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24/02/2010 18:49 | |
Lo stesso vale per il piano Casa, fortemente voluto dal governo Berlusconi, che in Lombardia non ha dato i risultati sperati. Anzi, non ne ha dati proprio, di risultati. Forse perché non era l’intervento corretto per rilanciare un’economia che avrebbe bisogno di innovazione e non di mattoni (e, se di mattoni e cemento vogliamo parlare, ce ne vorrebbero di qualità). Forse perché la legge è stata fatta male. Forse perché non era necessaria. Difficile, poi, parlare di sviluppo sostenibile, se non si tiene conto del fatto che in Lombardia 10 ettari al giorno vengono consumati da nuove edificazioni (la superficie del Duomo di Milano ogni tre ore). E nonostante questo la Regione, con continue riforme a colpi di maggioranza della legge urbanistica (quante?), ha tentato più volte di riproporre veri e propri assalti al territorio, in particolare ai parchi.
Uno di questi è stata la cosiddetta norma “ammazza-parchi”, contro cui si è registrata una grande mobilitazione di tutto il centrosinistra in Consiglio regionale, delle associazioni ambientaliste, di buona parte dei parchi lombardi, dei cittadini, degli urbanisti e dei sindaci che nel marzo del 2009 hanno costretto Formigoni e il centrodestra (i mandanti) e la Lega (esecutori materiali con l’assessore all’urbanistica Davide Boni) a ritirare un provvedimento che avrebbe permesso alla Regione di dare l’ok ai progetti edificatori all’interno dei parchi anche se questi avessero espresso parere contrario nel confronto con i comuni proponenti varianti urbanistiche.
Difficile immaginare che si possa parlare di mobilità sostenibile se si parla solo di strade, se l’unico intervento contro lo smog è un Ecopass striminzito, se gli investimenti per le metropolitane lunghe (non solo “cittadine”) sono sempre rinviati. Difficile spendere tutti quei miliardi per nuove autostrade e poi pensare che qualcuno voglia prendere treni sporchi, vetusti, spesso in ritardo, caldi d’estate e freddi d’inverno. Senza nemmeno la possibilità di avere un biglietto chilometrico, perché in quindici anni Formigoni non è nemmeno riuscito a mettere d’accordo gli enti ‘controllati’ da lui stesso (e dalla sua parte politica). Viviamo in una regione in cui gli unici indicatori ambientali che sono cresciuti sono quelli che riguardano gli ettari di consumo di suolo e il quantitativo di materiale escavato, da amministratori che poi magari scrivono sui manifesti: «basta cemento».
E la Regione aggiunge cave, al di là del fabbisogno, rispondendo a interessi particolari, senza preoccuparsi della “bellezza” del nostro territorio, a cui Formigoni aveva dedicato l’ultima campagna elettorale.Piani cave che, a volte, travolgono i loro stessi estensori, come l’assessore Pagnoncelli, che si è dovuto dimettere dopo il brutto pasticcio del piano della “sua” provincia, quella di Bergamo.
Non abbiamo capito cosa abbia di ‘eco’ l’Ecopass e che cosa si stia facendo contro l’emergenza smog oltre ovviamente a negare che ci sia un’emergenza smog (non ci pare una soluzione del problema, negare che il problema ci sia e proseguire come se nulla fosse).
Non abbiamo capito perché ci sia il bike sharing (finanziato anche con un emendamento del Pd in Regione) ma non ci siano le piste (eppure una legge sulla mobilità ciclistica, presentata dal Pd, è stata approvata in Consiglio).
Non abbiamo capito perché non facciamo una battaglia, insieme ai green artigiani, per mantenere il 55% sulle ristrutturazioni e non coibentiamo un po’ la politica lombarda, che disperde un sacco di energia e di calore (umano, in questo caso).
Non abbiamo capito perché non si parta dagli edifici pubblici per lanciare la sfida dell’efficienza energetica e delle rinnovabili.
Non abbiamo capito esattamente cosa voglia dire: «Nucleare sì, ma non qui da noi»,come dicono Formigoni (e Zaia, ma anche Palese e Polverini, candidati dal Pdl nelle principali regioni in questa tornata elettorale).
