La condanna beffa nel Paese degli insulti!

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La Bidella
00giovedì 18 marzo 2010 11:05
Sentenza (e appello) da record per aver detto "vergogna" a una giunta leghista. Accade in provincia di Treviso

Fonte: www.corriere.it/cronache/10_marzo_18/condanna_beffa_acf81aea-325b-11df-b043-00144f02aa...

Gian Antonio Stella

Su col morale: la giustizia sa essere velocissima. In una regione come il Veneto in cui la prima udienza di 44 processi civili è stata fissata dalla Corte d’Appello di Venezia nel 2017 (pazienza, pazienza...) un pubblico ministero di Treviso ci ha messo tre-giorni-tre a presentare appello contro l’assoluzione di una signora che aveva osato dire agli assessori comunali di Vittorio Veneto la parola «Vergognatevi!». Ai milioni di processi che impantanano i tribunali si aggiungerà anche lo strascico di questo. Quali siano gli esempi arrivati in questi anni dall’alto, li ricordiamo tutti. Una rinfrescatina? Oscar Luigi Scalfaro, all’epoca capo dello Stato, fu liquidato da Vittorio Sgarbi in piazza Montecitorio come «una scorreggia fritta». Roberto Maroni spiegò che «Bossi ce l’ha duro, Berlusconi ce l’ha d’oro, Fini ce l’ha nero, Occhetto ce l’ha in (censura) ».

Gianni Baget Bozzo tuonò in diretta televisiva che «il popolo deve molto a Berlusconi. E col cazzo che questa è adulazione». Il leghista Enrico Cavaliere si avventurò dai banchi della Camera a dire: «C’è puzza di merda in questo posto». Alessandra Mussolini mandò una lettera pubblica al Senatur in cui diceva: «Si’ proprio nu chiachiello e nun tien’ manch’e palle p’ffa na vera rivoluzione». Massimo D’Alema bacchettò Carlo Ripa di Meana con il suo tipico garbo: «Dice solo cazzate». Romano Prodi sibilò a Enrichetto La Loggia, in pieno dibattito parlamentare, l’invito «Ma vaffan... » seguito da un’interrogazione parlamentare dell’offeso: «Risponde al vero che lei mi ha mandato fanculo?». Quanto ai tempi più recenti, va ricordato almeno Silvio Berlusconi, che dopo aver precisato di avere «troppa stima per l’intelligenza degli italiani per pensare che ci possano essere in giro così tanti coglioni che possano votare a sinistra», se l’è presa con chi «sputtanando il premier sputtana anche l’Italia». E poi Antonio Di Pietro, che ad Annozero ha detto «col massimo rispetto, Berlusconi è un delinquente » per incitare successivamente a «buttar fuori Minzolini a calci in culo ». E ancora Gianfranco Fini («Chi dice che gli stranieri sono diversi è uno stronzo...») e Roberto Calderoli: «È stronzo anche chi li illude».

Per non dire di Tommaso Barbato e Nino Strano che, il giorno della caduta del governo Prodi, urlarono al Senato contro Nuccio Cusumano: «Pezzo di merda, traditore, cornuto, frocio!» e «Sei una checca squallida!». E via così: potremmo andare avanti per ore. Bene: in questo contesto, in cui una parte del Paese accusa l’altra d’avere le mani lorde di sangue dei crimini staliniani e l’altra metà risponde imputando agli avversari di essere golpisti e goebbelsiani, la signora Ada Stefan si è spericolatamente spinta a contestare una decisione urbanistica della giunta comunale leghista di Vittorio Veneto. La scelta di non demolire un complesso edilizio che avrebbe dovuto diventare un «polo sportivo d’interesse nazionale » con due campi di calcio, un impianto di pattinaggio a rotelle, tribune, foresterie, palestre, parcheggi e un sacco di altre cose compresi un po’ di «spazi commerciali accessori». Una cosa grossa. Edificata su un terreno per il quale il piano regolatore prevedeva fossero «ammessi solo gli impianti per il gioco, gli spettacoli all’aperto e le attrezzature sportive».

Scelta giusta o sbagliata? Non ci vogliamo manco entrare: non è questo il punto. Il fatto è che, essendo state costruite solo le strutture commerciali e non quelle sportive, un gruppo di abitanti della zona aveva chiesto alla giunta di smetterla con le deroghe e, dato che il progetto originale era stato stravolto e dunque risultava tutto abusivo, di procedere con le ruspe. Al che l’amministrazione aveva risposto che «l’esigenza del ripristino della legalità non è sufficiente a giustificare la demolizione richiesta, occorrendo comparare l’interesse pubblico alla rimozione con l’entità del sacrificio imposto al privato». Parole discutibili. Tanto più alla luce di una serie di sentenze di sette o otto Tar (veneto compreso) e del Consiglio di Stato presentate dal legale degli abitanti della zona, Daniele Bellot, tutte molto chiare: in casi del genere l’abuso va abbattuto. Ma neppure questo è il punto. Il punto è che, durante un consiglio comunale, esasperata dalle resistenze della maggioranza all’idea di demolire il complesso, la signora Ada Stefan sbottò: «Vergognatevi! ».

