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GIOVANNI PASSANNANTE: il carcerato con la più lunga detenzione della storia d'Italia

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2008 04:14
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19/05/2008 13:59
 
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Una curiosità storica in fatto di violazione dei diritti umani fondamentali.
Dal 13 febbraio 2007 al 25 febbraio stesso anno l'attore e regista Ulderico Pesce portò in scena a Roma, al Teatro Cometa Off (via Luca della Robbia 47, tel. 06 57284637), la sua opera “L'innaffiatore del cervello di Passannante”.
Quest'opera è andata subito dopo in scena in molte altre piazze d'Italia ed io, insieme alla mia famiglia, mi son seduto ad assistere ad una di queste presentazioni.
Tutto immaginavo, meno quello che vidi.

Sapete chi fu Giovanni Passannante?
Sapete perchè un comune d'Italia, che non è in Piemonte, si chiama Savoia?
Sapete cos'è accaduto a cavallo dello scorso anno e del presente al personaggio Giovanni Passannante?
Secondo voi la storia che si racconta è o non è simile a molta storia di oggi in Italia?

Buon inizio settimana a tutti

Pyccolo


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20/05/2008 19:17
 
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Giovanni Passannante era un sostenitore dei diritti umani di libertà e di dignità in un momento in cui quei diritti erano avversati e calpestati al massimo.
Per quei diritti pagò con una dura prigionia, con la morte e la successiva decapitazione.
Era un giovane di 29 anni, nel fiore dei suoi giorni.
Il suo fu un gesto più di provocazione e di pubblicità per i diritti della gente calpestati che di intenzione di uccidere, tant'è che l'arma che usò fu un semplice temperino.

Riporto alcune notizie dai giornali.


"Giovanni Passannante, un cuoco lucano vissuto quasi sempre a Salerno, il 17 novembre 1878, a Napoli, con un coltello di otto soldi, attenta - per protesta e in nome della 'Repubblica Universale' - al re d'Italia. Umberto I riporta solo una piccola ferita. L'attentatore, che qualche ora prima ha venduto al mercato dei panni vecchi la giacca per poter acquistare il coltello, viene subito arrestato e sottoposto a torture perché sveli un'inesistente congiura. Il sindaco del paese di Passannante deve recarsi dal re a Napoli per scusarsi, ma non ha una giacca adatta all'incontro e la fitta. La piccola comunità lucana deve espiare la colpa di avere dato i natali all'attentatore ed è costretta a cambiare nome: così Salvia diventa Savoia di Lucania, nome che ancora conserva..."




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20/05/2008 19:20
 
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La storia di Giovanni Passannante

il cuoco che attentò a Umberto I


In un libro di Giuseppe Galzerano l’assurda vicenda del “sovversivo” che tentò di uccidere Umberto I. Fu perseguitato fino alla morte. Il suo paese natale, Salvia, fu addirittura privato del nome

