Introduzione
Passano, gli anni passano. Nel 1995, quando Formigoni è diventato presidente della Regione la prima volta, c’era la lira, l’Italia aveva appena perso i Mondiali per un rigore sbagliato da Roberto Baggio,
il primo governo Berlusconi era già caduto.
Una generazione fa. Il più longevo politico italiano che, oltre a bearsi dei propri successi, dovrebbe anche chiedersi che cosa è successo in Lombardia in questi anni, senza ogni volta dare la colpa a qualcun altro, senza scaricare il barile di oil for food (e, pensando alle bonifiche, di barili ce ne sono parecchi) su questo o quel governo e su questo o quel comune. Anzi, sugli stessi governi che ha contribuito ad eleggere e sugli stessi comuni che in questi anni non ha voluto ascoltare.
Cielo grigio su cielo grigio su. Foglie gialle giù. Questo libro grigio è dedicato a Roberto Formigoni, la figura politica che in quindici anni di ininterrotto esercizio del potere (c’è una legge del 2004 che impedisce più di due mandati, lui si appresta invece ad essere presidente per la quarta volta consecutiva) ha prodotto un sistema che oggi è più sfilacciato di quanto non appaia, fortunatamente in una Lombardia che funziona e in molti ambiti è eccellenza a prescindere dall’uomo più sensibile a telecamere e flash della storia lombarda.
Non c’è solo la magistratura, che fa il suo dovere e indaga quando ve n’è motivo senza guardare l’orologio (soprattutto se l’orologio, come nel caso delle bonifiche, è regalato da un operatore sotto inchiesta…), ad aver aperto crepe importanti nel feudo formigoniano. Anche i comuni cittadini si stanno accorgendo delle lunghe liste d’attesa per una normale visita medica, dell’addizionale Irpef più cara d’Italia, dei treni sporchi, freddi e troppo spesso in ritardo, delle scuole pubbliche abbandonate a loro stesse dal governo Berlusconi ma anche da Formigoni, che preferisce riversare una pioggia di contributi regionali a chi manda i propri figli a quelle private (400 milioni dal 2001), anche se è ricco e del contributo potrebbe farne a meno.
Se ne stanno purtroppo accorgendo anche gli anziani e le mamme che passeggiano con i loro bambini lungo strade e piazze sempre più inquinate dallo smog, senza che l’uomo del trentesimo piano del Pirellone batta ciglio.
Il “Celeste” continua a gongolare, fiero dell’unica grande opera realizzata nel suo lungo mandato: una nuova sede costata 400 milioni di euro provenienti direttamente dalle tasche dei lombardi.
Uno dei lavori che ha più impegnato il presidente e i suoi è stata l’occupazione sistematica dei posti nella sanità lombarda, che rappresenta l’80% del bilancio della Regione Lombardia. Anni di lavoro per consolidare un potere personale e di “corrente”, quella di Comunione e liberazione, per avere sempre più un ruolo, ma con molte resistenze nello stesso Pdl, su scala nazionale, nella speranza, sempre viva e mai nascosta, di succedere un giorno a Berlusconi.
Successione che Formigoni ha tentato più volte, nel corso della legislatura, candidandosi per andare a Roma nel 2006 e nel 2008, in cima alle liste bloccate della destra, lasciando in sospeso per mesi la politica lombarda: lunghi mesi di «vado o vengo», per mutuare un’espressione dialettale milanese.
Voleva fare il ministro, di un ministero importante, ma Berlusconi questa opportunità gliel’ha sempre negata. Perché Formigoni, anche controvoglia, deve restare in Lombardia.
L’importante è apparire (l’ironica campagna di Repubblica avviata in questi giorni: «là dove c’è un flash… c’è Formigoni» calza a pennello) e minimizzare le crepe, deridere gli avversari anche di fronte all’evidente incapacità di risolvere problemi fondamentali e continuare a dare (i) numeri, ripetendo voci di bilancio, facendole comparire magicamente come se fossero nuove, per scoprire, poi, che sono sempre le stesse.
Con i risultati che conosciamo.
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