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AL CARISSIMO AMICO STEFANO/CHARMIN9DIM

Ultimo Aggiornamento: 11/02/2011 22:27
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Caro Stefano,

Adriano ha preparato uno scritto per rispondere alle tue domande.

Mi ha dettato già una buona parte del contenuto. Più tardi, o al massimo domattina, sarà pronto per essere pubblicato.

Avendo 77 anni non ha dimestichezza con il PC, per cui dobbiamo fare queste cose per telefono e poi correggere, in modo che il messaggio sia chiaro nel suo significato.

Ti assicuro che è un materiale molto interessante e di valore.

Non posso anticiparti nulla, perchè è desiderio di Adriano che sia completato.

Per il momento, ti saluto!

Un abbraccio
Pino
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Al carissimo amico Stefano


Ci sono dei momenti nella vita che ci inducono, a volte, a perdere ogni interesse per essa: una grave malattia, la morte di una persona cara, sì, anche il crollo di certezze che attraverso di una lettura errata della Bibbia ci sono state inculcate da uomini la cui preparazione letteraria cristiana manca, secondo il mio parere, dei fondamenti necessari a spiegarla nella sua sostanza.

Una trattazione fondamentalista delle Scritture, come quella dei testimoni di Geova, in relazione alla salvezza eterna dell’uomo e, assieme ad altre dottrine, ci porta completamente fuori strada.

Quando nel corso del tempo veniamo a scoprire di essere stati ingannati, la delusione è profonda e sconvolgente, perché viene a disturbare il nostro equilibrio sul senso della vita, te lo dice uno che per più di 40 anni della sua esistenza ha trascorso la sua vita assieme ai testimoni di Geova. Presa coscienza dell’inganno, mi è crollato il mondo addosso e, con angoscia, mi sono detto: “E adesso cosa faccio?”, “Dove vado?”.

Prima di dissipare la confusione che si era generata, dopo le sconcertanti scoperte sulla vera natura della Società Torre di Guardia, “società” principalmente interessata, come la sua storia dimostra, al profitto librario, passarono alcuni anni di tentennamenti spirituali, senza meta, né indirizzo per una nuova esistenza.

Nel frattempo, mi dedicai alla lettura di scritti cristiani dei primi secoli attraverso i quali acquistai conoscenza del cristianesimo professato in quel tempo, che mi diedero la forza, gli strumenti e la capacità di liberarmi, lentamente, dalla ideologia dei testimoni di Geova. Per me è stata una palingenesi. Una volta accettato che ciò che avevo imparato negli anni all’appartenenza alla “società”, non trovavo in queste letture, né sostegno biblico, né storico, sicché decisi, per la mia dissociazione dalla congregazione dei testimoni di Geova.

A differenza di alcuni, che dopo essersi allontanati dal gruppo perdettero ogni senso religioso, vivendo addirittura l’ateismo più profondo, abbandonando ogni fede nel trascendente, da parte mia, invece, si è verificato il contrario, la fede in Dio non mi abbandonò, perché ho saputo distinguere la fede in Dio da quella propagandata dagli uomini. Diciamo che la mia fede prese un’altra direzione, una fede che si è sviluppata nella mia vita interiore grazie alle letture che mi hanno chiarito molti perché e, di conseguenza, questa mia fede personale, si è staccata nettamente da quella che mi avevano inculcato gli uomini di Brooklyn.

Ho compreso che i destini umani, per vivere nel futuro regno di Dio, si giocano in questa vita, vita che dev’essere vissuta nell’amore verso Dio e verso tutti gli uomini, come ci spiega l’Autore della Prima di Giovanni, specialmente al capitolo 4. Se non amiamo il nostro prossimo che vediamo, qualunque egli sia, non è possibile amare Dio che non vediamo.

Dio ama tutti gli uomini, buoni e cattivi, perché sue creature, proprio perché Dio è amore per natura non le può permettere, né la morte eterna, né l’inferno, tantomeno.

