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OGGI SONO ENTRATO NELL'INFERNO DEL CARCERE DELLE VALLETTE

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2010 14:13
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Alle 8,45, in Via Pianezza 300 (TO), mi trovo di fronte all'immenso carcere delle Vallette, uno dei più grandi in Italia. Entro nella prima sala dove, dopo aver preso il numero, registrano i miei dati per la richiesta di un colloquio con il "detenuto".

Avevo circa 40 persone davanti a me. Pochissimi italiani e molte persone di altre nazionalità. Ho sentito parlare in messicano, arabo, rumeno, marocchino, coreano e altre lingue o dialetti che non riuscivo a distinguere.

Non ho mai visto tanta umanità concentrata in una sala di 150 metri quadrati. Ho visto persone emozionate, giovani nervosi, mogli agitate con bambini scorazzanti, vecchi imbarazzati.

Ogni volto era solcato da segni di sofferenza e dignità risoluta per nascondere un velo di vergogna.

Vicino a me una donna magrissima di 82 anni con enormi occhi azzurri, sorretta dalla figlia. C'era, anche, un uomo di nazionalità albanese con un curioso cappello, avrà avuto 70 anni, alto almeno un metro e novanta, con due enormi borse tenute strette da vigorose mani.

Una prima porta metallica si apre a comando, la guardia carceraria legge i cognomi dei documenti che ha in mano. Arriva il mio turno, insieme a circa 20 persone, in fila indiana, seguiamo la guardia. Passiamo diverse porte metalliche, poi attraversiamo un cortile, ci sono diversi mezzi della polizia parcheggiati e alcuni gruppi di poliziotti.

Finalmente entriamo in un edificio dove veniamo di nuovo perquisiti per entrare in un'altra sala d'attesa.

Per quel poco che avevo avuto modo di notare, le guardie erano poche e disorganizzate. La popolazione carceraria è al limite del collasso.
Le guardie penitenziarie non sono più sufficienti per gestire un così alto numero di "ospiti" e neanche coloro che, ogni giorno, vengono a trovare i loro congiunti.

Mercoledì mattina (14 aprile), mi ha ricevuto il Direttore del carcere, il cortese dott. Pietro Buffa. Marinica era con me. Lo stesso Direttore, non con parole, ma attraverso un atteggiamento tra lo sconsolato ed il rassegnato, confermava una realtà difficile.

Dopo tre ore da quando sono entrato, verso le 12,00, vengo chiamato per andare nella sala colloqui.

Inizia il colloquio con il "detenuto".

Le informazioni fitte, che ascolto, sono allucinanti.

Il "detenuto" mi dice che il carcere è in grado di ospitare non più di 900 persone, invece, al momento ci sono 1.600 "presenti", l'80% in più. Il carcere sta "scoppiando".

Molti detenuti dormono per terra e alcuni non hanno neanche la coperta.

10 detenuti stipati in una cella con un cesso e un rotolo di carta igienica al mese.

Invasione di topi e condizioni igieniche spaventose.

Medici che fanno gli "esperimenti", distribuendo farmaci senza pensare agli effetti gravi che possono scatenare.

Atmosfera da incubo con pestaggi a sangue.

Non fanno passare quasi nulla da fuori. Si deve acquistare tutto da dentro e costa tutto il doppio se non il triplo (dentifrici, spazzolini, carta igienica .....).

Il vitto è disgustoso, il sugo della pasta sembra vernice, non si toglie, la frutta non la mangerebbe neanche una capra, non parliamo del resto di questo "rancio".

Il "detenuto", dopo avermi elencato, nei dettagli, piccoli episodi che mi hanno sbalordito, mi ha promesso di mettere per iscritto le cose che ogni giorno succedono nel "mondo" carcerario e di spedire la sua testimonianza al mio indirizzo.

Il "detenuto" ha concluso dicendomi che ogni diritto umano, in quel posto "infernale", viene violato, sistematicamente, ogni giorno.

All'uscita mi sono rivolto alla guardia che ci accompagnava, gli ho chiesto: "Come fate a lavorare in questo modo?". La risposta, dopo aver alzato gli occhi al cielo, è stata:"Non possiamo neanche lamentarci o rifiutare i doppi turni".

