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a Roma "No al bavaglio" il governo attuale si fa le leggi per i suoi traffici

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    Jon Konneri
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    00 26/05/2010 19:03


    A Montecitorio la manifestazione contro la legge sulle intercettazioni organizzata dal Popolo Viola e IdV.

    Intercettazioni: ecco che cosa non avremmo saputo


    La casa del ministro
    Non sapremmo nulla
    Se la legge fosse già in vigore, non saremmo a conoscenza dell'acquisto dell'appartamento con affaccio sul Colosseo di proprietà di Claudio Scajola e acquistato in parte con i soldi di Diego Anemone, protagonista dell'inchiesta condotta dalla procura di Perugia sugli appalti per il G8. Nessuno avrebbe saputo niente nemmeno delle telefonate intercettate in cui alcuni imprenditori ridono contenti per il terremoto dell'Aquila. Difficilmente il ministro si sarebbe dimesso.

    A cura di Fulvio Milone



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    Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
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  • _Rossini_
    00 29/05/2010 00:37
    JON JON,

    METTITELO BENE IN TESTA.

    A ROMA CAPITALE di un popolino Italiano, COMANDA IL VATICANO..

    E SE 2+2 FA 4, il popolino può diventare un POPOLO solo se si disfà dell'usurpatore, del vero corrruttore e della vera mafia...insomma di chi manovra i fili (con le sue banche "inacessibili" -alla faccia della trasparenza delle leggi dei nani governatori- non ultimo del papi.....Brunetta).


    N.B. (vecio adagio):
    LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE
    [Modificato da _Rossini_ 29/05/2010 00:39]
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    Jon Konneri
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    00 01/06/2010 21:51
    it.wrs.yahoo.com/_ylt=A9mSvd5UYwVMR9oAN0tHDwx.;_ylu=X3oDMTExMjhjczNnBHNlYwNzcgRwb3MDNARjb2xvA2lyZAR2dGlkAwRsA1dTMQ--/SIG=1524om6qc/EXP=1275507924/**http%3A//tg24.sky.it/tg24/politica/2010/05/19/intercettazioni_via_libera_commissione_giustizia_camera_inasprimento_pene_giornalisti_edit...

    ntercettazioni, via libera alle maxi multe per gli editori
    Via libera della Commissione Giustizia del Senato alla norma del ddl che prevede pene più severe per le testate. Sanzioni fino a 464 mila euro. Rinviato invece l'esame dell'emendamento che riguarda i cronisti. E sulle nuove norme monta la protesta in rete

    La commissione Giustizia del Senato che sta esaminando il ddl sulle intercettazioni mercoledì 19 maggio ha confermato le pesanti sanzioni pecuniarie per gli editori dei media che pubblicano intercettazioni non divulgabili, mentre l'emendamento del relatore del Pdl che prevede pene più severe per i giornalisti è stato per il momento accantonato.

    In precedenza il relatore Roberto Centaro e Luigi Li Gotti dell'Idvsi avevano dato la notizia del via libera all'emendamento sui cronisti. "In realtà l'emendamento è stato accantonato e sarà votato alla prossima seduta della commissione", ha detto il relatore del Pdl Maurizio Centaro. E ha spiegato: "L'accantonamento è stato dettato da una questione procedurale, perché si dovevano votare prima altri emendamenti", ha detto Luigi Li Gotti (Idv), rettificando quanto dichiarato prima.

    Il provvedimento, che limita sia il ricorso alle intercettazioni come strumento d'indagine della magistratura, sia la possibilità dei media di raccontare le inchieste in corso, deve ancora terminare il suo iter in commissione Giustizia, prima di passare all'aula del Senato per l'approvazione finale.
    La prossima seduta della commissione, originariamente prevista per mercoledì sera, è slittata a lunedì 24 maggio, come ha detto il suo presidente, Filippo Berselli.

    L'emendamento che riguarda i giornalisti che pubblicano atti giudiziari su cui c'è il divieto di divulgazione, prevede come pena l'arresto fino a 2 mesi oppure l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro. Se la pubblicazione riguarda il contenuto di intercettazioni non coperte dal segreto d'inchiesta, ma non più divulgabili, la pena è l'arresto fino a 2 mesi e l'ammenda da 4.000 a 20.000 euro. La condanna comporta anche la sospensione temporanea dall'esercizio della professione.

    Il disegno di legge prevede però che la deterrenza si eserciti soprattutto sugli editori, che rischiano di pagare per il fatto del loro giornalista fino a 464.000 euro di sanzione pecuniaria. Questa norma è passata oggi in commissione.

