IL CERCHIO SI E' CHIUSO - Caso Bertolaso, nella cricca c'è anche una suora

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
®@ffstef@n
00sabato 20 febbraio 2010 19:59
Tutto è iniziato con gli appalti «pilotati» alla Maddalena.

Poi si è scoperto che oltre a imprenditori e funzionari pubblici, nell’affare erano coinvolti a vario titolo onorevoli e senatori.

Scavando, gli inquirenti fiorentini si sono imbattuti anche in un monsignore che chiedeva raccomandazioni alla «cricca».
Poi è spuntato un cardinale «inconcludente».

Ora ecco apparire una suora.
Adesso, dunque, nelle informative dei
carabinieri del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Firenze, spunta un'altra figura ecclesiastica: suor Enrica, sottosegretaria e sovrintendente di tutti gli ordini religiosi femminili.

Ancora una volta, dunque, una «tonaca» nell'inchiesta per corruzione che ha mandato in carcere, per ora, Angelo Balducci, Diego Anemone, Mauro Della Giovampaola e Fabio De Santis, oltre a far finire nel registro degli indagati della procura di Firenze decine e decine di nomi.



Secondo le intecettazioni registrate dai militari,
la suora avrebbe dovuto aiutare alcuni amici della «cricca»
ad acquisire una struttura che si trova al Gianicolo.

Nella conversazione registrata dagli investigatori il 21 luglio del 2008, Riccardo Fusi, ex presidente della Btp (Baldassini-Tognozzi-Pontello), indagato i presunti appalti
«manovrati»
per i lavori del G8 alla Maddalena, parla con il commercialista Pietro Di Miceli riguardo all'acquisizione di una struttura al Gianicolo, per la quale creerebbe difficoltà la madre generale Silvana Furnari.

Così, ecco apparire nella conversazione suor Enrica.
Fusi: «Io ti chiedevo ...allora ...noi abbiamo, come ti avevo accennato, un grosso problema ...oppure forse è minore di quello che penso io».
Di Miceli: «Sì ...».
F: «Per una struttura lì al Gianicolo ...e il nostro contatto, cioè il nostro contatto è con Alpitour ma non c'entra niente, il problema che potrebbe nascere è con la ...con la madre ...madre generale Silvana ...Silvana Furnari ...e sono ...aspetta ti leggo cosa sono queste qui ...sono la società del Monastero delle Oblate Agostiniane e di Santa Maria dei sette dolori ...(azz un dolore per ogni buco. [ndr])monastero bla, bla bla ...ecco ...io ...come ...ti preparerei un promemoria per mercoledì».
D: «Ecco sì».
F: «Ma tu con questa gente in qualche modo ...hai modo di parlare ...cioè ci si può arrivare oppure no?».
D: «Ci puoi arrivare pure tu direttamente».
F: «No, io direttamente ...io con le suore non è che vado tanto d'accordo».
D: (ride).
F: «Preferisco che ci sia tu».
D: «Perché c'è suor Enrica ...no ...suor Enrica».
F: «Ah, suor Enrica?».
D: «Sì, è sottosegretaria e sovrintende di tutti gli ordini religiosi femminili ...e che io ti ho presentato no?».
F: «Ah ...certo, certo».
D: «Ecco, e quindi».
F: «Si può parlare con lei allora».
D: «Sì ...certo che si può parlare con lei ...con suor Enrica ...
è così graziosa ...non è un problema».

Il commercialista, infine, nelle intercettazioni del 22 luglio 2008, conferma di aver ricevuto la documentazione richiesta a Riccardo Fusi (atto Alpitour ndr.), precisando che dopo averla analizzata la invierà alla religiosa individuata per la soluzione del problema:

«Ti ringrazio ...ho ricevuto il tutto giù a Palermo ...per e-mail ...il tempo di studiarmeli ...e passo tutto quanto a suor Enrica ...va bene?».
(tutti dentro [ndr])

(di Augusto Parboni - Il Tempo 19/2/2010)


Puttanopoli sta' alla Tangentopoli 
Come il Governo sta nel Vatic-ano.

N.B.

Madonne
Beati e
Santi...
andate a quel paese tutti quanti.

