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L’AQUILA, IL FAR WEST DEI SUBAPPALTI

Ultimo Aggiornamento: 28/12/2009 17:07
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28/12/2009 14:24
 
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  L’AQUILA, IL FAR WEST DEI SUBAPPALTI


Il governo non applica gli strumenti di contrasto alle infiltrazioni mafiose previsti dal decreto Abruzzo. Ecco come il cratere del sisma è divenuto una zona franca.


inchiesta di Angelo Venti



Da settembre le forze dell’ordine scoprono 132 ditte non in regola.
Un’ordinanza per coprire le irregolarità nei subappalti all’interno dei cantieri del piano C.a.s.e. è l’ultimo caso scandaloso di esercizio di potere perpetrato dalla Protezione civile.

Il 12 novembre scorso il dipartimento diretto da Guido Bertolaso emana l’ennesima ordinanza sull’emergenza terremoto in Abruzzo, la n. 3820.

Tra le pieghe del provvedimento si nasconde il comma 1 dell’art.2 con cui di fatto si elimina retroattivamente il reato di «subappalto non autorizzato», un colpo di spugna che rende inutilizzabili le prove già raccolte dalle forze dell’ordine su almeno 132 subappalti sospetti.





Ma vediamo cosa sta succedendo nel cratere del sisma del 6 aprile con la gestione Bertolaso degli appalti aquilani.

Con il decreto legge n 39 del 28 aprile, noto come Decreto Abruzzo, si fissano numerose deroghe alla legge nazionale degli appalti, tra cui l’aumento dal 30 al 50 per cento delle opere che le imprese capofila potranno subappaltare.

Su questa base il dipartimento indice la gara per realizzare i 4.700 alloggi del Progetto C.a.s.e. Appalti che vengono assegnati a un numero ristretto di ditte.


Queste, a loro volta, subappaltano a quasi 700 altre imprese fino alla metà dei lavori, con affidamento diretto. Ma nonostante le numerose deroghe, restano alcuni obblighi: le ditte aggiudicatarie devono comunicare alla Stazione appaltante
- cioè la Protezione civile
- nomi e documentazione delle ditte a cui intendono assegnare i lavori.
A sua volta la Protezione civile ha 30 giorni di tempo per autorizzare l’inizio dei lavori.


Quest’ultimo passaggio non sempre è avvenuto. Può sembrare solo una violazione formale ma non è così. Perché dietro si nascondono commesse per circa un miliardo di euro assegnate nel ristretto lasso di tempo di pochi mesi.



Come tutte le storie che si rispettino, anche questa inizia per caso
.
A luglio, le forze di polizia arrestano un latitante all’interno di uno stabilimento di una grande azienda locale, la Edimal, aggiudicataria di un cospicuo appalto all’interno del piano C.a.s.e.

Si accerta che il latitante lavora per un’altra impresa impegnata nei cantieri ma non in possesso dell’autorizzazione.

Sorge il dubbio che il fenomeno sia molto più esteso, così da settembre le forze dell’ordine dispongono accessi in due dei 19 cantieri del Progetto C.a.s.e., quelli di Preturo e di Bazzano.

Decine di carabinieri, poliziotti, finanzieri e forestali identificano oltre 1.500 persone, controllano centinaia di mezzi e individuano 132 ditte non in regola su cui dispongono accertamenti per il reato di subappalto non autorizzato.

Sei imprese vengono deferite direttamente all’autorità giudiziaria e segnalate alla Protezione civile. Che, in quanto stazione appaltante, ha l’obbligo di controllare la catena di subappalti. Bertolaso, però, revoca il subappalto solo a una di esse: è la Icg di Gela, impegnata nella «realizzazione di muri di sostegno» nel cantiere di Bazzano, per 159mila euro.

Gli investigatori della Dia scoprono che 13 dei 26 dipendenti dell’azienda e due dei tre amministratori avevano precedenti penali, tra cui un collaboratore di giustizia e un ex componente della “stidda”m la mafia gelese.

Sul caso Igc l’ex vicepresidente della commissione Antimafia, on. Lumia, presenta anche un’interrogazione parlamentare.



La previsione di accessi di questo tipo anche negli altri 17 cantieri del progetto C.a.s.e., nei 31 dei Map (Moduli abitativi provvisori) e nei 53 dei Musp (edilizia scolastica), rischia di far crollare tutto il castello di appalti e subappalti
.

Così, a metà novembre il dipartimento corre ai ripari e inserisce nell’ordinanza 3820 un semplice comma che così recita: «Le autorizzazioni rilasciate dal dipartimento della Protezione civile per il subappalto dei lavori relativi alle strutture abitative e scolastiche realizzate o in corso di realizzazione, hanno efficacia dalla data di presentazione delle relative domande».



Insomma, con una semplice ordinanza la Protezione civile cancella uno dei capisaldi della normativa che regola la concessione di subappalti, dove spesso si annidano imprese dalla dubbia origine.



Gli inquirenti vedono così sottrarsi le prove da sotto il naso.



