Un abbraccio
Pino






pyccolo
00giovedì 7 febbraio 2008 19:56
Re:
@nounou@, 04/02/2008 19.25:


Si dice che i sensi di colpa siano i migliori alleati del potere ed, in particolare, del potere religioso ... voi cosa ne pensate?

Assolutamente si!
Permettono di gestire e strumentalizzare le coscienze.



mi trovo d'accordo con Pino..
..il fatto è che le persone a volte non si rendono conto di questa strumentalizazzione,ed il senso di colpa diventa a mano a mano frustrazione..malessere..
l'obbiettivo è proprio questo: mantenere potere e obbedienza attraverso il senso di copa.





Com'è possibile la strumentalizzazione delle persone?
E' possibile, penso, ad una condizione:
Che le persone consentano, ignare, la propria strumentalizzazione.
Difatti è certa una cosa:
Se la persona si rendesse davvero conto d'essere strumento nelle mani di altri, immediatamente cesserebbe di consentirne l'abuso.
C'è perciò il fatto di non rendersene conto.
Ma chi è accusato di strumentalizzare si rende conto di ricorrere a questa pratica?
Penso che le persone, tutto sommato, si strumentalizzino a vicenda, passando da condizionati a condizionanti e viceversa.
Credo che quelli che condizionano, sapendo di condizionare, siano pochi, anche se vi sono tecniche raffinate tese ad ottenere il condizionamento, ma non funzionano con tutti.
C'è anche da dire che nessuno potrebbe condizionare nessun altro che non voglia farsi condizionare.
Per essere condizionati c'è bisogno del consenso della persona.
Senza consenso non si condiziona nessuno.
Come si dà il consenso?
Si dà il consenso rinunciando alla libertà del proprio pensiero ed assumendo, invece del proprio, il pensiero altrui.
Quando il pensiero altrui è recepito come verità o, peggio, come verità assoluta, e si fa proprio, il condizionamento è stato consentito ed è in atto; disfarsene non è cosa da poco, perchè, ironia della sorte, il peggior fautore e promotore del proprio condizionamento è la persona stessa, che apre a convizioni e certezze che non esistono da nessuna parte.
Per questo c'è un aforisma che dice che "le convinzioni sono le peggiori nemiche della verità".
Sradicare una convinzione non è cosa nè semplice nè da poco, anche perchè, per sradicarla, è indispensabile la parteciapazione sentita del condizionato.
Apprendere d'essere dei condizionati non è cosa che fa piacere, per cui, per rifarmi al testo d'introduzione, s'innesca quel meccanismo che fa sentire disorientati, smarriti, in balia della propria solitudine.
Per capire questo fenomeno basti pensare a chi è convintissimo di recarsi a Roma e poi, per una qualche circostanza, s'accorge d'essere non solo molto lontano dalla meta, ma d'essere giunto addirittura in prossimità di Bagdad. Pensate alle molteplici domande che lo assillano e soprattutto al pensiero che che lo interroga sulla ragione per cui non abbia prestato attenzione a piccoli avvertimenti qua e là.
Lo smarrimento però, se gestito bene, si potrebbe risolvere in poco tempo in una maggiore consapevolezza di sè. [SM=x1061948]

Pyccolo

pyccolo
00venerdì 8 febbraio 2008 18:53
I SENSI DI COLPA



Alcune situazioni portano a comportamenti estremi ed a rischio.
L’individuo che abbandona una comunità religiosa, dopo aver militato per anni, diventa “INDEFINITO”.



Tutto possibile.
Si esce da un ambiente che, in conseguenza della scelta fatta, ti diventa ostile. Si entra poi in un ambiente quasi sconosciuto, con il quale si è perso nel frattempo ogni occasione di scambio di idee e di esperienze.
Avviene un pò come quando una pollo fuoriesce dal suo pollaio per entrare in un altro recinto. Lo vedrete per qualche tempo all'angolo, solitario.
Gli umani non sono molto diversi dai polli.
In questo stato di solitudine, di messa all'angolo nel ring della vita, succede che si è portati a riflettere ed a chiedersi se sia stata giusta e saggia la scelta di uscire dai propri recinti religiosi.
Sarà a questo punto che si faranno sentire i sensi di colpa, quasi essi volessero dar ragione ai numerosi avvertimenti ricevuti sul pericolo di allontanarsi ed andare alla deriva.
Sarà in questo stadio che molti potrebbero ripensarci e far ritorno all'interno dell'originale recinto, accettando da un lato di subire le ragioni della comunità (visto che fine fanno quelli che abbandonano, caro figliuol prodigo?)e, dall'altro, le ragioni dei suoi conflitti interiori ... a questo punto non gli resta che dirsi: "zitto e vai avanti alla meno peggio". Molti vivranno questa conflittualità, spegnendosi in ardore, interesse, vitalità, gioia etc.
Altri avranno il coraggio di abbandonare e di riprendersi dallo stato iniziale di smarrimento, spesso con molta fatica, magari con la sensazione di sentirsi "indefiniti".

