FRANCESCO RIGATELLI
Ad un certo punto il microfono di Roberto Saviano smette di funzionare ed una ragazza dal palco scherza: «E’ Berlusconi!». Lo scrittore di Gomorra continua il suo dialogo con Al Gore, intermediato dalla direttrice di A Maria Latella, ma quella è l’unica volta che il nome del presidente del Consiglio risuona nel teatro Morlacchi di Perugia, pieno dentro e fuori (con maxischermo) per la felicità degli organizzatori dell’International Journalism Festival Arianna Ciccone (commossa) e Christopher Potter e soprattutto dello sponsor Sky che trasmette la serata spot in diretta. Per il resto a Berlusconi e al suo governo si fanno solo riferimenti. Anche se più tosti del previsto.
Inizia Saviano che avvisa il premier con le parole di Giovanni Falcone, ricordate in un emozionante video da Paolo Borsellino: «La gente fa il tifo per noi». Riceve più applausi di quanti ne riceverà Al Gore (foto di entrambe le standing ovation). E poi rivela: «Tutto ciò mi toglie il fiato. E’ difficile trovarsi dal buio alla luce del teatro. Arianna Ciccone mi disse: ti porterò a Perugia. E ci è riuscita. Un’occasione rara perché qui si può discutere di temi che altrove non è facile trattare. L’incontro internazionale con Al Gore è un privilegio raro. Poi vedere negli occhi altri giovani e condividere con loro i miei pensieri è un privilegio unico». Saviano si gratta la testa, sceglie le parole: «Scrivere di mafia o morire di mafia mica è un modo per andare nel pantheon degli eroi. Dopo essere stati uccisi si viene diffamati. Pippo Fava venne accusato di pedofilia. Don Diana di camorra. Giancarlo Siani di aver relazioni con la moglie di un pentito. Quando scrissi il mio libro il centrosinistra al governo in Campania diceva che rovinavo la regione, ora succede il contrario».
Per lo scrittore «la lotta alla mafia ha un senso se è movimento culturale di tutti. Le organizzazioni mafiose non vanno decapitate, ma sradicate perché se no la testa ricresce. E’ doloroso che quando c’è un incendio la colpa venga data a chi dà l’allarme e non a chi appicca il fuoco. Ed è difficile vivere quando tutti parlano di te. Però bisogna parlare con tutti, farsi capire, non far passare l’antimafia come battaglia ideologica. E considerare che un voto non pregiudica una persona. La legalità in questo senso ci dà il privilegio di unire. Per cui è utile l’incontro con Al Gore, intellettuale della tv libera Current: più parliamo al mondo e più ci difendiamo».
Saviano si scaglia contro il voto di scambio: «Non è possibile che non se ne parli mai: 25 euro per mettere nell’urna una scheda già votata in Campania. La gente accetta questo perché non aspetta più nulla dalle istituzioni. Bisogna riprendersi parole come amico e uomo d’onore. La verità fa onore a un paese. Si sa quello che dobbiamo fare. A volte si pensa di sbagliare, ma invece bisogna tuffarsi e riscoprire quello che in realtà sappiamo già».
Maria Latella, che all’inizio definisce la serata «la più bella della mia vita» paragona le schede elettorali ritrovate a Casal di Principe in mattinata al caos elettorale che portò alla sconfitta di Al Gore contro Bush. E’ la volta dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti, in versione pubblicitaria della sua Current tv: «Il giornalismo deve cambiare. Il modello di business attuale è arretrato. Si perdono soldi. Inoltre, il giornalismo professionale è diventato business delle notizie e si è mischiato con l’intrattenimento perdendo autorevolezza. Il modello di business attuale sta fallendo e non ce n’è ancora uno per supportare il giornalismo investigativo su internet come si deve. Per il futuro connettere il dinamismo di internet alla tv può essere un’idea per Current. Non sono cittadino italiano e dunque sceglierò le parole da dire: troppi giornalisti qui sono compromessi col sistema del business delle notizie. Michele Santoro è uno bravo e non capisco perché programmi come il suo non possano anare in onda sotto elezioni. Anche per questo gli abbiamo offerto di mandare il suo programma su Current tv. E ricordo Enzo Biagi, il cui spirito vorrei continuasse a vivere nel nostro canale. Se un giornalista ha una storia la porti da noi e gliela mettiamo in onda. In un paese in cui media e governo sono così intimamente connessi noi puntiamo sul giornalismo investigativo». Quindi Al Gore bacchetta precisamente il governo: «Non ho condiviso quando si è penalizzato fiscalmente Sky e non altri media. Poi il governo ha aumentato la pubblicità su Mediaset e l’ha diminuita altrove. Il futuro della democrazia dipende dalla resurrezione del giornalismo e di un suo modello di business. Io credo nel futuro e credo nel domani della democrazia italiana».
Dopo i loro discorsi i due rispondo ad alcune domande di Maria Latella. Così viene fuori che secondo Al Gore «La tv è la più grande influenza sulle opinioni politiche, certo nel mio paese e certo in Italia. E per alcuni anni continuerà così. Anche se il cambiamento sta arrivando. La campagna elettorale di Obama è stato un segnale». Alla domanda se Saviano possa diventare leader del Pd come suggerito in una copertina de L’espresso lo scrittore risponde: «Non credo di saper fare il candidato del Pd. La politica ha perso fascino e autorevolezza». Poi riflette: «Il giornalismo deve smettere di riferire le dichiarazioni dei politici e occuparsi più di storie. Pensate cosa succederebbe se la Repubblica, il Corriere e La Stampa trasferissero per un anno le loro redazioni a Napoli, Palermo e Bari: avremmo un racconto capovolto del paese».
Sulla sua candidatura interviene scherzosamente Al Gore: «Io ho lavorato come giornalista per sette anni prima di entrare in politica, dunque anche tu puoi cambiare mestiere». Infine Saviano: «Possiamo dire che siamo determinati dalle tv, che siamo schiacciati dal consenso mediatico, però c’è qualcos’altro. Non abbiamo speranza che il nostro impegno possa essere davvero utile a cambiare le cose. Ma questo va vinto». E cita Corrado Alvaro, scrittore già amato da Enzo Biagi: «La disperazione più grande per un paese è credere che vivere onestamente sia inutile».
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