Federico Aldrovandi: ucciso di botte da 4 poliziotti e nessuno sapeva niente

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parliamonepino
00martedì 19 giugno 2007 22:02
GUARDATE E ASCOLTATE CON ATTENZIONE QUESTO VIDEO



Ascoltatemi bene: non ce la faccio più a vivere in uno Stato come questo.
In cui un ragazzo di 18 anni, Federico Aldrovandi fermato da quattro poliziotti, picchiato, muore senza motivo. Dopo non si sa nulla, il ragazzo si è ucciso da solo. Il questore e il procuratore della Repubblica non muovono un dito. Due manganelli rotti per spezzare la sua vita. Calci in faccia a terra.
Le pattuglie che hanno fermato Federico erano composte da Monica Segatto, Paolo Forlani, Enzo Pontani, Luca Pollastri. Dove sono oggi? Prendono ancora lo stipendio? Quello che pagano i genitori di Federico, che gli paghiamo anche noi, per avere la loro protezione?
La verità non si sarebbe saputa se il ministro degli Interni Giuliano Amato non avesse incontrato il padre di Federico e visto le fotografie del corpo martoriato del figlio. Una settimana dopo il questore Elio Graziano viene trasferito.
Dei documenti sono stati contraffatti. I testimoni, perchè c’erano dei testimoni, hanno taciuto per paura, tranne una signora del Camerun. Onore a lei, signora.
Un appello alla Polizia: non permettete che ci siano altri Federico.
Beppe Grillo


www.beppegrillo.it/2007/06/federico_aldrov.html

federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/

Domani inizia l'udienza preliminare.

19 giugno 2007: www.beppegrillo.it/
quante migliaia di persone in più sapranno cosa è successo e può succedere... spero che l'informazione trasparente ci difenda dall'illegalità, che la denunci ovunque si trovi, e che Federico abbia almeno giustizia.


ATTI FALSIFICATI

Prima del processo abbiamo visionato il fascicolo dell’indagine.

Ci sono le prove dei falsi compiuti quella mattina e nei tempi successivi da chi era deputato all’indagine!

Una nota del Capo della Mobile Pietro Scroccarello, datata 5 febbraio 2007, evidenzia la contraffazione del registro degli interventi "113". Trascrivo alcuni passaggi:

"…Lo scrivente in data odierna…ha avuto accesso, per la prima volta, al registro degli interventi "113", relativi al periodo oggetto d’indagine, fino ad oggi custoditi nella cassaforte dell’U.P.G.S.P."

"…visionando il brogliaccio originale, lo scrivente ha avuto modo di constatare che l’intervento in via Ippodromo era inizialmente riportato nel "Foglio di intervento nr.686", anziché nel "Foglio di intervento nr.688", che è quello che, su richiesta della sezione di Polizia giudiziaria, fu trasmesso in copia conforme il 17 gennaio 2006.

DOVEROSAMENTE si deve rilevare, inoltre, che il foglio d’intervento riginale, annullato con dei segni trasversali a penna, è parzialmente difforme da quello poi trascritto nel "Foglio di intervento nr.688".

IN PARTICOLARE LA DIFFORMITA’ E’ RELATIVA ALL’ORARIO IN CUI E’ STATO DATO L’INTERVENTO"

E non basta. L’addetto della Questura "come da precorsa intesa telefonica" ha inviato all’ufficiale di PG, che collaborava con il primo pm dott.ssa Guerra, soltanto la copia autentica del foglio 688, il falso!

E, come ancora non bastasse, quest’ultimo non ha consegnato nulla all’attuale pm Proto, che quindi ha provveduto a ricostruire il fascicolo.

Ho altre informazioni da darvi. Ora non ho tempo, vado a dire tutto ai giornalisti. A fra poco.

ECCO L'INTEGRAZIONE.

Quei fogli di intervento sono completamente falsi. Oltre ai pasticci e alle correzioni non indicano alcune chiamate che sono invece citate nei verbali.

Oltre alle prove di falso sui fogli di registrazione delle chiamate al 113, che quindi lasciano aperto il dubbio su "quando" ci sia stata la prima chiamata di segnalazione, c'è anche il dubbio su "dove" si siano inizialmente incontrati i poliziotti e Federico. Spiego:

Agli atti del fascicolo risulta un'altra nota del Dott. Scroccarello indirizzata al pm Dott. Proto che nel testo dice: "...si è constatato che presso il locale Gabinetto di Polizia Scientifica sono tuttora conservati in congelatore alcuni reperti di sostanza ematica relativi al giovane ALDROVANDI. I medesimi vengono messi a disposizione della S.V. mediante deposito presso la Medicina Legale di Ferrara"

e nella nota di trasmissione:

"Si trasmettono i reperti organici costituiti da 7 dischi di carta sui quali sono state adsorbite piccole quantità di presumibile sostanza ematica ricavata da 7 macchie di sangue, rinvenute sul manto stradale, nel corso del sopralluogo per il decesso della persona in oggetto indicata"

TUTTO QUESTO EMERGE SOLO IL 12/2/2007!!!