L’inferno o le beatitudini le sceglie la persona attraverso le sue libere facoltà di distinguere il bene dal male.

L’attuale esistenza, si vive nell’attesa cristiana della Signoria futura di Dio che è la realtà che ci rivelano le Scritture, particolarmente da parte del Nuovo Testamento, dove si narra l’esperienza di uomini che sono vissuti accanto al Figlio di Dio, il quale ha parlato loro del mondo futuro, un mondo preparato da Dio.

Nel frattempo, però, le persone convertite al cristianesimo hanno intrapreso, conforme alla propria vocazione, strade diverse: chi si è formato una famiglia, chi, invece ha intrapreso la via ecclesiastica, chi lo stato nubile o il celibato, per trovare più tempo per l’opera di apostolato. Dio non ha stabilito un destino comune o ha preordinato un unico rapporto con Lui, Egli ha lasciato libero l’uomo di seguire e di gestire la propria vita come crede.

L’infelicità, la sofferenza, sono gli stessi uomini a procurarsela con le loro scelte, spesso, per nulla sagge. A differenza di Dio, che invece è proteso verso la nostra felicità già in questa vita, ed è accanto ad ognuno di noi come dice Paolo in Atti degli apostoli, basta tendere la mano. Con il suo aiuto, i consigli che ci vengono offerti nella sua Parola, ci viene in appoggio per non cascare nelle trappole tese dal sistema creato dall’uomo che è in antitesi all’ordine di Dio, come quello dei tdG, che rende schiavi e vittime inconsapevoli le persone vulnerabili intellettualmente che hanno posto la loro libertà, che Cristo ci ha donato, ai piedi del Corpo Direttivo.

Dio ci ha chiamati alla libertà, per cui, come dice la Scrittura, “cessate di essere schiavi degli uomini”.

In considerazione del fatto che Dio è “amore” non costringe nessuno con la coercizione per seguirlo; l’uso di immagini punitive, infernali o di morte eterna per gli esseri umani, che appaiono nelle Scritture, se Dio è “amore”, assumono di conseguenza un altro significato. Dio non è soggetto alle passioni umane, come quelle che osserviamo, purtroppo, nel nostro mondo, che sono all’ordine del giorno e che ci colpiscono profondamente.

Quando nelle Scritture leggiamo le guerre e l’intervento di Dio, vengono espresse nel linguaggio degli uomini, che non sono altro che l’esperienza del popolo d’Israele, e sarebbe errato interpretare quegli eventi in chiave fondamentalista, come è d’uso fare, per abitudine, da parte del Corpo Direttivo.

L’amore di Dio per l’uomo ci obbliga a non fraintendere quello che ci appare nella storia del popolo ebraico.

Dio opera per il nostro bene, vuole la nostra libertà, la nostra felicità e ci aiuta a cogliere, a scegliere le cose belle della vita, specialmente, quando questi nostri propositi sono favoriti dalla nostra giovinezza, vuole il nostro benessere morale, spirituale e anche quello di natura materiale, ma bisogna cercare di fare queste scelte con saggezza e ponderatezza, naturalmente, tutto ciò si ottiene con la vera libertà, dopo avere fatto lo sforzo di sbarazzare dal nostro spirito ogni traccia del senso di colpa suscitato dai fantasmi messi in piedi dalle fantasie del Corpo Direttivo in nome di Dio e della sua Parola.

Le falsità vanno rimosse in nome di colui che dice: “La verità vi renderà liberi”. Questa è la vera emancipazione dell’uomo da tutti i sofismi che lo tengono prigioniero, uno dei quali porta un nome: Società Torre di Guardia!

Infine, caro Stefano, ti auguro che attraverso i tuoi sforzi, tu possa riuscire a superare, con il tempo, i problemi che ti affliggono, uno dei quali è lo spauracchio della “fine imminente”, con la quale, il Corpo Direttivo ha spaventato, per oltre 140 anni, milioni di testimoni di Geova.

Sappi cogliere le cose belle che la vita ti offre, finché sei ancora giovane.