Come già ricordato, dovremmo fare in modo che in tutte le regioni vinca la destra, così affosseremmo il piano del nucleare di Scajola. Il «nucleare sì, ma non qui da noi» potrebbe trovare sede a pochi chilometri dai confini lombardi, a Caorso, ad esempio, o a Trino Vercellese, come un tempo.
Al di là di queste balle nucleari ed elettorali, il fatto è economico e, come si diceva una volta, il problema è politico. Ed è un aspetto elettorale non secondario, perché la Lombardia potrebbe optare per l’ambiente attraverso la partecipazione dei cittadini, degli amministratori e del sistema delle imprese.
Come i rifiuti negli ultimi vent’anni, ora tocca all’energia. E visto che “qui da noi” il nucleare non si farà, forse è il caso di impegnarci in modo diverso, diffuso e partecipato in una sfida nuova. Magari cercando di rinnovare la centrale formigoniana, la cui spinta propulsiva si è decisamente affievolita sul piano politico.
Anche sui diritti Formigoni non brilla, anzi, si è dimostrato nei fatti il politico lombardo e italiano più conservatore che ci sia, avallando tutte le battaglie più retrograde: dalle coppie di fatto, che non possono sperare nulla da Regione Lombardia, alle donne alle prese con eventi dolorosi, come l’interruzione di una gravidanza, un evento che richiede solidarietà e comprensione, ma che Formigoni “il fondamentalista” ha cercato di rendere difficile e complicato in tutti i modi: promuovendo e sostenendo l’obiezione in strutture pubbliche, oppure facendo ostruzionismo nelle sedi istituzionali, con un’opposizione ideologica alla RU486.
Nella vicenda di Eluana, Formigoni ha forse dato il peggio di sé, bollando come «assassino», di fatto, il povero papà, Beppino, e ricattando, dalla sua posizione di massimo vertice regionale della sanità lombarda, gli ospedali regionali intenzionati ad ospitare le ultime ore di vita della giovane donna, in coma irreversibile da moltissimi anni.
Muovendosi contro le sentenze, contro la legge, con un furore ideologico spaventoso. Formigoni ha anche abdicato al suo ruolo su un tema in cui il suo background religioso gli avrebbe potuto consigliare di meglio: la convivenza e l’integrazione, temi appaltati integralmente alla Lega in Regione e al governo di decine di comuni lombardi.
Formigoni, uomo enciclopedico, tende a occuparsi di tutto, fuorché degli stranieri. Ha dato il via a una curiosa danza della discriminazione,case solo ai lombardi, abbonamenti del trasporto pubblico negati anche a chi ha motivi sanitari per richiederli, come è accaduto a un cittadino egiziano.
Una scandalosa legge contro i phone center, elaborata all’inizio della legislatura, fatta apposta per farli chiudere, bocciata in numerose occasioni dai Tar e definitivamente cancellata dalla Corte Costituzionale (però, intanto, i posti dove gli stranieri vanno a telefonare dall’altra parte del mondo, alle loro famiglie, sono stati in gran parte chiusi, in modo illegittimo e per volontà della Regione).
E poi, alla fine del mandato, la legge contro i kebab, che ha coperto di ridicolo la Regione in tutto il mondo perché vietava il consumo del kebab (e del gelato) sul marciapiede antistante.
Tettamanzi cristianamente protestava e gli assessori della Lega lo attaccavano, nel silenzio di Formigoni e dei “suoi”, per poi votare,tutti insieme, in Consiglio regionale una mozione di condanna dei loro stessi attacchi contro il cardinale.
Quanto al kebab, si è trattato di una brutta figura regionale e nazionale e, per una volta, anche internazionale, perché ne ha parlato anche il New York Times. Da sotterrarsi e non farsi vedere più.
E invece ogni occasione è buona per andare in tv ad autocelebrarsi, inaugurando qualsiasi cosa capiti a tiro. Sotto il fuoco delle telecamere. Ma non in Consiglio, dove in cinque anni si è visto poco, molto poco. Quasi mai. Ma dalle statistiche risulta essere stato quasi sempre presente. Come ha fatto?
Un miracolo.
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