Quello che sorprende è che nemmeno il prefetto Franco Gabrielli - che ha il compito di vigilare sugli appalti nonché il coordinamento delle forze dell’ordine per le indagini sui cantieri - intervenga a difesa del lavoro svolto in questi mesi dai suoi uomini. Anzi.
Il 4 dicembre il prefetto, nominato il 6 aprile nello stesso Consiglio dei Ministri nel quale Bertolaso viene nominato commissario straordinario per il sisma, emette un comunicato stampa. Dove attacca duramente un articolo, pubblicato sul quotidiano Terra, in cui si riporta proprio questa notizia e si evidenziano i ritardi nella attivazione degli strumenti di contrasto della criminalità organizzata, già previsti nel decreto Abruzzo.

Nel comunicato prefettizio si accusa di diffondere notizie false e «quindi destabilizzanti per l’informazione corretta dell’opinione pubblica».
Ma in realtà non si smentisce nulla. Si apre così un altro capitolo di questa storia, quello sulla effettiva operatività degli strumenti di contrasto su cui indaga la magistratura alla criminalità.



Ad aprile il decreto Abruzzo dispone, al fine di prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi per l’emergenza e la ricostruzione
,

«permeanti controlli antimafia sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi a oggetto lavori, servizi e forniture» (art. 16, comma 4).

Il testo di legge indica anche che tali controlli dovranno effettuarsi a partire dalle «Linee guida» indicate dal «Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere» e che per garantire l’efficacia dei controlli antimafia nei contratti pubblici e nei successivi subappalti e subcontratti è prevista la «Tracciabilità dei relativi flussi finanziari» (art. 16, co. 5).

Il decreto prevede pure l’obbligo di istituire la «White list», una lista delle imprese “oneste” cui rivolgersi per il conferimento di subappalti: un indubbio elemento di garanzia e trasparenza. Infine, tra gli strumenti di controllo, sempre lo stesso decreto prevede la costituzione di una «Sezione specializzata» del «Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere».

Si tratta di un organismo istituito dal ministero degli Interni, quello delle Infrastrutture e dalla Direzione investigativa antimafia che opera a diretto supporto del prefetto de L’Aquila (art. 16, co. 2) «per la prevenzione e la repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa», a partire dall’«analisi integrata dei dati e delle informazioni» sugli appalti.

Il decreto Abruzzo, infine, istituisce il «Gruppo interforze centrale per l’emergenza e ricostruzione » (cosiddetto Gicer, art. 16. co. 3). Per la definizione di composizione e compiti di questi due organismi la norma prevede l’emanazione di un decreto del ministro dell’Interno, di concerto con i ministri di Giustizia e Infrastrutture, «entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto».



Questo ad aprile. Otto mesi dopo proviamo a tirare le somme.


Del decreto sulla «tracciabilità dei flussi finanziari » non vi è ancora traccia mentre per il decreto che stabilisce composizioni e compiti della
 “Sezione specializzata” e del “Gicer” questa è la situazione: come afferma lo stesso prefetto nel suo “comunicato di precisazioni”, il decreto è stato emanato solo il 3 settembre scorso, quando la gran parte delle imprese impegnate nei subappalti avevano già iniziato da tempo i lavori.

Vanno però aggiunti altri due particolari: almeno fino a metà ottobre il provvedimento risulta ancora giacente presso la Corte dei conti e a oggi non risulta pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

A tal proposito è di nuovo il prefetto a fornire un’altra data certa, quella dell’11 novembre. È il giorno della prima riunione della «Sezione specializzata ».

Il prefetto ammette così che l’intera fase del soccorso e della ricostruzione leggera nel corso della quale si è proceduto in deroga a ogni norma gestendo oltre un miliardo di euro di fondi pubblici, è stata condotta senza attivare uno strumento essenziale previsto dallo scorso aprile.



Non è un caso che a oggi le imprese escluse da appalti e subappalti siano pochissime
, complice la mancanza di chiarezza della gestione di Bertolaso e i continui ostacoli posti alla diffusione di dati, atti e informazioni.

Eppure non sono mancati casi sospetti.

Quello dell’Impresa Di Marco, impegnata nel movimento terra nel cantiere di Bazzano, è forse il più indicativo. Il titolare risultava socio anche nella Marsica plastica srl insieme a elementi riconducibili alla criminalità organizzata siciliana e a uno degli arrestati a Tagliacozzo nella operazione “Alba d’oro”, definita dagli stessi inquirenti «il primo caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo».

Appresa dai giornali la notizia, il prefetto convocò una irrituale conferenza stampa in cui difese la ditta, salvo poi vedersi costretto, a settembre, a ritirare il certificato antimafia.

  
Per capire i pericoli di quanto succede tra le montagne dell’Abruzzo interno, basta mettere insieme i singoli casi come tessere di un unico puzzle
: lo scandalo del mega appalto per i bagni chimici (ne sarebbero stati affittati, al costo di 80 euro al giorno, 1.600 più di quanto necessario),

il subappalto senza gara a una ditta del senatore nonché coordinatore del Pdl in Abruzzo Filippo Piccone, l’inchiesta della magistratura sulla realizzazione degli uffici Asl de L’Aquila oppure quella sulla costruzione della nuova Casa dello studente da parte della Regione Lombardia, il ritiro del certificato antimafia alla già citata Igc di Gela e a un’impresa campana, la Fontana costruzioni.



