l'avevo promesso a Siria

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parliamonepino
00giovedì 5 aprile 2007 02:12


"Incontravo il Signore" di Ignazio Buttitta!

[Modificato da parliamonepino 05/04/2007 2.14]

Claudio Cava
00giovedì 5 aprile 2007 03:03

GRANDE PINO [SM=x1061958]

[SM=x1061959]
@irias@
00giovedì 5 aprile 2007 21:49
[SM=x1061916] [SM=x1061916] [SM=x1061916] [SM=x1061916] [SM=x1061916] [SM=x1061916] [SM=x1061916]
...é bellissima
grazie
Siria
[SM=x1061918] [SM=x1061918]
)lullaby(
00giovedì 5 aprile 2007 22:04
ma sei tu pino?
grandeeeeeee [SM=x1061963]
parliamonepino
00giovedì 5 aprile 2007 22:49
Re:

Scritto da: )lullaby( 05/04/2007 22.04
ma sei tu pino?
grandeeeeeee [SM=x1061963]



Sono, io, ieri sera! [SM=x1061920]
Stamattina, mi sono fatto la barba. [SM=g27985]
Grazie. [SM=x1061970]
Pino
=omegabible=
00venerdì 6 aprile 2007 19:38
re x Pino
Grandeeeeeeee!!!!!!! omega [SM=x1061958] [SM=x1061958] [SM=x1061959] [SM=x1061960]
parliamonepino
00domenica 8 aprile 2007 00:33
Ignazio Buttitta definito “poeta di piazza” è uno dei “siciliani” importanti di questo secolo che si è cocluso, un uomo che non ha mai nascosto le sue radici, ma anzi le ha sbandierate attraverso la scrittura e la sua presenza sulle scene del mondo, con la dignità che si addice al vero pensatore libero.
Tali radici non potevano venire meno se egli amò circondarsi di altre “sicilianità” note e importanti come Leonardo Sciascia, Renato Guttuso, Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo, Rosa Balistreri, i cui sodalizi si rivelarono essenziali e diversificatori al suo mondo fantastico e carismatico.
Egli sapeva “prendere” le folle delle piazze, era cosciente del fatto che, con il suo modo di comunicare agli altri le istanze popolari ed umane racchiuse nei suoi versi, avrebbe raggiunto il cuore di tutti, disdegnando apertamente inutili protagonismi.
Essendo a sua volta “caricato” dalla gente che lo ascoltava, tra una prosa ed una poesia, sapeva librarsi in un crescendo pieno di immagini e di situazioni intimamente coinvolgenti.

Quanta commozione sapeva trasmettere quando, certo di avere l’anima dell’uditorio in pugno, dal palco recitava “littra a una mamma tedesca”, una delle poche poesie che conservava a memoria: con voce singhiozzante di chi aveva veramente patito la causa insensata della guerra, e di chi era stato costretto a mietere morte in obbedienza a un atto violento e assurdo, chiedeva scusa con i suoi versi dialettali, unico suo risarcimento spendibile, alla madre di un soldato tedesco da lui ucciso a colpi di mitragliatrice sul fronte del Piave.

Altra poesia che recitava a memoria con calibrata teatralità e con vibrante patos era “Ncuntravu o Signuri”, testo che pur rappresentando una sua dichiarazione di agnosticismo nei confronti della religione, ammetteva comunque la presenza di Cristo sulle strade del mondo.
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