Come mai tutto questo materiale è rimasto in un cassetto? E soprattutto: DOVE, IN QUALI PUNTI PRECISI E' STATO RACCOLTO QUEL SANGUE?? Perchè non è stato consegnato prima con le fotografie precise di dove erano quelle tracce? Sappiamo che ne sono state rinvenute anche ad un centinaio di metri dal luogo dell'omicidio. Perchè nel fascicolo che è arrivato nelle mani del pm Proto non c'era traccia di tutto questo?

Dunque: questi documenti parlano di falsi compiuti in Questura in quei primi tempi. Azioni volte a nascondere i tempi e i luoghi dell'intervento. Queste azioni non sono state compiute dai 4 agenti, ma da altri in Questura.

Abbiamo le prove di gravi omissioni e falsi. Siamo legittimati a pensare che, se questa è stata la loro scelta, molto altro sia stato falsificato o nascosto.

Visto che la documentazione è agli atti di un fascicolo in Procura, mi aspetto che la Procura stessa abbia già aperto un'indagine sull'operato dei rappresentanti delle istituzioni in quel periodo. Vogliamo crederci. Speriamo che sia così, che ci sia chi inchioda le persone alle proprie responsabilità.


federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2007/05/atti_falsifi...


VERGOGNA,VERGOGNA,VERGOGNA,VERGOGNA, VERGOGNA!


pcerini
00mercoledì 20 giugno 2007 00:06
E' terribile,non riesco proprio a stare calmo quando leggo di queste cose,anzi,sono dannatamente incazzato e furioso.

CHE VIGLIACCHI! SPERO CHE GLIELA FACCIANO PAGARE MOLTO CARA!




[Modificato da pcerini 20/06/2007 0.08]

parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 00:13
Posso dire di non aver sentito nessun tg che raccontasse questa storia!
Quindi faccio le mie condoglianze alla famiglia di Federico, non per ipocrisia, ma perchè sento di farlo!
Mi auguro che le Istituzioni chiariscano questa vicenda che a distanza di due anni, grazie al coraggio di uomini come Beppe Grillo è stata resa pubblica.
Il silenzio seppellisce i morti e li rende anonimi.
@nounou@
00mercoledì 20 giugno 2007 10:54
oggi è un giorno importante che spero porti giustizia a Federico.

..tutta la mia solidarietà a questi genitori
@nounou@
00mercoledì 20 giugno 2007 10:58
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 22:13


Federico Aldrovandi morto all'alba del 25 settembre 2005 , 18 anni, muore su un marciapiede di Ferrara per colpa di mani ignote.


LA DINAMICA Mentre torna a casa dopo una serata con gli amici, Federico si sente male e, secondo la questura, dà in escandescenze. Viene ammanettato dagli agenti e sviene. Prima che arrivino i soccorsi è già morto.
PESTAGGIO Inizialmente si parla di droga, poi di un malore. La madre del ragazzo denuncia un pestaggio da parte della polizia.
INCHIESTA Nel 2006, una foto choc pubblicata da Liberazione rilancia il caso.


Ferrara, trovate altre prove nella cassaforte della polizia: sette tamponi con il sangue della vittima e documenti clamorosi. Per 4 agenti l'accusa è di aver provocato il decesso del giovane.


FERRARA - Le sorprese erano chiuse in cassaforte. Ci sono novità sulla storia di Federico Aldrovandi, lo studente diciottenne che il 25 settembre 2005 morì a Ferrara dopo essere stato fermato dalla polizia. Tutto era pronto per l’udienza preliminare che il prossimo 20 giugno deciderà se mandare a processo quattro agenti accusati di omicidio colposo. Ed invece, dalla questura arrivano nuovi reperti, sconosciuti agli atti dell’inchiesta. Dagli «originali » delle telefonate ai tamponi imbevuti del sangue del ragazzo. E con essi affiorano dubbi e sospetti, ai quali dà corpo Alessandro Gamberini, legale della famiglia del giovane: «È la prova di come in questa inchiesta il materiale di indagine sia stato accuratamente selezionato, dato o non dato a seconda della convenienza. Per fortuna qualcosa è cambiato». Aldrovandi muore a Ferrara, in via Ippodromo, dopo aver trascorso la notte in un centro sociale di Bologna. Così ricostruiva i fatti una nota della questura: «Alle 6.25 personale di Polizia interveniva su segnalazione di alcuni cittadini che avevano riferito del comportamento strano di un giovane. Poco dopo, il giovane è stato colto da malore».