Sono giunto all'automobile alle 13,30, dopo quattro ore e mezza. Marinica si è letta un intero libro, mentre aspettava.







[Modificato da parliamonepino 16/04/2010 23:44]



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anche nel carcere di San vittore a Milano c'è la stessa situazione ...
penso un pò in tutti i carceri d'Italia ....

le cause sono tante ,
ma penso che la principale sia la grande comunità non italiana che frequenta le carceri
il non controllo del terriorio all'invasione sistematica che l'Italia ha subito in questi ultimi anni ,ha portato le sue infrastrutture ,come le carceri ,gli ospedali ed i vari uffici di polizia a essere sottostimati rispetto all'aumento di questo fenomeno .

Con l'introduzione del reato di clandestinità ,il problema si è poi accentuato all'inverosimile .

Queste sono le conseguenze di una politica decennale troppo miope su questi problemi ,non si è avuto il coraggio di affrontarli nella sua interezza.

Abbiamo le nostre infrastrutture che non possono reggere un afflusso così vasto ,si doveva intervenire anni fa ,fermando questa immigrazione ai nostri confini ,ma non lo si è voluto fare ,per i soliti assurdi motivi di buonismo e lassismo ....

le carceri e gli ospedali ,erano stati creati in base ad un numero di popolazione ben definito ,se in un decennio si è permesso di aumentare la popolazione più del 15%(compresi i clandestini) e non si è pensato anche alle infrastrutture si è fatto un doppio errore contro questa povera nazione .


Adesso poi ci additano che non rispettiamo i diritti umani ,
ma come si fa a rifare una nazione intera nel giro di pochi anni ,e poi quanto ci costa ?
a che pro dobbiamo fare una cosa del genere? ,
se diminuiamo questa gente dal nostro territorio (meno male che almeno adesso riusciamo a non farli entrare )penso che nel giro di qualche anno le cose dovrebbero essere più accettabili .

a tutto c'è un limite !!!
anche sulla nave c'è
non si può salire oltre un numero ben definito ,oltre al quale si rischia l'incolumità della stessa !

quando politicamente si decide di fare una cosa ,bisogna anche pensare se la nazione è in grado di sopportare con le proprie infrastrutture il progetto ,se no si rischia di destabilizzare la nazione stessa .....

anche i tribunali sono al limite ,anzi lo hanno gia ampiamente superato ....

e tutto questo ,mi chiedo lo scopo .....

forse per distruggre quel poco di buono che avevamo ....

chiediamoci ,quanto tutto questo ci è costato e ci costerà ancora ,per avere una nazione al limite permanente al collasso ...

forse siamo ancora in tempo a metterci una pezza ,non per niente la popolazione ha capito la gravità del fenomeno e ha dato il suo voto ben chiaro ...

era meglio non arrivare a questo ,
ma se attuavamo anni fa una politica giusta per noi italiani ,(visto che siamo a casa nostra!)
non saremo adesso obbligati a ricorrere ai ripari ,a questo problema che si è fatto più pesante da gestire .
Ne va della nostra sopravvivenza e penso che oramai l'abbiano capita tutti !
speriamo di farcela ,lo sapremo fra una decina d'anni ,quando ci conteremo !!!!


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[Modificato da 666! 17/04/2010 02:48]
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17/04/2010 10:08
 
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Il "detenuto" mi ha detto che l'80% degli "ospiti" sono stranieri con una percentuale altissima di neri.

Arrivano camionette tutti i giorni, che "sbarcano" neri a decine.

Gerardo Romano, nativo della Basilicata, tenacissimo segretario nazionale dell'OSAPP (Sindacato della Polizia Penitenziaria), combatte con una grinta degna delle sue origini, per denunciare le condizioni impossibili in cui lavorano i suoi colleghi.

Ci sono circa 150 mila persone che vivono abbandonati dentro un "Lager". Un vero schifo!!!

Gli operatori, che lavorano all'interno, non sanno come reagire al devastante disagio dei carcerati. Alcuni si abituano, altri pensano che sia "normale", altri ancora si incattiviscono, altri fanno finta di nulla, altri si mordono la lingua per non perdere il posto.