®@ffstef@n
00lunedì 22 febbraio 2010 12:25

di Alessandra Daniele

dita-von-teese.JPGLa ricostruzione dell'Abruzzo: un Nuovo Miracolo Italiano, reso possibile dalla Protezione Civile che tutto il mondo ci invidia (brutto rosicone).
Gli Uomini del Fare, e le Donne che se li Fanno hanno saputo ridare un tetto e due tette a tutti, mettendo al Centro il Benessere dei cittadini, nella più totale trasparenza degli appalti, e dei bikini brasiliani.

Mentre il nucleo diroccato dell'Aquila è stato preservato intatto per essere riutilizzato come set del il prossimo reality ''L'isola dei Franosi'', i terremotati vengono alloggiati nelle modernissime New Town modello Avatar.

A ognuno di loro viene fornito un fondale sul quale è dipinta una villa,
e un paio di occhialetti per vederla in 3D.

Bertolaso rimane saldo al comando, sprezzante del fango mediatico e alluvionale, ma solo in nome del dovere: ''non sono mai stato legato a nessuna poltrona - dichiara da San Fratello - il bondage non l'ho ancora provato".

Anche il leader del PD Bersani ha voluto recarsi sul luogo di un disastro, Sanremo, dove è stato però sonoramente fischiato, ed eliminato al primo televoto.

La conduttrice Platinette ha poi reso pubblico il numero di telefono privato di Bersani, perché i televotanti potessero anche mandarlo a cagare personalmente al costo di un euro senza scatto alla risposta.

''Non accettiamo lezioni dagli esponenti di questa opposizione
- ha commentato Berlusconi - quante trasmissioni dovremo ancora far chiudere per non vederceli più davanti?''

La Protezione Civile ha quindi transennato sia Santoro che Sanremo dichiarandoli entrambi pericolanti, mentre Bertolaso svolgeva personalmente la perizia sulla spogliarellista Dita von Teese.

Gli effetti positivi della cultura di governo si fanno sentire in ogni campo, l'economia italiana è in netta ripresa: aumentano le vendite di culi.
 
Grazie all'intervento del ministro Scajola, gli operai di Termini Imerese non resteranno senza impiego: la FIAT li utilizzerà per i crash test.

Sono quindi destituite di ogni fondamento le voci che il presunto degrado in atto nel nostro paese abbia indotto il resto del mondo a isolare l'Italia, circondandola con una barriera perimetrale munita di torrette di controllo, e che il perito della Protezione Civile USA, Snake Plissken, abbia consigliato l'immediata demolizione dell'Italia.

Berluscaso rassicura: non esiste alcun pericolo di New Tangentown,
solo qualche miliardo di casi isolati.

La corruzione non è un problema.

E' una soluzione.




La Bidella
00lunedì 22 febbraio 2010 18:09
Raffaele, grazie di cuore..

Mi risparmi il tempo di leggere le news. Sei una fonte inesauribile.

A proposito, tutto questo materiale chissà se verrà letto dagli autori del ciarpame senza pudore. C'è da bendarsi gli occhi!

Ciao [SM=g1660862] [SM=g1660863]
®@ffstef@n
00martedì 23 febbraio 2010 13:30

Grazie a Voi.



NELLE CARTE DEI GIUDICI DI FIRENZE CI SONO ANCHE RUTELLI, VELTRONI, GIUDICI, DOCENTI, PRELATI

NELLE 22.000 PAGINE DELLO SCANDALO DEGLI APPALTI PUBBLICI C’E’ UNO SPACCATO DEL PAESE INTERO…DA MASSAGGIOPOLI A ESCORTOPOLI, DA MAGISTROPOLI A VATICANOPOLI, DAI POLITICI AI MASSIMI DIRIGENTI PUBBLICI…TUTTI CONTRO TUTTI, MA UNITI NELLA TORTA

Se uno avesse tempo e stomaco di leggersi il contenuto delle 22.000 pagine degli allegati all’ordinanza del tribunale di Firenze sulla cricca degli appalti pubblici, più che di fronte a una Tangentopoli si troverebbe davanti a uno spaccato del nostro Paese, con un intreccio di interessi, amicizie, rapporti privilegiati che non risparmiano alcun settore della vita pubblica italiana.

