Ho letto molti anni fa, negli anni ’70, il trittico di “Arcipelago Gulag”, tre libri scritti da Aleksandr Isaevic Solzenicyn, scomparso l'anno scorso (2008) all'età di 90 anni, secondo me uno dei più grandi scrittori degli ultimi 100 anni.
Considerato il moderno Dostoevskij per le sue acute ed approfondite considerazioni sulla sofferenza non solo fisica ma anche interiore dell’essere umano.
Si tratta di una colossale raccolta di dati sulle deportazioni ed i lager dell'epoca staliniana.
L'opera fu portata a termine in 11 anni, tempo che lui trascorse, come detenuto, all’interno del lager, grazie all'aiuto di compagni di prigionia e amici.
E' l'opera che gli procurò l'espulsione dall'URSS.
La descrizione minuziosa da parte dello scrittore su come ci si può trovare improvvisamente nel sospetto e nella condanna come traditore del Paese di cui si fa parte, rende bene l’idea di quello che può succedere a chiunque.
Non siamo lontani dagli stessi metodi totalitari dei vertici di alcuni movimenti religiosi o politici.
Infatti, per una lettera scritta ad un amico, dove Solzenicyn criticò Lenin, piombarono sullo scrittore gli arresti immediati ed il trasferimento in un campo di lavoro della Siberia.
Così, improvvisamente, ci si trova dissidenti, che hanno deciso di avere delle opinioni, che si dedicano a letture non solo della corposa e ripetitiva letteratura di qualche religione o partito politico.
Di colpo, questi uomini, autonomi nel pensiero, vengono proiettati, con l’espulsione, bollati come "traditori", nel “freddo spirituale di una Siberia”, dove vengono congelati i rapporti con tutta la sfera delle amicizie compresa quella famigliare.
L’espulsione è grave, ma è ancora più grave e terribile l’esistenza in queste condizioni!
Una religione o ideale politico dove esistono, metodi inquisitori, che praticano l’espulsione, in cui sei condannato a vivere in un “campo di concentramento spirituale”, è disumana.
Mi ricordo, in una delle mie esperienze di vita più significative, di aver vissuto questo "dramma personale".
“Sei stato invitato, per domani sera, a venire in “sala”, per affrontare un Comitato Giudiziario, per sospetta apostasia”.
Questo mi sentii dire nel gennaio del 1992!
Voi non troverete altro da rispondere che un belato da agnello: <<Io? Perché?>> Ecco cosa succede, un lampo accecante, una folgorazione che respinge istantaneamente il presente nel passato, dove ti poni tutte le domande possibili.
Non ci si rende conto di nulla, i primi giorni.
Non penserai mai che le persone cui sei legato da un affetto fraterno, non ti guarderanno più in faccia.
E’ un errore, se ne renderanno conto!
Tutto quanto è entrato a far parte di una procedura quanto mai inesorabile, non sei più tu che gestisci i rapporti e gli affetti, ma l’organizzazione che bruscamente ti getta nella “gogna”.
E’ una brusca scampanellata nel tuo cuore, un colpo brutale alla tua dignità.
La gagliarda irruzione nella tua vita di un Comitato Giustiziere che impaurisce e mortifica.
Queste brevi righe per focalizzare gli infiniti effetti dell’incubo della disassociazione, nella vita di una persona. Questo è l’inferno, il nome è diverso, si chiama disassociazione, ma le fiamme sono le stesse, e non bruciano certo di meno.
Così succede che, un mondo di cui avevi fatto parte integrante, va in frantumi.
La domanda, per un po' di tempo, diventa:
"Sono io che vado in frantumi o la società di cui ho fatto parte?".
Continua......
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