L'80% delle condanne a morte eseguite nei paesi del G20

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@nounou@
00giovedì 28 maggio 2009 10:22
I dati del rapporto annuale 2009 di Amnesty International

La crisi economica cancella i diritti umanitari. Italia nel mirino sull'immigrazione: «Disprezza i diritti umani»

MILANO - La crisi economica cresce e diritti umani diminuiscono. Il rapporto tra recessione, perdita dei posti di lavoro e rispetto dei principi etici è inversamente proporzionale, secondo i dati diffusi da Amnesty International nella sua relazione annuale sulla situazione in 157 paesi del mondo.

Più cresce una, più diminuiscono gli altri e il mondo è seduto sopra una bomba a orologeria sociale, politica ed economica, innescata da una crisi dei diritti umani. Ed è una bomba che minaccia da vicino il nostro mondo, quello più "civilizzato": il 78% delle 2390 condanne a morte eseguite ha avuto luogo nei paesi del G20. E ancora: le torture e altre forme di maltrattamento sono state compiute, nel corso degli interrogatori, in circa 80 paesi. Il 79% dei quali, di nuovo, appartiene al G20.

QUASI UN MILIARDO SOFFRE LA FAME - Sono 963 i milioni di persone nel mondo che soffrono la fame, mentre un miliardo vive in insediamenti precari e ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza. Inoltre 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all'assistenza sanitaria di base e 20 mila bambini muoiono ogni giorno perché non hanno accesso a servizi igienici adeguati.

«Dietro alla crisi economica si cela un’esplosiva crisi dei diritti umani – ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. «La recessione ha aggravato le violazioni dei diritti umani, distolto l’attenzione da esse e creato nuovi problemi. Prima, i diritti umani erano messi in secondo piano in nome della sicurezza, ora in nome della crisi economica: miliardi di persone sono private di sicurezza, giustizia e dignità. La crisi che le colpisce ha a che fare con la mancanza di cibo, di lavoro, di acqua potabile, di terra e di alloggio ma anche con l’aumento di disuguaglianza, xenofobia, razzismo, violenza e repressione».

«IN ITALIA DISPREZZO DEI DIRITTI UMANI» - Un'accusa della Weise è stata lanciata in modo diretto anche contro il nostro paese: «La politica dell'immigrazione italiana ed i respingimenti dei rifugiati che arrivano con le barche in alto mare è espressione di un disprezzo dei diritti umani e delle persone veramente disperate che qui cercano aiuto». C'è anche un avvertimento al nostro paese, da parte di Amnesty: «l'Italia sarà ritenuta responsabile di quanto accadrà ai migranti e richiedenti asilo riportati in Libia», dove non esiste una procedura d'asilo e anzi vengono denunciati da molti rapporti «torture e altri maltrattamenti» ai loro danni.

LA SITUAZIONE NEL RESTO DEL MONDO - Tra i molti esempi contenuti nel rapporto di Amnesty ci sono la negazione alle comunità indigene del diritto fondamentale a una vita dignitosa in Brasile, in India e in diversi paesi africani; gli sgomberi forzati di centinaia di migliaia di persone da insediamenti abitativi precari o terreni agricoli, in nome dello sviluppo economico; il vertiginoso aumento dei prezzi, che ha provocato altra fame e altre malattie e, in paesi come Corea del Nord, Myanmar e Zimbabwe, l’uso del cibo come arma politica; il persistere della violenza e della discriminazione nei confronti delle donne; la reazione alla pressione migratoria da parte dei paesi di destinazione e di transito, che hanno adottato politiche ancora più restrittive, con l’Europa a indicare il cammino in collusione con governi come Mauritania, Marocco e Libia.

«Osserviamo nel mondo crescenti segnali di rivolta e violenza politica. Il rischio è che la recessione porti con sé maggiore repressione. Lo abbiamo già visto in Tunisia, Egitto, Camerun e altri paesi africani, quando i governi hanno stroncato duramente le proteste contro la situazione economica, sociale e politica».

FONTE

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