alte scariche dello stato - Renato Brunetta

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
®@ffstef@n
00domenica 31 gennaio 2010 16:17
da L’Espresso online del 13 novembre 2008


La trasferta a Teramo per diventare professore.

La casa con sconto dall’ente
.
Il rudere che si muta in villa.
 Le assenze in Europa e al Comune.

Ecco la vera storia del ministro anti-fannulloni

La prima immagine di Renato Brunetta impressa nella memoria di un suo collega è quella di un giovane docente inginocchiato tra i cespugli del giardino dell’università a fare razzia di lumache. Lì per lì i professori non ci fecero caso, ma quella sera, invitati a cena a casa sua, quando Brunetta servì la zuppa, saltarono sulla sedia riconoscendo i molluschi a bagnomaria. Che serata. La vera sorpresa doveva ancora arrivare.

Sul più bello lo chef si alzò in piedi e, senza un minimo di ironia, annunciò solennemente:
“Entro dieci anni vinco il Nobel. Male che vada, sarò ministro”.
Eravamo a metà dei ruggenti anni ‘80, Brunetta era solo un professore associato e un consulente del ministro Gianni De Michelis.



Ci ha messo 13 anni in più, ma alla fine l’ex venditore ambulante di gondolette di plastica è stato di parola.


In soli sette mesi di governo è diventato la star più splendente dell’esecutivo Berlusconi.

La guerra ai fannulloni conquista da mesi i titoli dei telegiornali. I sondaggi lo incoronano - parole sue – “Lorella Cuccarini” del governo, il più amato dagli italiani.

Brunetta nella caccia alle streghe contro i dipendenti pubblici non conosce pietà. Ha ristretto il regime dei permessi per i parenti dei disabili, sogna i tornelli per controllare i magistrati nullafacenti e ha falciato i contratti a termine.

Dagli altri pretende rigore, meritocrazia e stakanovismo, odia i furbi e gli sprechi di denaro pubblico, ma il suo curriculum non sempre brilla per coerenza.

A L’Espresso risulta che i dati sulle presenze e le sue attività al Parlamento europeo non ne fanno un deputato modello.

Anche la carriera accademica non è certo all’altezza di un Nobel.

Ma c’è un settore nel quale l’ex consigliere di Bettino Craxi e Giuliano Amato ha dimostrato di essere davvero un guru dell’economia: la ricerca di immobili a basso costo, dove ha messo a segno affari impossibili per i comuni mortali.

Chi l’ha visto - Appena venticinquenne, Brunetta entra nel dorato mondo dei consulenti (di cui oggi critica l’abuso).

Viene nominato dall’allora ministro Gianni De Michelis coordinatore della commissione sul lavoro e stende un piano di riforma basato sulla flessibilità che gli costa l’odio delle Brigate rosse e lo costringe a una vita sotto scorta.

Poi diventa consigliere del Cnel, in area socialista.

Nel 1993, durante Mani Pulite firma la proposta di rinnovamento del Psi di Gino Giugni.

Nel 1995 entra nella squadra che scrive il programma di Forza Italia e nel 1999 entra nel Parlamento europeo.

Proprio a Strasburgo, se avessero applicato la “legge dei tornelli” invocata dal ministro, il professore non avrebbe fatto certo una bella figura.

Secondo i calcoli fatti da L’Espresso, in dieci anni è andato in seduta plenaria poco più di una volta su due.

Per la precisione la frequenza tocca il 57,9 per cento.

Con questi standard un impiegato (che non guadagna 12 mila euro al mese) potrebbe restare a casa 150 giorni l’anno. Ferie escluse.

Lo stesso ministro ha ammesso in due lettere le sue performance: nella legislatura 1999-2004 ha varcato i cancelli solo 166 volte, pari al 53,7 per cento delle sedute totali.

“Quasi nessun parlamentare va sotto il 50, perché in tal caso l’indennità per le spese generali viene dimezzata”, spiegano i funzionari di Strasburgo.

Nello stesso periodo il collega Giacomo Santini, Pdl, sfiorava il 98 per cento delle presenze, il leghista Mario Borghezio viaggiava sopra l’80 per cento.

Il trend di Brunetta migliora nella seconda legislatura, quando prima di lasciare l’incarico per fare il ministro firma l’elenco (parole sue) 148 volte su 221. Molto meno comunque di altri colleghi di Forza Italia: nello stesso periodo Gabriele Albertini è presente 171 volte, Alfredo Antoniozzi e Francesco Musotto 164, Tajani, in veste di capogruppo, 203.