Un’offesa gravissima, secondo Mario Rosset, già segretario e consigliere della Lega. Al punto di meritare una denuncia. Denuncia finita sul tavolo di un magistrato trevisano. Il quale, incredibile ma vero, decise di emettere un decreto penale che condannava la signora «per avere offeso l’onore e il prestigio del consiglio comunale di Vittorio Veneto dicendo ad alta voce, rivolta al loro indirizzo, "Vergognatevi"». Un verdetto sconcertante. Che Ada Stefan decise di non accettare chiedendo di andare a processo. Processo aperto e chiuso giorni fa nel giro di pochi minuti: per il giudice Angelo Mascolo la signora andava assolta «perché il fatto non costituisce reato, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.». Faccenda chiusa? Macché: tre giorni dopo (tre giorni: in un Veneto in cui i magistrati sono sommersi di arretrati e, stando alla relazione della stessa presidente Manuela Romei Pasetti, «trascorrono mediamente 272 giorni tra la sentenza di 1˚ grado e l’arrivo alla Corte d’Appello») il sostituto procuratore Giovanni Cicero impugnava l’assoluzione. Il processo andrà avanti: la signora Stefan, secondo lui, va castigata. Il tutto in una provincia come Treviso.

Dove il sindaco leghista Giancarlo Gentilini ha ordinato «la pulizia etnica contro i culattoni» ed è arrivato a invocare «il linciaggio in piazza». Dove il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni si è spinto a dire: «Gli immigrati? Peccato che il forno crematorio del cimitero di Santa Bona non sia ancora pronto» aggiungendo che «l’immigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso». Dove il consigliere comunale leghista della città capoluogo Pierantonio Fanton ha teorizzato che «gli immigrati sono animali da tenere in un ghetto chiuso con la sbarra e lasciare che si ammazzino tra loro». Dove un altro consigliere leghista, Giorgio Bettio, è sbottato tempo fa urlando che occorreva «usare con gli immigrati lo stesso metodo delle SS: punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino». Il tutto senza particolari strascichi giudiziari. E sarebbe un reato dire «vergognatevi»? Messa così lo diciamo anche noi: vergognatevi.
®@ffstef@n
00giovedì 18 marzo 2010 20:22

Fonte:
IL FALLIMENTO DELLA POLITICA DELLA SICUREZZA: LEGHISTI SPACCIATORI DI FUMO



SI SONO VENDUTI SUI MEDIA L’OPERAZIONE RESPINGIMENTO DI 15.000 PROFUGHI, MA IN UN ANNO GLI IMMIGRATI SONO AUMENTATI DI 360.000 UNITA’…REGALATI 5 MILIARDI ALLA LIBIA PER FARE L’OPERAZIONE SPORCA, IN VIOLAZIONE DELLE CONVENZIONI INTERNAZIONALI FIRMATE ANCHE DALL’ITALIA…LE RONDE SENZA PAGARLE SONO NAUFRAGATE.. SOLO OPERAZIONI D’IMMAGINE  SENZA SOSTANZA



Non siamo tra coloro che si fermano alle apparenze, siamo gente che badiamo alla sostanza: non ci interessa che il popolo italiano abbia “la percezione” di una maggiore sicurezza solo perchè vede due militari passeggiare per le città, accompagnati da un agente altrimenti si perdono per strade che non conoscono.

Non amiamo soprattutto essere presi per i fondelli dai seguaci della”padagna del magna magna” che spacciano sostanze “stupefacenti”, confidando nella buona fede degli acquirenti.


Esaminiamo gli interventi che Maroni ha adottato per aumentare la “percezione” di sicurezza tra i cittadini.

La sicurezza chi la garantisce in uno stato democratico? Le forze dell’ordine.

Primo atto significativo di questo governo è stato tagliare di 3 miliardi i fondi a loro disposizione: questo si è tradotto in meno mezzi  a disposizione, meno uomini, questure che non pagano neanche più l’affitto, straordinari non remunerati, auto senza benzina e pezzi di ricambio.


Un esempio per tutti: la famosa “squadra catturandi” della mobile di Palermo che ha dovuto compiere interventi con auto personali degli agenti, senza neanche l’indennità mensa e il riconoscimenti degli  straordinari derivanti da lunghe notti di appostamento.

Con i servizi igienici guasti per mesi perchè non c’erano neanche i soldi per chiamare un idraulico.

Di fronte alle immagini degli sbarchi a Lampedusa che colpivano l’opinione pubblica, si è pensato bene di porre in atto, d’intesa con la Libia, la politica dei respingimenti.