Per due anni quelle intercettazioni sono rimaste segrete, ma al momento della deposizione dell’ordinanza l’effetto della deflagrazione è stato devastante.

Abbiamo potuto seguire cosi le puntate di “Massaggiopoli”, con il capo della Protezione civile, in stretto contatto con l’imprenditore Anemone e le sue massaggiatrici, mentre si perde nei corridoi del Salaria Sport Village alla ricerca della brasiliana Monica o mentre prenota terapie speciali contro il mal di schiena.

Siamo stati informati sulle puntate di “Escortopoli”  e sulle esigenze di un gruppo di funzionari pubblici che prenotavano a Venezia visite guidate in albergo e si lamentavano anche della scarsa qualità della fornitura, o di altri disperati che raccattavano escort per strada davanti persino a una gelateria di Treviso.

Si può parlare dei politici coinvolti anche solo indirettamente, sia di destra che do sinistra, spaziando da Verdini a Letta da un lato, fino a Veltroni e Rutelli d’altro, tutti sponsor pare di imprese che qualche succoso appaltino l’hanno monetizzato.

Persino Di Pietro non ne esce bene, avendo avuto Balducci come massimo dirigente quando lui era ministro delle Infrastrutture.


Come non ricordare quando, nel novembre 2007, l’ex magistrato di Mani Pulite fu chiamato a incontrare 50 imprenditori dell’Ance che si lamentavano della cricca degli appalti.


Si alzò un marchigiano e disse di sapere prima ancora dei bandi di gara quale sarebbero state le imprese a vincere gli appalti per i lavori delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Le elencò e le azzeccò tutte.

Di Pietro rispose: “Non posso farci nulla, ho le mani legate”.


A noi è andata anche peggio: per aver indovinato i nomi di 4 vincitori di un concorso pubblico in Provincia di Genova, siamo stati pure citati in tribunale dalla Provincia per danno all’immagine …
Il danno lo fanno i cittadini che segnalano anomalie, non chi le crea, insomma.


Ci sarebbe poi anche “Magistropoli” nell’inchiesta di Firenze,con i comportamenti tenuti  dal procuratore di Roma Achile Toro, dal giudice della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro, socio di una immobiliare in Gallura, da due autorevoli consiglieri della Corte dei Conti che prendono appalti e brigano con attività incompatibili con il loro mandato.

E anche un filone “Professoropoli”, con docenti alle prese con racomandazioni per far passare gli esami alle figlie degli “amici degli amici” e intenti a cambiare le classifiche delle graduatorie per le ammissioni alle facoltà a numero chiuso.

E ancora il filone “Vaticanopoli” con monsignori che chiedono raccomandazioni e commercialisti che si spacciano per esponenti dello Ior.

Persino le aziende favorite risultano bipartisan: nella chiacchierata impresa Bpt di Firenze all’inizio dell’inchiesta al suo vertice c’è Di Nardo che dice di votare Pd, poi cè Fusi che vota Pdl ed è amico di Verdini.

Più spaccato della società italiana di questo scandalo “Appaltopoli”, insomma,
non esiste.
 
®@ffstef@n
00venerdì 23 aprile 2010 15:14
Fonte:
Dal costruttore della cricca
cinquecentomila euro a
Scajola



 

ROMA - L'inchiesta della Procura di Perugia sulla "Cricca" degli appalti pubblici - G8 della Maddalena, mondiali di nuoto , anniversario  per i 150 anni dell'Unità d'Italia - cammina.

E ora incrocia la strada del ministro dello Sviluppo Economico
Claudio Scajola
perché singolare beneficiario, quando era un semplice parlamentare dell'opposizione, di una provvista di circa mezzo milione di euro messa a disposizione da una delle "tasche" del costruttore Diego Anemone (oggi detenuto con Angelo  Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis) per l'acquisto di un appartamento intestato alla figlia.

La scoperta del filo che annoda una delle figure chiave della "Cricca" al ministro è recente ed è documentata - lo vedremo - dal lavoro di indagine della Guardia  di Finanza. Tanto che, il 12 aprile scorso, durante il suo lungo interrogatorio con i pubblici ministeri umbri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, ne viene chiesto conto allo stesso Guido Bertolaso, accusato per altro di essere stato corrotto proprio da Diego Anemone.