Perchè succede tutto questo, a parer vostro?
E' proprio necessario subire quest'iter o se ne può fare a meno?
Perchè si affacciano i sensi di colpa e perchè si ha la sensazione d'essere soli con se stessi al mondo? [SM=g28000]
Cosa c'è alla base di questo deprimente processo psicologico? [SM=x1061984]


Pyccolo






@nounou@
00sabato 9 febbraio 2008 20:21

Perchè si affacciano i sensi di colpa e perchè si ha la sensazione d'essere soli con se stessi al mondo?




Il perchè dal mio punto di vista è semplice, non si sta bene con se stessi, e dunque non si sta bene con gli altri..ci si sente soli..
e invece basterebbe poco, basterebbe essere più sereni e vivere la vita per quello che ci dona, basterebbe sorridere al mattino quando ci si sveglia, e sorridere al prossimo.. e ringraziare Dio per ciò che abbiamo..

pyccolo
00sabato 9 febbraio 2008 22:22
Re:
@nounou@, 09/02/2008 20.21:


Perchè si affacciano i sensi di colpa e perchè si ha la sensazione d'essere soli con se stessi al mondo?




Il perchè dal mio punto di vista è semplice, non si sta bene con se stessi, e dunque non si sta bene con gli altri..ci si sente soli..
e invece basterebbe poco, basterebbe essere più sereni e vivere la vita per quello che ci dona, basterebbe sorridere al mattino quando ci si sveglia, e sorridere al prossimo.. e ringraziare Dio per ciò che abbiamo..





Se fosse così semplice risolveremmo in un batter d'occhio il dramma posto da Lupo nel suo post introduttivo:

" L’individuo che abbandona una comunità religiosa, dopo aver militato per anni, diventa “INDEFINITO”.
La sua stabilità interiore è messa a dura prova, non riesce a trovare una forma di adattamento ad una realtà esterna che ha sempre ignorato.
La divaricazione progressiva tra le problematiche “interne” (famigliari) e la difficoltà nel relazionarsi con il “mondo esterno”, senza ottenere un adeguato sostegno nella sfera affettiva, possono produrre una condizione di stallo caratterizzata da un vissuto di isolamento. Questo genera difficoltà di orientamento che si traducono in sentimenti cronici di incapacità e stati depressivi più o meno evidenti che sembrano sottendere comunque una fondamentale richiesta, costantemente disattesa o rimandata, di riconoscimento di sé stessi, del proprio essere precipitato in uno stato di transizione.
Il conflitto interiore è inevitabile.
"

Mentre da un lato la frase che si sente di frequente e che recita " basta star bene con se stessi" potrebbe essere la conclusione di un processo di recupero dell'autostima, dall'altro indicare che cosa sia necessario fare, per star bene con se stessi, è molto più complesso ed estremamente difficile. Non bastano parole slogan, bisogna colpire all'interno delle molteplici ragioni cause del disagio.
Vale l'adagio che recita "il sazio non crede alle ragioni del digiuno".
Dire che sia sufficiente mangiare per essere sazi non è sufficiente per chi soffre di anoressia, anche se, mangiare, è una soluzione semplicissima.

