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RISPOSTA ALLA SIG.RA ANNA MARIA SUL LIBRO DEUTEROCANONICO DELLA SAPIENZA

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2010 04:46
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RISPOSTA ALLA SIG.RA ANNA MARIA SUL LIBRO DEUTEROCANONICO DELLA SAPIENZA

Il Libro della Sapienza è uno dei libri che gli ebrei della diaspora, di lingua greca (la maggior parte di quelli della Palestina che parlavano aramaico), dopo aver eseguito la traduzione del Pentateuco in lingua greca (vedi Lettera di Aristea II secolo a.C.) si accinsero a tradurre tutti gli altri libri della Bibbia ebraica includendo altri scritti che in seguito vennero chiamati deuterocanonici.

Gli ebrei della diaspora preferivano la Versione dei LXX a quella limitata degli ebrei della Palestina.

Si deve precisare che la LXX è opera ebraica e non cristiana, è uno scritto che dimostra che gli ebrei di lingua greca non accettavano i limiti che i rabbini della Palestina imposero al loro canone.

Essi ritenevano i deuterocanonici, perché tra l’altro, oltre la loro spiritualità e ispirazione, andavano a colmare un vuoto storico che altrimenti manca nel canone palestinese.

Neppure, detti libri, non vanno a contraddire il pensiero ebraico nel suo insieme.

La LXX, gli ebrei della diaspora, la ritenevano ispirata come gli ebrei della Palestina ritenevano ispirato il loro canone.

La Versione dei LXX è stata usata dagli autori che composero il Nuovo Testamento, la quale è pure stata utilizzata nell’opera di evangelizzazione da parte di tutte le comunità cristiane, da quelle orientali prima e in quelle occidentali dopo.

Questa versione appare nei migliori codici antichi: il Vaticano (B), il Sinaitico (S) rispettivamente del IV secolo e l’Alessandrino (A) del V secolo d.C..

Martin Lutero, nel XVI secolo, nella sua controversia con Roma, sceglierà la Bibbia Palestinese.

Al Concilio di Trento (anno 1545-1563), la Chiesa Romana, riafferma la traduzione dei LXX escludendo da questo canone III Esdra, III e IV Maccabei che alcune chiese orientali mantengono ancora. Le chiese evangeliche ed anglicane, nei primi decenni del XIX secolo, ponevano in appendice i libri deuterocanonici.

Il Libro della Sapienza che accenna l’immortalità dell’anima in forma esplicita come formula, non si trova negli altri scritti dell’Antico Testamento, ma la dottrina esiste in forma implicita ed è presente in molti scritti del Testo Sacro.

Che la maggioranza degli ebrei credessero nell’immortalità dell’anima è evidente anche (all’infuori dei sadducei) al tempo di Gesù, una credenza che egli non contraddice per nulla come fece invece contro l’idea dei sadducei, i quali sostenevano che non c’è nulla dopo la morte. Proprio su questo problema dottrinale, il libro di Atti dice: “Poiché i sadducei dicono che non c’è né risurrezione né angelo né spirito, ma i farisei li dichiarano pubblicamente tutti.” (Atti 23:8 TNM)

La credenza dell’immortalità dell’anima è presente in diverse antiche opere ebraiche extra bibliche, come per esempio il Libro di Enoc.

Già dal Libro dei Vigilanti, un’opera dell’antica letteratura ebraica, viene spiegato che la salvezza e la condanna non potevano risolversi che dopo la morte.

Pertanto, in questo modo, la religione ebraica, come tante altre, divenne una religione non di questo mondo fisico ma di quello invisibile, perché proprio dall’invisibile derivò la trasgressione e, di conseguenza, solo nella sfera del mondo invisibile doveva avvenire il compimento della promessa divina che l’uomo attende.

Si tratta del pensiero religioso che permea la cultura dei farisei che la stessa di quella di Gesù, che riguarda, appunto, la risurrezione e la vita eterna nel Regno di Dio.

Sull’antropologia dell’Antico Testamento vi è un’evoluzione che parte dall’antico concetto che l’uomo alla morte vive un’esistenza ombrattile, larvale.

Buoni e cattivi si muovono nello sceol come ombre e, in questa condizione, si rende evidente che la morte non significa entrare nel nulla ontologico.

In seguito, gli ebrei, compresero in modo più maturo che dopo la morte esisteva qualcosa di più concreto.

Abbiamo un racconto antico di un episodio di ciò che avviene nello sceol da parte proprio del re Saul, che assieme ai suoi servi, si reca dalla maga di Endor per evocare lo spirito del profeta Samuele (I Samuele 28:7-19)

Al di là del fatto che i tdG credono che al posto di Samuele si presenta nella seduta spiritica un demonio, resta, comunque evidente, che Saul non credeva che la morte fosse il nulla.

Se davvero non esiste nulla, dopo la morte dell’uomo, che motivo c’era di recarsi dalla maga per evocare Samuele?

Saul, andò ad evocare Samuele o un demonio?

Non dimostra, questo fatto, che in realtà lo spirito di Samuele sopravvisse alla morte, secondo Saul e quelli che erano con lui?

Lo stesso pensiero, viene espresso da Giobbe, quando egli dice: “Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno, e non un altro”. (Giobbe 19:26,27, Nuova CEI 2008)

I tdG e altri, seguono il limitato canone Palestinese e non quello Alessandrino adoperato dagli apostoli nella stesura del Nuovo Testamento.

Apocrifo per gli ebrei voleva dire non ispirato. Parlare degli apocrifi nei confronti dei libri deuterocanonici come libri non ispirati oppure spuri o falsi, non è storico se consideriamo come gli ebrei della diaspora, delle prime comunità cristiane, vedevano il Testo dei LXX, cioè, come libro ispirato allo stesso modo che lo vedevano le comunità cristiane primitive.

Un sentito Saluto
Adriano Baston


[Modificato da Adriano Baston 05/12/2010 23:53]
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ESAURIENTE
SIG. BASTON LA RINGRAZIO PER AVER SODDISFATTO LA MIA CONOSCENZA SU QUESTO LIBRO.
LEGGENDO IL LIBRO "SAPIENZA L'HO TROVATO MOLTO CONFORTANTE, MA VISTO CHE I TDG NON LO TROVANO ISPIRATO ME LO AVEVANO SCONSIGLIATO, PER I RIFERIMENTI ALL'ANIMA IMMORTALE, CHE NELLA BIBBIA PARE NON VENGANO MENZIONATI.
ANCHE SE ALLA MIA DOMANDA SU GESU RIGUARDO ALLA PARABOLA DI LAZZARO ED IL RICCO MI RISPOSERO CHE ERA SOLO UNA METAFORA...DI CHE COSA? OGGI NEMMENO MI RICORDO, MA COMUNQUE NON MI CONVINSE, NEL VECCHIO E NEL NUOVO TESTAMENTO, NELLA MIA LIMITATEZZA HO TROVATO DIVERSI RIFERIMENTI CHE FANNO CAPIRE CHE ESISTE QUALCOSA DOPO LA MORTE, E CHE DOPO CHE MERIAMO NON SIAMO SOLO UN RICORDO DI DIO.

CON AFFETTO
ANNA MARIA
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