Chiedono i pm: "Sa se e che tipo di rapporti esistono tra Anemone e l'onorevole Claudio Scajola?".

Il capo della Protezione civile cade dalle nuvole. Ammesso che esista - spiega - il rapporto tra quei due gli è ignoto.

La domanda rivolta a Bertolaso, per quel che se ne sa, non ha sin qui trovato risposte neppure altrove (Anemone, dal giorno del suo arresto, ha scelto di esercitare il suo diritto al silenzio). A meno di non voler considerare tale la circostanza che nel primo governo Berlusconi Scajola sia stato ministro dell'Interno e che Anemone dal ministero dell'Interno abbia nel tempo ricevuto appalti.

Di questa vicenda, dunque, resta al momento solo il presupposto.
Che, come si è detto, è documentale. E che racconta una storia che finisce appunto a Scajola, ma parte dagli accertamenti della Finanza sul conto di un oscuro architetto legato a doppio filo a Diego Anemone e su assegni circolari per circa 500 mila euro.


L'architetto ha un nome: Angelo Zampolini.

Lavora come progettista del Gruppo Anemone e, come il commercialista Stefano Gazzani, è una delle "tasche" di chi del Gruppo e delle sue risorse dispone in prima persona : Diego Anemone.

Poco più che una testa di paglia - ipotizzano la Procura e la Finanza - utilizzata dal costruttore per dissimulare l'origine di operazioni finanziarie di cui in realtà è il dominus. E che hanno l'odore di tangenti.

Nel 2009, la Banca d'Italia segnala infatti sui conti dell'architetto e del commercialista operazioni contabili sospette.

Per i loro importi e - accerta la Guardia  di Finanza - per la loro natura.

Tra il 2007 e il 2008, infatti, sia Gazzani che Zampolini si trovano a maneggiare contante di cui non riescono a giustificare né la provenienza, né l'impiego.

Gazzani, per dire, versa sul suo conto contanti per 1 milione e 100 mila euro che prendono poi la strada della "Erreti film", la società di produzione cinematografica di Rosanna Thau, moglie di Angelo Balducci, e Vanessa Pascucci (moglie di Anemone) che produce i film in cui il figlio di Angelo Balducci, Lorenzo, recita da protagonista.

E quando la Finanza gli chiede da dove salti fuori tutto quel denaro e perché un commercialista lo debba impiegare nella produzione di film, la risposta è grottesca. Il milione e 100 - dice - "è frutto della vendita di lingotti d'oro ricevuti in eredità da un nonno che aveva la passione per il cinema".


Non va meglio per Zampolini. Tra il 2007 e il 2008, versa sul proprio conto oltre 800 mila euro in contanti. Una cifra incompatibile, come accerta la Finanza, con i redditi che dichiara al Fisco o, quantomeno, con il suo lavoro di responsabile della progettazione del Gruppo Anemone.

Di più: l'architetto non solo non sa spiegare la provenienza di quel denaro, ma neppure il suo impiego. Quegli 800 mila euro vengono infatti trasformati in assegni circolari utilizzati per due "operazioni immobiliari gemelle".

Con la prima viene acquistato un appartamento in via Latina, a Roma, per Lorenzo Balducci, figlio di quell'Angelo che, da presidente nazionale del Consiglio dei Lavori pubblici, assegna appalti al Gruppo Anemone.

Con la seconda, degli assegni circolari per circa 500 mila euro finiscono nella compravendita di una casa a Roma intestata alla figlia di Claudio Scajola.

Perché?

Che c'entra Zampolini con Scajola?

E in che modo quegli assegni finiscono nella disponibilità del già ministro dell'Interno e oggi ministro dello Sviluppo economico?

La risposta che verrà data a questa domanda non è evidentemente neutra nelle sue conseguenze. Perché se ha fondamento il sospetto della pubblica accusa per cui quel denaro transitato sui conti di Gazzani e Zampolini non è altro che il veicolo utilizzato da Anemone per "comprare" le benevolenze di chi in qualche modo poteva esercitare un controllo sugli appalti pubblici, è evidente che esisterebbero i presupposti per nuove accuse di corruzione.