Tanti cari saluti [SM=x1061918]

Pyccolo
parliamonepino
00domenica 10 febbraio 2008 01:41
Re: Re:
pyccolo, 09/02/2008 22.22:




Se fosse così semplice risolveremmo in un batter d'occhio il dramma posto da Lupo nel suo post introduttivo:

" L’individuo che abbandona una comunità religiosa, dopo aver militato per anni, diventa “INDEFINITO”.
La sua stabilità interiore è messa a dura prova, non riesce a trovare una forma di adattamento ad una realtà esterna che ha sempre ignorato.
La divaricazione progressiva tra le problematiche “interne” (famigliari) e la difficoltà nel relazionarsi con il “mondo esterno”, senza ottenere un adeguato sostegno nella sfera affettiva, possono produrre una condizione di stallo caratterizzata da un vissuto di isolamento. Questo genera difficoltà di orientamento che si traducono in sentimenti cronici di incapacità e stati depressivi più o meno evidenti che sembrano sottendere comunque una fondamentale richiesta, costantemente disattesa o rimandata, di riconoscimento di sé stessi, del proprio essere precipitato in uno stato di transizione.
Il conflitto interiore è inevitabile.
"

Mentre da un lato la frase che si sente di frequente e che recita " basta star bene con se stessi" potrebbe essere la conclusione di un processo di recupero dell'autostima, dall'altro indicare che cosa sia necessario fare, per star bene con se stessi, è molto più complesso ed estremamente difficile. Non bastano parole slogan, bisogna colpire all'interno delle molteplici ragioni cause del disagio.
Vale l'adagio che recita "il sazio non crede alle ragioni del digiuno".
Dire che sia sufficiente mangiare per essere sazi non è sufficiente per chi soffre di anoressia, anche se, mangiare, è una soluzione semplicissima.

Tanti cari saluti [SM=x1061918]

Pyccolo



Caro Pyccolo,

E’ sorprendente come la figura del Cristo si innalza, quando si parla di discriminazione.
Gesù avvicinava tutti quelli che venivano allontanati per la loro “diversità”.
L’attenzione di Cristo era rivolta agli scomunicati, agli emarginati, quelli che erano respinti dalla comunità.
Gli allontanati dal gruppo non avevano speranza.
Erano condannati a precipitare nell’abisso del silenzio.
Questo tipo d’esclusione porta inesorabilmente alla morte sociale.
In Italia, come in diverse parti del mondo, ci sono milioni di persone precipitate in questo “inferno” sociale.

Mi riferisco ad individui che per aver espresso delle legittime perplessità, nei loro ambienti religiosi, hanno subito la punizione estrema: La “scomunica”.
In certe comunità, che professano di essere detentrici della "verità assoluta", cambiare opinione è un “crimine”!
Vieni espulso.
Si tratta di un’espulsione scientifica, perché sei additato come un appestato, una persona da escludere da ogni attività sociale, persino con i propri parenti e amici.
Tutti coloro, che prima condividevano il proprio credo religioso con questo individuo, lo osservano come un trasgressore.
La loro occhiata è di disapprovazione.
Ecco perché si parla di inquisizione, discriminazione ed espulsione scientifica.
Il vuoto creato attorno al “trasgressore” è terribile.
Piano piano lentamente si trova in una condizione di “impurità contagiosa”.
Diventa un essere ripugnante.
Questo trattamento scaraventa il “lebbroso” in una situazione di grave disagio psicologico che preannuncia una morte sociale.
Tale repressione porta inevitabilmente all’annientamento della persona.
Si tratta di una pena di morte a tutti gli effetti.

Spesso, chi cambia opinione è colpevole di un “delitto”.

Vorrebbe condividere con gli altri le sue “scoperte”, desidererebbe avviare un dialogo con i suoi compagni, ma gli viene impedito.

Trova un irrigidimento rabbioso di difesa.

Rivoltare le proprie convinzioni è un procedimento lento e doloroso.
E’ un trauma!
Questo mutamento è visto come una malattia infettiva e disgustosa.
Si diventa come dei “lebbrosi”.

Ma la cosa sconcertante è che chi modifica le sue convinzioni non riconosce di aver preso una malattia, anzi si sente guarito.

Solo che trattandosi, in ogni caso, di un disagio, significa rompere un equilibrio, cadere nel caos e dover faticosamente ricreare un nuovo equilibrio.

Questo, ripeto, è interpretato come una cosa negativa.

Qui non si tratta di cambiare opinione in modo congruente, così che uno tende a raccogliere informazioni per rafforzare il suo credo, seleziona solo i dati che confermano l’opinione che già possedeva su un argomento e non si fa condizionare da quelli contrari.

Ma la trasformazione è incongruente, si passa da una forte convinzione al sospetto che non sia più così.

Avviene in questo caso un rinnovamento, un passaggio da una posizione rigida, intransigente e ancorata.