Primo Levi diceva "Considerate se questo è un uomo", parlando dei deportati nei campi di concentramento. Oggi, non è cambiato nulla.

Ho visto autombulanze portare via dei carcerati, di cui nessuno sa più nulla.

Queste persone vivono nell'inferno e questo governo continua ad ignorare il senso di civiltà e di emergenza per una situazione così drammatica, in odore di morte.

Basta! Ora, basta!!! E' il momento di gridare più forte e di fare delle azioni. Comincerò a scrivere al Direttore del carcere, dott. Buffa e poi andrò avanti per seguire questa "urgenza".






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17/04/2010 18:58
 
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Re:
parliamonepino, 16/04/2010 23.34:

Alle 8,45, in Via Pianezza 300 (TO), mi trovo di fronte all'immenso carcere delle Vallette, uno dei più grandi in Italia. Entro nella prima sala dove, dopo aver preso il numero, registrano i miei dati per la richiesta di un colloquio con il "detenuto".

Avevo circa 40 persone davanti a me. Pochissimi italiani e molte persone di altre nazionalità. Ho sentito parlare in messicano, arabo, rumeno, marocchino, coreano e altre lingue o dialetti che non riuscivo a distinguere.

Non ho mai visto tanta umanità concentrata in una sala di 150 metri quadrati. Ho visto persone emozionate, giovani nervosi, mogli agitate con bambini scorazzanti, vecchi imbarazzati.

Ogni volto era solcato da segni di sofferenza e dignità risoluta per nascondere un velo di vergogna.

Vicino a me una donna magrissima di 82 anni con enormi occhi azzurri, sorretta dalla figlia. C'era, anche, un uomo di nazionalità albanese con un curioso cappello, avrà avuto 70 anni, alto almeno un metro e novanta, con due enormi borse tenute strette da vigorose mani.

Una prima porta metallica si apre a comando, la guardia carceraria legge i cognomi dei documenti che ha in mano. Arriva il mio turno, insieme a circa 20 persone, in fila indiana, seguiamo la guardia. Passiamo diverse porte metalliche, poi attraversiamo un cortile, ci sono diversi mezzi della polizia parcheggiati e alcuni gruppi di poliziotti.

Finalmente entriamo in un edificio dove veniamo di nuovo perquisiti per entrare in un'altra sala d'attesa.

Per quel poco che avevo avuto modo di notare, le guardie erano poche e disorganizzate. La popolazione carceraria è al limite del collasso.
Le guardie penitenziarie non sono più sufficienti per gestire un così alto numero di "ospiti" e neanche coloro che, ogni giorno, vengono a trovare i loro congiunti.

Mercoledì mattina (14 aprile), mi ha ricevuto il Direttore del carcere, il cortese dott. Pietro Buffa. Marinica era con me. Lo stesso Direttore, non con parole, ma attraverso un atteggiamento tra lo sconsolato ed il rassegnato, confermava una realtà difficile.

Dopo tre ore da quando sono entrato, verso le 12,00, vengo chiamato per andare nella sala colloqui.

Inizia il colloquio con il "detenuto".

Le informazioni fitte, che ascolto, sono allucinanti.

Il "detenuto" mi dice che il carcere è in grado di ospitare non più di 900 persone, invece, al momento ci sono 1.600 "presenti", l'80% in più. Il carcere sta "scoppiando".

Molti detenuti dormono per terra e alcuni non hanno neanche la coperta.

10 detenuti stipati in una cella con un cesso e un rotolo di carta igienica al mese.

Invasione di topi e condizioni igieniche spaventose.

Medici che fanno gli "esperimenti", distribuendo farmaci senza pensare agli effetti gravi che possono scatenare.

Atmosfera da incubo con pestaggi a sangue.

Non fanno passare quasi nulla da fuori. Si deve acquistare tutto da dentro e costa tutto il doppio se non il triplo (dentifrici, spazzolini, carta igienica .....).

Il vitto è disgustoso, il sugo della pasta sembra vernice, non si toglie, la frutta non la mangerebbe neanche una capra, non parliamo del resto di questo "rancio".