Anemone, come detto, pur sotto la pressione della detenzione e della richiesta di commissariamento del suo Gruppo, sin qui non è stato di nessun aiuto nello sciogliere nessuno dei nodi della vicenda che lo ha precipitato in carcere. Né, a quanto pare, lo sarà nell'immediato futuro, anche perché i termini di scadenza della custodia cautelare non sono lontani (maggio).

Potrebbe esserlo Zampolini, che, esattamente come Gazzani, in questa storia, al momento, appare il vaso di coccio tra vasi di ferro.

Per quanto ne riferiscono fonti investigative, non esiste infatti allo stato alcuna circostanza che consenta di legare autonomamente l'oscuro architetto né al figlio di Balducci, né tantomeno alla figlia di Scajola.

Non esiste insomma "spiegazione alternativa" alla circostanza che quei soldi fossero in realtà "provviste nere" di Diego Anemone
 
®@ffstef@n
00lunedì 26 aprile 2010 21:42

Scajola, storia di un ministro
al di sotto di ogni sospetto


Settanta giorni in carcere prima di essere assolto, gli insulti a Marco Biagi, la parentopoli a Imperia e ora gli interrogativi per mezzo milione di euro provenienti dalla “cricca”:

ma uno come lui può ancora stare al governo?

“Certo, c’è bisogno di una moralità più forte, ma anche di non destabilizzare il sistema”. Quando in febbraio a finire sotto inchiesta era stato Nicola Di Girolamo, il senatore abusivo entrato in Parlamento grazie ai voti della ‘ndrangheta e a falsi documenti che attestavano la sua residenza all’estero, il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, aveva invitato tutti alla prudenza.

Gli italiani si stavano riprendendo a stento dalle rivelazioni sul sistema di appalti truccati che ruotava attorno a una serie di ex stretti collaboratori del sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso, che adesso si apriva un altro fronte.

Così Scajola, 62 anni, era apparso preoccupato.

E aveva paventato il rischio destabilizzazione.

Molti pensavano che si riferisse al sistema politico e a quello economico.

Ma in realtà, come si comincia a intuire adesso, Scajola parlava di se stesso.

Sì, perché intorno a “u ministru”, come lo chiamano nel suo feudo elettorale del Ponente Ligure, ruota un vero e proprio sistema – elettorale e familiare – che finora lo ha salvato da qualsiasi rovescio.

E che oggi, c’è da giurarlo, lo salverà anche dall’accusa di aver intascato un assegno da mezzo milione di euro gentilmente offerto nel 2004 da uno degli uomini della “cricca” che si era raggrumata dalle parti della Protezione civile: l’architetto Angelo Zampolini, alter ego e forse testa di legno del costruttore Diego Anemone.
Certo, in un altro Paese (anzi in altri paesi), di fronte a un sospetto del genere, un ministro come lui che lo scorso anno ha gestito fondi per cinque miliardi destinati a incentivi a fondo perduto e contributi alle imprese private, non resterebbe sulla sua poltrona un minuto di più.

Anche perché Scajola è pure di fatto lo sponsor, assieme al premier Silvio Berlusconi del grande affare dei prossimi 15 anni: il ritorno delle centrali nucleari.

Un po’ troppo insomma per non chiedersi se, in tempi di ristrettezze economiche, non sia il caso di sostituirlo con qualcuno che non abbia l’imbarazzo di dover spiegare i motivi per cui il suo splendido appartamento romano con vista sul Colosseo sia stato acquistato, secondo i pm, anche con soldi in nero, gentile dono della cricca.

Ma Scajola, spesso soprannominato Sciaboletta dai giornali per la non slanciata statura, è assieme a Giulio Tremonti l’uomo più influente del governo.

Ha saputo collezionare deleghe pesanti come Attività produttive, Comunicazioni e Commercio con l’estero e, soprattutto, ha dimostrato nel tempo di essere fatto d’acciaio.

La politica, del resto, ce l’ha nel sangue.

Anzi nell’albero genealogico.

La sua famiglia ha regalato a Imperia tre sindaci dc: il padre Ferdinando (costretto a dimettersi negli anni ’50 perché sospettato di aver favorito il cognato per un posto di primario), Alessandro, e infine lui, Claudio, nel 1982.
L’anno seguente, però, Scajola è già in manette.
Arrestato dai carabinieri per ordine dei giudici milanesi che indagavano sullo scandalo dei casinò: una storia nera di clan mafiosi siciliane che han messo le mani sulle case da gioco di Sanremo e Campione d’Italia, accordandosi con i politici locali.