Un soggetto che fino a ieri escludeva categoricamente l’ipotesi di rivedere le sue posizioni, oggi deve fare i conti con un’altra realtà.

Qualsiasi punizione inflitta, a chi ha espresso pacificamente le proprie opinioni sul pensiero religioso costituisce la violazione di un diritto fondamentale per ogni uomo: “la libertà di pensiero”.












pyccolo
00domenica 10 febbraio 2008 13:23
Re: Re: Re:

Caro Pyccolo,

E’ sorprendente come la figura del Cristo si innalza, quando si parla di discriminazione.
Gesù avvicinava tutti quelli che venivano allontanati per la loro “diversità”.



Al di là del fatto che sarebbe necessario fare una premessa sulle diverse figure del Cristo che emergono dai vangeli e, da quella premessa, sarebbe, forse, abbordabile una qualche risposta al tuo commento, c'è comunque da dire che non è che ogni figura del Cristo che traspare dai vangeli, per non dire dal resto del NT, sia esente da discriminazione.
Si parla di pecore e capri. Si parla di chi ascolta e di chi non ascolta e di chi ascolta come colui che sarà messo a destra.
Si parla di grano e di erbacce, con evidente riferimento al fatto che le erbacce devono sparire, pur avendo le erbacce diritto di esistere esattamente come il grano.
Espressioni che vanno interpretate come "chi non è con me è contro di me", "chi non raccoglie con me disperde" danno modo di pensare parecchio. Ci sono poi espressioni che con chiarezza sembramo schierarsi per gli oppressi e per i loro diritti, così come espressioni di uguaglianza, come " ... Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" o "non giudicate per non essere giudicati" "amate i vostri nemici" etc. etc..
Ora, se noti bene, le denominazioni che si definiscono cristiane assumono nei confronti dell'altro, non cristiano o cristiano che ritorna sui suoi passi, lo stesso tipo di linguaggio.
Che cos'è questo modo di additare gli altri se non discriminazione?
O forse è rispetto per i diritti fondamentali o limitazioni del libero pensare e del libero agire?

Mi riferisco ad individui che per aver espresso delle legittime perplessità, nei loro ambienti religiosi, hanno subito la punizione estrema: La “scomunica”.


Ti risponderanno che la scomunica era la prassi seguita dai primi cristiani. Impiegala e somministrala come vuoi, alla fine resta scomunica, ovvero un fattore discriminante. Come la mettiamo?


In certe comunità, che professano di essere detentrici della "verità assoluta", cambiare opinione è un “crimine”!
Vieni espulso.



Ho appena citato sopra frasi riferite al Cristo che consentirebbero un comportamento del genere.
Due sono le cose: O non sono parole del Cristo, essendo abilmente interpolate nei testi, o sono parole del Cristo ed hanno ragione i suoi seguaci a pensare allo stesso modo (delle due una) ... salvo che poi il diritto della società civile a tutelarsi da discriminazioni come queste.




Si tratta di un’espulsione scientifica, perché sei additato come un appestato, una persona da escludere da ogni attività sociale, persino con i propri parenti e amici.



Concordo, ma allora è necessario riflettere sui testi dai quali i cristiani di oggi prendono spunto per le loro ripetute violazioni dei diritti umani fondamentali. Sono i cristiani sufficientemente preparati per dimostrare l'attendibilità delle loro tesi?
Sono in grado di dimostrare, oltre ogni dubbio, che si tratti di atteggiamenti imputabili al Maestro?
A me pare di no. Ogni qual volta si è abbordato l'argomento non ci sono state risposte, se non le solite campate in aria e facenti riferimento a questo o a quel studioso, teologo, esegeta, filologo etc.
Le cose sono serie ed una volta per tutte bisognerebbe interrogare i filologi o gli esegeti perchè dicano, provandolo scientificamente, se davvero certe espressioni possano trovar sostegno ed attendibilità ed essere imputabili ad un uomo di pace in alcuni versetti, di guerra in altri. Altrimenti allo stesso personaggio facciamo dire tutto ed il contrario di tutto.


Questo trattamento scaraventa il “lebbroso” in una situazione di grave disagio psicologico che preannuncia una morte sociale.
Tale repressione porta inevitabilmente all’annientamento della persona.
Si tratta di una pena di morte a tutti gli effetti.

Spesso, chi cambia opinione è colpevole di un “delitto”.

