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IL DECLINO DI UN UOMO IN UNA SOCIETA' IN FRANTUMI

Ultimo Aggiornamento: 12/07/2009 19:18
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Ho letto molti anni fa, negli anni ’70, il trittico di “Arcipelago Gulag”, tre libri scritti da Aleksandr Isaevic Solzenicyn, scomparso l'anno scorso (2008) all'età di 90 anni, secondo me uno dei più grandi scrittori degli ultimi 100 anni.
Considerato il moderno Dostoevskij per le sue acute ed approfondite considerazioni sulla sofferenza non solo fisica ma anche interiore dell’essere umano.
Si tratta di una colossale raccolta di dati sulle deportazioni ed i lager dell'epoca staliniana.
L'opera fu portata a termine in 11 anni, tempo che lui trascorse, come detenuto, all’interno del lager, grazie all'aiuto di compagni di prigionia e amici.
E' l'opera che gli procurò l'espulsione dall'URSS.
La descrizione minuziosa da parte dello scrittore su come ci si può trovare improvvisamente nel sospetto e nella condanna come traditore del Paese di cui si fa parte, rende bene l’idea di quello che può succedere a chiunque.
Non siamo lontani dagli stessi metodi totalitari dei vertici di alcuni movimenti religiosi o politici.
Infatti, per una lettera scritta ad un amico, dove Solzenicyn criticò Lenin, piombarono sullo scrittore gli arresti immediati ed il trasferimento in un campo di lavoro della Siberia.
Così, improvvisamente, ci si trova dissidenti, che hanno deciso di avere delle opinioni, che si dedicano a letture non solo della corposa e ripetitiva letteratura di qualche religione o partito politico.
Di colpo, questi uomini, autonomi nel pensiero, vengono proiettati, con l’espulsione, bollati come "traditori", nel “freddo spirituale di una Siberia”, dove vengono congelati i rapporti con tutta la sfera delle amicizie compresa quella famigliare.
L’espulsione è grave, ma è ancora più grave e terribile l’esistenza in queste condizioni!
Una religione o ideale politico dove esistono, metodi inquisitori, che praticano l’espulsione, in cui sei condannato a vivere in un “campo di concentramento spirituale”, è disumana.

Mi ricordo, in una delle mie esperienze di vita più significative, di aver vissuto questo "dramma personale".
“Sei stato invitato, per domani sera, a venire in “sala”, per affrontare un Comitato Giudiziario, per sospetta apostasia”.
Questo mi sentii dire nel gennaio del 1992!
Voi non troverete altro da rispondere che un belato da agnello: <<Io? Perché?>> Ecco cosa succede, un lampo accecante, una folgorazione che respinge istantaneamente il presente nel passato, dove ti poni tutte le domande possibili.
Non ci si rende conto di nulla, i primi giorni.
Non penserai mai che le persone cui sei legato da un affetto fraterno, non ti guarderanno più in faccia.
E’ un errore, se ne renderanno conto!
Tutto quanto è entrato a far parte di una procedura quanto mai inesorabile, non sei più tu che gestisci i rapporti e gli affetti, ma l’organizzazione che bruscamente ti getta nella “gogna”.
E’ una brusca scampanellata nel tuo cuore, un colpo brutale alla tua dignità.
La gagliarda irruzione nella tua vita di un Comitato Giustiziere che impaurisce e mortifica.
Queste brevi righe per focalizzare gli infiniti effetti dell’incubo della disassociazione, nella vita di una persona. Questo è l’inferno, il nome è diverso, si chiama disassociazione, ma le fiamme sono le stesse, e non bruciano certo di meno.
Così succede che, un mondo di cui avevi fatto parte integrante, va in frantumi.

La domanda, per un po' di tempo, diventa:

"Sono io che vado in frantumi o la società di cui ho fatto parte?".

Continua......

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12/07/2009 11:49
 
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Re:

Queste brevi righe per focalizzare gli infiniti effetti dell’incubo della disassociazione, nella vita di una persona. Questo è l’inferno, il nome è diverso, si chiama disassociazione, ma le fiamme sono le stesse, e non bruciano certo di meno.
Così succede che, un mondo di cui avevi fatto parte integrante, va in frantumi.




La Società di cui parli, come un rullo compressore, quindi impersonale ed inumana, procede nel suo percorso senza tener conto di chi o cosa ha dinanzi e frantuma, certo, spappola se può, tutto ciò che gli si oppone, anche solo passivamente.
Per ora, non si può far altro che limitarsi a constatarlo.



La domanda, per un po' di tempo, diventa:

"Sono io che vado in frantumi o la società di cui ho fatto parte?".

Continua......

[SM=g1660865] [SM=g1380307]





Sicuramente, in qualche misura, tutti coloro che sono stati "frantumati" hanno subìto un qualche tipo di danno ma, come non si getta via un'opera d'arte che sconsideratamente viene danneggiata, ma la si restaura, con le cure e attenzioni del caso, così sono convinto che chiunque lo desideri e lo consenta può, gettandosi alle spalle il passato, dimostrare a sè stesso quanto vale, quanto il giudizio ed il trattamento espressi nei suoi confronti fossero solo frutto dell'arroganza e presunzione umana di chi continua a programmare tale macchina di distruzione.
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12/07/2009 14:09
 
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Questa considerazione si può allargare, oltre alle nostre esperienze personali, alla situazione di crisi internazionale in cui stiamo vivendo, forse cominciata, secondo gli "esperti", nell'11 settembre 2001.
C'è una spaccatura nel nostro mondo, evidente perfino a uno sguardo frettoloso di persone che vivono circondandosi di distrazioni, per sfuggire ad una realtà inquietante.

L'uomo contemporaneo distingue, infatti, quantomeno più forze contrapposte in grado di annientare ogni sforzo da parte di rappresentanti governativi a limitare i danni.

In realtà, questa società, è percorsa da crepe profonde, più larghe e più numerose di quanto non appaiano al primo sguardo e queste breccie multiformi gravitano, per tutti noi, come un pericolo verso la più totale mancanza di rispetto per la vita.

Mai si poteva concepire un così profondo disprezzo per i valori dei Diritti dell'Uomo!

La solidarietà, oggi, potrebbe essere un valido aiuto reciproco, in questo mondo fragile e costruito sul vuoto di vertiginosi precipizi.

continua.....


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Ammetto che, nel tempo, mi sono lasciato condizionare da un senso di superiorità, quando appartenevo ad un gruppo religioso, rispetto ad altre persone che non la pensavano come "noi".

Ammetto, anche, che caratterialmente, questa "tendenza" fa parte del mio modo di essere. Una certa autostima ed una "prepotente" forza di volontà, mi portano, a volte, ad essere "accecato" nel "misurare" gli altri, così si creano incomprensioni e diventa difficile convergere verso una "fusione" di pensiero civile senza ricorrere a discussioni e scontri.

Penso ci voglia umiltà e coraggio nell'agire in un modo da creare il dialogo senza ricorrere a battaglie ideologiche per giustificare una "supremazia" che non esiste.

Non c'è nulla che giustifica una cultura più elevata di altre, sul piano pragmatico, razionale o morale. Solo il rispetto dei Diritti Umani è la strada verso l'ambita libertà di ogni individuo.

continua.....




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