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LA COMUNICAZIONE DI CRISI... RELAZIONE PER RIFLETTERE...

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2008 11:08
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LA COMUNICAZIONE DI CRISI

La crisi è un evento o un’emergenza improvvisa che infrange gli equilibri di un ente minacciandone gli obiettivi fondamentali e producendo gravi conseguenze.

Un’adeguata attività di analisi e d’identificazione dei rischi, attraverso la costruzione di una scala di priorità che consente di valutare le più probabili o possibili e le più dannose e gravi, porta ad una soluzione immediata del problema.

La comunicazione di crisi, a questo punto, deve essere un processo interattivo di scambio che non può limitarsi a diffondere una corretta informazione sul rischio ma creare un rapporto di fiducia e di colloquio fra chi il rischio deve gestirlo e chi vi è esposto.

L’obiettivo di un programma efficace di comunicazione sul rischio non può essere manipolato, ma deve mirare ad una consapevole e obiettiva decisione da parte delle persone coinvolte.

Differenti obiettivi, interlocutori e media, richiedono differenti strategie di comunicazione:

* Occorre stabilire obiettivi di comunicazione chiari, espliciti e precisi.

* Analizzare le informazioni disponibili sul rischio e valutarne i punti di forza e le aree di debolezza.

* Selezionare dei portavoce che sappiano spiegare e coinvolgere.

Fiducia e credibilità sono l’asset più importante in un programma di comunicazione dei crisi ed è necessario assumere un atteggiamento che consenta di conquistarle e mantenerle.

Ammettere gli errori senza minimizzare o esagerare. Avanzare ipotesi solo con grande cautela.

Una parte importante sulla comunicazione di crisi deve essere dedicata al coordinamento delle varie fonti d’informazione creando alleanze e rapporti con quelle ritenute credibili, e arruolando dei portavoce esterni.

Il nocciolo della comunicazione di crisi si racchiude in un unico obiettivo: creare fiducia. I suoi tre elementi fondamentali devono essere:

1. considerare l’aspetto emotivo.

2. condividere le preoccupazioni del pubblico.

3. mostrare impegno ad affrontare e gestire il problema.

Una situazione rappresenta una crisi organizzativa se presenta questi attributi:

* grande rilevanza

* bisogno di immediata attenzione

* sorpresa

* necessità di azione

* impossibilità di controllo da parte dell'organizzazione

* rottura degli equilibri routinari dell'organizzazione che richiede attenzione immediata e che e' visibile all'esterno dell'organizzazione

Il comunicatore ha un ruolo chiave nel sensibilizzare il management dell’azienda alla necessità di realizzare un programma di preparazione alla gestione di crisi, nell’avviare il processo di preparazione e nel mantenere aggiornato lo stato di preparazione dell’azienda.

Un programma di preparazione comporta sostanzialmente quattro elementi:

* L’analisi delle possibili crisi che possono colpire l’azienda e del suo livello di preparazione ad una situazione del genere, l’elaborazione dei possibili scenari e delle possibili conseguenze, valutando probabilità dell’evento e conseguenze a breve e lungo termina

* La costituzione di un team di manager che avranno il compito di gestire la possibile crisi, individuando ruoli e responsabilità

* La predisposizione di un sistema di risposta, che consenta all’azienda di reagire prontamente e in modo coordinato

* La formazione del team di crisi, per familiarizzare i suoi componenti alle caratteristiche di una situazione di crisi e addestrarli a comunicare con i vari pubblici coinvolti

Gli strumenti:

* costituzione di una task force cui sarà affidata la strategia e la gestione dell'emergenza

* nomina di un unico portavoce al quale sarà affidato il compito di dialogare con l'esterno

* predisposizione e la diffusione di comunicati stampa (dossier o libri bianchi, se i tempi del processo dell'emergenza lo consentono)

* convocazione di conferenze stampa quando l'urgenza e l'importanza della comunicazione e' estrema

* interviste (sollecitate o subite) anche con la presenza dell'esperto in materia specifica ma sempre gestite dal portavoce ufficiale.