Francesco Romanelli

È nelle librerie la seconda edizione del libro “Giovanni Passannante”, di Giuseppe Galzerano edito dall’omonima casa editrice. Il volume ricostruisce la drammatica vicenda del cuoco lucano, vissuto quasi sempre a Salerno, che, per primo in Italia, attentò al re Umberto I. «Questa vicenda - afferma l’autore - è una ferita ancora aperta nella storia sociale, politica e civile del nostro paese. Anche per questo è motivo di legittima soddisfazione curare una nuova edizione».
La prima edizione, pubblicata nel 1997, era stata accolta con favore ed interesse dal pubblico e dagli organi di informazione.
La pubblicazione, in particolare, ha suscitato un notevole dibattito nel paese natale del mancato regicida, il cui nome fu cancellato dalla geografia dell’allora regno d’Italia. Nonostante la caduta della monarchia, avvenuta nel 1946, il vecchio toponimo di Salvia non è stato più ripristinato.
Giovanni Passannante, un cuoco lucano ventinovenne, vissuto quasi sempre a Salerno, il 17 novembre del 1878 a Napoli con un coltello di otto soldi, per protesta ed in nome della “Repubblica universale”, attenta alla vita del re d’Italia Umberto I senza colpirlo. Solo il presidente del Consiglio, Benedetto Cairoli, riporta una lieve ferita. ”L’attentatore che qualche ora prima ha venduto al mercato dei panni vecchi la giacca per poter acquistare il coltello, viene subito arrestato e sottoposto a torture – continua Galzerano - perché sveli un’inesistente congiura degli Internazionalisti napoletani. Scatta in tutto il paese la repressione, ma non mancano numerose testimonianze di solidarietà. Il grido sovversivo di “Viva Passannante!” echeggia da un capo all’altro della penisola: Giovanni Pascoli scrive un’ “ode a Passannante” e subisce quattro mesi di carcere. Il governo italiano che cadrà poco dopo accusato di debolezza, ottiene la soppressione di un giornale, che in Svizzera, si è occupato dell’attentato”.
Il sindaco del paese natale di Passannante deve recarsi dal re a Napoli per scusarsi, ma non ha un abito adatto all’incontro e lo fitta. La piccola comunità lucana deve espiare la inesistente “colpa” di aver dato i natali all’attentatore ed è costretta a cambiare denominazione al paese: cosi Salvia diventa Savoia di Lucania, come continua a chiamarsi ancora oggi ad oltre mezzo secolo dalla caduta della monarchia. Repubblicano, anarchico, internazionalista con venature religiose Passannante sorpreso a leggere i giornali “rossi” del tempo (un’attività ritenuta, nell’Italia unita abitata da milioni di analfabeti, fortemente “sovversiva e pericolosa“), era stato licenziato dal lavoro. “Figlio di miserrimi contadini nullatenenti, partendo da una condizione di estrema emarginazione sociale e culturale - prosegue Galzerano - da solo impara, gravissimo reato, a leggere e a scrivere. Nel 1870, trovato nottetempo ad affiggere dei proclami repubblicani per una rivolta popolare scoppiata in Calabria, viene arrestato a Salerno, dove gestisce un’osteria, nella quale per lo più si mangia gratuitamente. Definito mostro e parricida, dopo che una perizia psichiatrica l’ha riconosciuto inaspettatamente sano di mente, processato a Napoli il 6 e il 7 marzo 1879, viene condannato a morte in pochissimi minuti per aver avuto l’intenzione di ferire re Umberto I”.
E’ una “mostruosità giudiziaria”. Successivamente graziato dal re, che commutò la pena nell’ergastolo, è rinchiuso nel penitenziario di Portoferraio, in condizioni di incredibile disumanità: nel buio totale incatenato ad una catena di diciotto chilogrammi in una cella al di sotto del livello del mare, isolato da ogni contatto umano, consumato dallo scorbuto e dalla salsedine; è costretto a cibarsi dei propri escrementi. L’ergastolo è peggiore della morte. Ridotto a una larva, dopo dieci anni di patimenti, grazie alla denunzia dell’on. Agostino Bertani e della giornalista Anna Maria Mozzoni, viene trasferito nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove, grazie alla sua forte fibra di contadino meridionale, muore nel 1910.
La crudeltà nei suoi confronti registra una nuova raccapricciante atrocità e va oltre la morte: in pieno secolo XX viene decapitato. Il cranio e il cervello sono tuttora esposti in un museo criminologico di Roma. “Questo libro, frutto di una minuziosa e attenta ricerca su inediti fondi archivistici e sulla stampa dell’epoca, italiana ed estera, ricostruisce e documenta tutte le fasi della vicenda legata a Giovanni Passannante solitario e coraggioso rappresentante dell’altra Italia - conclude Galzerano - ed offre una panoramica dell’anarchismo italiano e dei movimenti di protesta e di rivolta di quegli anni. L’Italia repubblicana ritrova le sue radici anche nel lontano gesto di Passannante, che per primo ruppe l’incantesimo del mito monarchico e Garibaldi lo definì “precursore dell’avvenire”.

Giuseppe Galzerano
Giovanni Passannante
Galzerano editore, seconda edizione 2005

Panorama Tirreno, marzo 2005



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20/05/2008 19:23
 
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In teatro i presenti avevano bagnato molti fazzoletti di lacrime, oltre ad un grosso nodo alla gola.




Tornerà la Salvia di Passannante


Potrebbe mancare poco al ritorno a casa dei resti del (mancato) attentatore di Umberto I, da 90 anni esposti al pubblico. Ma il paese rivuole anche il suo nome cancellato
Salvia di Lucania fu ribattezzata d'imperio «Savoia», per compensare l'offesa fatta al re da un suo cittadino. Di Giovanni Passannante invece, e della sua famiglia, fu fatto strame: madre e fratelli chiusi in manicomio criminale, lui stesso sottoposto a torture e violenze per decenni, e il suo corpo fatto a pezzi e dato agli animali


MICHELE FUMAGALLO


Gli abitanti di Savoia di Lucania, piccolo comune della Basilicata, si chiamano ancora oggi salviani, nonostante siano passati 126 anni dalla cancellazione dell'antico nome di Salvia - derivato dall'omonima pianta, in copiosa produzione nel territorio. Il paese cambiò nome in modo repentino e brutale l'indomani dell'attentato contro re Umberto I di Savoia, in visita a Napoli il 17 novembre 1878. Chi attentò - o per meglio dire provò ad attentare, perché procurò delle ferite del tutto superficiali usando un piccolo temperino comprato al mercato in cambio della propria giacca - alla vita del re fu Giovanni Passannante, nativo di Salvia ed emigrato in cerca di lavoro, prima a Salerno e poi a Napoli. Il lascito brutale di quel tentativo anarchico di vendicare il malessere del sud - oltre alla tragedia di un uomo torturato fino alla morte - fu l'imposizione del cambiamento di nome al paese che aveva dato a Passannante i natali. Così Salvia cambiò nome in onore della casa regnante, cui era stata recata offesa; e si chiamò da allora Savoia di Lucania. Non solo. La famiglia dell'anarchico fu sconvolta e massacrata: madre e fratelli vennero rinchiusi nel manicomio di Aversa come espiazione per aver partorito un tale «mostro» (espressione che usarono in molti, non solo Cesare Lombroso). Ma il prezzo fu salato per tutti. Da allora a Savoia di Lucania non c'è più stato nessuno con il cognome Passannante: parenti e omonimi lasciarono il paese. Così si cercava di cancellare ogni traccia che ricordasse l'uomo che aveva osato sfidare il re.

