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SO.SPI: Nessuno ha ucciso Aldo Bianzino, il caso è chiuso!

Ultimo Aggiornamento: 02/01/2010 00:49
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Solidarietà per Rudra Bianzino!



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ITALIA - Guerra alla droga, uomo torturato in caserma dei Carabinieri a Milano  

Notizia 
31 dicembre 2009 10:16 

"Le mani legate dietro la schiena. La bocca incerottata con il nastro da pacco. Costretto a inginocchiarsi a terra.

Poi giu' botte. Pugni, manganellate.
Il pestaggio prosegue anche quando l´uomo sta quasi per soffocare, perche' il sangue che perde dalla bocca non puo' uscire. E' il 12 agosto 2009. In una stanza della caserma di via Montebello, sede del comando del nucleo radiomobile dei carabinieri, e' notte fonda. L´uomo inginocchiato si chiama Luciano Ferrelli, 36 anni, originario di Foggia.

Qualche precedente per droga, e' stato l´autista-factotum di Giuseppe Aronna, il dentista dei vip con studio in via Montenapoleone arrestato nel 2007
- in manette anche Ferrelli
- per una storia di carte di credito rubate e riutilizzate (venivano strisciate sul 'pos' del professionista e trasformate in moneta sonante).

Bene inserito nella Milano dei locali notturni, poi il declino personale, segnato soprattutto dall´abuso di sostanze stupefacenti".

Si legge su Repubblica.

"La droga c´entra anche nella notte del 12 agosto. Ferrelli e' con altre due persone, un italiano e un nordafricano. Trattano l´acquisto di dosi di eroina in una delle piazze milanesi in mano ai pusher del Corno d´Africa: ma litigano per la qualita' della 'roba'. Gli spacciatori, forse minacciati, forse preoccupati per il possibile arrivo della polizia, si allontanano a piedi. Restano due auto. Ferrelli e i suoi amici ne prendono una, ma non fanno molta strada: vengono fermati da una pattuglia del Radiomobile dei carabinieri. Li portano nella caserma di via Montebello.

Qui - stando a un´inchiesta avviata dalla Procura: si ipotizza il reato di lesioni gravi e gravissime per un appuntato che avrebbe agito in concorso con altri militari
- Ferrelli e' vittima di una violenta aggressione.

Il pm Antonio Sangermano apre un fascicolo.

Notifica un avviso di garanzia a un carabiniere in servizio al nucleo radiomobile: l´ipotesi di reato e' l´articolo 583, 1° e 2° comma (lesioni gravi e gravissime).

E' lui che avrebbe preso di mira l´uomo.
Forse, secondo le indagini affidate alla sezione di polizia giudiziaria della Procura - e ancora in corso - non da solo.

Nell´avviso di garanzia (con invito a comparire davanti al magistrato) il pm Sangermano scrive che l´appuntato avrebbe agito 'in concorso con altri pubblici ufficiali'.

Non sono escluse, nei prossimi giorni, altre iniziative.

Ma che e' successo realmente nella pancia del comando del nucleo radiomobile dell´Arma?

Per come li ha ricostruiti la Procura - e da come si puo' leggere nelle carte - i fatti hanno come triste epilogo l´immagine di un uomo - Luciano Ferrelli - 'steso a terra, privo di forze e con numerose lesioni sul corpo'. Le botte subite - e' scritto nel rapporto dell´Istituto di medicina legale di Milano, allegato agli atti - gli hanno procurato 'l´incapacita' ad attendere alle mansioni originarie', con una 'prognosi superiore a 40 giorni'.

Motivata con un 'indebolimento permanente dell´organo della masticazione e della prensione', con una 'deformazione dello spettro facciale mediante avulsione dell´incisivo anteriore con caratteristiche proprie dello sfregio permanente'.

Una volta ammanettato dietro la schiena e con la bocca tappata dal nastro da pacco, Ferrelli sarebbe stato costretto a inginocchiarsi e poi colpito con pugni al volto (gli e' caduto un dente) e con una raffica di manganellate sulle spalle, sulle mani e sui piedi.

