|
18/07/2010 11:52 | |
Casta, non se ne può più
Scorte, l'Italia non ha paragoni con il resto d'Europa: cento milioni l'anno per tutelare anche chi non ne ha bisogno. In tutto 650 persone, soprattutto giudici e politici. Intanto a Roma molti commissariati chiudono alle 20 per mancanza di personale
Passi per le più alte cariche dello Stato, passi per i magistrati Antimafia, ma quando si vedono i servizi di scorta assegnati a “semplici” politici o ai figli di qualche personaggio importante, i conti non tornano davvero più.
L’Italia ha un apparato scorte che non ha paragoni col resto d’Europa, una macchina che – secondo un calcolo molto approssimativo – ci costa circa 100 milioni di euro ogni anno. Ma che soprattutto toglie uomini delle Forze dell’ordine a servizi che sarebbero molto più utili per la popolazione, vedi il controllo del territorio, e che invece sono e saranno sempre più carenti (anche grazie alla manovra economica in via d’approvazione).
Difficile conoscere i dati ufficiali (gli ultimi disponibili sono relativi al gennaio 2009), ma – come si dice in questi casi – fonti bene informate riferiscono che nel nostro Paese sarebbero circa 2.500 gli uomini (tra poliziotti, carabinieri e finanzieri), impegnati quotidianamente nei servizi di scorta e tutela, e in quelli di vigilanza ai luoghi sensibili. 650 le persone che ne usufruiscono: al primo posto i magistrati, poi politici, diplomatici, generali, testimoni di giustizia, giornalisti, sindacalisti, imprenditori e qualche religioso.
Sono numeri che, secondo il Consap – sindacato di polizia di destra – vanno moltiplicati quando si parla dei dispositivi giornalieri.
“Solo a Roma – fa sapere il segretario generale Giorgio Innocenzi – ci sono 3.500 persone che ogni giorno scortano qualcuno.
Oltre alle tutele fisse, quelle che vengono predisposte giorno per giorno con turni di accompagnamento di qualcuno.
E tra questi qualcuno ci sono anche il figlio di Schifani e quello di Paolo Berlusconi”.
Cifra forse un po’ esagerata, se si pensa che, per esempio, dall’Ispettorato Viminale dipende la scorta fissa per 36 persone, da Villa Tevere (ovvero la Questura) per poco più di una decina. Per quanti magistrati o politici arrivino nella Capitale ogni giorno (discorso diverso, naturalmente, se dovesse venire in visita il presidente americano), il numero complessivo delle persone da proteggere si aggira attorno a un centinaio.
Questo significa poco più di 500 uomini delle Forze dell’ordine, cui vanno sommati quelli che prestano servizio di vigilanza sotto punti sensibili o sotto le abitazioni di persone da proteggere. Si tratta comunque di numeri poco giustificabili.
Il godimento della scorta è, naturalmente, bipartisan. Sempre secondo il Consap, tra i politici ci sarebbero per esempio l’ex ministro Pdci Oliviero Diliberto, il capogruppo dei senatori della Lega Federico Bricolo, il presidente della Commissione Difesa del Senato Giampiero Cantoni, l’onorevole Marco Minniti.
L’ultima assegnazione è arrivata proprio ieri ed è toccata al da poco sottosegretario alla Semplificazione amministrativa, il leghista Francesco Belsito. Tanto per fare qualche nome.
L’assegnazione delle scorte viene decisa dall’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis), che fa parte del dipartimento di Pubblica sicurezza, quindi del Viminale. All’Ucis spetta assicurare in via esclusiva e in forma coordinata l’adozione delle misure di protezione e di vigilanza, in conformità alle direttive del capo della Polizia. Le richieste provengono dalle Prefetture e, visto che i prefetti sono nominati dal Consiglio dei ministri su indicazione del ministro dell’Interno, la politica c’entra, eccome.
Sono quattro i livelli di rischio, che determinano quattro diversi tipi di scorta. Il primo (imminente, evidente ed elevato) prevede fino a tre auto blindate; il secondo (alto) configura la necessità di due auto blindate (su una viaggia la persona scortata, sull’altra la scorta); per il terzo (intermedio) si parla di tutela: un agente accompagna su un’auto blindata la personalità a rischio; il quarto (basso) presuppone la tutela ma su un’auto non blindata guidata da un agente, oltre alla presenza dell’agente di scorta.
Ultimamente le auto blindate si sono comunque molto ridotte. A differenza delle altre, la scorta del presidente del Consiglio dipende dai servizi segreti.
Comunque lo si calcoli, lo spreco è sotto gli occhi di tutti. Soprattutto in un momento in cui, sia a livello centrale sia a livello periferico, si taglia per mancanza di risorse.
Il 7 luglio scorso il questore di Roma Giuseppe Caruso ha diffuso una circolare per comunicare che “è stato avviato un piano di fattibilità al fine di ottimizzare le risorse umane e finanziarie che vanno progressivamente riducendosi. In particolare – scrive ancora Caruso – si è dovuto registrare la chiusura degli Uffici emergenza e Pronto intervento nei turni serali e notturni in diversi commissariati”. Come a dire che, mentre l’ex ministro Scajola gira ancora con la scorta, i cittadini di Trastevere (come quelli di altri 18 commissariati) dalle 20 in poi troveranno le porte chiuse in caso di necessità.
Inutili gli appelli e soprattutto le proposte che il Consap e, in precedenza, il Silp Cgil, hanno avanzato circa la riorganizzazione del personale.
La casta continua a proteggere solo se stessa.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 luglio 2010 [Modificato da ®@ffstef@n 18/07/2010 11:53] |