Questa è oggi la partita che si gioca nel piccolo comune del potentino: la riappropriazione di una storia che è stata espulsa dal suo territorio d'origine e invece deve ritornarvi. Perché questo è stato il luogo della formazione e della ribellione di uno dei suoi figli più poveri. Una partita che - a dispetto del tempo passato ma anche dell'abitudine alla rimozione di ogni memoria che viviamo nel nostro tempo - può oggi sfidare la politica e la cultura a interrogarsi sul destino di un uomo cui è stata negato quel che si da ad ogni uomo, anche il più violento dei tiranni o il più incallito dei delinquenti: una sepoltura.



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20/05/2008 19:24
 
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Fatto a pezzi per sfregio

Giovanni Passannante non solo non venne sepolto (si racconta di pezzi del corpo dati in pasto ad animali) ma, per sfregio ulteriore e per acquiescenza alle teorie lombrosiane allora di moda, dopo la morte (avvenuta nel 1910) gli fu tagliata la testa, segato il cranio ed espiantato il cervello: l'uno e l'altro poi messi a disposizione dei curiosi nel Museo criminologico «G. Altavista» di Roma dove ancor oggi li si può vedere pagando due euro d'ingresso. Le persone che hanno dato vita a un movimento per riportare Giovanni Passannante nel suo luogo d'origine hanno anche un'altra ambizione: ripristinare l'antica toponomastica di Salvia ricorrendo a un referendum popolare («affinché non risulti un'altra imposizione», tengono a precisare). Non tutto è facile: le opinioni sono discordanti.

Quando arriviamo al paese, la prima cosa che colpisce è il murale all'ingresso del centro storico, sotto un castello che, dopo la ristrutturazione, dovrebbe ospitare tra l'altro un centro studi dedicato alla figura di Passannante. Il murale (dell'artista locale Luciano La Torre) racconta l'attentato del 17 novembre 1878: sullo sfondo del Vesuvio c'è la carrozza con il re, la regina, il ministro dell'interno Benedetto Cairoli e il giovane repubblicano che tenta l'assalto. Racconta Peppino Salvatore, del comitato Pro Salvia: «La vicenda di Passannante sta animando oggi un dibattito tra chi vuole il rientro dei resti e chi per il momento si oppone. Noi vogliamo la sepoltura qui: ma è chiaro che il nostro obiettivo non è fare di Passannante un eroe ma rivalutare storicamente un uomo che ha lottato, sia pure con un gesto isolato e disperato, contro il degrado del Sud. Si ricordi la sua ossessione personale per lo studio, il dolore per non poter andare a scuola per mancanza di mezzi, la generosità messa a disposizione dei compagni fino al licenziamento (faceva mangiare gratuitamente i suoi amici nelle osterie di Napoli e Salerno dove lavorava da cuoco), la passione per le teorie mazziniane».

Si distingue in parte da questa opinione Giuseppe Galzerano, editore e studioso del vicino Cilento, che sta per dare alle stampe un suo corposo volume su Passannante di oltre 800 pagine: «E' vero che seppellire i morti è civile e io sono d'accordo, però aggiungo che vanno seppelliti appena morti. Quando passano cent'anni non ha più senso, diventano reperti che appartengono alla civiltà e alla storia. Quei resti devono restare a Roma, anche come monito perché nessuno più pensi di tagliare teste, né ai morti né ai vivi. Oltre a tutto, si rischia di fare un favore alla monarchia perché scomparirebbe la testimonianza della sua barbarie. Tutti devono sapere che gli odierni rampolli della casa reale sono discendenti di barbari. Se davvero si vuole onorare quell'uomo bisogna cambiare il nome al paese, non seppellire lì i resti».

Altro parere discorde è quello del sindaco Rosina Ricciardi, già criticata per il modo a dir poco acquiescente con cui andò a salutare il giovane Emanuele Filiberto di Savoia in visita in Lucania tempo fa. Ricciardi vuole il ritorno dei resti di Passannante ma non il cambio del nome: «Sono nata a Savoia - racconta - e per me va bene il nome che c'è. Sarebbe una violenza alle persone cambiarlo, né mi pare ci sia un tale interesse sull'argomento». Ma anche la storia di Passannante era stata rimossa, salvo poi tornare prepotentemente a galla.

