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19/03/2010 08:11 | |
Manette per appendere i prigionieri al muro, blocca-caviglie e blocca pollici, cinture e batterie che rilasciano scariche elettriche: sono alcuni degli strumenti di tortura che, secondo un rapporto di Amnesty Intenational e della Omega Foundation, vengono prodotti e venduti all’estero dall’Italia e altri paesi fra cui Germania e Repubblica Ceca, nonostante la messa al bando di questi strumenti da parte dell’Unione Europea nel 2006.
Un traffico che, nel nostro paese, avverrebbe all’insaputa del governo che ha dichiarato all’associazione per la difesa dei diritti dell’uomo di non essere a conoscenza di simili attività di compravendita. Mentre altri paesi, tra cui la stessa Germania, che regolarmente informano l’Unione Europea su questa situazione, hanno dimostrato come le armi citate dal rapporto finiscano in Cina, Pakistan, India e altri paesi che non rispettano i diritti umani.
Dal rapporto “Dalle parole alle azioni” si intende che la legislazione europea ha dei buchi nella sua rete attraverso cui passano le armi utilizzate per la tortura. Sono cinque le aziende italiane citate nel grave rapporto pubblicato oggi, tra cui Access Group Srl e Joseph Stifter s.a.s che Futura non ha potuto raggiungere telefonicamente, PSA Srl che ha negato qualsiasi coinvolgimento nella produzione di strumenti utilizzati per torturare i prigionieri anche se non pensa di sporgere querele per le pesanti accuse di Amnesty.
Armeria Frinchillucci S.r.l e Defence System hanno invece risposto alle nostre domande rigettando comunque le accuse. Il titolare della prima impresa si dice “molto sorpreso, anche perchè tutto quello che compriamo o rivendiamo viene controllato dalle autorità di polizia italiane”. La Frinchillucci è accusata di vendere uno spray pericoloso e una batteria che viene usata per rilasciare scariche elettriche nel corpo dei detenuti ma, secondo il titolare, “è un normale spray al peperoncino che viene venduto anche nei ferramenta” mentre lo stun baton rilascia scariche elettriche “non molto diverse da quando si sbatte il gomito contro uno spigolo”.
Dalla Defence System dicono che gli oltre mille prodotti che loro offrono sono tutti in regola.
Non solo, le altre quattro aziende denunciate vengono rifornite proprio da loro e sono “tutte rispettabilissime e corrette”. “Nel rapporto di Amnesty – continua Marc Busin, l’ammnistratore delegato – si parla di traffico internazionale, ma noi importiamo solo dalla Germania e vendiamo esclusivamente in Italia”, fra gli acquirenti diverse polizie locali. Fra questi strumenti c’è un dissuasore elettrico che scarica 200mila volt nel corpo della vittima, e che sul sito dell’azienda viene presentato come “accendigas professionale”, ma anche questo risulterebbe di libera vendita ed escluso dal bando europeo. Addirittura Defence System si è già mossa per chiedere la rettifica all’Ansa che per prima ha dato notizia del rapporto.
Ma Riccardo Noury di Amnesty International rilancia: “Stiamo parlando di armi che vengono vendute senza problemi grazie a una regolamentazione europea deficitaria e che possono essere utilizzate per la tortura“. Il portavoce dell’associazione denuncia una “zona grigia” in cui si muovono questi commerci, a cominciare dalle liste delle armi adatte a torturare, e quindi proibite dalla Ue, liste che “inevitabilmente lasciano sempre fuori diversi strumenti”.
Non solo, “questo tipo di commercio può anche venir effettuato tramite broker, senza mai far toccare il suolo europeo alle armi e gli strumenti di tortura”, eludendo così qualsiasi controllo. Sembra chiaro che in questi casi non c’è regolamentazione europea che tenga. La cosa più grave, e nascosta dalla poca trasparenza del mondo del commercio di armi, è che anche le aziende italiane possono contribuire all’arrivo di queste armi in paesi che praticano la tortura, pur operando nella legalità grazie alla fallace legge europea.
Domani il rapporto “Dalle parole alle azioni” verrà presentato al sottocomitato per i Diritti Umani dell’Unione Europea, primo passo verso un più efficace contrasto a questo fenomeno.
FONTE
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