Caso chiuso. Morto per cause naturali, durante il trasporto in ospedale. Overdose, si dirà poi. Tre mesi dopo Patrizia, la madre di Federico, apre un blog per chiedere nuove indagini. Emergono testimonianze che parlano di un controllo piuttosto energico da parte degli agenti intervenuti. Secondo i consulenti della famiglia ci sarebbe stata una violenta colluttazione tra quattro agenti e Aldrovandi, sottoposto ad una immobilizzazione forzata con schiacciamento della cassa toracica. Il 9 gennaio 2007 c’è la richiesta di rinvio a giudizio per quattro poliziotti. La partita giudiziaria si giocherà su perizie mediche e sulle diverse ricostruzioni degli orari. Anche per questo, è di grande onestà e pulizia la nota datata 2 febbraio 2007 della Squadra mobile di Ferrara che accompagna le nuove rivelazioni. Scrive il dirigente: «In data odierna ho avuto accesso, per la prima volta, al registro degli interventi del 113 relativo al periodo di indagine, fino ad oggi custodito nella cassaforte dell’Unità di polizia giudiziaria». Per una circostanza fortuita, si apre così, «per la prima volta», lo scrigno che contiene gli originali degli atti compiuti quel 25 settembre 2005.
Il catalogo è questo: ci sono tutti i brogliacci delle telefonate effettuate dagli agenti, e gli orari del loro intervento nel luogo dove Federico Aldrovandi cominciava la sua agonia. La Squadra mobile li mette a confronto con i documenti «puliti» che sono stati poi allegati agli atti dell’inchiesta. E scopre che tra la copia «in brutta» e quella in bella, ci sono differenze sostanziali. Sull’orario dell’arrivo della prima pattuglia, i cui agenti sono accusati di aver pestato Aldrovandi: «Doverosamente si deve rilevare come il foglio di intervento originale, annullato con dei segni trasversali a penna, è parzialmente difforme» da quello poi trascritto agli atti. «In particolare, la difformità è relativa all’orario in cui è stato dato l'intervento, e la correzione fatta a penna contrasta con i fogli successivi ». Il nuovo questore di Ferrara, Luigi Savina, uno dei poliziotti più stimati dal Viminale, mette per iscritto di non aver chiesto «per ora» una relazione sull’accaduto ai due ispettori che hanno firmato i rapporti solo perché consapevole che anche la Procura ha un procedimento in corso sui modi con i quali è stata effettuata l’indagine sulla morte di Aldrovandi. Dal carteggio custodito in cassaforte spuntano anche due lettere «manoscritte in originale», che sono riferibili alle attività di sopralluogo compiute la mattina del 25 settembre—Aldrovandi morì poco dopo l’alba—«ma non risultano finora essere state inviate alla autorità giudiziaria».
L'ultima scoperta è forse la più clamorosa. La questura comunica di aver ritrovato anche sette tamponi intrisi di sangue «relativi al giovane Aldrovandi» conservati da ormai due anni nei frigoriferi della Polizia scientifica, e mai messi agli atti. In una vicenda dove autopsie, perizie mediche e sopralluoghi contano molto, è un dettaglio che potrebbe avere la sua importanza.


di Marco Imarisio per Il Corriere della Sera
30 maggio 2007


VOGLIAMO VERITA' E GIUSTIZIA
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 22:16
AVVISO DI FISSAZIONE DELL'UDIENZA
"TRIBUNALE DI FERRARA - SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI E PER L'UDIENZA PRELIMINARE - AVVISO ALLE PARTI DI FISSAZIONE DELL'UDIENZA PRELIMINARE ... in relazione al procedimento penale nei confronti di:

1.FORLANI PAOLO

2.SEGATTO MONICA

3.PONTANI ENZO

4.POLLASTRI LUCA

avvisa gli imputati sopra indicatiper i reati di cui all'allegata richiesta di rinvio a giudizio... che con decreto in data 11 mag 2007 il Giudice dott. Silvia Migliori ha fissato per il giorno 20 giugno 2007 alle ore 9.00 in Ferrara... Palazzo Giustizia ... l'udienza preliminare in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio depositata dal Pubblico Ministero ... che si notifica contestualmente al presente avviso."

ecco l'accusa:

"Delitto p. e p. dagli art 113, 51, 55, 589 c.p. per avere, con azioni indipendenti tra loro, in qualità di agenti componenti le volanti alpha 2 e alpha 3, intervenuti in via Ippodromo a seguito di chiamate di privati cittadini che avevano segnalato la condotta molesta e di disturbo di un giovane (successivamente identificato in Federico Aldrovandi), con colpa consistita:

1. nell'avere omesso di richiedere immediatamente l'intervento di personale sanitario per le necessarie prestazioni mediche a favore di Federico aldrovandi descritto dagli stessi agenti in stato di evidente agitazione psicomotoria;

2. nell'avere in maniera imprudente ingaggiato una colluttazione con Federico Aldrovandi al fine di vincerne la resistenza eccedendo i limiti del legittimo intervento; in particolare, pur trovandosi in evidente superiorità numerica, percuotevano Federico Aldrovandi in diverse parti del corpo facendo uso di manganelli (due dei quali andavano rotti) e continuando in tale condotta anche dopo l'immobilizzazione a terra in posizione prona;

3.nell'avere omesso di prestare le prime cure pur in presenza di richiesta espressa da parte di Aldrovandi che in più occasioni aveva invocato "aiuto" chiedendo altresì di interrompere l'azione violenta con la significativa parola "basta", mantenendo al contrario lo stesso Federico Aldrovandi, ormai agonizzante, in posizione prona ammanettato, così rendendone più difficoltosa la respirazione;

cagionato o comunque concorso a cagionare il decesso di Federico Aldrovandi determinato da insufficienza cardiaca conseguente a difetto di ossigenazione correlato sia allo sforzo posto in essere dal giovane per resistere alle percosse sia alla posizione prona con polsi ammanettati che ne ha reso maggiormente difficoltosa la respirazione.
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 22:20
Federico Aldrovandi
La polizia: "E' morto di overdose". I testimoni: "No, lo hanno pestato loro"
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione 12 gennaio 2006
13 gennaio 2006
Un diciottenne muore a Ferrara pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia dalle parti dell'Ippodromo. I giornali locali, a caldo, scrivono di un malore fatale, sembrano alludere a un'overdose. Ma subito saltano fuori particolari inquietanti e contraddizioni. La versione suggerita dalla questura fa a pugni con la relazione di servizio della squadra mobile. E chiunque vedrà il corpo del giovane non riuscirà più a credere a una sola parola della versione ufficiale.
Quello che stiamo per raccontare è successo all'alba del 25 settembre. Una domenica mattina. Ma la vicenda ha oltrepassato da pochissimi giorni le mura della città. Da quando la madre del ragazzo, dopo mesi di inutile attesa della relazione medica, ha deciso di aprire un blog e raccontare i propri dubbi.
Federico Aldrovandi aveva 18 anni, li aveva compiuti il 17 luglio. Viveva a Ferrara, periferia sud, zona di Via Bologna, avrebbe preso la patente la settimana successiva, studiava da perito elettrotecnico, suonava il clarinetto, faceva karate, era un mezzo campione vincitore di molte coppe, bravo in matematica e meno in inglese, impegnato in progetto con Asl e scuola per la prevenzione delle tossicodipendenze. Era un salutista, leggeva le etichette di quello che mangiava. E il sabato sera, con gli amici, andava spesso a Bologna: è lì che ci sono locali, concerti, centri sociali. Così era successo anche quella volta. Erano stati al Link, il concerto reggae era saltato ma la serata era filata via tranquilla. E' vero, Federico aveva preso qualcosa: uno "sniffo" di roba esilarante (una smart drug, naturale e non proibita) più un "francobollo" di Lsd. Nel suo sangue sono state trovate tracce di oppiacei e chetamina, poca roba, però. Nulla che giustificasse un'overdose o un comportamento aggressivo. E poi lui non era proprio un tipo aggressivo. La madre, gli amici, il parroco del quartiere, nessuno lo descrive come è stato descritto dalle veline di Via Ercole I D'Este, dove sta la polizia, e dalle dichiarazioni alla stampa. Erano appena passate le 5 quando il gruppo, tornato a Ferrara, si separa da Federico che decide di fare l'ultimo tratto a piedi, per rilassarsi, è ancora estate, si cammina volentieri. Andrea, Michi, "Burro" e gli altri non lo avrebbero rivisto più.