La produttività degli europarlamentari si misura dalle attività. In aula e in commissione.

Anche in questo caso Brunetta non sembra primeggiare: in dieci anni ha compilato solo due relazioni, i cosiddetti rapporti di indirizzo, uno dei termometri principali per valutare l’efficienza degli eletti a Strasburgo. L’ultima è del 2000: nei successivi otto anni il carnet del ministro è desolatamente vuoto, fatta eccezione per le interrogazioni scritte, che sono - a detta di tutti - prassi assai poco impegnativa. Lui ne ha fatte 78. Un confronto? Il deputato Gianni Pittella, Pd, ne ha presentate 126.

Non solo. Su 530 sedute totali, Brunetta si è alzato dalla sedia per illustrare interrogazioni orali solo 12 volte, mentre gli interventi in plenaria (dal 2004 al 2008) si contano su due mani. L’ultimo è del dicembre 2006, in cui prende la parola per “denunciare l’atteggiamento scortese e francamente anche violento” degli agenti di sicurezza: pare non lo volessero far entrare.

Persino gli odiati politici comunisti, che secondo Brunetta “non hanno mai lavorato in vita loro”, a Bruxelles faticano molto più di lui: nell’ultima legislatura il no global Vittorio Agnoletto e il rifondarolo Francesco Musacchio hanno percentuali di presenza record, tra il 90 e il 100 per cento.

Se la partecipazione ai lavori d’aula non è da seguace di Stakanov, neanche in commissione Brunetta appare troppo indaffarato.

L’economista sul suo sito personale ci fa sapere che, da vicepresidente della commissione Industria, tra il 1999 e il 2001 ha partecipato alle riunioni solo la metà delle volte, mentre nel biennio 2002-2003, da membro titolare della delicata commissione per i Problemi economici e monetari, si è fatto vedere una volta su tre. Strasburgo è lontana dall’amata Venezia, ma non si tratta di un problema di distanza.

A Ca’ Loredan, nel municipio dove è stato consigliere comunale e capo dell’opposizione dal 2000 al 2005, il nemico dei fannulloni detiene il record. Su 208 sedute si è fatto vedere solo in 87 occasioni: quattro presenze su dieci, il peggiore fra tutti i 47 consiglieri veneziani.

Il bello del mattone - Brunetta spendeva invece molto tempo libero per mettere a segno gli affari immobiliari della sua vita.

Oggi il ministro possiede un patrimonio composto da sei immobili (due ereditati a metà con il fratello) sparsi tra Venezia, Roma, Ravello e l’Umbria, per un valore di svariati milioni di euro. “Mi piacciono le case e le ho pagate con i mutui”, ha sempre detto.

Effettivamente per comprare e ristrutturare la magione di 420 metri quadrati con terreno e piscina in Umbria, a Monte Castello di Vibio, vicino a Todi, Brunetta ha contratto un mutuo di 600 milioni di vecchie lire del 1993.

Ma per acquistare la casa di Roma e quella di Ravello, visti i prezzi ribassati, non ne ha avuto bisogno.

Cominciamo da quella di Roma. Alla fine degli anni Ottanta il rampante professore aveva bisogno di un alloggio nella capitale, dove soggiornava sempre più spesso per la sua attività politica. Un comune mortale sarebbe stato costretto a rivolgersi a un’agenzia immobiliare pagando le stratosferiche pigioni di mercato. Brunetta no.

Come tanti privilegiati, riesce a ottenere un appartamento dall’Inpdai, l’ente pubblico che dovrebbe sfruttare al meglio il suo patrimonio immobiliare per garantire le pensioni ai dirigenti delle aziende.

Invece, in quel tempo, come L’Espresso ha raccontato nell’inchiesta “Casa nostra” del 2007, gli appartamenti più belli finivano ai soliti noti. Brunetta incluso.

Un affitto che in quegli anni era un sogno per tutti i romani, persino per i dirigenti iscritti all’Inpdai ai quali sarebbe spettato.

Lo racconta Tommaso Pomponi, un ex dirigente della Rai ora in pensione, che ha presentato domanda alla fine degli anni Ottanta: “Nonostante fossi stato sfrattato, non ottenni nessuna risposta. Contattai presidente e direttore generale, scrissi lettere di protesta, inutilmente”.

Pomponi ha pagato per anni due milioni di lire di affitto e poi ha comprato a prezzi di mercato, come tutti.

Il ministro, invece, dopo essere stato inquilino per più di 15 anni con canone che non ha mai superato i 350 euro al mese, ha consolidato il suo privilegio rendendolo perpetuo: nel novembre 2005 il patrimonio degli enti infatti è stato ceduto.