Un Saluto fraterno
Adriano Baston


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06/02/2011 10:58
 
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Grazie Adriano e Pino per la vostra premura.

Devo ammettere di essere un po' dilaniato dai dubbi, ma non è solo questo che mi sta "soffocando" la vita, cose che tra l'altro possono essere considerate "quisquilie". Non ho di certo la cultura che avete voi, ho solo quella imposta dagli a noi noti esaltati/alienati. Ciò nonostante, da quando ho avuto la fortuna di conoscere un amico che mi ha lentamente portato ad uscire dalla setta, posso vedere la realtà con occhi diversi. Credo ancora in Dio ma, allo stesso tempo, credo che mi limiterò a riconoscere la sua semplice esistenza, il che non mi farà cambiare atteggiamento verso la vita.

In questo momento non riesco ad accettare la vita, così come la morte. Non riesco a credere che Dio stia preparando un'altro "mondo", un'altro destino? Per me la vita inizia qui e finisce qui, forse è un mio attuale limite, posso accettarlo. Mi vengono molte pensieri in mente, magari un giorno li scrivo tutti.

[Modificato da charmin9dim 06/02/2011 11:01]
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Carissimo Stefano,

Pino mi ha letto la tua risposta, che ho apprezzato molto.

Sento una profonda amicizia nei tuoi confronti e conto di scriverti presto alcuni pensieri che ho in mente di trasmetterti, se tu mi darai modo e tempo per poterli formulare.

Sarei lieto di leggere anche le tue di considerazioni.

Un abbraccio fraterno

Adriano Baston


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11/02/2011 22:27
 
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CARISSIMO AMICO STEFANO 2


Ho letto con particolare interesse il tuo scritto, e dalle tue parole ho potuto constatare, nonostante il profondo travaglio che ti tormenta, che non hai perduto del tutto la fede in Dio.

Questo, è di fondamentale importanza per essere aiutati a vincere le sfide che si presentano nella vita, a superare le crisi dello spirito e le fragilità umane che ci attanagliano nel vissuto di ogni giorno.

L’ateo non ha questo conforto, egli lotta in questa jungla della vita da solo, deve contare solo su se stesso, sulla sua forza dialettica, e non è poco, se andiamo a vedere. Egli vive nella sua solitudine abissale: è la sua scelta, e come tutte le scelte dello spirito, che indirizzano la propria vita, va rispettata.

La fede è un dono di Dio che, Egli nel suo amore infinito per le sue creature, la invia a tutte, ma l’uomo, essendo arbitro del proprio destino, ha la facoltà di tenere aperta la porta o tenerla chiusa al dono di Dio.

Le braccia della croce sono l’abbraccio di Dio, il Padre Celeste, per il dolore che affligge l’uomo di tutti i tempi.

Pertanto, questo evento dimostra che Dio non è per nulla indifferente al grido di dolore di tutti coloro che invocano: ”Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”; un grido che percorre la storia e che è arrivato fino a noi, nel nostro giorno di violenza ed incertezze per il futuro.

Ebbene, quel grido ci fa uscire dalla notte dei tormenti per essere illuminati dal volto di Cristo risorto, dandoci così la speranza viva che da quel momento Egli ci ha emancipati e redenti per il futuro escatologico.

Caro Stefano, in quella tua esperienza, purtroppo, si ritrovano molti testimoni di Geova, anche giovani, e non faccio i nomi per non metterli in pericolo di essere disassociati, che vuol dire l’isolamento dal gruppo e dagli stessi parenti.

La congregazione è invitata dal Corpo Direttivo ad odiare chi si permette di uscire, lo sanno bene tutti gli ex testimoni di Geova.

Quindi, ti capisco e nelle tue condizioni non è facile prendere delle decisioni.

Alcuni di questi ragazzi, con il tempo, e le letture giuste, sono riusciti a liberarsi dalle angosce delle dottrine del Corpo Direttivo e così vivere la libertà alla quale Dio ci ha chiamati.