* formazione e l'addestramento dei membri della task force per governare al meglio l'ansia e lo stress che inevitabilmente insorgono con l'inizio di un'emergenza.

L'attenzione e il coinvolgimento dedicati all'evento critico traspariranno non solo come atto formale ma dovranno essere lo specchio reale di un atteggiamento e di un'etica alla quale tutto l’Ente si e' uniformato. La trasparenza dei comportamenti, la disponibilità a fornire dati, cifre ed ogni elemento utile a comprendere le cause e le origini dell'emergenza, insieme all'informazione circa le proprie azioni, sia nei confronti dei pubblici di riferimento coinvolti, sia della stampa e dell'informazione radiotelevisiva sono assolutamente indispensabili per poter essere credibili ed autorevoli nel governo del processo di comunicazione. Anche ammettere le proprie responsabilità prima che ciò sia inequivocabilmente dimostrato da altri è - insieme all'espressione delle proprie scuse - atto strategicamente e oggettivamente dovuto. Così nulla contribuisce di più ad appesantire il carico di diffidenza, sfiducia, colpevolezza e irresponsabilità come l'emettere messaggi contraddittori o essere costretti a smentire un proprio improvvisato portavoce.

Il crisis management non termina con la fine dell'emergenza. Altre due fasi ancora infatti si devono percorrere per trasformare la crisi in opportunità:

* l'analisi e la valutazione dell'efficacia della comunicazione (normalmente in un processo di comunicazione l'importante e' essere capiti e ricordati) durante l'emergenza;

* il processo di identificazione, revisione e di rimozione delle cause che l'hanno generata.
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Il nocciolo della comunicazione di crisi si racchiude in un unico obiettivo: creare fiducia. I suoi tre elementi fondamentali devono essere:

1. considerare l’aspetto emotivo.

2. condividere le preoccupazioni del pubblico.

3. mostrare impegno ad affrontare e gestire il problema.



Cara Ilaria,

In teoria, queste informazioni, sono magnifiche se applicate con tali "procedure".

Purtroppo, nella pratica, certe situazioni, incontrano una serie di ostacoli che rendono gli "interventi" deboli e privi di vero aiuto e sostegno.
Saluti
Pino




__________________________________________________
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Re:
Ilaria M., 24/11/2008 18.27:

LA COMUNICAZIONE DI CRISI

La crisi è un evento o un’emergenza improvvisa che infrange gli equilibri di un ente minacciandone gli obiettivi fondamentali e producendo gravi conseguenze.

Un’adeguata attività di analisi e d’identificazione dei rischi, attraverso la costruzione di una scala di priorità che consente di valutare le più probabili o possibili e le più dannose e gravi, porta ad una soluzione immediata del problema.

La comunicazione di crisi, a questo punto, deve essere un processo interattivo di scambio che non può limitarsi a diffondere una corretta informazione sul rischio ma creare un rapporto di fiducia e di colloquio fra chi il rischio deve gestirlo e chi vi è esposto.

L’obiettivo di un programma efficace di comunicazione sul rischio non può essere manipolato, ma deve mirare ad una consapevole e obiettiva decisione da parte delle persone coinvolte.

Differenti obiettivi, interlocutori e media, richiedono differenti strategie di comunicazione:

* Occorre stabilire obiettivi di comunicazione chiari, espliciti e precisi.

* Analizzare le informazioni disponibili sul rischio e valutarne i punti di forza e le aree di debolezza.

* Selezionare dei portavoce che sappiano spiegare e coinvolgere.

Fiducia e credibilità sono l’asset più importante in un programma di comunicazione dei crisi ed è necessario assumere un atteggiamento che consenta di conquistarle e mantenerle.

Ammettere gli errori senza minimizzare o esagerare. Avanzare ipotesi solo con grande cautela.