I rappresentanti della regione sono andati al ministero di grazia e giustizia per sbloccare un decreto dell'allora ministro Diliberto che dava parere favorevole al ritorno dei resti di Passannante al paese d'origine per dargli la sepoltura dovuta. E sembra, stavolta, che i tempi del ritorno siano vicini. Quando ci spostiamo al centro sociale di Vietri di Potenza, un comune vicino, troviamo il pieno di studenti delle scuole elementari e medie, venuti ad ascoltare la conferenza e la performance teatrale dell'attore e regista lucano Ulderico Pesce.
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20/05/2008 19:26
 
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Neanche il cranio di Hitler

«L'innaffiatore del cervello di Passannante», questo il titolo dell'opera, sta girando per l'Italia da un anno e mezzo. Lo spettacolo è accompagnato da una foto che ritrae l'attore col cranio e il cervello di Passannante: una provocazione che ha messo in atto approfittando della distrazione dei guardiani del museo di Roma. «Neppure il cranio di Hitler si può esporre in un museo così - tuona Pesce - figuriamoci quello di Passannante che in pratica non ha fatto niente». Il regista espone minuziosamente la storia del giovane ribelle, le torture atroci subite, la violenza del regime del tempo; e anche la protesta che il suo destino suscitò in ambienti della politica e della cultura italiani (Giovanni Pascoli, per l'«Ode a Passannante», si prese alcuni mesi di carcere) una protesta forse alla base della trasformazione della pena di morte in ergastolo. «Abbiamo iniziato una battaglia - racconta Pesce ai ragazzi - che intendiamo portare avanti con la massima determinazione e impegno, a partire dal seppellimento dell'anarchico qui, nella sua terra. Ma bisogna capire che Passannante è un miracolo per quest'area, rifletteteci, ragazzi. C'è stato, in tempi bui e di miseria, uno come voi che ha detto: ma perché io che non ho mezzi non posso andare a scuola? Non vi pare una cosa straordinaria? Di questo bisogna riappropriarsi, della sua lotta per un sud migliore; senza lasciarsi sopraffare da un gesto e un metodo certamente non condivisibili».

Intanto si moltiplicano altre iniziative. Due ragazze di Savoia di Lucania discutono a breve le loro tesi di laurea su Passannante e sul cambio del nome al paese; sta per essere pubblicato un libro da diffondere in tutte le scuole che racconta la vita di Passannante; gira con successo da un po' di tempo per i paesi della zona una bella mostra di materiale storico e artistico sull'argomento; è infine annunciato a breve un grande convegno con studiosi di varie discipline. Senza dimenticare il progetto più ambizioso dentro il castello. «Vogliamo creare - dice Peppino Salvatore, del comitato Pro Salvia - un importante centro studi che sposi la vicenda di Giovanni Passannante con la storia di Salvia, del cambio del nome, e con orizzonti più lontani tesi a studiare la lotta del dominio dell'uomo sull'uomo, le origini della violenza. Uno studio attuale, con quel che accade oggi sugli scenari di guerra».




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20/05/2008 19:27
 
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VAGABONDO FIGLIO DEL SUD


Giovanni Passannante nasce a Salvia il 19 febbraio 1849 da Pasquale e da Maria Fiore, ultimogenito di dieci figli di cui 4 morti piccolissimi. Le misere condizioni della sua famiglia avranno un'influenza decisiva sulla sua formazione. Giovanni passa i primi anni dell'infanzia cercando lavoretti dai signori locali, per mangiare. Esprime subito il desiderio di andare a scuola (una fame frustrata di sapere che si porterà dietro per tutta la vita) ma le condizioni economiche non lo rendono possibile, se non per pochissimo tempo. Tuttavia il guardiano di greggi e il bracciante nei campi non sono lavori per lui. Così abbandona Salvia e inizia la vita da vagabondo che si condurrà fino alla fine. Va a Potenza a lavorare in un'osteria come sguattero, poi un generoso capitano dell'esercito, nativo di Salvia ma residente a Salerno, lo prende con sè e gli dà anche un vitalizio con cui comincia a comprarsi finalmente i primi libri. Legge Mazzini e i giornali, oltre la Bibbia, e abbraccia le idee repubblicane che lo porteranno anche in galera per due mesi. Ritorna per un po' a Salvia e poi di nuovo a Potenza dove lavora in un'osteria, questa volta come cuoco. Sta per un poco a Potenza poi ritorna a Salerno nel 1872. Si iscrive alla Società operaia, portandola da 80 a 200 membri. Si trasferisce poi a Napoli dove, il 17 novembre 1878, attenta alla vita di Umberto I, in visita alla città. Ciò che ne segue è un calvario impressionante di torture e violenze: dopo la commutazione della condanna a morte in ergastolo viene rinchiuso a Portoferraio, nell'isola d'Elba, in una cella piccolissima sotto il livello del mare: per dodici anni sopravvive ridotto a una larva. Liberato in seguito alle proteste di alcuni giornalisti e deputati, viene trasferito nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove muore il 14 febbraio 1910. Dopo la morte viene decapitato e il cervello e il cranio esposti nel Museo criminologico di Roma.