A questo punto comincia la versione della polizia. Il "contatto" avviene alle 5.47. Una volante sarebbe stata avvertita da una donna abitante in Via Ippodromo, preoccupata dalla presenza di un ragazzo che, forse, camminava in modo strano, forse cantando. Magari farneticava pure, come diranno gli agenti che dicono di averlo fermato e qualche minuto dopo, alle 6.10, avrebbero chiamato il 118.
Otto minuti dopo l'ambulanza lo trova già morto, a terra, con le manette ai polsi, a un passo dal cancello del galoppatoio. Non ci sono i margini per la rianimazione. Qualcosa o qualcuno ha causato l'arresto respiratorio che poi ha bloccato per sempre il cuore del ragazzo che camminava da solo, disarmato, che era incensurato, non stava compiendo alcun reato quella mattina e non aveva mai fatto male a nessuno.
La strada verrà bloccata per più di cinque ore. Nel quartiere si sparge la voce che è morto un albanese, oppure un drogato. O un drogato albanese.
A casa di Federico, alle 8 ci si accorge che il letto è vuoto. Il cellulare squilla invano quando sul display si illumina la parola "mamma". Pochi minuti dopo, quando è il padre a chiamare (ma sul telefonino è memorizzato col nome, Lino), una voce imperiosa intima di qualificarsi e spiega che stanno facendo accertamenti su un cellulare "trovato per strada". Solo verso le 11 si presenta una pattuglia a casa Aldrovandi e annuncia il fatto con poche, pochissime, parole. Lo zio paterno, Franco, 42 anni, infermiere, parte per l'obitorio. In macchina gli spiegano: "Ha preso qualcosa che gli ha fatto male". Ma il viso sfigurato, il sangue alla bocca e un'ecchimosi all'occhio destro fanno venire troppi dubbi. Poi si saprà di due ferite lacero-contuse dietro la testa, dello scroto schiacciato e di due petecchie - due lividi da compressione - sul collo. "Era una furia", ripetono gli agenti e i funzionari accennando a un comportamento autolesionistico del ragazzo. Dicono che avrebbe sbattuto la testa al muro ma non si troveranno mai tracce di cemento sul viso, né di sangue sui muri vicini. Lo zio e gli amici le cercheranno per giorni intorno alla pozza di sangue davanti all'ippodromo dove "Burro" lascia una poesia dedicata all'amico ma la polizia, così dicono i vicini di casa, gliela farà sparire pochi minuti dopo. Dicono anche, in questura, che sarebbe stato abbandonato dai suoi amici che, invece, respingono decisamente l'accusa. La felpa e il giubbino di quella sera, restituiti alla famiglia, sono intrisi di sangue. Il mattinale domenicale della questura spara subito la tesi del "malore fatale". Le indagini partono dal medico di famiglia a cui verranno chieste notizie sul "drogato", lo stesso si cercherà di fare con i compagni di Federico, convocati dalla narcotici e dalla mobile e torchiati con domande da film di serie B: "Lo sappiamo che siete tutti drogati, diteci dove comprate la roba". Anche a loro la solita versione: Federico sarebbe stato trovato su una panchina, ucciso da uno "schioppone", ossia da un malore. Ma il giorno dopo un giornale azzarda dei dubbi. La questura riesce a far calare il silenzio, chiede (e ottiene) di pubblicare sotto gli articoli sulla vicenda la storia di una maga condannata per calunnia alla polizia. E, stranamente, le indagini d'ufficio vengono assegnate dal pm proprio alla polizia. Vengono convocati i genitori, senza avvocato, per sentirsi ripetere la versione dell'overdose, della gioventù bruciata ecc... Il procuratore capo dirà perentorio che la morte non è stata causata dalle percosse anticipando l'esito di una autopsia, allora appena disposta, e non ancora resa nota. Anzi, per la quale è stata chiesta un'ennesima proroga.