Abbiamo regalato alla Libia (per la terza volta) un risarcimento per presunti danni di guerra di cento anni fa, pari alla modica cifra di 5 miliardi (per l’Abruzzo si è, fino ad ora, speso solo 1 miliardo).

Dati a fondo perso a un regime dove vengono negati i diritti umani, con massacri nelle carceri, affinchè qualcuno facesse il lavoro sporco di affogare i profughi per conto terzi.

In violazione delle convenzioni internazionali che l’Italia stessa ha firmato: il profugo in mare deve essere condotto al più vicino porto italiano, gli si deve dare la possibilità di chiedere asilo politico che per legge è riconosciuto a chi proviene da Paesi in guerra o dove esistono guerre civili in atto.

Ovviamente poi si può concedere o meno, ma la prassi di respingerli in mare senza alcun accertalemento è illegale.

Siamo riusciti anche in questo.

Il tutto per dimezzare da 35.000 a 18.000 le entrate in Italia di clandestini via mare, molti dei quali avrebbero avuto diritto al riconoscimento di asilo politico. Mentre l’Italia di Minzolini e Mimun faceva clack clak con le manine e Maroni spacciava dati a fronte telecamere, sono arrivati in aereo o in treno al nord quasi un milione di romeni.

Dati ufficiali 2009 del ministero: 360.000 extracomunitari in più, senza contare quelli che sfuggono alle statistiche.

Per essere più chiari: uno arriva comodamente in aereo col visto turistico per tre mesi, dichiara di stare presso parenti, dopo tre mesi non ritorna in patria e nessuno lo va più a cercare perchè gli agenti  per farlo non ci sono.

Caso romeni: è vero che possono entrare liberamente grazie al governo Prodi che a suo tempo non si avvalse della facoltà, utilizzata in altri stati europei, di chiedere un periodo di blocco per  tre anni, ma neanche il centrodestra si oppose allora e non ha mai cercato di rinegoziare il trattato in questi due anni.

Altro aspetto che dimostra la professione di “spacciatori di fumo” dei leghisti: quello delle ronde.

 Tralasciamo l’uso dell’esercito che non è servito a una mazza, al massimo a fare la guardia al bidone di benzina.

Per le ronde erano stati promessi 100 milioni ai comuni che avrebbero  istituito le ronde (sotto forma di rimborse spese).
Migliaia di leghisti sembrava non aspettassero altro che di indossare la pettorina gialla finto-Anas e simil-netturbini.


Quando però Tremonti ha tagliato i 100 milioni perchè gli agenti si stavano incazzando (”per noi non c’è mai un euro, per le ronde regalate soldi?”), ecco il miracolo: nessuna ronda in Italia.

Senza soldi lo spirito civico dei leghisti si è dissolto.

E poi ironizzavano sui lavori socialmente utili al sud per mantenere le clientele.

Improvisamnete tutti i rambo leghisti vanno a nanna dopo carosello (o a farsi un bicchiere nelle osterie padane).

Potremmo ricordare che questo governo di “destra presunta” è riuscito a farsi contestare dagli agenti di tutti i sindacati per il vergognoso contratto proposto (20 euro di aumento lordo dopo due anni dalla scadenza), con relativa manifestazione di piazza (30.000 agenti in corteo).

Qualcuno obietterà: ma in questi due anni sono stati catturati molti mafiosi.

Certo, merito delle forze dell’ordine, non  ci risulta che Maroni abbia partecipato nè ad indagini nè ad incursioni nei covi.

Lo abbiamo visto solo in Tv a prendersi meriti non suoi.

Seconda obiezione: siete bravi a criticare, ma cosa proponete?

In sintesi: agli immigrati vanno riconosciuti i diritti, non si deve solo pretendere doveri.

Parliamo di quelli regolari che pagano le tasse e versano i soldi all’Inps.

Chi viene trovato in mare deve avere la possibilita di fare domanda di asilo politico, come in tutti i Paesi civili.

Occorre rinegoziare gli accordi coi paesi di origine dei clandestini e con quelli dell’est.

E’ necessario motivare economicamente le forze dell’ordine e incrementare il lavoro di intelligence. Meno agenti in divisa e più investigatori.

E poi una semplice leggina: chi si comporta bene deve avere gli stessi diritti degli italiani, non uno di meno; chi si comporta male, al primo reato espulsione in 24 ore, con accompagnamento coattivo al primo aereo che rulla già sulla pista.

Compreso chi è in carcere per reati minimi: sconti la pena nel proprio Paese.

Un terzo dei posti in galera si libererebbe.

Ultima piccola annotazione: coi 5 miliardi di dollari regalati a Gheddafi avremmo potuto stanziare 4000 euro a testa a oltre 100.000   stranieri interessati a rientrare nel proprio Paese.

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