Il "detenuto", dopo avermi elencato, nei dettagli, piccoli episodi che mi hanno sbalordito, mi ha promesso di mettere per iscritto le cose che ogni giorno succedono nel "mondo" carcerario e di spedire la sua testimonianza al mio indirizzo.

Il "detenuto" ha concluso dicendomi che ogni diritto umano, in quel posto "infernale", viene violato, sistematicamente, ogni giorno.

All'uscita mi sono rivolto alla guardia che ci accompagnava, gli ho chiesto: "Come fate a lavorare in questo modo?". La risposta, dopo aver alzato gli occhi al cielo, è stata:"Non possiamo neanche lamentarci o rifiutare i doppi turni".

Sono giunto all'automobile alle 13,30, dopo quattro ore e mezza. Marinica si è letta un intero libro, mentre aspettava.











Troppo spesso prendiamo le cose per scontate: ci lamentiamo per la coda all'ufficio postale o dal panettiere e siamo insofferenti quando in un ente dobbiamo attendere più di mezz'ora e, altrove, come appunto in un carcere, per parlare con un "detenuto" si sviluppa un mini-calvario, mentre per lo stesso detenuto la situazione è insopportabile, se non addirittura invivibile.

A volte comunque per noi "normali" è utile recarci in tali luoghi per ricordarci che qualcun'altro sta peggio di quanto noi riteniamo.

L'urlo di infelicità di tanti dovrebbe essere amplificato soprattutto da chi, come noi, possiede ancora un pò di fiato in gola.
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17/04/2010 22:47
 
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Il "detenuto" mi ha detto che l'80% degli "ospiti" sono stranieri con una percentuale altissima di neri.

Arrivano camionette tutti i giorni, che "sbarcano" neri a decine.


rispetto a qualche anno fa ,sicuramente il numero è diminuito ....

ma non è meglio prendere i carcerati ,quelli che hanno fatto i reati minori e rispedirli al loro paese ?

sicuramente risolveremo in parte la crisi delle nostre infrastrutture
e del personale oramai all'estremo .

Troppo spesso prendiamo le cose per scontate: ci lamentiamo per la coda all'ufficio postale o dal panettiere e siamo insofferenti quando in un ente dobbiamo attendere più di mezz'ora e, altrove, come appunto in un carcere, per parlare con un "detenuto" si sviluppa un mini-calvario, mentre per lo stesso detenuto la situazione è insopportabile, se non addirittura invivibile.

A volte comunque per noi "normali" è utile recarci in tali luoghi per ricordarci che qualcun'altro sta peggio di quanto noi riteniamo.

L'urlo di infelicità di tanti dovrebbe essere amplificato soprattutto da chi, come noi, possiede ancora un pò di fiato in gola.



certo che ci sono dei popoli interi che stanno peggio di noi al mondo ,io ne ho visti parecchi ,ma con questo non dobbiamo di certo creare l'anarchia nella nostra nazione per una politica improvvisata .

se vogliamo veramente aiutare due miliardi di persone al limite della sopravvivenza ,dobbiamo pensare a tutti i risvolti che porterà una politica del genere e avere la forza di mettere in conto che molte persone qui in occidente perderanno il lavoro , perchè la metà del pil delle nazioni occidentali è basato sull'industria bellica ,la quale con varie triangolazioni mondiali vende le armi proprio a quei paesi da dove arrivano questi disperati .

dunque ,non è molto semplice la cosa ,anzi dannatamente complicata .

noi mandiamo i VIP sulle isole inospitali per fare odiens e c'è chi vive sempre al limite della sopravvivenza e non fa di certo scalpore !

per fare un esempio ,il democratico Tony Blair ,pochi giorni fa era in Libia per conto della GB a cercare di vendere un pò di "pil" a gheddafi .....
come tutti ,davanti al Dio danaro non si guarda in faccia a nessuno ....

ti dicono ,lo so è uno sporco lavoro ,ma qualch'uno lo deve fare !!!

dunque il problema è molto articolato ,ed è in mano ai soliti poteri forti !


da un problema locale si passa a quello internazionale ,per poi passare alla sopravvivenza del più forte ,per il momento l'occidente !