Una parte importante sulla comunicazione di crisi deve essere dedicata al coordinamento delle varie fonti d’informazione creando alleanze e rapporti con quelle ritenute credibili, e arruolando dei portavoce esterni.

Il nocciolo della comunicazione di crisi si racchiude in un unico obiettivo: creare fiducia. I suoi tre elementi fondamentali devono essere:

1. considerare l’aspetto emotivo.

2. condividere le preoccupazioni del pubblico.

3. mostrare impegno ad affrontare e gestire il problema.

Una situazione rappresenta una crisi organizzativa se presenta questi attributi:

* grande rilevanza

* bisogno di immediata attenzione

* sorpresa

* necessità di azione

* impossibilità di controllo da parte dell'organizzazione

* rottura degli equilibri routinari dell'organizzazione che richiede attenzione immediata e che e' visibile all'esterno dell'organizzazione

Il comunicatore ha un ruolo chiave nel sensibilizzare il management dell’azienda alla necessità di realizzare un programma di preparazione alla gestione di crisi, nell’avviare il processo di preparazione e nel mantenere aggiornato lo stato di preparazione dell’azienda.

Un programma di preparazione comporta sostanzialmente quattro elementi:

* L’analisi delle possibili crisi che possono colpire l’azienda e del suo livello di preparazione ad una situazione del genere, l’elaborazione dei possibili scenari e delle possibili conseguenze, valutando probabilità dell’evento e conseguenze a breve e lungo termina

* La costituzione di un team di manager che avranno il compito di gestire la possibile crisi, individuando ruoli e responsabilità

* La predisposizione di un sistema di risposta, che consenta all’azienda di reagire prontamente e in modo coordinato

* La formazione del team di crisi, per familiarizzare i suoi componenti alle caratteristiche di una situazione di crisi e addestrarli a comunicare con i vari pubblici coinvolti

Gli strumenti:

* costituzione di una task force cui sarà affidata la strategia e la gestione dell'emergenza

* nomina di un unico portavoce al quale sarà affidato il compito di dialogare con l'esterno

* predisposizione e la diffusione di comunicati stampa (dossier o libri bianchi, se i tempi del processo dell'emergenza lo consentono)

* convocazione di conferenze stampa quando l'urgenza e l'importanza della comunicazione e' estrema

* interviste (sollecitate o subite) anche con la presenza dell'esperto in materia specifica ma sempre gestite dal portavoce ufficiale.

* formazione e l'addestramento dei membri della task force per governare al meglio l'ansia e lo stress che inevitabilmente insorgono con l'inizio di un'emergenza.

L'attenzione e il coinvolgimento dedicati all'evento critico traspariranno non solo come atto formale ma dovranno essere lo specchio reale di un atteggiamento e di un'etica alla quale tutto l’Ente si e' uniformato. La trasparenza dei comportamenti, la disponibilità a fornire dati, cifre ed ogni elemento utile a comprendere le cause e le origini dell'emergenza, insieme all'informazione circa le proprie azioni, sia nei confronti dei pubblici di riferimento coinvolti, sia della stampa e dell'informazione radiotelevisiva sono assolutamente indispensabili per poter essere credibili ed autorevoli nel governo del processo di comunicazione. Anche ammettere le proprie responsabilità prima che ciò sia inequivocabilmente dimostrato da altri è - insieme all'espressione delle proprie scuse - atto strategicamente e oggettivamente dovuto. Così nulla contribuisce di più ad appesantire il carico di diffidenza, sfiducia, colpevolezza e irresponsabilità come l'emettere messaggi contraddittori o essere costretti a smentire un proprio improvvisato portavoce.

Il crisis management non termina con la fine dell'emergenza. Altre due fasi ancora infatti si devono percorrere per trasformare la crisi in opportunità:

* l'analisi e la valutazione dell'efficacia della comunicazione (normalmente in un processo di comunicazione l'importante e' essere capiti e ricordati) durante l'emergenza;

* il processo di identificazione, revisione e di rimozione delle cause che l'hanno generata.