Al pestaggio in caserma assistono anche gli altri due uomini fermati. Negli interrogatori, uno, l´italiano, conferma tutto; l´altro, il nordafricano, e' reticente.

Alle prime luci dell´alba Ferrelli viene trasferito nel carcere di San Vittore con l´accusa di resistenza a pubblico ufficiale.

Condannato per direttissima, e' tuttora dietro le sbarre.

In merito al presunto pestaggio Repubblica ieri ha contattato il comando del reparto operativo dei carabinieri, che ha ritenuto di non rilasciare dichiarazioni".

http://droghe.aduc.it/notizia/guerra+alla+droga+uomo+torturato+caserma+dei_115003.php
[Modificato da ®@ffstef@n 01/01/2010 10:25]
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01/01/2010 10:33
 
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CIE Gorizia, marocchino pestato da guardia

 

“Ci è stato segnalato quest'oggi un gravissimo episodio di violenza e tortura, verificatosi all'interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) nella notte fra il 28 e il 29 dicembre 2009”.

Lo denunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell'organizzazione per i diritti umani Gruppo EveryOne, che si sta occupando della vicenda.

“La vittima dell'ennesimo pestaggio si chiama Said Stati,” riferiscono gli attivisti, “è di nazionalità marocchina e vive a Gavardo, in provincia di Brescia. Abita in Italia da oltre 19 anni, ha sempre lavorato e pagato le tasse. Tutti i suoi parenti” continuano i rappresentanti di EveryOne, “vivono nel nostro Paese: la madre e sei fratelli che sono tutti sposati, con figli.

Durante il terremoto  che ha colpito Salò nel 2005, Said ha perso la casa. Sempre in seguito al sisma,” raccontano ancora Malini, Pegoraro e Picciau, “la fabbrica dove era occupato ha chiuso e il ragazzo, con moglie e due figli piccoli, pur avendo bussato a ogni porta, non ha trovato in tempo un'occupazione alternativa.

Quando il suo permesso di soggiorno è scaduto è divenuto 'clandestino', in base alla legge 94/2009 (il 'pacchetto sicurezza') già pesantemente criticata per il suo contenuto xenofobo dalla Commissione europea, dal Comitato contro le discriminazioni delle Nazioni Unite, dalle autorità ecclesiastiche e dalle principali organizzazioni per i Diritti Umani.

L'11 novembre scorso, Said è stato arrestato e condotto al Cie di Gradisca, dove è stato identificato e ha ricevuto un decreto di espulsione.

Nonostante soffra di una depressione e il medico curante gli abbia prescritto un antidepressivo, le autorità gli hanno negato, poche ore prima dell'abuso nei suoi confronti, di assumere il farmaco.

Said ci ha raccontato al telefono che nella notte fra lunedì e martedì scorso, tre guardie lo hanno prelevato dalla sua cella, conducendolo in un'altra, dove gli è stato intimato di togliersi gli occhiali perché l'avrebbero sottoposto a un pestaggio.


Ci ha inoltre confessato che per dare un esempio agli altri carcerati, è stato consentito ad alcuni detenuti di assistere alla violenza.

Anche operatori in servizio preso il centro hanno presenziato alla violazione dei suoi diritti umani.

Said è stato picchiato con inaudita brutalità al capo, al tronco e in diverse altre parti del corpo, con pugni e colpi di manganello.

Solo dopo averlo lasciato a terra, pesto e sanguinante, le guardie hanno consentito agli operatori di portarlo al pronto soccorso, dove è stato medicato”.


Il Cie di Gradisca di Isonzo è stato teatro di ripetute violenze e abusi sugli internati, e già un detenuto aveva videoripreso, il 21 settembre scorso, con un telefonino, le conseguenze di un pestaggio di massa da parte delle forze dell'ordine.

In quell'occasione, l'episodio venne denunciato presso le sedi competenti in Italia e all'estero dal Gruppo EveryOne e da altre organizzazioni per i diritti umani e i principali quotidiani lo riportarono,  assieme alle stigmatizzazioni di autorità politiche e dalla società civile.


“Nulla è tuttavia cambiato nel Centro,” sottolineano con preoccupazione i rappresentanti del Gruppo, “e anzi trattamenti inumani e degradanti continuano a essere perpetrati dallle autorità senza che la Procura di Gorizia e lo stesso Ministero dell'Interno prendano provvedimenti.