La perizia tossicologica, però, smentisce la polizia. Dovrà essere l'autopsia a chiarire le circostanze. Il rapporto delle volanti svela che quattro agenti sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso: due sono usciti con una prognosi di sette giorni, gli altri addirittura di 20. Ma nessuno s'è fatto ricoverare. E' forse il primo caso nella storia della ps, di poliziotti aggrediti che non lo sbandierano ai quattro venti. Perché? Perché non ammettere la colluttazione? Federico si sarebbe difeso o ha aggredito? Perché usare le manette quando esistono procedure precise per sedare persone con funzioni respiratorie compromesse dall'uso di sostanze? Ci sono pure manganelli in questa storia. Uno addirittura s'è rotto quella mattina, probabilmente sulla schiena, sulle gambe e sul viso del ragazzo. I segni fanno pensare che fosse impugnato al rovescio. Il sangue sul vialetto e sui vestiti fa pensare che le botte sarebbero iniziate a piovere prima del luogo della morte. Forse lo inseguivano, forse urlava mentre fuggiva. Forse è per questo che sono stati chiamati i rinforzi: un'altra volante e una gazzella. "E' una calunnia inopportuna e gratuita. Non è neppure ipotizzabile che sia morto per le percosse - dice ancora a "Liberazione" Elio Graziano, questore di Ferrara - è stata una disgrazia, una vicenda penosissima, era in stato di esagitazione. Quando i "nostri" lo fermarono morì, ritengo per gli effetti delle sostanze. E poi ci sono i testimoni...". Già, i testimoni: quelli che si sentono in giro sono resoconti vaghi ed evasivi di persone che avrebbero sentito solo urla e sgommate. Ma Ferrara è una città piccola, tutti sanno tutto. Qualcuno ha visto Federico immobilizzato, a terra, col ginocchio di un agente puntato sulla schiena e un manganello sotto la gola mentre l'altra mano del tutore dell'ordine gli tirava i capelli. Il ragazzo sussultava, faceva salti di mezzo metro. A fianco a lui, una poliziotta si sarebbe vantata: "L'ho tirato giù io, 'sto stronzo!". Così avrebbe riferito un testimone, ragazzo sveglio e vivace, si dice, probabilmente immigrato, ma stranamente sparito di fretta dalla città. Anche sua madre ha visto tutto e non solo lei. Gli Aldrovandi sperano che il clamore della notizia su questo e altri giornali faccia tornare la memoria a qualcuno.
Nei corridoi della questura, la vicenda viene minimizzata ma il blog della signora Patrizia sta seminando preoccupazione e nervosismo. Si lascia trapelare a mezza voce che il ragazzo fosse un tossico e la sua una famiglia "problematica" seguita da un "prete di frontiera". Pare che anche un carabiniere della gazzella abbia esclamato alla vista del corpo: "Ecco il solito coglione di don Bedin!".
Domenico Bedin è il parroco di S. Agostino, prete coraggioso, fondatore di un'associazione che aiuta poveri (italiani e no), tossicodipendenti, giovani, migranti con o senza carte. La foto di Federico è infilata nella cornice dello specchio nel suo ingresso della canonica. Conosce gli Aldrovandi e i loro amici, "gente normalissima - conferma - e il ragazzo aveva un buon carattere e non era un tossico".
La città. "La città non ha reagito - continua don Bedin - non ha mostrato rabbia, né passione. Per i giovani è difficile trovare stimoli, sentirsi coinvolti in un progetto. Si vive una specie di attesa degli eventi, c'è chi viene a chiedermi informazioni ma sottovoce. La Bossi-Fini, che produce clandestinità, ha aumentato la tensione tra chi vive per strada. Lo hanno ammesso gli stessi carabinieri nel loro rapporto di fine d'anno". Il capo della mobile si vanta sulla stampa dell'aumento degli arresti ma "la città è sostanzialmente tranquilla - spiega Riccardo Venturi, uno dei legali della famiglia - ma l'ossessione sicuritaria viene follemente pompata, si scimmiotta Bologna con il terrore degli extracomunitari. Ma siamo una città dormitorio, senza fabbriche ma anche senza baraccopoli, una città che vive di se stessa". Una città che deve capire perché così tanta violenza e tante bugie contro il ragazzo che non aveva mai fatto male a nessuno. La famiglia, sua madre è impiegata al comune, suo padre è ispettore della polizia municipale, chiede solo di conoscere la verità e "che la sappiano tutti, senza fango su Federico". Rifondazione comunista, in città e in parlamento annuncia la presentazione di interrogazioni urgenti a firma della deputata Titti De Simone e della consigliera Irene Bregola. Sulle tv private il questore insiste: "L'intervento degli operatori è avvenuto al solo scopo di impedire al giovane di continuare a farsi del male". Missione fallita.


