00 06/11/2010 17:35
Avevo scritto, con un mese di anticipo, le cose che, oggi, poco alla volta, danno luce a quello che è veramente successo in questa atroce vicenda, che ha come vittima una giovane di 15 anni, Sarah.

Uno dei miei figli, all'età di 15 anni, è sopravvissuto ad un difficile intervento. Ricordo lo strazio e la sofferenza di quei giorni.

Ogni volta che penso alla mamma di Sarah, non trovo nessuna parola sufficiente per descrivere un dolore di questa portata, che ogni giorno come una coltello continua a girare nel cuore di questa donna aggiungendo sempre più sofferenza.

Concetta, la mamma di Sarah, ha già capito come sono andate le cose, è una donna intelligente e l'agonia che vedo nei suoi occhi è incomparabile.

I sogni, le speranze, la gioia di vederla crescere, tutto in frantumi.

L’improvvisa e imprevista morte di una giovane adolescente, per ogni famiglia, é un evento devastante.

Nessun genitore è preparato a questa tragica perdita.

Tutti i genitori si aspettano che i propri figli vivano a lungo, vadano avanti, oltre la loro stessa vita.

Ma, appena succede quello che non deve succedere, nessun genitore accetta, anzi, ci vorranno settimane, forse mesi, prima che pronunci la parola "mia figlia è morta".

La cosa più tremenda sono le domande che fai a te stesso come genitore, "perchè mio figlio?", "forse potevo aiutarlo", "forse potevo fare qualcosa", "forse è colpa mia", "non ho fatto nemmeno in tempo a stringerlo tra le braccia", "non ho fatto in tempo a dirgli quanto lo amavo".

Tutte domande, che io stesso mi sono posto, mentre mio figlio era in prognosi riservata, nella camera intensiva.

Il ruolo di un genitore è di proteggere i propri figli.

Se non ci riescono, sono inevitabili i sensi di colpa, il senso di fallimento, il tormento che ti torce le budella.

Concetta, ovviamente, non è responsabile della morte di Sarah, ma sono certo che avrà pronunciato le parole: "scusami, scusami, scusami per non essere riuscita a proteggerti".

Per una madre, accettare che il figlio sia morto, accettarlo in modo consapevole, richiede tempi lunghi, perchè è una realtà che si nega, anzi, a volte, ti aspetti una telefonata, senti la sua voce, senti perfino il suo odore......e rifiuti solo di pensare che non potrà succedere.

In questi momenti, il genitore vive una solitudine immensa, anche se è circondato da amici e famigliari.

La rabbia, la depressione, l'intensità dei forti sentimenti di frustrazione, in seguito sono inevitabili per qualsiasi spirito forte.

E' umano! Alcuni, ignorantemente, dicono: "ma adesso stai esagerando", "la vita deve andare avanti", "pensa a te stessa, al resto della tua famiglia".....e pensano che così riescono a "scrollare" chi è dilaniato dentro, pensano, erroneamente, che lo aiutano a fronteggiare questo dolore.

Molti genitori, e forse Concetta è una di questi, imparano a nascondere il loro dolore così che coloro che gli stanno vicini si sentano rassicurati e possano evitare di fare commenti "inopportuni".

Il ricordo di un lutto così grave non andrà mai via, rimane una ferita sempre aperta.

Forse, il tempo potrà far diminuire l'intensità del dolore, quel groppo alla gola che sembra strozzarti, sarà meno frequente, ma il dolore che come un macigno cadrà nel lago salato delle tue lacrime non toccherà mai il fondo.

Pino Lupo



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[Modificato da parliamonepino 07/11/2010 00:49]



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