Articolo tratto da

Il Manifesto - 13 Ottobre 2004



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[Modificato da pyccolo 20/05/2008 19:27]
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20/05/2008 19:59
 
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LA PROVONCIA DI ROMA

IL TEATRO PALLADIUM DI ROMA

ED ALTRI


Presentano



Una serata per Giovanni Passannante


LIBERIAMO PASSANNANTE !



Giovanni Passannante torna a casa accompagnato da:


GINO PAOLI, ACUSTIMANTICO, ROBERTO ANGELINI, GINO CASTALDO, CARMEN CONSOLI, ENRICO DE ANGELIS, ALESSANDRO DE FEO, ROCCO DE ROSA, MARIA PIA DE VITO, FRANCESCO DI GIACOMO & RODOLFO MALTESE, ALESSIO LEGA, CANIO LOGUERCIO, MAURO MACARIO, PINO MARINO, SARA MODIGLIANI & SONIA MAURER, RENATO NICOLINI, MASSIMO PASQUINI, ULDERICO PESCE, TIMISOARA PINTO, SANDRO PORTELLI, REMO REMOTTI, ANDREA RIVERA, AMBROGIO SPARAGNA, STEFANO TASSINARI, TÊTES DE BOIS, PAOLA TURCI, « I SALVIANI », 24 ELEMENTI DELLA BANDA MUSICALE DI SAVOIA DI LUCANIA…







Artisti, musicisti, attori, esponenti del mondo della politica e della cultura. Uniti per chiedere la sepoltura di Giovanni Passannante, l'anarchico che ferì a Napoli nel 1878 re Umberto I e i cui resti dal 1936 si trovano esposti nel Museo criminologico di Roma. L'appuntamento è per lunedì 19 marzo, alle ore 21.00, al Teatro Palladium di Roma. Attraverso canzoni, poesie, brani letterari, ciascuno degli ospiti che interverrà alla serata darà un contributo perché Giovanni Passannante possa essere finalmente riportato nella sua terra, in Basilicata, come chiedono molti suoi concittadini e i familiari di Passannante, che saranno presenti all'appuntamento del 19 marzo.










Firma la petizione per seppellire i resti di Passannante su

www.uldericopesce.com





Un breve cenno storico



Passannante, nato a Salvia il 19 febbraio 1849, è un cuoco e un autodidatta. Ha letto la Bibbia e gli scritti di Mazzini e Garibaldi. A 22 anni si dichiara anarchico e propugna la Repubblica universale dove gli anziani abbiano diritto a una pensione e le donne a un assegno di maternità. Il 17 novembre 1878 aggredisce con un coltellino lungo 8 centimetri, buono solo a sbucciare una mela, re Umberto I in visita a Napoli., Giovanni viene arrestato, torturato con ferri ardenti. Sua madre e i fratelli sono presi e chiusi nel manicomio criminale di Aversa. Tutti i Passannante scappano dal paese. Il processo all’anarchico si svolge a Napoli, in un’aula gremita che sembra un teatro, con i posti numerati e le signore con il binocolo per vedere “il mostro”. È condannato al patibolo, poi al carcere a vita. Che sconta nella torre della Linguella sull’isola d’Elba. Vi arriva che ha 29 anni, è una larva (a Napoli ha perso 20 chili) e lui, che è alto un metro e 60, viene chiuso in una cella di due metri per uno, alta uno e 50, posta sotto al livello del mare. Se ne sta per oltre dieci anni al buio. Ai piedi gli serrano una catena con una palla di 18 chili. Non può incontrare esseri umani. Diventerà cieco, si ammalerà di scorbuto e, ridotto alla fame, sarà costretto a mangiare i propri escrementi. Solo la tenacia di un deputato socialista, Agostino Bertani, lo farà trasferire nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, dove morirà a 61 anni nel 1910. Oggetto di studi lombrosiani, Passannante viene decapitato, il cranio trapanato, il cervello e il corpo, “non degno di sepoltura”, dato in pasto a cani e porci. Dal 1936 i resti e gli scritti dell’anarchico sono nel Museo criminologico di Roma.



All'iniziativa hanno già aderito: Alessandro D’Alatri, Antonello Venditti, Ennio Coltorti, Giorgio Tirabassi, Massimiliano Bruno, Valerio Aprea, Francesco Guccini, Crescenza Guarnieri, Fabrizio Gatti, Alberto Dentice, Pier Paolo Palladino, Marco Travaglio e Peter Gomez, l’On Oliviero Diliberto, l’On. Filippo Bubbico, l’On. Giampaolo D’Andrea, Rocco Papaleo, Laura Curino, Marco Rizzo, Oliviero Beha, Fulco Pratesi, Gianni Mura, Sergio Staino, l’On Angela Lombardi, il Sen. Piero Di Siena, Michela e Lina, discendenti della famiglia Passannante, L’On. Vincenzo Vita, l’On Adriana Spera, Claudio Ortale, la Sen. Haidi Giuliani, la Sen. Anna Maria Palermo, Erri De Luca, Mauro Pagani, Daniela Barra, Marco Baliani, Dario Fo, Danilo Nigrelli, la redazione di “Carta”, la Sen. Franca Rame.