Brunetta compra insieme agli altri inquilini ottenendo uno sconto superiore al 40 per cento sul valore di stima.

Alla fine il prezzo spuntato dal grande moralizzatore del pubblico impiego è di 113 mila euro, per una casa di 4 vani catastali, situata in uno dei punti più belli di Roma.

Si tratta di un quarto piano con due graziosi balconcini e una veranda in legno. Brunetta vede le rovine di Roma e il parco dell’Appia antica. Un appartamento simile a quello del ministro vale circa mezzo milione di euro: con i suoi 113 mila euro l’economista avrebbe potuto acquistare un box.

Un tuffo in Costiera - Anche il buen retiro di Ravello è stato un affare immobiliare da Guinness. Brunetta, che si autodefinisce “un genio”, diventa improvvisamente modesto quando passa in rassegna i suoi possedimenti campani.

“Una proprietà scoscesa”, ha definito questa splendida villa di 210 metri quadrati catastali immersa in 600 metri di giardino e frutteto.

Seduto nel suo patio il ministro abbraccia con lo sguardo il blu e il verde, Ravello e Minori.

Per comprare i ruderi che ha poi ristrutturato ha speso 65 mila euro tra il 2003 e il 2005.

“Quanto?”, dice incredula Erminia Sammarco, titolare dell’agenzia immobiliare Tecnocasa di Amalfi: “Mi sembra impossibile: a quel prezzo un mio cliente ha venduto una stalla con un porcile”. Oggi un rudere di 50 metri quadri costa circa 350 mila euro, e una villa simile a quella dell’economista supera di gran lunga il milione di euro.

Il ministro ha certamente speso molto per la pregevole ristrutturazione, tanto che ha preso un mutuo da 300 mila euro poco dopo l’acquisto del 2003 che finirà di pagare nel 2018, ma ha indubbiamente moltiplicato l’investimento iniziale.

Ma come si fa a trasformare una catapecchia senza valore in una villa di pregio?

L’Espresso ha consultato il catasto e gli atti pubblici scoprendo così che Brunetta ha comprato due proprietà distinte per complessivi sette vani catastali, affidando i lavori di restauro alla migliore ditta del luogo.

Dopo la cura Brunetta, al posto dei ruderi si materializza una villetta su tre livelli su 172 metri quadrati più dépendance, rifiniture in pietra e sauna in costruzione. Per il catasto, invece, l’alloggio passa da civile a popolare. In compenso, i sette vani sono diventati 12 e mezzo.

Come è stata possibile questa lievitazione? “Diversa distribuzione degli spazi interni”, dicono le carte.

La signora Lidia Carotenuto, che fino al 2002 era proprietaria del piano inferiore, ricorda con un po’ di malinconia: “La mia casa era composta di due stanzette, al massimo saranno stati 40 metri quadrati e sopra c’era un altro appartamento (che misurava 80 metri catastali, ndr) in rovina. So che ora il Comune di Ravello sta costruendo una strada che passerà vicino all’abitazione del ministro. Io non avrei venduto nulla se l’avessero fatta prima ...”.

A rappresentare Brunetta nell’atto di acquisto della dépendance nel 2005 è stato il geometra Nicola Fiore, che aveva seguito in precedenza anche le pratiche urbanistiche.

Fiore era all’epoca assessore al Bilancio del comune, guidato dal sindaco Secondo Amalfitano, del Partito democratico.

I rapporti con il primo cittadino è ottimo: Brunetta entra nella Fondazione Ravello.
E quest’anno, dopo le elezioni, Amalfitano fa il salto della barricata, entra nel Pdl e lascia la Costiera per Roma dove viene nominato suo consigliere ministeriale.


Il Nobel mancato - “Io sono un professore di economia del lavoro, l’ho guadagnato con le unghie e con i denti. Sono uno dei più bravi d’Italia, forse d’Europa, ha spiegato Brunetta ad Alain Elkann, che di rimbalzo lo ha definito “un maestro della pasta e fagioli” prima di chiedergli la ricetta del piatto.

L’economista Ada Becchi Collidà, che ha lavorato nello stesso dipartimento per otto anni, dice senza giri di parole che “Renato non è uno studioso. È prevalentemente un organizzatore, che sa dare il meglio di sé quando deve mettere insieme risorse”.

Alla facoltà di Architettura di Venezia entra nel 1982, dopo aver guadagnato l’idoneità a professore associato in economia l’anno precedente.