La perspicacia con cui la Protezione civile nega dati e atti sulle modalità di gestione dei fondi pubblici o sulle imprese al lavoro nei cantieri, insomma, non è un caso
.

 
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28/12/2009 14:34
 
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Fonte->Abruzzo. Più di ventimila terremotati fuori casa. E Berlusconi parla di “miracolo”

 
di Alessandro Cardulli


Gianni De Cesari, segretario regionale Cgil: il lavoro a rischio, milioni le ore di cassa integrazione.

L’Aquila, una città senza vita.

Le bugie raccontate da Rai e Mediaset.

Le telefonate del premier


L’AQUILA – Se ne vanno le telecamere di Rai e Mediaset.
Hanno assolto al loro compito: quello, vergognoso, di imbrogliare le popolazioni abruzzesi e tutti i telespettatori italiani.

Berlusconi, dalla convalescenza di Arcore, ha parlato via telefono e con gli inviati dei telegiornali e dei giornali radio, ha fatto diffondere messaggi.

‘In Abruzzo è tutto risolto, la gente è contenta, vivono in case di lusso, c’è anche lo spumante offerto dalla ditta Berlusconi e company’.

Il più bravo propalatore di menzogne è stato senza dubbio Emilio Fede.

Lui non ci ha pensato due volte a fare intervistare solo alcuni terremotati che avevano avuto una casa. Certo che erano felici.

Il buon Emilo ha rivolto anche un rimbrotto, benevolo essendo in clima natalizio, nei confronti di chi si esercita il “pessimismo e il disfattismo”, come dice il suo capo.

Qui siamo in presenza del “miracolo” fatto da Berlusconi e dal suo governo e voi vi esercitate nella critica. Miscredenti!

Il Tg3, certo poteva fare di più, perlomeno ha mandato un inviato che si è affidato ad una “guida locale” per far vedere che le cose non stanno e se come dicono il premier e i suoi cortigiani “l’emergenza è finita”.

Ma non è così: i fatti parlano chiaro come ci racconta Gianni De  Cesaris segretario regionale del Cgil abruzzese. “ certo, che non c’è più gente sotto le tende. Vorrei vedere che ad otto mesi di distanza dal sisma, con il freddo, il gelo, la pioggia, non si fosse ancora provveduto a trovare un riparo che non sia una tenda. Ma l’emergenza è ben lontano dal finire.
Ci sono migliaia e migliaia di persone che non  hanno una casa.
Non solo. Il progetto casa messo a punto è largamente insufficiente.

Si parla di mettere in cantiere nuovi moduli rinnovati mobili.
Ancora niente di definitivo.” Il quotidiano abruzzese “Il Centro” pubblica dei numeri da brivido:
in alberghi sono ospitate 11.185 persone,
7.292 in case private,
1550 nelle caserme
.

Il progetto casa prevede la costruzione di 4.600 appartamenti che dovrebbero accogliere 17.000 persone.

Fino ad oggi hanno trovato alloggio solo 6.735 persone.

Questo sarebbe il “miracolo” propagandato da imbonitori di infimo livello in cui si sono appecorati dei cosiddetti giornalisti.

“Ma c’è di più – sottolinea De  Cesari – in base ai criteri sui quali si sono formate le graduatorie dando la precedenza a chi aveva per esempio figli in età scolare, è accaduto che gli anziani, soli, sono rimasti fuori, sradicati dai luoghi della loto vita.

In questi mesi, e non è un caso, è aumentata la mortalità”.

Naturalmente il capo del governo in convalescenza nei suoi messaggi si guarda bene dal parlare della situazione economica.

Il segretario della Cgil abruzzese cita alcuni dati che meglio di ogni parola danno il senso della drammaticità della situazione.

Nel mese di novembre per quanto riguarda la  cassa integrazione si è registrato il secondo peggior dato dal momento del terremoto con 3.7 milioni di ore di Cig, di cui ben 1,8 milioni all’Aquila.

In sei mesi nella regione sono stati persi 34 mila posti di lavori.
“E quando finirà la cassa integrazione – si chiede De Cesari – quale il destino di migliaia e migliaia di famiglie di lavoratori?
Un’incognita.
Come del resto tutto è un incognita”. 

Le telecamere Rai  e Mediaset non hanno fatto vedere le macerie  dell’Aquila, “una città che sembra morta, senza vita, senza rumori, senza luce.

Finché questa sarà la situazione non finirà l’emergenza – prosegue De Cesari – perché qui c’è il cuore, oltre alla storia, della nostra Regione.
Siamo davvero all’assurdo. Fino a qualche tempo fa – racconta – potevo entrare in casa mia una volta alla settimana per prendere cose, oggetti, insomma almeno vederla.
Ora posso visitarla una volta ogni quindici giorni.
Invece di migliorare la situazione peggiorata”.