Vorrebbe condividere con gli altri le sue “scoperte”, desidererebbe avviare un dialogo con i suoi compagni, ma gli viene impedito.

Trova un irrigidimento rabbioso di difesa.



Ed allora che fare, al di là di molte lotte in giro per la rivendicazione dei propri diritti?
Perchè mai si dovrebbe soffrire per come certe comunità trattano i propri fedeli? [SM=x1061931]
E' possibile porre rimedio, in attesa che i diritti umani vengano riconosciuti a questi fedeli, per sopravvivere a quel tipo di discriminazione? [SM=x1061920]


Pyccolo




























@nounou@
00domenica 10 febbraio 2008 14:05

Se fosse così semplice risolveremmo in un batter d'occhio il dramma posto da Lupo nel suo post introduttivo:




Intendevo dire che dal mio punto di vista è semplice l’intuizione, non certo il percorso che si deve compiere per arrivarci, e chiaro che occorre lavorare molto su se stessi, e non è semplice [SM=g27992]

un abbraccio [SM=x1061916]
pyccolo
00domenica 10 febbraio 2008 22:30
Re:
@nounou@, 10/02/2008 14.05:


Se fosse così semplice risolveremmo in un batter d'occhio il dramma posto da Lupo nel suo post introduttivo:




Intendevo dire che dal mio punto di vista è semplice l’intuizione, non certo il percorso che si deve compiere per arrivarci, e chiaro che occorre lavorare molto su se stessi, e non è semplice [SM=g27992]

un abbraccio [SM=x1061916]




Ecco, ora ci siamo!
Quando un caseggiato subisce il dissesto per un terremoto, rimediare alle crepe è lavoro non indifferente.
A volte bisogna ripartire dalle fondamenta.
Certo, sì, è possibilissimo riportare tutto allo splendore di prima, ma non senza che trascorra un minimo di tempo.
Mi chiedo: ma è mai possibile che chi entri in un movimento religioso debba subire, nel momento che non condive più nulla o parte del tutto, un terribile terremoto emotivo per mano della comunità che lo ha precedentemente accolto, apparentemente con tanto amore? [SM=x1061931]

E' possibile pararsi dai terremoti?
Questo sarebbe interessante capire.

Ricambio la tua affettuosità. [SM=x1061918]

Pyccolo


pyccolo
00martedì 12 febbraio 2008 13:38
CHE STRANA COSA


Che strana cosa!
Questo thread, insieme a quello di Maria 24 che chiede spiegazioni sui primi capitoli della Genesi, mostra che:

I visitatori/lettori sono stati molti (oltre 400), ma i partecipanti sono stati solo 4.
Perchè?
Come dire che l'argomento interessa molti, moltissimi, ma c'è qualcosa che impedisce di intervenire.
Cos'è?
Eppure stiamo parlando di persone umiliate, discriminate, offese, emarginate. La visione del thread da parte di oltre 400 persone, in pochi giorni, mostra che intorno all'argomento c'è dell'interesse ... ma tutto si ferma lì.
Davvero strana cosa, o, quantomeno, non troppo strana.
C'è qualcosa che estranea, che non consente di proseguire, di dedurre, di trarre conclusioni. [SM=g1380273]
Per la verità non è la prima volta che questo fenomeno accade.
Voi che ne pensate?
Che cosa, secondo voi, impedisce di proseguire in questo tipo di dialogo?
C'è qualcosa che funziona in questo modo?: [SM=x1061931] Cosa?

Saluti [SM=x1061959]

Pyccolo

parliamonepino
00martedì 12 febbraio 2008 14:43
Re: Re:
pyccolo, 10/02/2008 22.30:




Ecco, ora ci siamo!
Quando un caseggiato subisce il dissesto per un terremoto, rimediare alle crepe è lavoro non indifferente.
A volte bisogna ripartire dalle fondamenta.
Certo, sì, è possibilissimo riportare tutto allo splendore di prima, ma non senza che trascorra un minimo di tempo.
Mi chiedo: ma è mai possibile che chi entri in un movimento religioso debba subire, nel momento che non condive più nulla o parte del tutto, un terribile terremoto emotivo per mano della comunità che lo ha precedentemente accolto, apparentemente con tanto amore? [SM=x1061931]

E' possibile pararsi dai terremoti?
Questo sarebbe interessante capire.