L’intero incasso della serata servirà a riportare Giovanni Passannante in Lucania e, gratuito sarà l'intervento di tutti gli artisti e il lavoro di tecnici, uffici stampa e organizzatori. Un ringraziamento particolare a: Teatro Palladium, Provincia di Roma, RomaEuropa Festival, Alessandro De Feo, Ulderico Pesce, Maurizio Pizzardi, Andrea Satta, Clotilde Recchia, Chiara Pazzini, Timisoara Pinto, Marta dal Prato, Raniero Terribili, Nicola Gentile, Fiammetta Baralla , Marialuisa Giordano, Gino Sebastianelli.




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Anticipo che i resti di Passannante sono stati portati nel suo paese lo scorso anno.



[Modificato da pyccolo 20/05/2008 20:02]
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20/05/2008 20:43
 
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Da Wikipedia:

Processo, condanna e tortura

]Processato con un difensore d'ufficio, l'anarchico fu condannato a morte, sebbene il codice penale prevedesse la pena capitale solo in caso di morte del re e non di ferimento. Successivamente, con Regio Decreto del 29 marzo 1879, la pena gli fu comunque commutata in ergastolo, da scontarsi in condizioni disumane a Portoferraio, sull'isola d'Elba. Qui Passannante fu rinchiuso in una cella, priva di latrina, posta sotto il livello del mare, senza poter mai parlare con nessuno e vivendo in completo isolamento per anni tra i propri escrementi, caricato di diciotto chili di catene. Passannante era alto circa 1,60 m, la cella era alta solo 1,40 m.


« Passanante è rimasto seppellito vivo, nella più completa oscurità, in una fetida cella situata al di sotto del livello dell'acqua, e lì, sotto l'azione combinata dell'umidità e delle tenebre, il suo corpo perdette tutti i peli, si scolorì e gonfiò … il guardiano che lo vigilava a vista aveva avuto l'ordine categorico di non rispondere mai alle sue domande, fossero state anche le più indispensabili e pressanti. Il signor Bertani … poté scorgere quest'uomo, esile, ridotto pelle e ossa, gonfio, scolorito come la creta, costretto immobile sopra un lurido giaciglio, che emetteva rantoli e sollevava con le mani una grossa catena di 18 chili che non poteva più oltre sopportare a causa della debolezza estrema dei suoi reni. Il disgraziato emetteva di tanto in tanto un grido lacerante che i marinai dell'isola udivano, e rimanevano inorriditi »

(Salvatore Merlino, «L'Italia così com'è», 1891 in "Al caffè", di Errico Malatesta, 1922)


Tali condizioni disumane di detenzione furono oggetto di una denuncia dell'on. Agostino Bertani e della giornalista Anna Maria Mozzoni, a seguito della quale il prigioniero, ormai ridotto alla follia, certificata da una perizia psichiatrica condotta dai professori Biffi e Tamburini, fu trasferito presso il manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, ove morì.

[Modificato da pyccolo 20/05/2008 20:44]
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20/05/2008 21:23
 
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PRIMA





DOPO


E la storia si ripete, ma oggi in Italia qualche diritto in più c'è.

Il papa si mosse a favore del giusto processo per Passannante?
Non credo che l'evento gli fosse sfuggito.

Pyccolo
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20/05/2008 21:50
 
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DA L'ESPRESSO




Giovanni Funeral Day
di Alessandro De Feo
I resti dell'anarchico Passannante che nel 1878 aggredì re Umberto I sono tornati a casa. Ma di nascosto. E scortati




Se lo sono preso. Impacchettato. Nascosto. E come ladri di polli sono scappati. E gli hanno fatto un bel funerale. Nel segno della Margherita, il partito del vicepremier e ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli.

L'Operazione Margherita scatta a Roma giovedì 10 maggio, nel Museo criminologico. Mancano solo i Nocs, per il resto ci sono tutti, dalla Digos ai carabinieri. Missione: trasferire i resti di Giovanni Passannante (cranio e cervello dal 1936 esposti nel Museo), l'anarchico lucano che nel 1878 ferì con un coltellino re Umberto I e fu torturato e detenuto per tutta la vita. Destinazione: il suo paese natale, Salvia, a un passo da Potenza, che dal giorno dell'aggressione al re venne ribattezzata d'imperio Savoia di Lucania. La traslazione era stata annunciata dal presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo (Margherita), per l'11 maggio. Ma il prefetto di Potenza, Luciano Mauriello, era preoccupato. Scrive 'il Quotidiano della Basilicata' che c'era un rapporto del Sisde che per l'11 maggio segnalava l'arrivo a Savoia del deputato di Rifondazione Francesco Caruso, con frotte di no global. E così, per motivi di ordine pubblico, è scattato il funerale-blitz. Passannante ha salutato la direttrice del Museo Assunta Borzacchiello che gli ha affettuosamente avvolto il cranio in un drappo rosso, e l'agente Nichi, che per anni ha innaffiato con la formalina il suo cervello, e in una piccola bara è stato preso dal sindaco di Savoia, Rosina Ricciardi (Margherita). Sistemato l'anarchico nel bagagliaio di una Lancia Lybra, via, scortati dalla Digos.