Non solo: non c’è un progetto, non si conosce quale destino, quale segno si vorrà dare alla ricostruzione. “Perlomeno – dice –  si potesse conoscere la data d’inizio dei lavori. Niente. L’Aquila è la città del silenzio”.



http://www.dazebao.org/

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28/12/2009 15:03
 
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“A L’Aquila va tutto bene”

Posted by EpicentroSolidale  26/12/09

Non si sente ripetere altro, dal governo, dai media e dai politici (tutti o quasi) e, molto spesso per riflesso, dalla gente comune.


Generalmente, nel bene e nel male, non è il caso di esprimersi in termini così definitivi, una regola aurea dalla quale non ci si dovrebbe astenere soprattutto in relazione ad una situazione complessa e ricca di sfumature e contraddizioni come quella aquilana, tuttavia, se in vista di una sintesi una forzatura va fatta, questa non ricalca certo i toni entusiastici e a tratti surreali utilizzati dai suddetti soggetti.


Ma andiamo con ordine.


Nella puntata di Matrix del 23/12 Bertolaso ha dichiarato pubblicamente che la ricostruzione delle case degli Aquilani non è affare che riguarda la Protezione Civile e che bensì quella fase sarà gestita dagli enti locali.

Ora se da un lato la buona notizia è che finalmente la Protezione civile rinuncia a far qualcosa dopo mesi di strapotere assoluto, dall’altro la parvenza di un “ritorno alla democrazia” e di (ri)legittimazione degli enti locali nasconde tutta una serie di aspetti.


1 –
Innanzitutto, implicitamente (ma neanche troppo) si ammette che in sostanza i lavori relativi alla “ricostruzione vera” non sono mai iniziati realmente, e del resto basta guardare all’enorme quantità di macerie e detriti (stimabile in milioni di metri cubi) che
a distanza di quasi 9 mesi si trovano ancora nel centro storico di L’Aquila.


2 –
Dopo mesi passati all’insegna di una strisciante mistificazione secondo la quale C.A.S.E e M.A.P sarebbero bastate per tutti gli sfollati, davanti allo spettro del fallimento nella migliore tradizione italiana si scarica l’onere al livello sottostante, in questo caso appunto dalla Protezione civile agli enti locali.


3 –
Dopo gli innumerevoli spot mediatici seguiti alla consegna delle C.A.S.E e una volta convinta l’opinione pubblica, complice un’informazione a dir poco parziale, che a L’Aquila di più non si può fare o che addirittura tutto appunto è già stato fatto, si annuncia la ritirata strategica (dicembre o gennaio poco cambia) di chi non avrebbe mai potuto onorare le tante promesse fatte,
con buona pace dei tanti ancora in situazioni di fortissimo disagio.



Attualmente, dai dati della Protezione civile emerge che al 23/12, cioè a 261 giorni dal terremoto:


- Meno di 13.000 persone risultano alloggiate tra C.A.S.E. e M.A.P, le due soluzioni abitative temporanee previste dalla Protezione civile.


- Altre 17.500 persone circa sono ancora alloggiate in albergo, nella stragrande maggioranza dei casi lontano dalla città di L’Aquila.


- Va poi considerato, alla luce delle diversissime situazioni presenti sul territorio, un’estrema difficoltà nel calcolo di tutti quelli che si sono allontanati dall’area terremotata, che hanno riparato presso parenti e amici o che sono rientrati abusivamente nelle proprie abitazioni sfuggendo al conteggio ufficiale, una cifra nell’ordine delle migliaia ma sulla quale è davvero difficile pronunciarsi in modo certo e definitivo (
per una stima).

In ogni caso, dalle prime promesse che assicuravano una casa per tutti dal 15 settembre alla fine di novembre, si è passati via via ai mesi successivi fino all’attuale promessa di case consegnate entro il febbraio 2010, almeno per quanto riguarda la C.A.S.E., ossia le costruzioni durature (da 2700 euro al mq, più del doppio di quanto previsto dalla normativa edilizia antisismica) che andrebbero a formare lo scheletro delle cosidette new town.

Per quanto riguarda i M.A.P. invece si parla addirittura di Aprile e oltre, tanto che lo stesso Bertolaso si è lamentato della “figuraccia” che a suo parere le ditte costruttrici gli stanno procurando.


Ma la figura peggiore la Protezione civile la fa proprio sulla questione dei subappalti per le C.A.S.E.
totalmente fuori controllo, dove a seguito dell’arresto di un latitante all’interno di uno
stabilimento di un’azienda locale una serie di controlli hanno portato alla scoperta di ben 132 ditte non in regola.

Tuttavia, dinanzi al rischio politicamente inaccettabile di dover fermare gran parte dei lavori, la Protezione civile ha introdotto un’ordinanza (3820 del 12/11) per cui “Le autorizzazioni rilasciate dal dipartimento della Protezione civile per il subappalto dei lavori relativi alle strutture abitative e scolastiche realizzate o in corso di realizzazione, hanno efficacia dalla data di presentazione delle relative domande”.

In questo modo tutto il pregresso è stato “de facto” regolarizzato, in un contesto che in parte già derogava alla normale disciplina sugli appalti. Chapeau.