Difatti, riconquistata la propria libertà, oggi, questi fuoriusciti vivono serenamente, professando la loro fede personale e un cristiano comportamento.

Altri, invece, dalle delusioni sofferte, si staccano dalla fede nel trascendente per seguire la strada dell’agnosticismo ed indirizzano il loro proprio essere verso l’orizzonte senza Dio, nella vana speranza di lenire le proprie ferite.

Non trovando le risposte del male e del dolore che tormentano questo mondo, si rifugiano in se stessi cercando delle risposte personali. E tutto ciò mi fa ricordare un racconto di Dostoevskij, dove il vecchio Versilov parla ad un giovane presentandogli un quadro del mondo di una felicità illusoria raggiunta dopo l’uccisione di Dio Padre, l’evento tragico che rendono gli uomini orfani: “Immagino - cominciò con un sorriso pensieroso, che la battaglia fosse finita e la lotta quietata. Dopo le maledizioni, dopo il fango e dopo i fischi pareva che fosse subentrata la quiete e gli uomini fossero rimasti soli, come desideravano; pareva che la grande idea di una volta li avesse abbandonati; la grande sorgente di forza, che finora li aveva nutriti e riscaldati, stesse per tramontare, come quel sole maestoso del quadro di Claude Lorrain, quasi fosse l’ultimo giorno dell’umanità. Ed ecco che a un tratto gli uomini comprendono d’essere rimasti completamente soli e sentono di essere orfani derelitti. Caro ragazzo mio, non ho mai potuto immaginare gli uomini ingrati e istupiditi. Gli uomini, rimasti orfani, si sarebbero subito stretti l’uno all’altro, vicini vicini e con più amore; si sarebbero presi per mano, avendo capito ora che sono tutto l’uno per l’altro! Sarebbe sparita la grande idea dell’immortalità e si sarebbe dovuto sostituirla: e tutta l’esuberanza immensa dell’amore di prima per Dio, che era immortalità, si versa sulla natura, sull’universo, sugli uomini, sul più piccolo filo d’erba. I loro cuori si sarebbero accesi d’un amore sconfinato per la terra e la vita, d’un amore sempre più grande, a misura che riconoscessero la finalità e il carattere passeggero di questa vita; un amore tutto speciale, diverso dall’amore di prima…” (Dostoevskij, L’adolescente, Einaudi 1957, pagg. 463-464).

E’ un discorso, quello di Dostoevskij, che mette a nudo la condizione spirituale dell’uomo alla nascita dell’ateismo moderno, un ateismo pratico che cerca una felicità umana senza Dio. Si tratta della lotta incessante tra l’affermazione e la negazione di Dio.

Il discorso di Dostoevskij, come quello dei “Demoni”, dalla forte tensione dialettica, che avviene tra il credere e la disperazione della solitudine, risultato della negazione di Dio, poiché il mondo non è solo negazione, ma anche, e soprattutto, l’affermazione di Dio.

Chi ha fede non è solo, non vive la vita di orfano, Dio è presente nella fede, la fede è la luce dell’anima del credente e non deve spegnersi, egli non deve permetterlo, neppure nelle esperienze più tempestose della vita come ci narra la voce del grande poeta induista indiano Rabindranath Tagore: “Salvami dalle ombre mie, Signore, salvami/ dai naufragi e dalla confusione dei miei giorni./Perché la notte è buia e il tuo pellegrino è cieco,/ tienimi Tu per mano,/ liberami dalla disperazione!/Tocca con la tua fiamma la lampada spenta del mio dolore./Ridesta le sopite energie./Che io non indugi a cantare le perdite./Che ad ogni passo la strada mi canti della casa./Perché la notte è buia e il tuo pellegrino è cieco,/Tienimi Tu per mano! – da Passando all’altra riva”. Affascinante ricerca di Dio, che Tagore ci regala per dirci che noi credenti non siamo orfani e questo è già di grande conforto, avere la consapevolezza che Dio: “…esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano” con premura. –Ebrei 11:6

Fraternamente
Adriano Baston


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