Vorremmo presentare il caso di una madiazione tra una madre di 42 anni,separata, e sua figlia di 16, nella quale è stata decisiva la tecnica dell’evidenziare le differenze.
La madre era divorziata da tre anni e il rapporto con l’ex-marito era pessimo.
Madre e figlia vivevano da sole e la loro convivenza era un vero inferno. Da due anni si rivolgevano la parola solo per litigare: da quando la figlia aveva iniziato a frequentare un gruppo di giovani, aveva smesso di andare a lezione regolarmente e tornava tardi la sera.
La figlia stava abbandonando il gruppo.
La madre soffriva e voleva controllare la figlia; quest’ultima non lo permetteva.
Durante la prima seduta di mediazione la madre disse di non poterne più, di voler vedere la figlia fuori casa non appena avesse compiuto 18 anni, di non sopportarla più. Durante la seduta la figlia affermò di “voler vivere nuove esperienze”, che sua madre non la capiva e che si vergognava a camminare per la strada con lei.
Cercavano di non essere mai presenti in casa entrambe, cosa che si rinfacciavano reciprocamente.
La madre accusava la figlia di non aiutarla, per niente, nei lavori domestici e soprattutto di mentirle.
La rimproverava per la vita disordinata che conduceva,
inadatta alla sua età, e per l’uso di droghe.
La figlia non sembrava molto interessata a confutare quest’ultima accusa e, da parte sua, rinfacciava alla madre di non rispettare la sua intimità (entrava nella
stanza e frugava tra le cose della minore in cerca di prove e le aveva addirittura sequestrato lettere, che accennavano alle droghe e al sesso, senza più
restituirgliele).
Inoltre, un anno prima, la madre aveva ingannato la figlia riuscendo a portarla con sé d’estate a casa della sua famiglia, a 400 chilometri di distanza dal domicilio abituale.
La vacanza, che in teoria doveva durare tre o quattro giorni,si era, infatti, protratta per un mese.
La figlia affermava che non glielo avrebbe mai perdonato e che era la madre a mentire e ad ingannarla.
Durante il soggiorno a casa della famiglia, la madre costrinse la figlia ad accettare determinati accordi: se avesse frequentato più assiduamente la scuola, ottenuto voti migliori, se si fosse comportata meglio a casa, avrebbe ottenuto più ...libertà.
I patti,come prevedibile,non avevano funzionato e la sfiducia reciproca era aumentata.
Ci trovavamo di fronte a una situazione in cui la madre soffriva perché voleva proteggere la figlia dai pericoli della vita che conduceva e si scontrava con un rifiuto completo e, persino con il disprezzo della figlia, che non riusciva a capire l’atteggiamento della madre e si sentiva continuamente attaccata.
La mediazione avanzava con molte difficoltà.
Di seduta in seduta, siamo riusciti a ridurre l’aggressività delle discussioni, a ottenere qualche accordo di minima: la figlia avrebbe aiutato in alcuni lavori domestici, abbassato il volume della radio,
e la madre si sarebbe impegnata a non spiare la figlia.
La convivenza migliorava, ma solo in parte e su basi poco solide.
Le incompresioni di fondo restavano e continuavano ad accusarsi di mentire.
Tuttavia, però, desideravano continuare con la
mediazione.
Le sedute erano per loro un rifugio dove potevano trovare il meglio di sé e dell’altro.
Ad un certo punto, ci sembravano quasi esaurite le risorse per portare avanti la mediazione e ricostruire il rapporto ed abbiamo deciso di mettere in evidenza
alcune differenze:
-abbiamo chiesto loro un’opinione sulle differenze di visione del mondo e della vita tra adulti e adolescenti, se credevano di essere un caso isolato o eccezionale.
Abbiamo lavorato per sottolineare le cose che le univano, il reciproco affetto e riconoscere mutuamente lo sforzo, per quanto poco efficace, che entrambe stavano facendo.
Sono state analizzate nella mediazione le ragioni del comportamento della madre ed è stata riconosciuta la componente affettiva nei confronti della ragazza.
Sonia, ad un certo punto, ha iniziato ad aprirsi e ad ammettere che determinati comportamenti della madre potevano essere visti da questo punto di vista e non solo vissuti come un’ingiustificabile ansia di controllo (come era successo fino ad allora).
Ha riconosciuto di essersi comportata male con la madre e che era comprensibile che quest’ultima non si fidasse di lei.
La madre, da parte sua, cominciava a capire che il desiderio di “vivere nuove esperienze” espresso durante la prima seduta non era un argomento raro, ma anzi molto comune tra gli adolescenti, e che il modo migliore per proteggere ed influenzare la figlia era cercare di comprenderla ed avvicinarsi a lei, invece di criticarla, dubitare di lei, litigare come aveva fatto fino ad allora.
La riflessione è stata estremamente utile e, grazie ad essa, la mediazione si è sbloccata iniziando un percorso di maggior fiducia e comprensione reciproca che ha permesso loro di convivere nel rispetto reciproco.
*******************
>>>>>>> continua