In tutto ciò è da valutare l’enorme impatto economico di questa gestione post-sismica: le risorse assorbite dall’apparato della Protezione civile (il bilancio completo si avrà presumibilmente nei prossimi mesi), le spese, assai poco chiare peraltro, per il piano C.A.S.E. (
altro interessante articolo), il generosissimo canone pagato agli alberghi per ogni singolo sfollato ospitato (50 euro al giorno in media), le spese relative al mantenimento delle tendopoli (smantellate definitivamente solo in dicembre a 8 mesi dal sisma), e altre varie “spese accessorie”.

Tutte risorse che in tempi di vacche magre sono automaticamente sottratte a quelle (ma quali?) disponibili per la ricostruzione (quella vera) o se non altro per piani di intervento più inclusivi e meno impattanti per il territorio.


Ancora è di qualche giorno fa la notizia che, salvo colpi di scena dell’ultim’ora, la tanto sbandierata proroga della sospensione delle tasse per i terremotati riguarderà solo una fetta (peraltro minima)
della popolazione, principalmente lavoratori autonomi e aziende con un reddito inferiore ai 200.000 euro, tagliando fuori tutti gli altri, cassintegrati compresi, che da gennaio riprenderanno a pagare regolarmente le tasse restituendo inoltre (in 60 rate) il 100% degli arretrati, il tutto in un territorio fortemente compromesso dal punto di vista delle attività produttive e del lavoro (quasi 20000 tra cassintegrati, licenziati e lavoratori in mobilità).

Se i numeri sin qui risultano giustamente inquietanti, ancor più grave, ancorchè difficilmente quantificabile, è il danno qualitativo, in termini sociali e identitari, prodotto dai processi in atto.

Non si può in questa sede non rilevare ancora una volta la scelleratezza di un modello di ricostruzione periferico estremamente dispersivo che con i suoi fabbricati in larga parte permanenti sta impattando in modo irreversibile il territorio Aquilano, non riuscendo peraltro a garantire una sistemazione provvisoria a tutti gli sfollati come già ampiamente denunciato da tutti i comitati cittadini in tempi non sospetti.

Va ricordato inoltre che lo stesso sindaco di L’Aquila Massimo Cialente ha ammesso pubblicamente a più riprese di non aver partecipato al processo di individuazione delle aree (successivamente espropriate) in cui costruire le C.A.S.E. e di essere stato messo al corrente solo a cose fatte delle scelte già prese dalla Protezione civile (su questo aspetto si vedano le domande di site.it).

Evitiamo infine di soffermarci su tutta una serie di problematiche:
infiltrazioni d’acqua,
tubature congelate, coperture e tetti volanti, riscontrati nei nuovi fabbricati a Roio, Coppito, Cese di Preturo, Sant’Elia e persino nel tanto celebrato conservatorio di L’Aquila, appena inaugurato in pompa magna sui media nazionali.

Sempre sul versante dell’informazione, accanto all’ormai consolidata asimmetria per cui da un lato si innalzano toni trionfalistici a sostegno di ogni singolo proclama lanciato dal governo e dall’altro si tace su qualunque aspetto critico, assistiamo ultimamente a taluni moti del tutto gratuiti oltre che sfrontati (
un esempio).

E tutto mentre il centro di L’Aquila, dato praticamente per risorto, continua in larga parte a marcire, in un panorama surreale nel quale l’unica presenza di casa è quella dei militari che da nove mesi ormai fanno la guardia a quartieri fantasma.



Eppure anche domani si dirà che a L’Aquila va tutto bene.



http://www.epicentrosolidale.org/



MA NOOOOOOOOO...
E' COLPA DELLA SINISTRA !

[Modificato da ®@ffstef@n 28/12/2009 15:05]
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28/12/2009 17:02
 
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LA SACRA CORONA UNITA.
-BERTOLASO
- BERLUSCONI
- COSENTINO - LA ESCORT
-E  IL PAPI




Qualcuno ci protegga dalla protezione (civile) -Berto-liso, in cambio del ritiro delle sue annunciate dimissioni, ha ottenuto dall’amico Letta la trasformazione della protezione civile in società per azioni - Così ci saranno ancora meno controlli su forniture, contratti, progetti per centinaia e centinaia di milioni di euro all'anno, e su assunzioni e consulenze, che non dovranno più passare sotto la lente della trasparenza pubblica – che cuccagna per gli imprenditori.

Basta leggere i bilanci della società di maria criscuolo…



Fabrizio Gatti per L'espresso


Aiuto, qualcuno protegga i nostri soldi da Guido Bertolaso.

Ora che la Protezione civile diventa una società per azioni nessuno potrà più chiedere conto al governo su appalti ed eventuali spese allegre.

Pochi giorni fa, il 17 dicembre, Gianni Letta ha fatto approvare al Consiglio dei ministri il decreto studiato e voluto dal Guido più amato dagli italiani, e da Silvio Berlusconi, in cambio del ritiro delle sue annunciate dimissioni.

Un'altra mossa che toglie di mezzo il Parlamento.

Il passaggio chiave è scritto in poche parole: "Il rapporto di lavoro dei dipendenti della società è disciplinato dalle norme di diritto privato".