Ricambio la tua affettuosità. [SM=x1061918]

Pyccolo





I danni per traumi emotivi dovuti a delusioni, dispiaceri, violenze, eccetera, spesso sono permanenti.

Il trauma psicologico non è una gamba rotta che dopo un periodo più o meno lungo (mesi) guarisce. No! Il trauma psicologico è molto più serio, a volte, distrugge interiormente l'individuo fino alla sofferenza estrema.
E' un continuo precipitare dove gli appigli non sempre reggono la corsa nell'abisso.
Questo tipo di esperienze, nel corso della vita sono inevitabili, per quanto possiamo cercare di scansarle. Si tratta di "disgrazie"!

Uno dei traumi più dolorosi è la perdita di un punto di riferimento religioso, un credo, cui ci si accorge di non sentirsi più "allineati" e, addiritttura ne scopriamo gli "inganni".

Dopo lo sconcerto iniziale, avviene dentro di noi un tumulto di emozioni che porta al disastro interiore.
La nostra identità è tutta da rifare, si scontra con una realtà dura che fino a ieri rigettavamo.

Si perde il controllo delle nostre scelte e ci si trova davanti all'ignoto percorso individuale, fatto di tentativi e di primi passi.

Non è un cammino di pochi mesi, anzi, solo con gli anni si ha un quadro di quello che ci è successo.
Una volta trovata la nostra vera identità, una volta trovato il nostro volto spirituale, le nostre disposizioni di cuore, si comincia a vivere un periodo esaltante, fatto di piccole o grandi conquiste.

Cominciamo ad avere un incontro col nostro Io per poterci, poi, confrontare con gli altri, con più facilità di dialogo.

Queste sono mie personali considerazioni. Si possono certamente discutere o confutare ma sono qui per questo.

Saluti
Pino Lupo





pyccolo
00martedì 12 febbraio 2008 20:16
Re: Re: Re:



Uno dei traumi più dolorosi è la perdita di un punto di riferimento religioso, un credo, cui ci si accorge di non sentirsi più "allineati" e, addiritttura ne scopriamo gli "inganni".
Dopo lo sconcerto iniziale, avviene dentro di noi un tumulto di emozioni che porta al disastro interiore.
La nostra identità è tutta da rifare, si scontra con una realtà dura che fino a ieri rigettavamo.

Si perde il controllo delle nostre scelte e ci si trova davanti all'ignoto percorso individuale, fatto di tentativi e di primi passi.



Ci sono scuole di analisi del pensiero che ritengono sia possibile rifarsi da traumi di natura psicologica del tutto.
Capisco perfettamente cosa significhi perdere un punto di riferimento, di qualunque natura esso sia, anche religioso.
Molti, per non rimanerne senza, si rifanno ad altri punti di riferimento, accettandoli come nuove stelle polari, nella speranza che li conducano fuori dal deserto: è il caso dei travasi da una forma di religiosità ad un'altra, come da un partito ad un altro. Pur non volendolo ammettere a se stessi, spesso accade che questi travasi non siano la risposta alle proprie aspettative, ma un'alternativa, un modo di farsi adottare, pur di avere un nuovo punto di riferimento.
Per ritornare al discorso, quando qualcuno scopre o s'accorge che il punto di riferimento che ha fatto da stella polare per anni non è più affidabile come aveva sempre creduto va certamente incontro alla delusione.
Improvvisamente s'accorge d'essere in un deserto senza alcuna guida per uscirvi. Si sente smarrito ed isolato.
Perchè gli umani assegnano a certi punti di riferimenti il valore della verità assoluta?
Perchè si affidano ciecamente ad essi?
E' possibile concepire punti di riferimento che non abbiano il valore della verità assoluta, di modo che, con un tale atteggiamento, mentre da un lato non si disdegnano i servizi resi da punti di riferimento al nostro esterno, dall'altro sia possibile puntare di più sulle proprie intuizioni e sulle proprie capacità di movimento, sulle proprie risorse, al punto da divenire il più importante punto di riferimento per sè?
E' vero, chiedo, che, oggi, in ogni ambito, si fa sempre più riferimento ad una maggiore presa di coscienza di sè, ad una maggiore autostima, ad una maggiore fiducia in sè?
Cosa ne pensate?
Mi pare che Lupo nel dire:

"Una volta trovata la nostra vera identità, una volta trovato il nostro volto spirituale, le nostre disposizioni di cuore, si comincia a vivere un periodo esaltante, fatto di piccole o grandi conquiste.
Cominciamo ad avere un incontro col nostro Io per poterci, poi, confrontare con gli altri, con più facilità di dialogo."

intenda proprio parlare di ricerca del sè, di ricostruzione della propria identità, di riappropriazione della stima di sè e della fiducia nelle proprie risorse, virtù così tanto tradite e vituperate e calpestate ed annullate dai punti di riferimenti cui avevamo delegato la guida di noi stessi?
Io penso di sì, penso che questo sia il tentativo.
Com'è possibile che tutti gli altri conoscano quale sia il nostro bene e non noi stessi?

Cosa ne pensate?

Pyccolo












parliamonepino
00martedì 12 febbraio 2008 23:46
Mi permetto di proseguire il saggio ragionamento di Pyccolo con un ulteriore e positivo commento:


La vita può essere molto sfidante per le persone che hanno scelto di rinascere.

Può succedere nella vita di trovarsi in momenti in cui le energie utili per agire con efficacia nella giusta direzione vengono meno.

Altre volte, la sensazione è quella di agire in modo etico e consapevole, ma questo non basta a farti raggiungere i tuoi risultati e farti sentire sereno e felice.

Può accadere, ed è accaduto, che le certezze acquisite nella tua vita si trasformino in dubbio o che, per qualsiasi motivo, diventi molto difficile fidarti degli altri e di te stesso.

Quando ci si rimette in discussione c'è la possibilità di sperimentare e testare i propri limiti e di poterli accettare e conviverci.

Può essere molto utile per uscire dal vittimismo.

Puoi fare un punto reale della situazione, verificare quanto hai messo in pratica gli insegnamenti che la vita ti ha messo a disposizione e trovare nuove motivazioni ed entusiasmo, che servono per riportarti in un punto di equilibrio e chiarezza.

Rimettersi in gioco è una sfida, è la possibilità di allenare il tuo fisico, rinvigorire i tuoi nervi, irrobustire i tuoi polsi per permetterti di dimostrare con i fatti e non solo con i buoni propositi le tue possibilità.

"Una vita su cui non ci si interroga, non vale la pena di essere vissuta" (Socrate)

Saluti
Pino





pyccolo
00mercoledì 13 febbraio 2008 12:33


Può accadere, ed è accaduto, che le certezze acquisite nella tua vita si trasformino in dubbio o che, per qualsiasi motivo, diventi molto difficile fidarti degli altri e di te stesso.



LE CERTEZZE!!!
Cosa sono le certezze?
Perchè se ci sono si sta bene e se mancano si sta male?
E se non fosse così?
Potrebbe esserci anche l'eventualità che si possa star bene anche senza certezze, vi pare?
Chi determina se qualcosa o qualche concetto è certezza?
Le certezze sono altrimenti dette anche "punti di riferimento".
E se scoprissimo che non esistono certezze o ne esiste solo una?
Come fare a scoprirlo?
La risposta è data certamente dalla frase di Socrate riportata dall'amico Lupo:
"Una vita su cui non ci si interroga, non vale la pena di essere vissuta".
Naturalmente che la vita non meriti d'essere vissuta senza interrogarsi è un'opinione di Socrate, che non condivido, mentre condivido l'idea che sulla vita bisogna interrogarsi.

Che succede se sulla vita, o sulla concezione della vita ci si interroga?
A parer mio quando ciò avviene è inevitabile scontrarsi con il DUBBIO.

IL DUBBIO!!!

Cos'è il dubbio, così tanto odiato dalle teocrazie e dai poteri totalitari, al punto che mettono in guardia dal farselo venire?