Credo che tu, Ilaria, abbia detto delle belle cose, assolutamente necessarie per creare un minimo di intesa fra, si fa per dire, soldati allo sbando, che non sanno più in cosa credere ed in chi aver fiducia.
La fiducia è cosa seria e, purtroppo, viene spesso tradita dalle istutizioni d'ogni tipo e genere, in primis le istituzioni religiose, che non si limitano ad incoraggiare, confortare, indirizzare, ma ad imporre il loro pugno di ferro sui credenti, portati a credere in tutto e tutti meno che in sè stessi, nelle proprie risorse, nelle proprie facoltà mentali, perciò incapaci di decidere, prigionieri del proprio pensiero, anche se magari pensano, in buona fede, d'essere liberi e pensano di far cosa gradita ad amici e parenti nel proporre il giogo della loro speranza e della loro fede.
Non sono, intendiamoci, contro la fede e la speranza dei credenti, ma non è possibile non rimarcare il pericolo di affidare a terzi le proprie capacità di pensiero e d'azione, mettendosi nelle loro mani ... terzi che colgono attentamente l'occasione per rendere stabile il proprio strapotere nei confronti dei credenti, gravandoli di pesi faticosi da portare.

Non sono le differenze dottrinali che creano le guerre fra credenti,
ma la violazione delle loro libertà di pensiero e di espressione, di assentire o dissentire, di manifestare liberamente i propri dubbi ... dubbi e libertà che verranno prontamente denunciati da altri ignari credenti, provvedendo a mettere alla gogna il povero dissidente che ha osato esprimersi in libertà. E' la storia delle eresie e delle scomuniche da sempre, dagli albori delle religioni monoteistiche.

E' il libero pensiero che fa paura da sempre.
Altrettanto da sempre sono state prese misure contro il libero pensiero, perchè l'uomo sia doppiamente prigioniero, prima di sè stesso e poi della comunità che lo circonda.

La tua strategia non fa una pecca, salvo essere poi in concreto adottabile e praticabile.

Un salutone [SM=x1061918]

Pyccolo






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RE x Ilaria

Una sola parola da aggiungere a quanto Pyccolo ha detto:
SEI MAGNIFICA!!!!

Grazie di essere con noi!!!


omega [SM=x1061912] [SM=x1061914]




O=============O===========O

Se la vita ti sorride,ha una paresi.(Paco D'Alcatraz)

Il sonno della ragione genera mostri. (Goya)

Apocalisse Laica

Querdenker evangelico anticonvenzionale del 1° secolo. "Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam!" g.b.--In nece renascor integer ./Satis sunt mihi pauci,satis est unus,satis est nullus. Seneca-Ep.VII,11


Vivo fra lo Stato Sovrano della Fica e la Repubblica Popolare del Cazzo
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25/11/2008 11:08
 
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Carissima Ilaria.

Considerando che ciò che tu hai detto, rappresenterebbe lo scenario di gestione di un'azienda/organizzazione in crisi, trova tutta la mia più accentuata sostenibilità ed appoggio.

Come appunto dice anche Pino, aggiungerei anche che la praticità con cui applicare queste teorie, trova la sua difficoltà nella gestione delle risorse umane e delle sue relative debolezze e limiti.
Chi la gestisce o ne coordina l'amministrazione, si trova il più delle volte, in antitesi con i suoi stessi collaboratori, per divergenza di vedute, a volte primarie.
Da questa problematica, quindi nasce l'estrema necessità di avere uno zoccolo duro di managements, che condivida fin dal nascere, gli obiettivi primari, per poi andare a ragionare sulle micro tematiche di riferimento imprenditoriale, sui progetti e sui problemi da risolvere, per vedere di consolidarli nella riuscita e nella loro realizzazione.


Mi trovi quindi in completa armonia con quanto da te detto.

Enrico Frassinetti
[Modificato da ALPHACLUB 25/11/2008 11:15]
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