Né anarchici né bombaroli sulla Roma-Napoli. E nemmeno il fantasma di Gaetano Bresci o di Giuseppe Pinelli. Massima allerta sulla Salerno-Reggio Calabria, per via dei cantieri aperti e dei soliti ingorghi. Dove si saranno nascosti quei 'sovversivi' che si sono battuti nei teatri per seppellire Passannante? Dove si sarà cacciato Gino Paoli? Su quale cavalcavia si saranno appostati Dario Fo e Franca Rame? In quale autogrill li staranno aspettando Paola Turci e il Banco del Mutuo Soccorso, Paolo Rossi e i Têtes de Bois? Il corteo entra in Basilicata. E affronta la valle del Melandro. Nuova tensione. In quali boschi scatterà l'agguato del presidente del Wwf Fulco Pratesi con i suoi feroci orsi marsicani? Il corteo evita di entrare dalla piazza di Savoia: non si sa mai che spuntino il disegnatore Staino o l'attore Ulderico Pesce. O magari Carmen Consoli, quella che canta "pigghia nu bastune e tira fora li denti". Meglio l'itinerario B, quello 'invisibile', che da Vietri di Potenza arriva diretto al cimitero di Savoia senza sfiorare il paese.


"Che state facendo! Vergognatevi, lo state uccidendo un'altra volta!". No, non è stato l'onorevole Caruso a sorprendere nel cimitero di Savoia il sindaco Ricciardi mentre si apprestava a sigillare con il mastice il loculo di Passannante. Ma Peppino Salvatore del Comitato pro Salvia, il movimento che dal 1993 chiede il rientro dei poveri resti. "Ci avevate promesso un funerale, ci avete preso in giro", urla Salvatore. E Lina Passannante, discendente dell'anarchico, accorsa al cimitero pure lei: "Avevamo scritto a De Filippo chiedendo la restituzione alla famiglia dei resti di Giovanni, per fargli un funerale, per regalargli una nostra lapide. Niente. E il sindaco, nella targhetta che ha apposto sul loculo, ha pure sbagliato il giorno della nascita di Giovanni".

"Le spoglie di Giovanni Passannante sono finalmente state tumulate nel cimitero di Savoia di Lucania con la sobrietà e il rigore che è doveroso avvertire in circostanze come questa", ha commentato il presidente De Filippo. Non sappiamo se quelle parole gli siano costate più di quelle usate per convincere il sindaco Ricciardi a ricevere i resti dell'anarchico. Già, perché la Ricciardi è dal 1999, da quando venne firmato il nulla osta per la traslazione, che prende tempo. Preferisce ricevere in Comune ambasciatori e dignitari della Real Casa. Al massimo era disposta a far rientrare teschio e cervello, ma per esporli nel castello del paese. Di più. Poche settimane fa è andata a Roma, al ministero dei Beni culturali di Rutelli, per avere la testa di Passannante. Nel vero senso della parola: ricevuta dal responsabile dell'Ufficio legislativo, Guido Improta, la Ricciardi ha giocato l'ultima carta: a 'loro' il cervello, da seppellire; a me il cranio, da esibire.

(18 maggio 2007)
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20/05/2008 22:19
 
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Testo della canzone su Passannante di Carlo Ghirardato, il cui titolo si rifà alla famosa poesia di Giovanni Pascoli (per la "ode a Passannante si fa 5 mesi di carcere). Di questa canzone esiste una registrazione video effettuata a Salvia (Savoia di Lucania), inserita in un documentario dell’Archivio audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.

ODE AL PASSANNANTE (aprile 1998)

Una giacca di velluto
Per otto soldi hai venduto
Per accattà quel coltello,
mezza lira, e fare lo sfregio
al re Umberto: primo di che?

Passannante ahi guaglione!
Prometeo del mondo cafone,
un mondo che a volte, con tue parole:
“baratta pur’ anco l’onore
delle proprie figliuole”

Madre Maria Fiore
mamma resa idiota
da fame e dolore,
pena e ancora dolore
per Giovanni fra tutti
il figlio migliore


Giovannino
in sella all’alfabeto e
di sghimbescio paladino,
cercando il drago
tu scopri il re, e quello
era nudo come te!

Uè guaglione
figlio plebeo
dal cuore di un signore
magari ci avevi pure ragione:
il re come nuvola
tra noi e il sole.


Poi arrivò la grazia
non più la morte
ma sepolto vivo
sotto una torre
e sotto il livello del mare,
dove brucia nel sale
la grazia regale.

Passannante mai pentito
di quel gesto contro l’oblio,
mite sguardo da fanciullino;
il Pascoli lo hai irretito
e il poeta mise sulla piaga
il dito.

Passannante no, nun chiagn’e cchiù che lo re nun regnii cchiù.