Scende così un ulteriore velo di riservatezza su forniture, contratti, progetti per centinaia e centinaia di milioni di euro all'anno, e su assunzioni e consulenze, che non dovranno più passare sotto la lente della trasparenza pubblica.

Una scorciatoia che unita alle ordinanze di urgenza e ai poteri di emergenza di cui gode la Protezione civile, trasformerà Bertolaso, 60 anni il 20 marzo prossimo, in un vicerè dalle mani d'oro a completo servizio del presidente del Consiglio di turno.

Come già succede ora, ma con meno obblighi da rispettare.
 
La questione non riguarda soltanto la rapidità di intervento dopo terremoti, frane o alluvioni. Prendete il tentativo di Berlusconi, per adesso soltanto rinviato, di scippare il Tfr agli italiani, la liquidazione di milioni di lavoratori dipendenti.

Quei soldi il governo li voleva trasferire al fondo Grandi eventi di Palazzo Chigi. Cioè la cassaforte affidata in questi anni proprio a Bertolaso per organizzare summit, party esclusivi, adunate religiose, gare sportive attraverso procedure d'urgenza e poteri straordinari.


Da quando nel 2001 diventa capo e indossa la famosa maglietta blu, fior di ingegneri e tecnici vengono dirottati a occuparsi di serate di gala, piscine e trampolini (Roma, mondiali di nuoto 2009), alberghi, aiuole e parcheggi (La Maddalena e L'Aquila, vertice G8 2009), asfaltatura di strade e rotonde (Varese, mondiali di ciclismo 2008). Risorse e professionalità che così non possono essere dedicate a tempo pieno ai veri pericoli naturali che minacciano l'Italia.
 

Negli armadi della Protezione civile in via Ulpiano e in via Vitorchiano a Roma vengono infatti tenute segrete previsioni da paura.


Sono le "Proiezioni rischio sismico XXI secolo": in base a quanto è avvenuto negli ultimi 200 anni, è scritto nel rapporto riservato, nei prossimi 90 anni in Italia bisogna aspettarsi tra i 50 mila e i 200 mila morti e feriti per terremoti, con danni tra i 100 e i 200 miliardi di euro.


È fine novembre quando a Palazzo Chigi si studia come inserire nella legge finanziaria il prelievo del Tfr da destinare ai grandi eventi.

Proprio in quei giorni a Rivoli, vicino a Torino, si ricorda il primo anniversario dalla morte di Vito Scafidi, 17 anni, lo studente del liceo scientifico Darwin ucciso dal crollo del soffitto della classe, collassato senza nemmeno la spintarella di una scossa sismica.


I miliardi del trattamento di fine rapporto potrebbero servire a rendere più sicuri scuole e ospedali. Ma nel governo pensano a tutt'altro.

Il primo dei grandi eventi che potrebbe entrare nel calendario della nuova Protezione civile spa è l'Expo 2015 a Milano: dove i ritardi, ormai sospetti, nella progettazione stanno creando le condizioni per la solita ordinanza d'urgenza.


Oppure la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020: con la possibilità di usare le procedure in deroga sugli appalti come grimaldello per scardinare il piano regolatore e, sul modello dei Mondiali di nuoto, costruire centri sportivi e villaggi residenziali nella campagna intorno alla capitale.

Altri contratti potrebbero arrivare con il trasferimento del gran premio di Formula 1 a Roma, oltre agli interventi collaterali che accompagneranno le grandi opere considerate strategiche per il futuro, come il ponte sullo Stretto o le centrali nucleari.
Bertolaso ha trasformato la Protezione civile in una macchina per creare consenso. Anche tra gli imprenditori.

Basta leggere i bilanci della società privata che dal 2001 in poi ha vinto tutti i principali appalti per l'organizzazione finale dei grandi eventi. È una srl con appena 35 mila euro di capitale.

Si chiama Gruppo Triumph e ha sede a Monte Mario a Roma.

A capo del gruppo c'è una ex interprete dell'ambasciatore Usa in Vaticano, Maria Criscuolo, 47 anni, ben addentro al potere.
Dal centrodestra al centrosinistra. Da Gianni Letta a Walter Veltroni.
E anche nella Santa Sede.

Maria Criscuolo guadagnava bene già nel 1994, con un fatturato in lire equivalente a 632 mila euro.

Spiccioli rispetto a quanto fattura ora: 28 milioni 32 mila 705 euro, secondo i bilanci 2008 delle sue società a responsabilità limitata.

Guido Bertolaso non bada a spese quando c'è da fare bella figura.

Per il vertice Nato-Russia del 27 maggio 2002 a Pratica di Mare, alle porte di Roma, la Triumph di Maria Criscuolo incassa dalla Protezione civile 7 milioni 45 mila euro soltanto per le attività connesse all'organizzazione, gli allestimenti, la ristorazione, le fotocopiatrici, gli interpreti.

Per preparare i due giorni di incontri, a cui partecipano Vladimir Putin e George Bush, il dipartimento di Bertolaso firma contratti per 36 milioni 284 mila euro.