www.reti-invisibili.net/aldrovandi/
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 22:24
Lettera di Haidi Giuliani alla madre di Federico Aldrovandi
Haidi Gaggio Giuliani
15 gennaio 2006
Cara Patrizia, ti chiedo perdono.
Tu non mi conosci, ma da una settimana io ti porto nei miei pensieri e nel mio abbraccio. Da quando ho ricevuto i primi messaggi che parlavano di Federico, vivo con questa angoscia in più. Non so se avrai la pazienza e la voglia di leggermi. Quando muore un figlio, qualsiasi figlio in qualsiasi modo, le parole si fanno pesanti come macigni: è faticoso pronunciarle, è faticoso ascoltarle. Spesso ci ballano in testa lasciandoci ogni volta più confuse e spossate. Quando è stato ucciso il mio, anch'io sono rimasta in silenzio, come te: per cercare di capire che cosa era successo, capire perché e come. Anch'io, come te, non credevo a quanto mi era stato raccontato: perché conoscevo il mio ragazzo, il suo carattere, il suo modo di reagire alle situazioni. Come su Federico, anche su Carlo moribondo qualcuno ha infierito, prendendolo a calci in faccia, spaccandogli la fronte con una pietrata. Come di Federico, anche di Carlo è stato detto che era un drogato, un poco di buono, uno senza lavoro, senza casa nè famiglia, come se esistesse una condanna legittima e automatica alla pena di morte per chi lo fosse davvero. Anche a me è stato impedito per molte, troppe ore, di vedere il suo corpo. Anch'io, come te, non so chi l'ha ucciso. Anch'io, come te, ho aspettato che persone competenti, preposte istituzionalmente a questo compito, restituissero alla sua morte almeno la verità; persone impegnate per legge, così io credevo, ad assolvere il loro compito fino in fondo. Non è stato facile reprimere il dolore, schiacciarlo, nasconderlo per recuperare la lucidità necessaria a rivedere e raccontare migliaia di volte la morte di mio figlio: mi spingevano la disperazione di non poter fare più nulla per lui, la coscienza di tutti gli altri figli e figlie per i quali era necessario e urgente fare qualcosa. Le violenze portate ai manifestanti da parte di interi settori delle forze dell'ordine, nel marzo napoletano e nel luglio genovese del 2001, e l'uccisione di Carlo, avevano mostrato, a mio giudizio, diversi livelli di volontà repressiva: uno internazionale, che si manifesterà dopo l'11 Settembre e il Patriot Act; uno nazionale, dichiarato dal Governo di centrodestra, deciso a "mostrare i muscoli" nei confronti di ogni forma di dissenso; e uno individuale, covato in molti anni di distratta democrazia all'interno di caserme, questure, corpi di Stato, luoghi di detenzione. Il capo della Polizia De Gennaro, nominato dal Governo di centrosinistra, è stato promosso sul campo (quello genovese, probabilmente grazie all'operazione Diaz, come ha già osservato qualcuno) dal Governo di centrodestra e ha confermato i propri indiscussi poteri di uomo al di sopra di ogni sospetto. Mentre le televisioni pubbliche e private continuano a sfornare commoventi telefilm su marescialli integerrimi, eroici commissari ed umili agenti votati alla missione in difesa del Cittadino, ragazzi dei centri sociali, migranti, tossicodipendenti, continuano a raccontare (quando ne hanno il coraggio) di minacce, soprusi, violenze subite; di busti mussoliniani e gagliardetti (abbiamo visto qualcosa di simile anche nella sala di comando dei Carabinieri, a Nassyria); di canzoncine e saluti fascisti. Nessuno intende fare di ogni erba un fascio, naturalmente, ma negare la realtà è pericoloso, pericoloso difendere a priori l'operato delle forze dell'ordine (come a Genova così a Napoli, a Milano, a Torino, a Venaus... ma la lista è più lunga); pericoloso assicurare l'impunità a qualsiasi divisa; voler chiudere gli occhi, le orecchie, la bocca, anche all'opinione pubblica; pericoloso manipolare l'informazione. Per la prima volta, dopo la morte di Federico, abbiamo sentito parlare di mele marce, solo per essere subito rassicurati che erano già state allontanate.
Non ho smesso un momento, negli ultimi quattro anni, di richiamare l'attenzione di tutte le persone che incontravo sul problema dell'immunità di agenti che si trovano in ogni situazione "dalla parte del manganello", armati. A lungo andare, chi si rende conto che non sarà mai chiamato a rispondere delle proprie azioni, assume l'atteggiamento arrogante che troppo spesso (e neanche in tutti i casi) abbiamo potuto e dovuto constatare; finisce per sentirsi onnipotente, soprattutto nei confronti di individui isolati, deboli o emarginati. A volte è sufficiente una parola irriverente, un gesto, per scatenare la reazione "punitiva" da parte di agenti che intendono il proprio ruolo in modo così distorto. I manganellatori di Genova mi hanno spesso ricordato il militare che ha ucciso Francesco Lorusso, nel '77 a Bologna. Ad un giornalista che gli chiedeva perché avesse sparato agli studenti: "Te lo posso dire - ha risposto - tanto so che non mi faranno niente: ridevano di noi".
Non ho smesso un momento: sono stati quattro anni di raccolta e diffusione di notizie, di interventi, di appelli. Il comitato Verità e Giustizia, insieme al comitato Piazza Carlo Giuliani e all'Arci, hanno raccolto più di diecimila firme in calce a una petizione che chiedeva, oltre ad un'inchiesta parlamentare sui fatti di Genova, di istituire un costante aggiornamento professionale indirizzato ad una formazione non violenta delle forze di polizia. Con le Reti-invisibili (http://www.reti-invisibili.net ) - che faticosamente raccolgono la memoria di tante morti "di piazza", e di stragi, rimaste senza responsabili - è stato recentemente rivolto un appello analogo all'Unione. Quattro anni di lavoro, ma non è bastato: altrimenti, forse, Federico sarebbe ancora vivo.
Per questo ti chiedo perdono.


