Come sono solita fare, ho trascorso tempo esplorando altri mondi, in contatto con coscienze diverse, differenti aspirazioni e conoscendo luoghi e persone a vari stadi di energia e consapevolezza.
Come sempre, ho avuto modo di apprezzare la varietà e le sue manifestazioni, espresse nelle persone, negli obiettivi e nei diversi modi di interagire.
Ovunque ho trovato un' anelito verso l' elevazione, un' instancabile ricerca, il senso e la voglia di crescere e migliorare, e di costruire qualcosa di diverso, che non privilegi il singolo ma l' intera comunione di anime di questo pianeta.
Ma.....
Ma qualcosa interrompe questo processo ovunque esso tenti di esprimersi.
Ogni considerazione espressa diventa verità insindacabile.
La disponibilità si esprime a prezzo.
L' assenza di giudizio si trasforma in assenza di verbalizzazione dello stesso, che pur traspare e infligge la sua pena.
La polemica infuria, la negatività prevale, la critica travolge, la cultura diventa oppressione.
Torno da questo viaggio con lo stesso bagaglio con il quale sono partita da quì.
Ed ancora una volta mi chiedo perchè è così difficile amare, concedere, comprendere.
Perchè imporre le proprie valutazioni diventa mezzo di gratificare noi stessi, e come non si intuisca che nessuno scambio pone le sue basi sulla difesa strenua di una posizione che, nel migliore dei casi, perirà con noi.
Ho dato uno sguardo a queste pagine e sono sconcertata.
Voglio credere che questo sia un rifugio per anime afflitte, voglio credere che chi entra in questa casa lo faccia per spirito di collaborazione, voglio credere che il rispetto e la maturità prevalgano sulla polemica, voglio credere che sia possibile creare, proprio qui, un mondo nuovo, e un nuovo modo di stare insieme.
Voglio credere ancora che si possa camminare per mano e crescere insieme, perchè noi siamo gli oppressi, e non gli oppressori.
Non possiamo permetterci gli stessi errori, nè lo stesso linguaggio, nè le stesse modalità.
Noi siamo qui, voglio credere, per imparare ad amarci, a rispettarci, a convivere in armonia.
Riproporre un modello fallimentare, arroccarci in noi stessi e nelle nostre parziali verità, usare le parole come spade e non come strumenti di amore o di aiuto o di consolazione, non ci porterà ad altro che alla guerra.
E non lasceremo nei cuori nessun altro segno che una ferita.
Ho voluto tornare per fiducia in ognuno di voi.
Perchè quelli che di voi conosco hanno molto da offrire.
Ho voluto tornare per imparare da voi.
Ma non insegnatemi ancora la guerra.
Questa è una lezione che ho già capito, e che non mi insegna nulla.
Vostra amica,
Marina