Ho capito che avere uno spirito conflittuale o "guerrigliero", conoscendo queste informazioni, non serve a molto.
Oggi, rileggendo dei classici, perchè certi libri non sono da leggere, ma da rileggere, mi sono reso conto che di fronte a certi soprusi si rimane ammutoliti o in silenzio.
Tacere, su certe informazioni, non è segno di debolezza, non significa ignorare quello che succede, significa che non c'è nulla da dire.
C'è da fare, se è possibile, prendendo coscienza di quello che accade, e poi muoverci sulla base di quanto umanamente è possibile fare.
Nel libro dei "Fratelli Karamazov" di Dostoevskij, nel capitolo "Il grande inquisitore", dopo pagine di domande sull'esistenza del male, fatte da un "funzionario della Chiesa" ad un "Gesù Cristo" nelle segrete di un carcere, non ricevette nessuna risposta. Forse quel prete non cercava la verità di una risposta ma solo un "colpevole".
Oggi, mi capita di vivere tra parola e silenzio. Cerco l'impegno nella vita che posso svolgere, attendo che la storia faccia il suo corso, che non posso cambiare. Mi sento solo un "ospite", non più "guerriero" ma "segnato dalla vita", forse una doppia vita o l'eterno conflitto di noi uomini.
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