La mamma di Carlo
Haidi Gaggio Giuliani


www.reti-invisibili.net/aldrovandi/articles/art_5482.html
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 22:39
Mentre si cerca di fare luce su fatti sommersi dal silenzio e dalla corruzione, su tutti i TG, in prima serata, hanno dato la notizia che il matrimonio Falchi-Ricucci è naufragato. La povera Anna, affranta, ha parlato davanti a milioni di italiani.
E noi, gli italiani assillati dai problemi quotidiani, ci siamo sentiti sollevati. Al confronto della pena che patisce la bella Anna, le nostre sono barzellette.
Rimango allibito e sconcertato!
Ma....dobbiamo lottare e invece di dire, provocatoriamente, come l'amico Beppe Grillo, "Non ce la faccio più!", noi ce la dobbiamo fare!
Pino
pcerini
00mercoledì 20 giugno 2007 22:50
Anche io non ce la faccio piu,certa nostra stampa radio-televisiva e cartacea e' ignobile,volgare,ridicola,e anche complice del silenzio di questi fatti!

A me della Falchi e di Ricucci non me ne importa proprio nulla!

Paolo

[Modificato da pcerini 20/06/2007 22.51]

parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:11

Caro Federico,

ora le tue implorazioni di “aiuto” e “basta” le ha ascoltate finalmente anche un giudice (il gup Silvia Migliori) dello Stato Italiano, accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio fatta dal pm Nicola Proto.

Quei quattro individui saranno processati il 19 ottobre 2007.

FORLANI PAOLO (1961)

SEGATTO MONICA (1964)

PONTANI ENZO (1965)

POLLASTRI LUCA (1970)


… dovranno rispondere di omicidio colposo per avere cagionato o comunque concorso a cagionare il decesso di Federico omettendo di prestare le prime cure pur in presenza di richiesta espressa da parte di Aldrovandi che in più occasioni aveva invocato “aiuto” chiedendo di interrompere l’azione violenta con la significativa parola “basta”, mantenendolo ormai agonizzante, in posizione prona ammanettato, così rendendone più difficoltosa la respirazione.


Questa mattina, caro Federico, in quell’aula di Tribunale, io, Patrizia, Stefano e tanti cittadini (in modo virtuale) ti tenevamo per mano.


Una cosa mi ha fatto breccia nel cuore, quando il pm Dott. Nicola Proto, alla fine della sua esposizione ha concluso con la seguente richiesta: “la Procura chiede con forza il rinvio a giudizio di quei quattro agenti”.


In quel momento mi è parso come di sentire un tuo sospiro.


Quel 19 ottobre 2007 io sarò in quell’aula in attesa di quei quattro.


Le risposte dovranno essere chiare ed inequivocabili per rispetto di una vita e delle stesse forze dell’ordine.


Ora basta.


Sarò lì come tuo papà, come cittadino e anche come poliziotto.


Rispetto per le persone che vestono una divisa con onestà, ma condanna esemplare per chi non lo è.


Sempre.


Fino in fondo


Lino (papà di Federico)


federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:12
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:13
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:15
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:17
parliamonepino
00mercoledì 20 giugno 2007 23:19
@nounou@
00giovedì 21 giugno 2007 12:52
Aldrovandi: 4 a giudizio
Il gup di Ferrara ha rinviato a giudizio i quattro poliziotti presenti all'intervento del 25 settembre scorso in cui morì Federico Aldrovandi, il 18enne deceduto in circostanze ancora da chiarire poco dopo il fermo. Nei loro confronti l'accusa è di omicidio colposo. Secondo l'accusa gli agenti avrebbero ecceduto i limiti del legittimo intervento, per la difesa invece la vittima aveva assunto stupefacenti.


Stando alla richiesta firmata dal pm Nicola Proto e dal Procuratore Severino Messina, i quattro poliziotti delle volanti intervenute per immobilizzare il giovane si sarebbero resi responsabili di omissioni e imprudenze. Pesanti le accuse rivolte agli agenti che, stando alla ricostruzione del pm, avrebbero ingaggiato una colluttazione con Federico, eccedendo i limiti del legittimo intervento, lo avrebbero colpendo ripetutamente con i manganelli, nonostante fosse agonizzante, e lo avrebbero ammanettato in posizione prona rendendo difficoltosa la respirazione. Ai quattro, inoltre, è stato contestato anche il colpevole ritardo con cui sono stati chiamati i soccorsi.

Diversa invece la versione della difesa, secondo cui la condotta degli agenti fu "doverosa, obbligata e legittima, data l'accertata situazione di pericolosità in cui si trovarono ad agire". Dalle indagini, precisano inoltre i legali dei poliziotti, risulta anche che il giovane Aldrovandi aveva assunto svariate sostanze stupefacenti e che esse hanno avuto sicura incidenza sul suo decesso.

tgcom.it
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