Come ha ricordato in Parlamento il deputato democratico Giovanni Bachelet, Brunetta non diventa professore con un vero concorso, ma approfitta di una “grande sanatoria” per i precari che gravitavano nell’università.

Una definizione contestata dal ministro, che replica: avevo già tutti i titoli.

In cattedra - Secondo il curriculum pubblicato sul sito dell’ateneo di Tor Vergata (dove insegna dal 1991), al tempo il giovane Brunetta poteva vantare poche pubblicazioni: una monografia di 500 pagine e due saggi. Il primo era composto di dieci pagine ed era scritto a sei mani, il secondo era un pezzo sulla riduzione dell’orario edito da “Economia & Lavoro”, la rivista della Fondazione Brodolini, di area socialista, che Brunetta stesso andrà a dirigere nel 1980.

Tutto qui? Nel mondo della ricerca esistono diverse banche dati per valutare il lavoro di uno studioso. Oggi Brunetta si trova in buona posizione su quella Econlit, che misura il numero delle pubblicazioni rilevanti: 30, più della media dei suoi colleghi.

La musica cambia se si guarda l’indice Isi-Thompson, quello che calcola le citazioni che un autore ha ottenuto in lavori successivi: una misura indiretta e certo non infallibile della qualità di una pubblicazione, ma che permette di farsi un’idea sull’importanza di un docente. L’indice di citazioni di Brunetta è fermo sullo zero.

Le valutazioni degli indicatori sono discutibili, ma di sicuro il mondo accademico non lo ha mai amato: “L’università ha sempre visto in lui il politico, non lo scienziato”, ricorda l’ex rettore dello Iuav di Venezia, Marino Folin. Nel 1991, da professore associato, riesce a trasferirsi all’Università di Tor Vergata.

In attesa del Nobel, tenta almeno di diventare professore ordinario partecipando al concorso nazionale del 1992.

In un primo momento viene inserito tra i 17 vincitori. Ma un commissario,
Bruno Sitzia, rimette tutto in discussione.


Scrive una lettera e, senza riferirsi a Brunetta, denuncia la lottizzazione e la poca trasparenza dei criteri di selezione.

“Si discusse anche di Brunetta, e ci furono delle obiezioni”, ricorda un commissario che chiede l’anonimato: “La situazione era curiosa: la maggioranza del collegio era favorevole a includere l’attuale ministro, ma non per i suoi meriti, bensì perché era stato trovato l’accordo che faceva contenti tutti. Comunque c’erano candidati peggiori di lui”.

Il braccio di ferro durò mesi, poi il presidente si dimise.

E la nuova commissione escluse Brunetta.

Il professore “migliore d’Europa” viene bocciato.

Un’umiliazione insopportabile. Così fa ricorso al Tar, che gli dà torto.


Poi si appella al Consiglio di Stato, ma poco prima
della decisione si ritira in buon ordine.



Nel 1999 era riuscito infatti a trovare una strada per salire sulla cattedra.
Un lungo giro che valica l’Appennino e si arrampica alle pendici del Gran Sasso,
 ma che si rivela proficuo.


È a Teramo che ottiene infine il riconoscimento: l’alfiere della meritocrazia, bocciato al concorso nazionale, riesce a conquistare il titolo di ordinario grazie all’introduzione dei più facili concorsi locali.

Nel 1999 partecipa al bando di Teramo, la terza università d’Abruzzo.
Il posto è uno solo ma vengono designati tre vincitori.


La cattedra va al candidato del luogo ma anche gli altri due ottengono “l’idoneità”.

Brunetta è uno dei due e torna a Tor Vergata con la promozione.

Un’ultima nota. A leggere le carte del concorso, fino al 2000 Brunetta “è professore associato a Tor Vergata”.

La stranezza è che il curriculum ufficiale - pubblicato sul sito della facoltà del ministro - lo definisce “professore ordinario dal 1996”.

Quattro anni prima: errore materiale o un nuovo eccesso di ego del Nobel mancato?

 


Il Ministro Brunetta, ospite il 18/06/2008 da Mentana a Matrix - Canale5, si vanta di aver quasi vinto
il Premio Nobel per l'Economia
ma di aver rinunciato per amore della politica




®@ffstef@n
00domenica 31 gennaio 2010 16:24
®@ffstef@n
00mercoledì 26 maggio 2010 13:45

Brunetta e il consulente


Sab, 22/05/2010 -


Giorgio Frasca Polara 
 


 IL CASO. Il direttore generale del ministero dell’Innovazione ricopre tre incarichi. Il quarto è stato bloccato dalla Corte dei conti che ne ha contestato l’eccessivo importo.