Scajola è accusato di essersi incontrato in Svizzera il 20 maggio del 1983 con il sindaco di Sanremo e il conte Borletti – che aspirava al controllo del casinò sanremese – e di avergli chiesto 50 milioni a titolo di “rimborso spese” per l’impegno profuso dai politici di Imperia e Sanremo.

Settanta giorni a San Vittore. Lui si difende ammettendo di aver visto Borletti – ma solo perché nominato tra i saggi incaricati dal partito di capire che cosa stava accadendo intorno al casinò – e dicendo di aver chiesto al conte non tangenti, ma un maggiore equilibrio politico nella gestione della casa da gioco. Alla fine lo assolvono.

Si fa rieleggere sindaco, poi nel ’95 si ricandida con una lista civica. Di Forza Italia, alleata con An, non ha una grande opinione: “Sono solo dei fascistelli”.

Poi cambia idea e passa con loro.

Carriera folgorante.

Berlusconi lo promuove responsabile organizzativo, lui in pochi anni trasforma il partito di plastica in una macchina da guerra.

E intanto incensa il capo. “Berlusconi è il sole al cui calore tutti vogliono scaldarsi, dice serio, ricordando a tutti di aver ricevuto “l’incarico di lavorare affinché il presidente possa essere fiero del movimento che ha creato”.

Nel 2001 arriva il premio: ministro dell’Interno.

Per la prima volta siede così al Viminale un uomo che ha conosciuto le patrie galere dal di dentro e non durante le consuete visite umanitarie.

Scajola si allarga. “Nel giro di due anni manderemo in pensione la carta d’identità cartacea. La nuova carta elettronica potrà sostituire anche la tessera elettorale” promette nell’estate del 2002 parlando di un progetto (mai realizzato) costato alle tasche dei contribuenti 36 milioni di euro.

È il (provvisorio) canto del cigno.

Subito dopo ecco l’indimenticabile frase che gli costerà il posto:
“Marco Biagi? Era solo un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza”, dice a chi gli chiedeva come mai, nonostante le insistenze, al giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse il suo ministero non avesse dato la scorta.
Poco male. Pochi mesi dopo è di nuovo ministro prima come responsabile dell’Attuazione del programma e poi (2005) allo Sviluppo economico.

Il via vai nei dicasteri ha delle importanti conseguenze ad Albenga, dove esiste un piccolo aeroporto.

Tutte le volte che “u ministru” diventa tale, viene inaugurata la tratta per Roma. Inizialmente si vola con Alitalia, anche se, secondo un’interrogazione parlamentare il record massimo di passeggeri raggiunge solo quota 18.

Poi, dopo la prima sospensione, si passa ad AirOne che fruisce, per la cosiddetta continuità territoriale, di contributi pubblici messi a disposizione dal governo.

Quindi arriva Prodi e tutto si ferma, per ricominciare nel 2008.

Meglio va con le carriere dei familiari che, al contrario degli aerei, sono sempre in volo. Qualche esempio:
suo fratello Alessandro, ex segretario generale della Camera di Commercio di Imperia, è vicepresidente della banca Carige.

L’altro fratello Maurizio è l’attuale segretario generale di Unioncamere Liguria.

Mentre Marco (figlio di Alessandro) è vicesindaco di Imperia e neo consigliere regionale.

Poi c’è la moglie, Maria Verda, insegnante di storia dell’arte in una scuola superiore. In università la signora Scajola è diventata vicepresidente di un master sul turismo alla facoltà di economia. Per tenere il corso erano necessarie almeno 18 iscrizioni (circa 2.700 euro l’una). Alla fine sono state 26. Quindici erano quasi interamente coperte da una borsa di studio.

Chi pagava?

Il contribuente.

O meglio Promuovitalia, braccio operativo del dicastero dello Sviluppo.

Sì proprio quello di Claudio, il potente ministro che davanti agli scandali difendeva il sistema e chiedeva serio “una moralità più forte”.


