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29/07/2009 12:15 | |
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Ritorniamo a quello che aveva sottolineato prima, alla messa al centro dei diritti e dei diritti di tutti gli uomini, all’affermazione solenne che la politica deve servire ad assicurare i diritti a tutti e non solo ad alcuni, non solo agli Americani, agli Italiani… ma a tutti, e tutti i diritti, sia civili e politici che sociali ed economici.
E’ possibile conciliare questi ideali altissimi – che tra l’altro sono emersi dalle sofferenze terribili delle vittime della seconda guerra mondiale – con la prassi della politica, con quello che oggi fa effettivamente la politica?
La politica reale, espressione dei più forti, è incline a tollerare, e spesso anche a promuovere, intanto l’accumulo degli armamenti e la crescita senza limiti del loro potere distruttivo, le guerre e le violazioni dei diritti umani non tanto al centro quanto alla periferia, ma poi finisce per consentire vari tipi di aggressioni all’ambiente. Questo ha molto a che fare con il diritto alla vita.
Giustamente Paolo Tufari nel tracciare lo schema dell’incontro di oggi ha indicato tra le minacce del diritto alla vita sia la guerra, che è una minaccia esplicita, sia le aggressioni all’ambiente che non sembra influiscono direttamente ma sono suscettibili di influire massicciamente sul diritto alla vita, anzi sul diritto alla sopravvivenza, che viene ancor prima del diritto alla vita considerato nella sua pienezza.
Questo approccio non è molto comune ma costituisce uno dei filoni di sviluppo della dottrina sui diritti umani. Si parla infatti dei ‘diritti ambientali’ tra i cosiddetti diritti di ‘terza generazione’. Alle affermazioni dei diritti ‘di prima generazione’ (i diritti civili e politici) e di quelli di ‘seconda generazione’ (i diritti economici e sociali) molti vedono seguire le affermazioni dei ‘diritti di terza generazione’: il diritto allo sviluppo, i diritti ambientali e il diritto alla pace. Diritti emersi per ultimi ma da intendersi quali pre-condizioni per il godimento di tutti gli altri diritti.
Dice in maniera molto ottimistica la Dichiarazione universale all’articolo 28: “ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale ed internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa dichiarazione possano essere pienamente realizzati”.
Altro che diritto all’ordine sociale ed internazionale: al giorno d’oggi non c’è neanche il diritto alla sopravvivenza. Naturalmente non qui in Italia ma in varie parti del mondo colpite dalla guerra.
Oltre ad essere oggi negata, da una politica miope ed egoistica, la sopravvivenza in tante parti del mondo, vi è il rischio che si scatenino nel giro di alcuni decenni – e forse ancor prima in ambiti regionali – catastrofi che mettano a rischio la sopravvivenza di intere popolazioni se non della specie umana.
Dunque come minaccia alla specie umana non c’è soltanto la guerra totale o nucleare ma ci sono anche la minacce all’ambiente. Lascio la parola a Gegia Adinolfi di Emergency, che parlerà delle vittime di guerra e cercherà di rinfrescare la nostra memoria. E’ vero cha a noi, che viviamo nella cittadella dei privilegiati, le notizie sul resto del mondo arrivano, ma arrivano censurate.
Queste notizie le percepiamo, ripetutamente, ma le possiamo rimuovere in continuazione. Possiamo rimanere nella nostra pigrizia e nel nostro egoismo e continuare a pensare che le cose tutto sommato vadano bene così, per lo meno per noi. Però se le immagini in arrivo dalle zone di guerra fossero un poco più esplicite e un poco più vere, verrebbe messa in moto, se non la nostra ragione, la nostra sensibilità.
Le vittime di guerra sono tante. Sono per lo più persone del tutto innocenti. Sono combattenti e non combattenti. A volte i combattenti sono più innocenti degli altri.
Pensate alla prima guerra del golfo quando i tank americani seppellivano i militari iracheni nelle loro trincee. Ad essere seppelliti erano i Curdi che erano stati obbligati da Saddam a schierarsi in prima linea per difendere le trincee in Kuwait, per altro impossibili da difendere. Quelle sono state vittime di guerra. Erano militari combattenti. Quindi benissimo, giustissimo. Non si sa quanti ne furono uccisi. Diecimila? Forse di meno, forse molti di più. Quanto erano colpevoli della politica di Saddam? Per nulla. Quindi vittime di guerra, colpevoli e innocenti, militari e civili. Civili: uomini, giovani, vecchi, donne e bambini, tanti bambini.
Diritti umani, diritto alla vita
Giuseppe Lodoli, del Comitato Paul Rougeau
[Modificato da ®@ffstef@n 29/07/2009 12:21] |