Ma sul sito istituzionale nulla è riportato.

Alla faccia dell’austerity e delle sparate demagogiche del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta!

Sentite questa, sulla bella vita ed il cumulo di incarichi del dottor Francesco Verbaro, direttore generale per il personale proprio al ministero di cui è responsabile Brunetta.

Dunque, già per questo incarico il dottor Francesco Verbaro percepisce un compenso di 141.532 euro.

Non gli bastano?

No, non gli bastano.
 
E allora si fa nominare nel comitato direttivo dell’Aran-Sicilia (sezione regionale dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubbliche amministrazioni): compenso aggiuntivo di 80.000 euro.

Ma al dottor Francesco Verbaro non bastano due incarichi e nemmeno due stipendi.

Ne vuole un terzo e viene servito: 44.000 euro come consulente del Comune di Milazzo.

Fosse stato per lui ne avrebbe gradito anche un quarto (consulente della Provincia di Messina a 127.000 euro) se la Corte dei conti non avesse bloccato la delibera contestandone l’eccessivo importo.
 
Cifre e incarichi, rivelati due anni fa da repubblica.it e da allora mai smentiti, sono stati ripresi dall’on. Linda Lanzillotta (Alleanza per l’Italia) ed elencati in un’interrogazione a risposta scritta rivolta a quel ministro Brunetta che si vanta di aver realizzato un’operazione di totale trasparenza pubblicando gli emolumenti dei dirigenti statali.

Ma nel sito del ministero non c’è traccia dei compensi relativi ad incarichi e consulenze affidate agli stessi dirigenti, tra cui il dottor Verbaro, da altre amministrazioni pubbliche.
 
Allora, se incarichi e compensi (per un totale di mezzo miliardo della vecchie lire) sono veri, Brunetta deve spiegare a Lanzillotta (e anche a noi) almeno due cose.

La prima: come ciò sia compatibile con l’assolvimento dei compiti e degli obiettivi oggetto del contratto sottoscritto dal dottor Verbaro e dal ministro, e per i quali “gli è stato riconosciuto un trattamento più che adeguato”.

La seconda: come ciò sia coerente con la battaglia che lo stesso ministro conduce contro i fannulloni e contro le consulenze esterne.
 

Qualora poi il signor direttore generale svolga effettivamente tutte queste attività e riscuota i relativi compensi, “per quale motivo essi non siano stati pubblicati sul sito del ministero?”

Non è forse questo silenzio “l’esatto opposto della trasparenza da Brunetta tanto pubblicizzata?”.
 
Perché, in buona sostanza, così si accredita l’idea che il sito fornisca una informazione completa e veritiera sui compensi mentre, al contrario, si forniscono all’opinione pubblica informazioni parziali e distorte con un effetto manipolativo tanto più grave in quanto prodotto da un un sito istituzionale del governo, “cui compete – sottolinea Lanzillotta – una particolare responsabilità quanto a correttezza e completezza dell’informazione”.
 
Il cumulo del dottor Verbaro è solo un esempio, certo.

Ma rivela o no la grave inaffidabilità delle comunicazioni ministeriali e ridicolizza o no la credibilità delle sparate pseudomoralizzatrici di Renato Brunetta?  
  



http://www.terranews.it/news/2010/05/brunetta-e-il-consulente

 
parliamonepino
00mercoledì 26 maggio 2010 17:38
Renato Brunetta è una persona intelligente.

Ciò non toglie che raggiungendo una posizione di potere, Brunetta, si trovi a dover guardare gli altri da sopra una "altura".

Pertanto, per una "personcina" come Renato, giganteggia e questo lo rende felice e soddisfatto come "Un giudice" di Fabrizio De Andrè.

"è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti"




Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi e le battute della gente,
o la curiosità di una ragazza irriverente,
che li avvicina solo per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti della virtù meno apparente,
fra tutte le virtù la più indecente.

Passano gli anni i mesi, e se li conti anche i minuti.
È triste trovarsi adulti senza essere cresciuti,
la maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo,
fino a dire che un nano è una carogna di sicuro,
perché ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del culo.

Fu nelle notti insonni vegliate al lume del rancore
che preparai gli esami, diventai procuratore,
per imboccare la strada che dalle panche di una cattedrale
porta alla sacrestia quindi alla cattedra di un tribunale:
giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male.

E allora la mia statura non dispensò più buonumore
a chi alla sbarra in piedi mi diceva "Vostro Onore"
e di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi nell'ora dell'addio,
non conoscendo affatto la statura di Dio.


Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:52.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com