25 aprile 2010 – Il Fatto Quotidiano.it
®@ffstef@n
00sabato 1 maggio 2010 12:50




Fonte:

SOLDI IN NERO DA ANEMONE PER LA CASA DI SCAJOLA: 80 ASSEGNI PER 900.000 EURO PER PAGARE LA CASA DEL MINISTRO A ROMA



AMMISSIONI DEL BRACCIO DESTRO DI ANEMONE: HA CONSEGNATO ASSEGNI CIRCOLARI DELL’IMPRENDITORE (SOTTO INCHIESTA PER IL TERREMOTO), PER PAGARE LA DIFFERENZA TRA IL VALORE REALE DELL’APPARTAMENTO (1,5 MILIONI) E QUELLO DICHIARATO DAL MINISTRO (0,6 MILIONI)…A CHE TITOLO SCAJOLA AVREBBE  ACCETTATO QUELLA SOMMA?



La vicenda sta assumendo contorni pesanti e il ministro Scajola fino ad oggi non ha dato sinceramente risposte convincenti.

Parliamo  dell’appartamento che, nel luglio 2004, il ministro ha acquistato a Roma, in via del Fagutale da Barbara e Beatrice Papa, proprietarie dell’alloggio.

Scajola ha dichiarato  di averlo pagato 600.000 euro, attraverso un piccolo anticipo e poi accendendo un grosso mutuo.


In realtà, per l’acquisto, secondo i magistrati di Perugia, sono serviti anche 900.000 euro in nero messi a disposizioni dal costruttore Anemone (quello inquisito per il terremoto dell’Aquila), attraverso il suo architetto e progettista Angelo Zampolini.

Circostanza che non è più un’ipotesi investigativa, ma che è stata confermata  dalle dichiarazioni a verbale dell’architetto  e dalla minuziosa ricostruzione del tragitto del denaro, effettuata dalla Guardia di Finanza.

Zampolini ha ammesso in pratica di aver versato, nel luglio 2004,  900.000 euro in contanti sul proprio conto, nella filiale 582 della Deutsche Bank  di Roma, cifra consegnatali da Anemone.

Quindi Zampolini dà disposizione alla banca di trasformare la somma in 80 assegni circolari intestati a Barbara e Beatrice Papa, proprietarie dell’appartamento di via del Fagutale che Claudio Scajola, allora ministro per l’Attuazione del Programma, aveva deciso di acquistare.

Il 6 luglio, giorno del rogito, gli 80 assegni circolari vengono incassati dalle sorelle Papa, insieme ai 600.000 euro del “prezzo in chiaro” pagato dal ministro (importo ufficiale per cui era stato registrato l’atto notarile). 

Zampolini al giudice ha confermato di essere a conoscenza che l’acquirente della casa fosse Scajola e che era stato Anemome a indicargli l’uso che ne doveva essere fatto.

L’architetto ha sostenuto di non aver posto domande sul perchè un costruttore dovesse contribuire per i 3/5 all’acquisto della casa di un ministro e di aver semplicemente eseguito un compito affidatogli.

Consideriamo che lo stesso sistema l’Anemone lo ha seguito anche in altri due casi: 29 assegni per 285.000 euro hanno pagato la casa della figlia del generale della Finanza Pittorru, altri 520.000 per saldare un appartamento all’Esquilino per lo stesso Pittorru e la moglie.

Che l’anima della Cricca dei grandi appalti del G8 alla Maddalena si sia mossa per pura generosità risulta improbabile: si parla apertamente di corruzione e riciclaggio come ipotesi di reato.

Il tutto sostenuto da prove documentali (gli assegni) e testimonianze.

A questo punto ci si chiede: a che titolo Anemone ha versato 900.000 euro a Scajola?

E a che titolo Scajola ha accettato una somma del genere come regalia?

Risulta evidente la posizione estremamente delicata del ministro, anche perchè non ha finora dato alcuna spiegazione convincente.

Ora la pratica è facile che finisca al Tribunale dei ministri che dovrà decidere il da farsi.

Anche se, visti i precedenti, è facilmente intuibile come finirà la vicenda.
 
®@ffstef@n
00sabato 1 maggio 2010 13:00
PRIMA CHE SI DIMETTE,
SEQUESTRATEGLI TUTTO E
SCHIAFFATELO DIETRO
LE SBARRE



Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:05.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com