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LETTERA APERTA



Chiarissimo dott. Pietro Buffa,

A pochi giorni dal nostro utile incontro, è mio desiderio ringraziarla per il tempo che mi ha concesso.
Il "detenuto" ha nominato, come suo avvocato, la dott.ssa XXXXXX XXXXXX, penalista, mia carissima amica.
Venerdì mattina (16 aprile), sono stato a colloquio con il "detenuto".
Ho lasciato che parlasse senza interromperlo, e nel giro di 1 ora le informazioni di cui mi ha messo al corrente, mi hanno profondamente turbato.
Immagino lei conosca già i disagi che ci sono all'interno del penitenziario.
Le condizioni dei detenuti sono intollerabili, sia da un punto di vista igienico-sanitario, psicologico e di tutte quelle necessità che servono ad una persona per non essere privato della sua dignità.
Il "detenuto" ha superato da quattro anni i 50 anni, il suo vissuto gli consente di sopravvivere ad una esperienza a dir poco traumatizzante.
E' vero che si tratta di persone che hanno commesso reati, ma questo non autorizza o giustifica nessun tribunale, nessun carcere, a prevaricare, in modo così pesante, sulle loro vite.
E' sufficiente un rotolo di carta igienica per una cella con 10 persone e farselo bastare per un mese?
Se mio fratello non avesse ricevuto circa 500 euro in queste settimane, probabilmente non avrebbe potuto provvedere alle sue basilari necessità: spazzolino, shampoo, sapone, generi per la pulizia della cella, zucchero, caffè, olio, sale, carta igienica e tutto quel che serve per una sufficiente sopravvivenza in un luogo decisamente "inospitale".
Penso con tristezza a coloro che non dispongono di questo aiuto esterno.
Inoltre, se ho ben capito, il carcere è abitato da un numero di detenuti superiore alle sue capacità.
Questo aggrava, ulteriormente, il disagio dei detenuti creando una atmosfera di forte tensione emotiva.
Nelle parole del "detenuto" c'era tanta amarezza, che non ho potuto fare a meno di raccogliere.
Che fare?
Personalmente, vorrei impegnare parte delle mie energie e sforzi per cercare di trovare delle soluzioni urgenti ad un stato di invivibilità a scapito di persone sfigurate nella dignità.
Per quanto mi riguarda, il carcere delle "Vallette", come del resto molti carceri in Italia, vive uno stato di emergenza, cui bisognerebbe dare una risposta immediata.
Lo scopo di questo mio scritto, dott. Buffa, non è di criticare il suo operato o di ostacolarla, ma di mettere a disposizione la mia esperienza e collaborazione per intervenire concretamente nel cercare di rendere meno penoso il "transito" di persone che, comunque, meritano un trattamento più umano.
La invito, dott. Buffa, ad un incontro che ci permetta di discutere tutte le possibili soluzioni che possano giovare all'intero ambiente carcerario.
Nietzsche, rispondendo alla domanda di un giornalista: "Qual'è il gesto più umano nei confronti di un nostro simile?", rispose: "Quello di non fargli provare vergogna!". E aggiungo: "Quello di non privarlo della sua dignità".
Resto in attesa di un suo gentile riscontro.
Con la dovuta Stima
Pino Lupo 






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23/04/2010 14:13
 
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Lasciati morire

 Suicidi e decessi misteriosi in aumento. Il pianeta carcere sta esplodendo e il governo si limita ad annunciare nuovi padiglioni.
Senza soldi e senza personale. La denuncia delle associazioni e del Pd

di Sofia Basso


Il carcere italiano uccide un detenuto ogni due giorni.
I numeri del 2010 segnano il record: 57 morti, di cui 18 suicidi, in 104 giorni.

Benevento, Sulmona, Santa Maria di Capua Vetere e Roma Rebibbia gli ultimi casi: due suicidi e due decessi per cause da accertare, secondo l’Osservatorio Morire di carcere.

Dietro ai morti, il sovraffollamento ormai ingestibile: i detenuti in Italia, scesi sotto i 40mila con l’indulto del 2006, al 31 marzo 2010 erano già a 67.200, 23mila più di quelli previsti: solo 35mila di loro hanno condanne definitive (di cui 10mila per crimini violenti), ben 30mila sono in attesa di giudizio.

