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EMO PICCIONI – UN PUNTO INTERROGATIVO CHE DURA DA 5 ANNI

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2010 20:14
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"DIO MIO, DIO MIO, PERCHE' MI HAI ABBANDONATO?".

Il grido, apparentemente drammatico di Gesù, è tuttavia un'invocazione di tipo più personale.

Non si tratta di una protesta, ma una richiesta fiduciosa di chiarimento di un fatto incomprensibile all'invocatore, all'orante.

La richiesta è dettata dall'apparente inerzia di Dio davanti alla sofferenza atroce, fisica e morale del Cristo.

Il grido di Gesù, è l'invocazione straziante ed ininterrotta di tutti coloro che non sanno spiegarsi il perchè certi fatti, come la scomparsa improvvisa di un nostro caro, specie se, dopo 5 anni, non sappiamo ancora nulla di ciò che è successo.

Per quanto mi sforzi, di comprendere il silenzio di Dio di fronte alle atrocità, di fronte al male, non ne conosco ancora il significato.

Siamo in buona compagnia, molti scrittori discutono nelle loro opere questi eterni interrogativi.

Se Dio non è venuto in terra rappresentato da Gesù Cristo, ma è soltanto tutta una falsa costruzione degli apostoli o degli apologisti o dei padri greci, allora Dio non esiste e, se Dio non esiste, “tutto è permesso” (Dostojevskij). Se “Dio è morto” cantiamo assieme all’ “uomo folle” il “Requiem aeternam Deo”, e si gridi pure: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?” (Nietzsche).

Per un mondo senza Dio dobbiamo affidarci soltanto all’uomo; ucciso il “padre” l’uomo rimane orfano ed Ivan diventa nostro fratello.

E non posso fare a meno di citare, in questa solitudine e abbandono di un mondo senza Cristo, le parole di Versilov al giovane adolescente all’alba dell’ateismo moderno: “Immagino - cominciò con un sorriso pensieroso, che la battaglia fosse finita e la lotta quietata. Dopo le maledizioni, dopo il fango e dopo i fischi pareva che fosse subentrata la quiete e gli uomini fossero rimasti soli, come desideravano; pareva che la grande idea di una volta li avesse abbandonati; la grande sorgente di forza, che finora li aveva nutriti e riscaldati, stesse per tramontare, come quel sole maestoso del quadro di Claude Lorrain, quasi fosse l’ultimo giorno dell’umanità. Ed ecco che a un tratto gli uomini comprendono d’essere rimasti completamente soli e sentono di essere orfani derelitti. Caro ragazzo mio, non ho mai potuto immaginare gli uomini ingrati e istupiditi. Gli uomini, rimasti orfani, si sarebbero subito stretti l’uno all’altro, vicini vicini e con più amore; si sarebbero presi per mano, avendo capito ora che sono tutto l’uno per l’altro! Sarebbe sparita la grande idea dell’immortalità e si sarebbe dovuto sostituirla: e tutta l’esuberanza immensa dell’amore di prima per Dio, che era immortalità, si versa sulla natura, sull’universo, sugli uomini, sul più piccolo filo d’erba. I loro cuori si sarebbero accesi d’un amore sconfinato per la terra e la vita, d’un amore sempre più grande, a misura che riconoscessero la finalità e il carattere passeggero di questa vita; un amore tutto speciale, diverso dall’amore di prima…” (Dostojevskij, L’adolescente, Einaudi 1957, pagg. 463-464).

L’uomo in rivolta contro tutto, da quel tempo, specialmente dal 1700 e “tutto ciò che apparteneva a Dio sarà ormai reso a Cesare” (A.Camus, L’uomo in rivolta).