Abbiamo informato della vicenda di Said il Comitato contro la Tortura del Consiglio d'Europa, affinché venga inviata al Cie quanto prima una commissione ispettiva d'inchiesta; abbiamo inoltre depositato un esposto presso la Procura di Gorizia e una memoria all'Alto Commissario per i Diritti Umani e all'Alto Commissario per i Rifugiati, presso gli uffici di Ginevra delle Nazioni Unite”.


Contemporaneamente, EveryOne ha chiesto in una lettera al Presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini, di prendersi a cuore il caso di Said: “Il giovane marocchino attende, distrutto nel corpo e nello spirito, di essere deportato in Marocco, dove non ha parenti né conoscenze.

Said è un cittadino esemplare e non ha mai avuto problemi con la giustizia. La sua famiglia e la sua vita non hanno senso lontano dall'Italia e solo una serie di eventi drammatici gli ha impedito di avere i requisiti per rinnovare, con le attuali disposizioni, il permesso di soggiorno.


I suoi figli, un bambino che frequenta la terza elementare e una bimba di tre anni, sono disperati e non si danno pace per la mancanza dell'amato papà, che è stato loro strappato senza che avesse alcuna colpa.

Ci auguriamo,” scrivono Malini, Pegoraro e Picciau a conclusione della lettera a Fini, “che, grazie a un Suo provvidenziale intervento, si eviti che al dolore e alle ingiustizie patite dal detenuto si aggiunga un nuovo dramma irreparabile, che annienterebbe un'intera famiglia vulnerabile e innocente”.

Thursday, December 31, 2009Fonte  
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Nomi come Stefano Cucchi, aldo Bianzino, Luciano Ferrelli, Said Stati, Giuseppe Saladino, Federico Aldrovandi, non dicono nulla, sembra non siano mai esistite queste persone.

Per ognuno di loro, ci sono moduli e fascicoli con richieste di archiviazione o da lasciare negli scaffali in attesa di ulteriori accertamenti.

A "certi" impiegati statali, il nome di Bianzino corrisponde ad un numero di protocollo, una pratica polverosa con un cartellino scritto: ARCHIVIATO!

Le violenze subite, le indagini inquinate, le bocche cucite, le circostanze impreviste, le informazioni incomplete.

Alcuni politici hanno detto: "si trattava di delinquenti", "di clandestini", "di drogati", "di ribelli", "di rifiuti della società".

Quindi, la parola d'ordine, in questo paese è "tolleranza zero", "pugno di ferro con chi commette reati anche piccoli".

Solo che le morti, le violenze, la violazione dei diritti umani, sembra vengano inflitte solo a dei poveri indifesi e sconosciuti "ladri di pollo" che di pericoloso non hanno nulla.

Le centinaia di persone arrestate in questi giorni, apartenenti a varie organizzazioni malavitose, fra cui sicari spietati, menti criminali, professionisti corrotti, non mi risulta siano stati "maltrattati", anzi, alcuni sono già a piede libero o agli arresti domiciliari.

Addirittura, mentre i telegiornali facevano vedere l'arresto di questi malviventi di alta "categoria", si vedevano i volti degli stessi sorridenti, spavaldi, come fossero protagonisti dello spettacolo.

Anche fra le mura del carcere e nelle maglie della giustizia si fa discriminazione. Se sei un comunissimo spacciatore di pochi grammi di marijuana o un clandestino straniero, o qualcuno cui è scaduto il permesso di soggiorno, c'è il rischio che ti ammazzino di botte o ti aggravino la posizione giudiziaria. Se sei un vero criminale, un professionista nella truffa, o un pericoloso assassino, allora sei trattato con rispetto.

Non si può accettare questo continuo violare i diritti, specialmente, dei più deboli e di coloro che non hanno i mezzi per difendersi.

Una volta, più di 30 anni fa, Alberto Sordi, interpretò magistralmente il protagonista di un film dal titolo, "Un detenuto in attesa di giustizia". Oggi, il "detenuto viene giustiziato".

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