    Il pacchetto di sanzioni si applicherà alla pubblicazione del contenuto di tutti gli atti di indagine, anche se non coperti da segreto, fino al termine dell'inchiesta. Unica eccezione, i media potranno raccontare il contenuto delle richieste e delle ordinanze di custodia cautelare. Rispetto alla legislazione vigente, poi, il ddl inasprisce le pene per chi all'interno degli uffici giudiziari rivela il contenuto degli atti coperti dal segreto istruttorio: qui scatta la reclusione fino a sei anni e anche il giornalista che li pubblica rischia di rispondere in correo dello stesso reato.

    Nella notte tra il 18 e il 19 maggio la Commissione ha dato l'ok alla cosidetta norma 'D'Addario' e le norme sul diritto di cronaca, ribattezzate 'Salva-Iene'. Non si potranno fare riprese tv di processi se non ci sarà il consenso di tutti così come le 'talpe' che rivelino atti o notizie del processo coperti da segreto rischiano da uno a 6 anni di carcere. Un'altra norma varata, bocciando tutti gli emendamenti soppressivi presentati dall'opposizione, prevede di dare immediato avviso al Vaticano se un pm intercetta un uomo di chiesa.
    Il centrodestra dice che le nuove norme vogliono evitare "la gogna di chi è sottoposto a processi pubblici a mezzo stampa, senza contraddittorio", come ha detto Italo Bocchino della minoranza del Pdl. Per l'opposizione, il sindacato dei magistrati, quello dei giornalisti e la maggioranza degli editori è un provvedimento che ostacola le indagini e limita la libertà di stampa. "E' una gigliottina per i media", ha detto Felice Casson, ex magistrato e capogruppo del Pd alla commissione Giustizia del Senato.

    E in rete aumentano le firme contro il ddl. L'appello ha superato le 70 mila adesioni.

    TUTTE LE NOTIZIE SUL DDL INTERCETTAZIONI



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    00 02/06/2010 12:56
    Intercettazioni: ecco che cosa non avremmo saputo




    Il sistema Moggi
    Lo avremmo saputo tre anni dopo
    Quasi tre anni. Tanto sono durate le indagini dei pm napoletani su «Calciopoli», lo scandalo che ha travolto il mondo del pallone. I primi accertamenti risalgono al maggio 2006, il rinvio a giudizio è del 3 ottobre 2008. E tanto sarebbe durato anche il «silenzio stampa» se le norme fossero state esecutive già allora. Solo dopo il pronunciamento del gip, infatti, gli atti sarebbero stati pubblicabili.





    Fazio e i «furbetti del quartierino»
    Lo avremmo saputo solo l'anno scorso
    Ricordate l'ex governatore della Banca d'Italia coinvolto, fra l'altro, in una complessa indagine sulla scalata di Bnl da parte della compagnia di assicurazioni bolognese Unipol? Fazio è stato rinviato a giudizio il 18 novembre 2009 dal giudice per l'udienza preliminare di Milano. Assieme a lui sono stati mandati a processo altri imprenditori fra cui Stefano Ricucci e il presidente di Unipol Giovanni Consorte. Ricucci, immobiliarista romano intercettato a lungo per ordine della magistratura, in una telefonata definì «furbetti del quartierino» le banche estere interessate alla scalata di alcuni istituti di credito italiani. Le indagini erano cominciate nel 2005, lo stesso anno in cui Fazio, travolto dalle polemiche e dalle intercettazioni che lo compromettevano, lasciò la Banca d'Italia. Con la nuova legge gli atti dell'inchiesta sarebbero rimasti top secret per quattro anni.





    Marrazzo e i trans
    Non sapremmo nulla
    La storia è nota. Si tratta dell'inchiesta che ha travolto l'ex governatore del Lazio: era nella casa di un viado in cui tre carabinieri disonesti hanno fatto irruzione per filmarlo con un cellulare e ricattarlo. Alla vicenda sono collegati due omicidi ancora avvolti nel mistero: quello di Brenda, altro trans amico di Marrazzo, e del pusher Gianguerino Cafasso. Di tutto ciò, con le nuove norme, si saprebbe poco o nulla.





    «Voglio quell'uomo morto»
    L'avremmo saputo sei mesi fa
    La frase, ormai famosa, fu pronunciata da Sandra Lonardo moglie dell'ex ministro Mastella durante una telefonata in un'inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere. Il clamore suscitato dall'indagine indusse il guardasigilli alle dimissioni, atto che provocò la caduta del governo Prodi. L'inchiesta, cominciata a gennaio 2008, si è conclusa con il rinvio a giudizio di lady Mastella il 26 ottobre 2009.






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