E nel resoconto non mancano cifre curiose. Come i 74 mila euro per il "facchinaggio da Pratica a Castelnuovo e trasporto statue":
69 chilometri al costo di 1.072 euro a chilometro.

Oppure il milione di euro per il taglio di prato e siepi,
i 662 mila per la "riqualificazione del circolo ufficiali",
i 21 mila per la "pedana per giornalisti",
i 457 mila per la "consultazione dei notiziari di agenzia",
i 42 mila per gli "annunci viabilità",
i 17 mila per la stampa di menù e inviti.


Nel settore Maria Criscuolo ha la stessa fama di Michael Schumacher. Continua a vincere. Sono consulenze che pagano bene. Firmano contratti con lei ministri ed ex: Roberto Maroni, Franco Frattini, Antonio Martino, Altero Matteoli, Gianni Alemanno, Rocco Buttiglione, Giuliano Urbani, oltre al presidente dell'Istituto per il commercio estero, l'ambasciatore Umberto Vattani con cui allestisce il G8 di Genova.
 
Il 7 dicembre 2007 un alto ufficiale delle forze armate che lavora a Palazzo Chigi scrive su due fogli e sigilla in due buste i nomi di chi vincerà l'appalto per l'organizzazione del G8 2009.

È una specie di scommessa tra colleghi.

Berlusconi è all'opposizione e in quel periodo il presidente del Consiglio, Romano Prodi, vuole portare il vertice alla Maddalena.

Bertolaso fa propria l'idea.

Anche se la sua nomina viene firmata da Berlusconi il 7 settembre 2001, la sua formazione professionale cresce nel centrosinistra come vicecommissario per il Giubileo del 2000, accanto a Francesco Rutelli, commissario e sindaco di Roma.

Ma il suo padrino politico è Giulio Andreotti.

Come ripete più volte ai suoi collaboratori, Bertolaso è diventato Bertolaso grazie agli insegnamenti dell'anziano leader democristiano che il capo della Protezione civile chiama pubblicamente "zio Giulio".

Un rapporto nato quando Andreotti era presidente del Consiglio e Guido, laureato in medicina, un giovane assistente del suo seguito.

Tra il 2008 e il 2009 la Protezione civile indice le gare e assegna gli appalti per il G8 dell'estate scorsa.

Le buste sigillate con le previsioni sui vincitori non hanno nessun valore legale. Ma l'alto ufficiale e i suoi colleghi, che chiedono l'anonimato, indovinano con mesi di anticipo.

Il contratto ultramilionario e riservato per il vertice della Maddalena, poi trasferito a L'Aquila, lo vince ancora una volta la Triumph.

E dal 23 settembre scorso, sul sito Internet della società già si guarda avanti: "La dottoressa Maria Criscuolo, presidente del Gruppo Triumph",
è scritto, "è stata inserita da Eduardo Montefusco,
vicepresidente dell'Unione industriali di Roma,
nel comitato tecnico di Expo 2015".

Le scommesse a Palazzo Chigi azzeccano anche chi sarà il coordinatore del G8 per la Protezione civile.

È Marcello Fiori, 50 anni il mese prossimo, promosso dirigente generale della presidenza del Consiglio con un salto in avanti di diverse posizioni.

Fiori ha una laurea in lettere e nessuna esperienza con alluvioni e terremoti.

Un passato di portavoce dell'Acea, l'Azienda elettrica di Roma, nel 2007 è segretario generale del ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni.

Il suo nome appare il 22 marzo 1999 in una lettera di raccomandazione firmata da Francesco Rutelli, di cui allora è vice capo di gabinetto.

Il sindaco-commissario per il Giubileo chiede al segretario generale della presidenza del Consiglio, Paolo De Ioanna, di affidare a Fiori l'incarico "di coordinare le attività nell'azione di lotta al degrado ambientale, ai fini della salvaguardia del decoro nella città di Roma".

Sospinto da Rutelli e Bertolaso, farà strada. Fino ai rifiuti di Napoli.
 
Prima però Fiori diventa responsabile dell'ufficio emergenze della Protezione civile. La notte del 26 dicembre 2004 la sala operativa di via Vitorchiano lo sveglia per avvertirlo del fortissimo terremoto registrato dai sismografi di tutto il mondo e del successivo maremoto. Dove? In Indonesia, rispondono dalla sala operativa. Va bene, buona notte. Qualche ora dopo Gianni Letta, chiamato dal ministero degli Esteri, butta giù dal letto Bertolaso che ancora non sa nulla.
La regola prevede che sia il capodipartimento ad informare il governo. Questa volta succede il contrario.

Ci sono migliaia di turisti italiani ed europei di cui non si hanno più notizie. Bertolaso vuole fare tutto da solo. Gestisce i soccorsi e i 16 milioni e 156 mila euro raccolti dagli italiani con l'idea degli sms.
Snobba perfino il ministro degli Esteri.


Il capo della Protezione civile fa decollare due Canadair del servizio antincendio, Can 23 e Can 24. Sono aerei inadatti alle operazioni di lungo raggio. Non superano i 365 chilometri orari di velocità e le 6 ore di autonomia.