A questi bisogna aggiungere i 1.821 internati, quelli che, dopo aver scontato la loro punizione, rimangono in carcere con pene accessorie perché ritenuti socialmente pericolosi. Gli stranieri sono ormai 25mila, il 37 cento del totale, con punte del 70 per cento in alcune realtà. Di fronte a celle che si riempiono con un tasso di 800 detenuti al mese, il governo Berlusconi si limita agli annunci. «Sono due anni che Alfano promette nuove carceri ma non è stato fatto nulla - denuncia Sandro Favi, responsabile carceri del Pd -. Del resto, per costruire nuove prigioni servono molti soldi, tanto tempo e, soprattutto, il personale: già oggi mancano gli agenti penitenziari, gli educatori, gli psichiatri. Senza il personale non si può fare alcuna politica penitenziaria».

Per ora il governo si è limitato a concedere poteri straordinari al direttore del Dap, Franco Ionta, facendone il “Bertolaso dell’emergenza carceri”, e a stanziare 500 milioni di euro contro il miliardo e mezzo previsto. Il fatto è, sottolinea Favi, che il governo non vuole aggredire quelle leggi che generano carcere: la Bossi-Fini per gli immigrati, la Fini-Giovanardi per i tossicodipendenti e la ex Cirielli per i recidivi.

Tutte leggi che continuano a produrre ingressi su ingressi: «Uno straniero che ha violato l’ordine di espulsione perché deve stare in carcere?

Per i tossicodipendenti bisogna ristabilire il legame con le comunità terapeutiche». I

l Parlamento a gennaio ha votato delle mozioni che a distanza di tre mesi sono ancora lettera morta. Il ddl Alfano, che prevede i domiciliari per i detenuti che devono scontare l’ultimo anno di pena e l’allargamento della messa alla prova nei processi per reati con pena inferiore a tre anni, è stato accolto con soddisfazione dai Radicali ma il Pd frena: «Siamo molto interessati alle misure alternative ma temiamo che in questo contesto di approssimazione si riveli un boomerang. Basta un fallimento e si tornerà a dire che l’unica soluzione sono nuove carceri». Ecco perché il Pd si è allineato a Idv e Lega nell’impedire che la bozza andasse direttamente dalla commissione Giustizia della Camera al Senato: «Continuano a dire che con il ddl usciranno in 10mila.
Con le nostre stime, al massimo saranno duemila. Ci facciano vedere i loro dati. Per noi il carcere deve essere limitato ai reati gravi.
Bisogna rivedere il Codice penale e ridurre i reati puniti con il carcere».

Sull’irrealizzabilità del piano carceri ritorna anche Luigi Manconi, ex sottosegretario alla Giustizia del governo Prodi: «È un’utopia negativa che pretende di inseguire con la costruzione di nuove celle un fenomeno che ha un ritmo di crescita dieci volte più veloce.

È un incubo irrealizzabile, perché le carceri si riempiono più rapidamente di quanto ci vuole per costruirne di nuove». Il sovraffollamento, ribadisce, si batte solo «decarcerizzando e depenalizzando: riducendo i reati in generale e quelli che prevedono la detenzione in cella.
Come hanno chiesto tutte le commissioni di riforma del Codice, sia di centrodestra che di centrosinistra. Tutte rimaste inattuate». Manconi sostiene che la proposta della messa in prova di Alfano vada corretta ma «presa in serissima considerazione». Perché il sistema sta scoppiando.
E non ci sono solo i morti in cella ma anche quelli che l’ex sottosegraterio definisce «tragedie da istituzione totale».

Come i casi di Stefano Cucchi e Giuseppe Uva che a buon diritto l’associazione presieduta da Manconi ha
contribuito a portare all’attenzione dei media: «Storie che riguardano “luoghi non luoghi” dello Stato, apparati e strutture delegate al controllo che possono risultare altrettanto coercitive e letali quanto una cella. Luoghi del sistema statale che sfuggono al controllo dell’opinione pubblica e delle autorità terze».

16 aprile 2010
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