Se ci si pensa bene il dubbio è L'INTERROGARSI cui si riferisce Socrate.
Non è che le religioni siano prive dal dubbio.
Sono tormentate dai dubbi anche esse.
Però esse delegano particolari persone a farsi venire i dubbi ed a dissertarvi sopra.
Solo ai fedeli non è concesso farsi venire dubbi.
Il dubbio ricade nelle facoltà dei vertici, per fare e disfare a proprio piacimento, per cancellare un'interpretazione a favore di un altra più consona e opportuna al momento. Per dettare una verità, diciamo, più aggiornata.
Ma, se ci riflettiamo bene, che senso ha di parlare di verità aggiornata?
La verità, se è tale, non è aggiornabile.
Ma allora il limbo a cui si credeva un tempo?
Loro dicono che c'è stata una revisione di quella verità e lo dicono semplicemente perchè non hanno il coraggio di dichiarare apertamente d'aver insegnato una falsità, con intenzione o senza intenzione ... io credo più nell'intenzionalità per finalità precise.
Idem dicasi di moltissime dottrine e concezioni che sono mutate nel tempo e che sono state a suo tempo dai gruppi religiosi insegnate come verità, nel nome delle quali, credenti di ogni tempo, magari han sofferto e sono morti, molti ingiustamente.
I dubbi, nel settore religioso, sono perciò appannaggio di una ristretta cerchia di affidabili. Agli altri credenti non è concesso dubitare.

Che succede se uno dubita?

Succede che mette in gioco le certezze, non solo, ma succede anche che, temendo che il dubbio non abbia origine da Dio, si convinca d'essere indegno ed inizi ad avere momenti di sofferenza interiore, dovuti al conflitto innescatosi fra ciò che è dichiarata certezza e ciò che ora ritiene che quella certezza davvero sia.
Una delle ragioni che, è mia opinione, impedisce di toccare questi argomenti è proprio il timore. la paura di mancare di rispetto a determinate concezioni.
E' la paura di INTERROGARE il proprio discorso, le proprie credenze.
IL credente non deve (così vogliono i vertici religiosi) e non può interrogare se stesso, le sue convinzioni, le sue scelte.
Questo è quello che di più assurdo la religione è riuscita ad instillare nel credente: la paura, il timore.
E' grazie a quelle paure che esse continuano a dominare e ad attingere dai credenti potere e prestigio.
Per quanto tempo ancora però?


Quando ci si rimette in discussione c'è la possibilità di sperimentare e testare i propri limiti e di poterli accettare e conviverci.

Può essere molto utile per uscire dal vittimismo.



Intendi dire che quando ci si interroga si capisce che spesso non ci sono risposte (limiti) e noi, quelle risposte, le vorremmo a tutti i costi, a costo di star male.
I limiti famosi sono comuni ad ogni essere umano. Sono le religioni che vogliono convincerci che non ci siano limiti, che quei limiti possano essere superati dalla fede e dalla teologia.

Qual'è la differenza fra religione e scienza?

Ebbene, la religione ti dice che certe cose sono così e basta.
La scienza ti dice che le cose stanno così fino a prova contraria.

La religione richiede un atto di fede.
La scienza, fortunatamente, non castiga ma invita a mettere in dubbio se stessa.

E' chi si convince di queste cose (le certezze religiose) che avrà la sensazione di vivere in un'alone di tranquillità. Fino a quando però? Finchè non s'accorge che qualcosa non va ed in quel momento, come d'incanto, crollano le sue certezze, o, almeno, le cose che gli hanno prospettato come certezze.
Basta a questo punto capire che, la vita, non è detto che debba basarsi su certezze. Capire questo è fondamentale per scongiurare la sofferenza.
Noi tutti i giorni viviamo e ci muoviamo su certezze provvisorie, che mutano di giorno in giorno. Mica per questo stiamo male.
Si sta male quando ci si convince di fatti che si suppone non possano più mutare. IL giorno che ci si accorge che mutano, ecco che, come d'incanto, crollano le certezze e noi che vi eravamo abituati, mentre da un lato siam sorpresi per queste nuove scoperte, perdiamo quei punti di riferimento, cui ci eravamo ancorati con fermezza. Pensiamo a quel tempo come ad un tempo perduto, ad un'occasione persa, ad un inganno. Quando questo accade subentra la delusione e con essa lo scoraggiamento e con esso l'ansia e con essa la probabile cosiddetta depressione.

E se invece quel momento si mutasse in un momento, come dice Lupo, di rinascita? Se invece di pensare al passato pensassimo alla crescita del nostro pensiero ed alla nuova libertà acquisita?
Potrebbe darsi il caso che questo ci possa far star meglio o no?

Davvero a questo punto entra in gioca il commento di Lupo:

"Rimettersi in gioco è una sfida".

Io penso che la sfida si possa accettare e vincere ... voi che ne pensate?

Tanti cari saluti a tutti ed in particolare ai sofferenti. [SM=x1061919]

Pyccolo


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