Quanto tempo impiegano per arrivare in Sri Lanka lo racconta una scheda sul sito della presidenza del Consiglio: "Partiti dall'Italia il 31 dicembre e arrivati a destinazione dopo quattro giorni di volo".


L'aereo è progettato per scaricare acqua. Non ha spazio per trasportare materiali. Così a ogni missione vengono recapitate soltanto 6 tende.
Alla fine i piloti accumulano 452 ore di volo di cui 59 ore per distribuire soltanto 250 tende. Al costo di esercizio di un Canadair: 14 mila euro l'ora.


Guido Bertolaso non parla mai più del dovuto. Quando davanti al consiglio comunale della Maddalena un rappresentante del Pdl critica i metodi di affidamento degli appalti, lui lo interrompe: "Lei è pregato di misurare le parole... Io posso anche fare direttamente degli esposti alle autorità competenti, per le affermazioni ingiuriose nei confronti di un rappresentante del governo. Sia ben chiaro".

Così nemmeno in quell'occasione il capo spiega perché la Protezione civile abbia invitato alle gare per il G8 e per i mondiali di nuoto proprio la famiglia di un imprenditore, Diego Anemone, 38 anni, in società con Filippo Balducci, 30 anni, figlio di Angelo: cioè il soggetto attuatore degli appalti che dal 2003, dall'emergenza Gran Sasso, al 2008 fa coppia fissa con Bertolaso nell'applicazione delle ordinanze di urgenza.

La sua Protezione civile si occupa nel frattempo della canonizzazione di padre Pio (2002), di quella del fondatore dell'Opus Dei, Josemarìa Escrivà de Balaguer (2002), dell'incontro nazionale di Azione cattolica a Loreto con il papa (2004), dei funerali del papa (2005), della regata Vuitton Cup a Trapani (2007), dell'incontro a Loreto con il nuovo papa (2007), dei mondiali di ciclismo a Varese (2008), dei Giochi del Mediterraneo a Pescara (2009) e del 150 anniversario dell'Unità d'Italia (da celebrare fino al 2011).

Tra feste e raduni, nonostante l'Abruzzo sia tra i territori più aggiornati nel censimento degli edifici pubblici a rischio sismico, il protocollo di prevenzione tra Regione e Protezione civile viene lasciato scadere (2008).

E il 6 aprile a L'Aquila abbiamo visto come è andata a finire.

Meglio affidare la prevenzione delle catastrofi ai collaboratori esterni?

Sembra di sì: infatti sono passati dai 113 del 2008 ai 199 di quest'anno.

Quasi il doppio. Un po' per la ricostruzione a L'Aquila, un po' per le voci che prevedono un'infornata di trecento assunzioni nella nuova Protezione civile servizi spa.
 
Ma anche loro devono dividersi. Come Flaminia Lais, messa per metà del tempo a lavorare sulle frane del 2007 in provincia di Messina e l'altra metà sui grandi eventi.


Nel 2008 l'emergenza messinese può contare anche su Gilda Miele, Fabrizia Spirito e Maria Anna Tortora.

Quattro donne, 24 mila euro a testa

Quest'anno i collaboratori per Messina e provincia salgono a quota sette.
Cinque però hanno il compito di "far fronte ai problemi del traffico".
Gli altri due possono dedicarsi agli "eccezionali eventi atmosferici" del 2007: nessuno però verifica che l'allerta meteo dell'ottobre 2009 nella stessa zona sia tradotta in uno sgombero preventivo di Giampilieri, Scaletta Zanclea e Altolia.

Sei mesi dopo l'allarme mancato in Abruzzo, altri trentasei morti. E questo è nulla rispetto agli scenari custoditi negli armadi del dipartimento.


Esistono modelli in grado di stabilire il numero delle vittime di un terremoto, in base al materiale e all'anno di costruzione di case, uffici, scuole e ospedali.


Se oggi si ripetesse il sisma di Avezzano del 1915, i morti e i feriti sarebbero 22.448. Gli sfollati 385.784. E i danni supererebbero i 20 miliardi.


Nel caso di un terremoto e un maremoto a Messina come nel 1908, ci sarebbero 112.312 morti e feriti, 399.675 senzatetto, 25 miliardi di danni.


Con onde che distruggerebbero il porto ed entrerebbero nella città per 350 metri. Sulle pagine di questi rapporti riservati, una piccola nota spiega che il danno economico è stato calcolato in base a un costo di ricostruzione di 820 euro al metro quadro.

Per gli alberghi del G8 mancato alla Maddalena, gli uomini di Guido Bertolaso hanno invece autorizzato costi di costruzione di 4.345 euro al metro quadro.

Ecco la differenza tra una e l'altra Protezione civile.


http://www.dagospia.com/

[27-12-2009]  

 QUESTI ANDREBBERO DECAPITATI E IMPALATI COSI COME INSEGNAVA LA CHIESA CATTOLICA ROMANA AI TEMPI DELL'INQUISIZIONE.

GRANDISSIMI FARABUTTI

TOGLIETE IL DISTURBO PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
ALTRIMENTI
IL DUOMO VI CADE ADDOSSO

 
[Modificato da ®@ffstef@n 28/12/2009 17:07]
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