CASO SABERI - Chicago digiuna con Roxana Il procuratore: chieda la grazia

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@nounou@
00lunedì 4 maggio 2009 20:51
Non è più sola la giornalista irano-americana Roxana Saberi in carcere a Teheran nello sciopero della fame che ha iniziato il 21 aprile scorso per ottenere la liberazione in attesa del processo di appello contro la sua condanna a 8 anni di reclusione. A Chicago professori e studenti della prestigiosa Northwestern University, sotto lo slogan «Free Roxana», hanno iniziato uno sciopero analogo...



New York, 4 maggio 2009.

Non è più sola la giornalista irano-americana Roxana Saberi in carcere a Teheran nello sciopero della fame che ha iniziato il 21 aprile scorso per ottenere la liberazione in attesa del processo di appello contro la sua condanna a 8 anni di reclusione. Ieri a Chicago professori e studenti della prestigiosa Northwestern University, sotto lo slogan «Free Roxana», hanno iniziato uno sciopero analogo per 12 giorni, chiedendo a chiunque voglia partecipare di unirsi al gruppo per turni di 24 ore di digiuno, rifiutando acqua e cibo in segno di protesta contro le autorità iraniane.

Ex allieva di giornalismo dello stesso campus dell’Illinois, la Saberi viene accusata da Teheran di essere in realtà una spia. La data del processo d’appello autorizzato dallo stesso presidente Ahmadinejad, in realtà non è ancora stata fissata e Roxana ha smesso di mangiare e di bere attirando attenzione internazionale sul suo caso.

Il segretario di Stato Hillary Clinton ha chiesto ufficialmente tre giorni fa la sua liberazione per ragioni di salute. Le autorità iraniane negano che Roxana sia effettivamente in sciopero della fame, ma la madre che è volata a Teheran e la può vedere una volta la settimana, conferma che la ragazza non mangia e non beve da giorni e non vuole ascoltare gli appelli dei genitori che la invitano a smettere. Shirin Ebadi, il premio Nobel per la Pace, si dice molto preoccupata per le condizioni della donna.

Il procuratore generale di Teherean Dorri Najafabadi spiega che se la giornalista volesse chiedere la grazia potrebbe farlo presentando la domanda direttamente alla guida suprema del paese, l’ayatollah Ali Khamenei. Sarebbe però un’ammissione di colpa. Inoltre gli iraniani potrebbero usare questa «concessione» come arma di pressione nella delicatissima partita nucleare che l’America sta affrontando nel tentativo di impedire la realizzazione dell’ordigno atomico da parte di Teheran.

Sono in tanti a sostenere che la Saberi sia stata oggetto di una condanna e di un processo farsa, al quale non ha nemmeno potuto partecipare, e che la calda raccomandazione di Ahmadinejad a ricorrere in appello poteva significare il ritorno in libertà e la faccia salva per il regime iraniano.

Adesso invece le cose rischiano di complicarsi perché l’intervento diretto di Hillary Clinton equivale ad un passo ufficiale del governo americano. Un eventuale rifiuto verrebbe letto molto male anche in prospettiva del prossimo negoziato atomico.

Probabilmente il suggerimento della richiesta di grazia all’ayatollah Khamenei da parte del procuratore generale sembra essere, non una nuova provocazione o il prolungamento di un braccio di ferro, ma una più pragmatica e rapida via d’uscita mascherata da un gesto di buona volontà e soprattutto non coinvolgerebbe il molto discutibile sistema di giustizia iraniano.
Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu c’è già chi insiste per un nuovo e più severo pacchetto di sanzioni contro l’intransigenza iraniana sui progetti atomici.

Fonte
parliamonepino
00lunedì 4 maggio 2009 22:03
In tutti i regimi totalitari la violazione dei diritti umani è la norma, non l'eccezione.

Le Santissime Crociate e le Guerre Sante non sono ancora terminate.

In questi paesi c'è una cultura radicata, nemmeno un paese come l'America riesce a trovare il "dialogo".

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