Similmente in questa desolazione umana senza Dio, perché l’uomo si è sostituito a lui, una grande voce del razionalismo si alza con forza ad affermare il crepuscolo di Dio quasi con accenti di rancore; è la voce del poeta e scrittore Heinrich Heine: “Il nostro cuore è pieno di un fremito di pietà, perché è lo stesso vecchio Jehovah che si prepara alla morte. Noi l’abbiamo così ben conosciuto dalla sua culla in Egitto, dove fu allevato fra i vitelli e i divini coccodrilli, le cipolle, l’ibis e i gatti sacri… l’abbiamo visto dire addio a questi suoi compagni d’infanzia, agli obelischi, poi alle sfingi del Nilo, poi in Palestina diventare un piccolo dio-re presso un povero popolo di pastori… lo vedemmo più tardi entrare in contatto con la civiltà assiro-babilonese; rinunciò alle sue passioni troppo umane, si astenne dal vomitare collera e vendetta, per lo meno non tuonò più su ogni minima inezia…Lo vedemmo emigrare a Roma, la capitale, dove abiurò ogni specie di pregiudizio nazionale, e proclamò l’uguaglianza celeste di tutti i popoli; creò con queste belle frasi, un’opposizione al vecchio Giove, e intrigò tanto che arrivò al potere, e dall’alto del Campidoglio governò la città e il mondo: urbem et orbem…L’abbiamo visto purificarsi, spiritualizzarsi ancora di più, diventare paterno, misericordioso, benefattore del genere umano, filantropo… Niente ha potuto salvarlo! Non sentite la campanella? In ginocchio! Si portano i sacramenti a un Dio che muore.” (L’ateismo contemporaneo, S.E.I. Torino 1967, 1° vol. pag.464).

Per Feuerbach il Cristo, osservato attraverso l’etica filosofica antropologica della libertà dall’affrancamento religioso, il Cristo è il desiderio umano di ogni idealità del bene assoluto incarnato in un uomo reale, giusto e buono che spinge verso le aspirazioni più alte: “I dogmi fondamentali del cristianesimo sono desideri del cuore, l’essenza del cristianesimo è l’essenza dei sentimenti che albergano nel nostro cuore. E’ più grato al nostro cuore patire che agire; più grato venire redenti e liberati da un altro che non compiere da sé la propria liberazione…Solo nel cristianesimo questo Logos si fissò e si fece concreto, da un essere del pensiero divenne un essere reale; solo nel cristianesimo, cioè nella religione, si concentrò esclusivamente nell’essere, nell’oggetto su cui si fonda l’essenza della sua natura. Il Logos è la personificazione dell’essere della religione. Se perciò Dio fu definito l’essenza dei sentimenti che albergano nel cuore dell’uomo ciò risponde pienamente a verità solo nel Logos” (L’essenza del cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1971, pag. 154-157).

Pertanto, Gesù, per Feuerbach è l’essere ideale nel quale l’uomo trasferisce tutti i suoi desideri e bisogni e vede proprio nel cristianesimo la religione quale forza al servizio dell’uomo, perché raggiunge in modo concreto l’autocoscienza di sé.

Si potrebbe allungare la lista di tutti coloro che in forme diverse vedono nel Cristo l’uomo ideale, verso il quale l’uomo deve muoversi per la sua piena realizzazione.

In conclusione, l’invocazione del crocifisso: “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” non è la sconfitta, ma la sua vittoria : “ Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato”, “Io ho vinto il mondo” (Giov. 13: 31 ; 16: 33). L’esistenza della Chiesa da lui istituita (Matt. 16:15-19) e la cui esistenza dura da duemila anni (a volte tormentata da immani tragedie) è la prova irrefutabile di questa vittoria, poiché, secondo il suo fondatore, le porte degli “inferi” non avrebbero avuto potere su di essa.

Per coloro che hanno ucciso Gesù, anche in senso ideologico, è arrivata fino a noi, nel buio del nostro tempo, l’eco di quel grido: “Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno.”

Anche ai negatori è offerta la speranza, anche a chi, viene sconfortato da vicende terribili come non sapere, a tutt'oggi, quale sia stata la sorte di Emo Piccioni, dopo 5 anni.

Pino Lupo


[SM=g2093951]

[Modificato da parliamonepino 23/10/2010 23:18]



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