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22/05/2008 03:36
 
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"ULDERICO PESCE, FAUSTO MARINETTI, VITO PUCCI, BATTISTA CADEI, PINO LUPO & LUIGI FALLACARA: IO SONO TUO NONNO, ...!"


Pubblicato da: Ulderico Pesce, Sindaco nuovo di Salvia vecchia/PZ
www.uldericopesce.com/contenuto.asp?load=chisono

Chi mi conosce mi chiama Ulderico ma il mio nome vero è Ulderico Biagio Franco Pesce.

Mio padre e mia madre mi chiamarono così per accontentare mio nonno, uno zio morto a vent’anni sotto il camion guidato dal suo padrone e un bisnonno che mise incinta la mia bisnonna e se ne andò in America da dove non tornò mai più.

Sono nato nella regione che si può chiamare in due modi: Basilicata o Lucania ma che pochi chiamano perché pochi conoscono.

Mio nonno, come suo padre, ha fatto l’arrotino, girava per i paesi della Basilicata, della Calabria, della Puglia e di parte della Campania e “ammolava” coltelli raccontando storie di anarchici, antifascisti, operai, braccianti e altro.

Io ho seguito mio nonno nell’infanzia e mi ricordo che si piazzava davanti alle macellerie e parlava forte che lo sentivano tutti e raccontava le cose che vedeva o quelle che suo padre gli aveva raccontato.

Era buono, onesto, simpatico ed era socialista.

Mia mamma, sua figlia, si chiama Caterina, racconta le cose come mio nonno che è uno spasso.

Mio padre Giovanni ha fatto il sindacalista della CGIL, assisteva i braccianti agricoli, tanto che a casa nostra la mattina ci svegliavano loro. Era bello.


Spesso ci portavano il latte fresco di mucca che mia mamma bolliva sul gas.

Io volevo essere come mio nonno, e come il mio bisnonno ma anche come mio padre, mi colpivano i problemi e le vite dei braccianti.

Però quando crescevo negli anni ’70 e ’80 era difficile diventare “arrotino-narratore” perché in Italia il mestiere di arrotino stava scomparendo ed era anche difficile occuparsi di braccianti visto che le terre erano in abbandono e l’agricoltura affidata a grandi imprese.

E allora non mi rimaneva che fare l’attore-narratore.


Cominciai a studiare per diventarlo ma senza perdere di vista mio nonno.

Mi trasferii a Roma, a San Lorenzo, dove appesi al muro, vicino alla finestra che dava sulla tangenziale est, la foto di mio nonno arrotino e mi trovai a frequentare un corso di recitazione dell’Istituto del Dramma Antico.

Quì conobbi Giorgio Albertazzi, che mi portò con lui per due anni tanto che non arrivai neppure a prendere il diploma.

Poi conobbi Carmelo Bene e lavorai con lui e poi ancora la poetessa Amelia Rosselli, (figlia di Carlo Rosselli ucciso con il fratello Nello nel 1937 dalle truppe di Mussolini), lei mi portava in giro per festivals e università a leggere le sue poesie.

Poi conobbi Luca Ronconi, Gabriele Lavia e tanti altri con cui ho lavorato senza mai dimenticare mio nonno.

Poi una mattina al Teatro Ateneo di Roma conobbi Anatoli Vassilev che mi portò a Mosca dove ho lavorato al suo fianco per circa tre anni.

Vassilev amava un teatro semplice, povero, strutturato sulla verità e sulla necessità delle emozioni, a lui piaceva qualcosa che mi ricordava il sistema di mio nonno tanto che una sera, dopo una mia improvvisazione sul mio “progenitore famoso” nel Teatro Uran di Mosca, Vassiliev mi disse: “IO SONO TUO NONNO!”.

Quella frase mi fece capire la strada che dovevo fare.

Tornai in Italia e cominciai a raccogliere testimonianze di cose vere, cominciai a scrivere e raccontare storie come faceva mio nonno, anche storie che infastidiscono i poteri forti, le “caste”, i malavitosi, tanto che sul groppone non ho più la pescante mola di mio nonno ma qualche denuncia.

La cosa importante è che queste storie cominciano ad interessare tanta gente che mi viene a vedere senza portare coltelli e forbici da “ammolare”.


Ulderico Pesce
Sindaco nuovo di Salvia vecchia


Centro Mediterraneo delle Arti
diretto da Ulderico Pesce
Corso Garibaldi, 103
85040 RIVELLO (PZ)
Tel. +39.0973.46885
Gsm +39.338.3648223




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Estemporanea di Sandra Enne/Giovanni Passannante/Candido Maffeis/Adelaide Roncalli/Nazzareno Dalla Libera/Pino Lupo/Luigi Fallacara/Emo-Marco Piccioni e di tutti i singoli ostracizzati rispetto alle minacciose Istituzioni civili e religiose che, per la loro stessa sopravvivenza, tendono illegalmente a negare i diritti umani fondamentali dei singoli fedeli/cittadini



[Modificato da Vito.Pucci 22/05/2008 04:14]
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