L'inferno della pedofilia - Cause, effetti e prevenzione di un fenomeno devastante: l'analisi di una psicoterapeuta

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00mercoledì 7 gennaio 2009 19:41

di CLOTILDE MASINA BURAGGI

Qual è la reale portata del fenomeno pedofilia nel nostro paese? Come si diventa pedofili? Cosa può fare la società per difendere i nostri piccoli? L’emersione di un traffico di immagini di bambini abusati sessualmente o peggio, i documenti trasmessi dalla televisione e una pluralità di articoli sui giornali hanno scatenato un’ondata di angoscia sull’opinione pubblica italiana.

Poiché l’angoscia è una pessima consigliera, mi sembra importante cercare di fare chiarezza su questo fenomeno. Per me psicoterapeuta, poi, come per tanti miei colleghi, le cifre corrispondono spesso a volti di persone abusate di cui abbiamo conosciuto e conosciamo l’indicibile sofferenza.
E anche questo dolore mi spinge a partecipare le mie riflessioni.

Le statistiche

Cominciamo dalle cifre, con l’avvertenza che esse costituiscono la punta esigua di un iceberg certamente di dimensioni assai più ampie. Il primo “Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e della preadolescenza” pubblicato da Eurispes-Telefono Azzurro il 27 ottobre scorso e commentato con grande evidenza dai quotidiani il giorno seguente riferisce che le segnalazioni di abusi sessuali fatte al Telefono Azzurro, direttamente da minori o da persone che si dicono a conoscenza di fatti criminosi, tra il giugno 1999 e il luglio 2000 sarebbero state 423, quindi un po’ più di una al giorno.

Dal canto suo la Sezione minori della Criminalpol-Ministero della Giustizia riferisce che le vittime di violenze sessuali nei primi sette mesi del 1999 sarebbero state 339 e 294 le persone denunciate; nello stesso periodo del 2000, si conterebbero 284 vittime e 243 sono stati i denunciati. L’80 per cento tanto delle vittime che degli abusanti sarebbero cittadini italiani.

La discrepanza fra i dati che abbiamo elencato ha un’ovvia spiegazione: è chiaro che la polizia è in grado di reprimere reati compiuti su minori assai più di quanto i bambini abusati e gli “esterni” alle loro famiglie siano in grado di accedere al Telefono Azzurro. Come abbiamo visto dai dati resi noti dalla Criminalpol, nei primi sette mesi dell’anno in corso il numero complessivo delle vittime di violenze sessuali sarebbe diminuito (da 339 a 284), ma sarebbe grandemente aumentato (sempre rispetto all’anno scorso) in Calabria, in Lombardia e nelle Puglie.

Non è facile identificare le motivazioni del calo sul territorio nazionale e dell’aumento in certe regioni. Possono essere molteplici: dipendere, per esempio, da una maggiore o minore diffusione della notizia dell’esistenza del Telefono Azzurro e dalla maggiore o minore iniziativa delle autorità pubbliche e delle strutture sociali.

E’ interessante rilevare che i quotidiani hanno spesso enfatizzato le risultanze dei rapporti sulla pedofilia, anche confondendo, in non pochi casi, tra abuso sessuale e abuso di altro tipo (maltrattamenti, non accudimento ecc.). Questo è apparso particolarmente evidente nei titoli, che, come è noto, non sono fatti dall’estensore dell’articolo e sono spesso estremizzati per suscitare l’interesse del pubblico.

Lo dico non certo per diminuire la portata del fenomeno ma per sottolineare un’esigenza di serietà di fronte a un argomento tanto complesso e drammatico Non sempre i media, purtroppo, fanno un serio lavoro di denuncia e di documentazione. Riguardo alla pedofilia, mi pare che, almeno a livello di opinione pubblica, siano stati prodotti molto panico e molta indignazione, che hanno trovato scarico in una voglia diffusa di linciaggio e di pena di morte, più che in un reale desiderio di conoscere il fenomeno, per essere in grado di proteggere i bambini; e di proteggerli in nome di un dovere della collettività, che ha anche l’obbligo morale di denunciare una violenza che avviene all’interno di un’altra famiglia quando se ne abbia conoscenza. Purtroppo in questa società che consuma tutto in fretta, che ricorda poco, ci si interessa dei fenomeni quando se ne parla nei titoli di testa dei quotidiani, o sono in prima posizione nei telegiornali, poi perdono di interesse.

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Che cos’è la pedofilia?

Pedofilia e incesto

Quando la pedofilia è anche incesto, le conseguenze della violenza sul bambino sono particolarmente devastanti. Le statistiche rivelano che i pedofili appartengono per lo più alla cerchia intima del bambino. Spesso sono parenti stretti, come il padre, la madre o entrambi i genitori, nonni, zii, fratelli maggiori: quindi persone in cui il bambino aveva riposto la propria totale fiducia e che lo hanno tradito, invece di fornirgli uno scudo protettivo. Il padre, e la madre che sa e tace, (nel 20% del campione esaminato dal rapporto Eurispes la situazione di disagio è nota a uno o due persone del gruppo familiare o a conoscenti che tacciono), e che magari disconferma le confidenze del bambino aumentando la sua disperazione, spesso sono stati anche loro abusati fisicamente durante l’infanzia: con una tremenda trasmissione generazionale “amano” la loro prole, nel modo in cui loro stessi sono stati “amati”; qualche volta convinti che la sessualità sia il modo migliore per esprimere amore e interesse.
Dal rapporto Eurispes risulta che il 66 per cento degli abusi sessuali si compiono in famiglia: ne sono responsabili il padre nel 35,8 % dei casi, la madre (30,8 %), fratello/sorella (2%), altri parenti (4,8%,) convivente con madre/padre (2,1%), amici/conoscenti (8,0%), inse-gnante (4,4%), estraneo (3,7) %. (Particolarmente raccappricciante la percentuale relativa alle madri!).
Tra i bambini abusati sotto i dieci anni il 44,7 % è maschio e il 42,6 % è femmina.

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La terapia dell’abusato

E’ in aumento la pedofilia?

La protezione del bambino

Chi è il pedofilo

Rifuggire dai luoghi comuni omosessualità e pedofilia

La prevenzione

........Se anche un insegnante intuisce che ci sia un abuso, non può esserne immediatamente certo, e anche se lo è, deve superare alcune legittime difficoltà interiori, come la perplessità sul diritto di entrare nei fatti privati di altre persone, magari conosciute come vendicative, la paura di essere accusato di diffamazione o la paura di fare ulterio-re male al bambino.

(Il rapporto Eurispes conferma tali difficoltà: infatti il rapporto dice che non sempre l’adulto che telefona segnalando un abuso fornisce le indicazioni necessarie per un intervento delle autorità competenti.) Inoltre l’insegnante ha bisogno di sapere che ci sono istituzioni in grado di adottare soluzioni ponderate per i casi che egli segnala e deve avere fiducia in tali istituzioni. Non è, ancora la situazione italiana: oggi capita spesso (e purtroppo ciò è più frequente nelle regioni più prive di servizi sociali) che gli insegnanti sappiano ma non sappiano come gestire quello che sanno.

Da questo puto di vista, la responsabilità è di tutti i cittadini che devono rendersi protagonisti di progresso, nelle molte forme loro possibili.

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